martedì 28 ottobre 2008

Convergenze parallele

Capita, un giorno, che il più importante blogghér italiano, e sicuramente il più lucido (in sintesi: quello di Modena, non quello di Genova) si scriva un intero articolo, e dei migliori, per confutare una tua tesi. E lo fa in modo così logicamente articolato e didascalico che dovresti pentirti di averla mai scritta, quell'opinione.

Forse un po' è colpa mia, per aver usato due aggettivi (superficiale e ingenuo) che magari erano un po' forti: ma si riferivano -come ovvio- all'idea, non alla persona.

In realtà, a guardar bene, io e Leonardo diciamo un po' le stesse cose, sia pur con sfumature leggermente diverse.
Tutti e due pensiamo che Cossiga certe affermazioni scandalose non le abbia buttate lì così, semplicemente perché gli sono sfuggiti dalla bocca i più reconditi pensieri psicopatici di sadico torturatore. Le ha dette apposta, con un ben preciso intento.

Quello che divide me e Leonardo è l'interpretazione di questo intento: l'uno ritiene che l'uomo abbia un disperato bisogno di attenzione e cerchi di scandalizzare l'opinione pubblica, buttando frasi a caso ma d'effetto, per non subire l'onta di una vecchiaia nel dimenticatoio; l'altro ritiene che invece l'uomo medesimo ritenga di tirare ancora qualche filo di potere e utilizzi le parole come gli scacchisti muovono le pedine in partita.
In pratica: l'uno vede in Cossiga un ciclotimico con un principio di demenza senile; l'altro uno schizoide paranoico, vale a dire un soggetto che si caratterizza per la lucidità nel percepire la realtà, seppur filtrata attraverso una propria costruzione mentale ossessiva.
Cito: Sebbene i soggetti con disturbo schizoide di personalità sembrino essere assorbiti in loro stessi e impegnati in un eccessivo sognare a occhi aperti, hanno una normale capacità di riconoscere la realtà. Spesso vengono considerati distaccati; tuttavia, talvolta, sono in grado di concepire, sviluppare e offrire al mondo idee davvero originali e creative.

Mi accorgo, rileggendomi, che nel mio precedente post ho dato un forte peso alla lucidità di Cossiga obliterando del tutto il tratto paranoico, dando così l'impressione di identificare Cossiga con il Vecchio di De Cataldo, tessitore di complotti occulti.
Niente di tutto ciò: io ai complotti non credo, e anzi ricordo con franco imbarazzo e disagio una cena in cui ero seduto al fianco di Giulietto Chiesa che aveva presentato in anteprima a un gruppo di conoscenti quella chiavica di film sull'11 settembre.
Quindi, lo dico francamente: io non credo assolutamente che Cossiga tessa trame e tiri fili di burattini. Ma attenzione: questo non toglie che cossiga sia un uomo che è rimasto per cinquant'anni nelle stanze del potere; e perdipiù un uomo ossessionato dall'informazione, tanto da essersi fatto in casa una vera centrale d'ascolto.
Bé: un uomo così di cose ne sa tante, ma veramente tante; e quindi quando parla è plausibile che lo faccia per manipolare: e quindi, sebbene possa vivere in una realtà distorta dal suo culto del complotto, credo sia comunque il caso di ascoltare quello che dice e cercare comunque sempre di interpretarlo, perché è probabile che tra tanto letame qualche fiore di verità si possa coglierlo.

Flight Simulator

Alcuni di voi avranno provato a portare una barca; altri avranno pilotato un aereo e altri ancora avranno guidato sul ghiaccio. Mal che vada, avrete almeno giocato a Flight Simulator (io lo facevo vent'anni fa, al tempo della tesi, con la versione 4, o forse era addirittura la 3).
In tutti questi casi, avrete imparato che aria, acqua e ghiaccio non sono come asfalto e rotaie: se si deve fare una curva bisogna appena accennarla, altrimenti si finisce in testa coda o si precipita a terra.

I tecnocrati della Banca Centrale Europea evidentemente non hanno tempo per guidare, pilotare o anche solo giocare; e così fino all'altro ieri, dài a tirar su tassi, per contrastare un'inflazione incontrastabile in quanto importata; e oggi dàgli a tirarli giù, quando ormai è troppo tardi e l'aereo è miseramente stallato.

lunedì 27 ottobre 2008

Referenda

Alessandro Gilioli, qui, esprime le sue considerazioni sulla necessità di firmare il referendum sul lodo Alfano.

Egli dà conto, fra l'altro, della principale critica mossa all'iniziativa: vale a dire che anche qualora si raccogliessero le firme, la (probabile) mancanza del quorum renderebbe l'iniziativa non solo vana, ma altresì controproducente in quanto legittimerebbe il lodo stesso.
E', per intenderci, quello che è successo con la famigerata legge 40, quella sulla fecondazione assistita, che (almeno nella mia testa) va sicuramente contro il comun sentire degli italiani, ma la cui abrogazione, sottoposta a referendum, ha preso una sonora batosta.

Io ho una posizione personale ben definita: non firmerò mai e poi mai per alcun referendum; una volta poi che questo fosse approvato, mi reco a votare se sono d'accordo con la proposta referendaria e sto a casa in caso contrario; ma comunque non firmo.
Vi è anzitutto un motivo pratico, lo stesso evidenziato da Gilioli: vale a dire che in Italia, oggi come oggi, una proposta referendaria parte già con uno svantaggio del 25% (dato riferito all'astensione fisiologica): deve quindi raccogliere l'adesione del 67% dei cittadini, non del 50%. (mi spiego con i numeri: ci sono 100 elettori, ma solo 75 vanno normalmente a votare; se al referendum chi vuole "sì" vota, e chi vuole "no" sta a casa, ecco che devono essere per il "sì" 51 elettori. Ma i 51 vanno calcolati su 75, non su 100: e fa il 67%).
Ecco dimostrato che una proposta referendaria, per passare, ha bisogno del consenso dei due terzi dei cittadini. Ma in un mondo ormai così polarizzato, una proposta che raccoglie il consenso di due cittadini su tre viene fatta propria anzitutto dal Parlamento, perché i parlamentari sono i primi a fiutare l'aria che tira.

Questo motivo pratico ha peraltro delle basi strutturali ben precise, che dobbiamo cercare di comprendere.
Due sono i problemi dell'istituto referendario, anzi due e mezzo.
Il primo è il doppio quorum calcolato sia sugli elettori che sui votanti: è il meccanismo che fa sì che si arrivi al famoso 66%. Se non ci fosse il quorum sugli elettori, il risultato referendario rispecchierebbe la volontà dei votanti, e l'istituto tornerebbe ad avere un significato.
Ma, e questo è il mezzo problema, il rischio sarebbe di portare a casa risultati che, pur rispecchiando la volontà dei votanti, non rispecchierebbero per niente la volontà popolare. E qui ci sono solo due soluzioni possibili: o si costringe la gente ad andare a votare (il che non ha senso, finché se il non andare a votare può anche essere espressione di una volontà precisa) oppure si alza significativamente il numero di firme, per essere certi che le proposte referendarie abbiano ad oggetto temi sentiti dall'elettorato e non minchiate: andatevi a vedere l'elenco delle passate consultazioni, se avete dei dubbi.

Il secondo problema è che, per come è organizzato il farraginoso sistema di convocazione, tra la raccolta di firme e lo svolgimento della consultazione passa, se va bene, almeno un anno. E se quattro mesi per indire una manifestazione sono troppi, un anno per una consultazione su un argomento "di pancia" come il lodo Alfano sono un'infinità di tempo.

Vedete bene come si tratti di problemi strutturali, non legati alla bontà dell'iniziativa, ma all'istituto in sé.
Quindi, in sintesi: o si riforma sostanzialmente l'istituto referendario, a) eliminando il quorum degli elettori e alzando il numero di firme necessarie (facendone quindi un evento raro ed eccezionale); b) rendendo immediata la proposizione del quesito e l'espressione del corpo elettorale (facendone uno strumento comunissimo e quasi apolitico, come in Isvizzera, per esempio); oppure il referendum resterà necessariamente limitato nell'applicazione a grandi questioni di coscienza, quali divorzio e aborto, come peraltro era nella volontà dei costituenti; e anche qui ormai si dimostra inattuale, come ha ben dimostrato la consultazione sulla legge 40.

domenica 26 ottobre 2008

Il grande Circo della politica

Si è finalmente tenuta la manifestazione del Partito Democratico: i commentatori hanno commentato sia prima che dopo lo svolgimento e ne abbiamo sentite di ogni; adesso, a distanza di qualche ora, posso esprimere un parere personale, per quel che vale.
Anzitutto diciamo che la manifestazione è stata un successo. Non è importante se ci fossero trecentomila o tre milioni di persone; e anzi impuntarsi su questo dato contabile è stato uno dei mille errori della dirigenza di questo partito in disfacimento.
L'importante è che, malgrado il deficit di consenso, malgrado la crisi economica, malgrado l'assenza di un motivo caldo che giustificasse il muoversi (ah sì! la banda larga, dimenticavo); ebbene malgrado tutto questo tante, tante persone si sono mosse: è questo è un dato fondamentale di successo.

Faceva compassione Realacci, alla 7, che diceva "se in San Giovanni c'erano due milioni il Circo Massimo ne contiene tre". Non aveva capito cosa in realtà contava: era caduto nel gioco teso da Berlusconi, come tutto il PD del resto.
E in fondo in fondo aveva persino ragione, perché se confrontiamo due foto dei due luoghi, alla stessa scala, ecco che il Circo Massimo è effettivamente ben maggiore:






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Una bella differenza, vero? Certo, il Circo era pieno a due terzi, come si vede dalle foto aeree come questa qui sotto, ma lo spazio occupato resta comunque più grande

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Togliamo quindi di mezzo il confronto tra Berlusconi e Veltroni e passiamo alle cose concrete.
Anzi no: togliamo di mezzo solo i numeri sparati a caso sui partecipanti, non il confronto tra i due.
Perché la manifestazione del Pd era stata indetta contro il governo e contro Berlusconi, se ben rammento: tanto che aveva come slogan Salva l'Italia: e se bisogna salvare qualcosa o qualcuno, vuol dire che bisogna andare contro qualcun'altro che sta facendo qualcosa di male.

Ora, è perfettamente normale che l'opposizione vada contro. Anzi, è perfin banale: si potrebbe dire che sono pagati per farlo, di andare contro il governo. Tanto che quando Morando, un essere così inutile che ispira sentimenti amicali, come il panda, ebbe a dichiarare che la manifestazione sarebbe stata a favore del governo,
dovettero intervenire tutti i dirigenti del partito, vicesegretario in testa per smentirlo (e dire che Franceschini non è certo un rivoluzionario!)
Dicevo, è normale che l'opposizione vada contro. questo mi fa ritenere che quando si organizza una grande manifestazione nazionale ci si metta dentro qualcosa in più, del semplice andare contro. Dei contenuti, se mi scusate il francesismo.
Quando poi ci si danno quattro mesi, poh! Dovrebbe essere una successione di fuochi d'artificio, roba di cui parlare per giorni e giorni.

Bé, il il discorso di Veltroni me lo sono sorbito tutto. Me lo sono anche riletto. Ha detto che Berlusconi dice le bugie. Ha detto che non aiuta le imprese. Ha detto che l'Italia va male. Ha detto di abbassare le tasse sulle tredicesime. Ha detto che bisogna migliorare la scuola. Ha evocato immagini di operai e artigiani operosi che si levano prima dell'alba per recarsi al tornio o al desco. Ci ha messo dentro il razzismo, Saviano, l'ecologia, le classi differenziate, le banche cattive, le forze dell'ordine e la sicurezza.
Questo a casa mia si chiama minestrone; ma in politichese si dice qualunquismo.
Ma un barlume di proposta concreta la vuoi fare, perdio? Che diamine, hai avuto quattro mesi per pensarci, puttana la miseria; ma non potevi sforzarti un pochino? Sull'aereo da New York cosa facevi? fatti venire un'idea, no? e invece niente, vuoto assoluto: le uniche due "proposte" (mi rido tutto allo scriverlo) sono:
Noi chiediamo di ridurre, a partire dalla prossima tredicesima, il peso delle tasse sui lavoratori dipendenti e sui pensionati.
Noi vi facciamo una proposta: il Governo ritiri o sospenda il decreto attualmente in discussione in Parlamento, modifichi con la Legge Finanziaria le scelte di bilancio fatte col decreto e avvii subito un confronto con tutti i soggetti interessati, giovani studenti, famiglie, docenti. Fissando un tempo al termine del quale è legittimo che le decisioni siano prese.
All'anima dei contenuti! Certo, manca la proposta sulla banda larga: se la terrà in serbo per la prossima manifestazione.

E la chiosa del discorso?
E allora dell’Italia tornerà a vedersi tutto il meglio. La civiltà di un popolo che sa accogliere ed includere. La creatività e il talento di generazioni di donne e di uomini che hanno sempre cercato il nuovo. Il coraggio di chi ha traversato il mare, di chi ha lasciato la propria terra per lavorare e fare più ricco il Paese (un popolo di santi, poeti, eroi, navigatori: questo lo aggiungo io). La tenacia di chi ha rischiato per fare impresa e di chi si sacrifica per difendere legalità e sicurezza.
E’ la nostra meravigliosa Italia. Quella che è stata e quella che può essere. Quella che sarà con il nostro lavoro, il nostro coraggio, la nostra voglia di futuro.
Ma ci sei o ci fai? E' per la recita di una riedizione di Cuore che hai fatto venire quasi tre-quattrocentomila persone in piazza?.
No, caro: il tuo problema è che tu le folle le affascini, con quel tuo tono cardinalizio, con quelle tue epifanie agresti, con quelle ovvietà travestite da grandi verità: ma scava scava sotto non c'è nulla.

Mi ricordo, quando ero piccino, che c'erano le tribune politiche, quelle di Jader Jacobelli. E quando c'era Almirante, quanto mi piaceva! I miei me lo spiegavano, che era un fascista, ma io non sapevo cosa volesse dire: sapevo solo che parlava bene e quindi mi piaceva, mentre Berlinguer era mortalmente noioso.
Ho dovuto diventar grande per capire che parlare bene non vuol dire che ciò che si dice abbia significato, né che sia giusto. E che Mussolini e Hitler incantavano le folle. E che, nonostante fosse noioso, Berlinguer aveva ragione e Almirante torto.

Una sola cosa concreta ha detto Veltroni, ieri. e non l'ha detta espressamente, ha mandato un messaggio (come Cossiga, velato: per chi lo deve intendere). Ha detto, molto semplicemente: "io sono qui e comando ancora io".

Trecentomila persone per assistere a uno squallido gioco di potere tra Veltroni e D'Alema: questa cosa si commenta da sola.

Trecentomila persone: perché questa fotografia, presa alla stessa medesima scala delle precedenti, lo dimostra. A meno che a vedere Springsteen, quest'estate, o Bob Marley trent'anni fa, non ci fossero stati anche lì tre milioni di persone.

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E intendiamoci, a scanso di equivoci: trecentomila persone sono tantissime, per una manifestazione: chi pensa siano poche è in malafede; ma chi sente il bisogno di aggiungere uno zero ha la coda di paglia.

sabato 25 ottobre 2008

Tafazzi

Sto guardando il comizio di Veltroni, quando finisce vado da Mistress Julia.

Almeno non mi sono fatto vedere dall'Auditel, che poi il PD mi conta nei tre milioni.

venerdì 24 ottobre 2008

Un parere su Cossiga

Mi attirerò una quantità di insulti, ma cionostante dico come la penso sulle dichiarazioni di Cossiga delle quali tutti stanno parlando.

Non ho alcuna simpatia né per l'uomo né per il politico, ma riconosco a Cossiga, quale esponente di una generazione politica ormai in via di estinzione, un senso dello Stato infinitamente superiore a quello di chi attualmente occupa le leve del potere, sia a Palazzo Chigi che al Viminale.
Certo, tutti noi di una certa età ricordiamo Giorgiana Masi, la legge Reale, tutto quello che successe in quegli anni; ma non è questo ora il punto; come non è il caso di citare qui Moro.
Dimentichiamo per un attimo tutto ciò, e consideriamo semplicemente il fatto che Cossiga ha attraversato la storia repubblicana assumendo posizioni e compiendo azioni provocatorie, ma non eversive: non è stato un De Lorenzo, per fare un nome. E anzi ha combattuto l'eversione con metodi assolutamente non condivisibili, talora criminali, ma dimostratisi ex post efficaci e non golpisti.

Dopo questa premessa, facciamone un'altra doverosa sulla quale vi chiedo di riflettere. Solo una superficiale analisi può far credere che Cossiga sia un vecchietto un po' rimbambito che dipende dalle pillole del suo geriatra o del suo psichiatra. Cossiga è sempre, e sottolineo sempre stato estremamente lucido nel suo apparente pazziare; e se fosse rincoglionito, bé, mi auguro di rincoglionire come lui da vecchio.
Solo una frettolosa o disinteressata lettura può far veramente credere che la stessa persona possa rilasciare due interviste come questa di cui tutti parlano e questa, ben diversa nel tono e nelle conclusioni.

Credo che, per quanto siano scandalose le dichiarazioni di Cossiga, scandalizzarsi sia lecito solo come ingenua reazione a caldo. Il saggio, invece, dopo la prima reazione si siede e riflette, e si chiede: ma perché dire quelle cose? Certo, la via della pazzia è quella più semplice e immediata: ma allora scandalizzarsi non è giusto, perché un pazzo ha diritto di dire ciò che vuole, non ne è responsabile. Ma non penso che le cose stiano così: credo che Cossiga sia perfettamente lucido mentre rilascia le sue dichiarazioni.
E credere che un politico così navigato dia fiato alla bocca così, per spirito di protagonismo o di vendetta, è estremamente ingenuo; come era ingenuo pensare che Cossiga fosse rimbambito quando ai tempi del Quirinale esternava, e Disegni e Caviglia lo raffiguravano con il cappello d'asino.

No, mei cari: quello di Cossiga è un messaggio. Ad alti livelli non è che ci si telefoni per dirsi le cose: ci si lanciano messaggi, e messaggi che fanno male: esattamente come fece Cosa Nostra nel '93 a Milano, Roma e Firenze.
Non è diretto a noi cittadini comuni, il messaggio: ma possiamo provare ad interpretarlo.
Qual è stato il primo effetto immediato delle dichiarazioni? Sdegno, rabbia. Attenzione. Un concentrarsi dell'opinione pubblica, che non si era sdegnata quasi per nulla -salvo i soliti quattro gatti comunisti- quando Berlusconi aveva parlato, poi smentendosi, di far intervenire la polizia. Ma che si è scandalizzata quando Cossiga ha parlato degli effetti della polizia, richiamando alla mente le immagini e i suoni della Diaz.
E qual è l'effetto mediato? Bé, io credo che una conseguenza abbastanza scontata è che la raffigurazione di ciò che potrebbe succedere impedisca a chi detiene le leve del potere di mettere in atto le azioni che lo farebbero succedere.
In altre parole: Maroni non poteva certo permettersi un'altra Diaz, ma se le cose fossero precipitate, avrebbe pur sempre potuto accampare la sfortunata disgrazia. Io credo che dopo l'intervista di Cossiga non lo possa più fare, e debba stare molto molto più attento.

Un Cossiga di sinistra, quello che dipingo? Un protettore degli studenti in lotta? No: semplicemente un lucido manipolatore che ha sue idee di ciò che sia giusto o sbagliato fare, e che costringe i nuovi potenti a fare quello che lui ha in testa, non potendo costringerli a credere a ciò cui lui crede.

Rimane da capire cos'abbia in testa: io credo che Cossiga sia intimamente convinto del pericolo di un ritorno all'eversione; e francamente considerato che il sistema politico italiano si è orami strutturalmente avviato verso una deriva autoritaria, credo non sia un'ipotesi del tutto campata in aria (certo agevolata da una sorta di imprinting rimastogli addosso dopo il caso Moro). Nella sua logica impedire al governo di fare cazzate è anche impedirgli di dare una mano a chi vorrebbe rovesciarlo con la forza delle armi anziché con il voto. Ognuno può decidere in autonomia quanto questa sia un'idea campata in aria: ma mi sembra molto più concreta del supino ricorso alla categoria interpretativa dell'alienato mentale.

giovedì 23 ottobre 2008

Non è mai troppo tardi

Alcune indicazioni di base per i miei affezionati lettori.


... e poi vai in affitto, se puoi; o per strada.

... sì, certo che lo paghi.


Fascismo

Chiariamolo, perché non si pensi che a forza di parlar male di Veltroni e del PD io stia dalla parte del Cavaliere.
Scatenare la polizia contro chi dimostra contro il governo è fascismo. Punto.

mercoledì 22 ottobre 2008

Ricordo di Giovanni Palladino /2


Qualche tempo fa Augusto Bianchi chiese ad alcuni amici di parlare della propria azione migliore e della peggiore. Ecco le risposte di Giovanni (via Il sito del Giovedì).


L'anno scorso avevo chiesto a Giovanni di mettere per iscritto la sua azione "migliore" e la sua azione "peggiore": ecco la sua straordinaria risposta, che tende - come sempre - al pianto e al riso.
Augusto


Palladino Giovanni, attore, cabarettista, pittore, 57, Monza

Orgoglio

Era il 15 dicembre del 1969. Ero in classe, in quinta geometra, quando fui convocato dal preside in persona, il quale serio mi disse: "tu e Limonta (un allievo di ragioneria) siete stati scelti per portare una corona di alloro con il nome del nostro istituto al funerale delle vittime delle bombe di piazza Fontana in Duomo. Mi raccomando comportatevi bene nel nome della scuola". Mi ritrovai in piazza del Duomo con Limonta. Seguendo le indicazioni dei vigili urbani, deponemmo la corona con una certa emozione nel luogo indicato. Era una mattina grigia e fredda. Limonta chiese di entrare in un bar a riscaldarsi un po', ma io fui preso da non so cosa, volli restare in piazza e attendere l'uscita dei defunti. E fu così che assistetti al passaggio di sedici bare nella piazza gremita di gente in un silenzio straziante, sconcertante, agghiacciante. E quel grande silenzio di diecimila persone o forse più mi colpì tantissimo. Provai una grande profonda sensazione di tristezza, di angoscia, di solidarietà. Mi sentii vicino a quelle bare di defunti che non conoscevo, come fossero i miei cari. In quel momento decisi che la storia della strage di piazza Fontana avrei dovuta seguirla fino in fondo. E così feci. Da quel giorno lessi tutto quello che riguardava la storia di quella strage e i suoi incredibili sviluppi giudiziari. In più mi ritrovai 35 anni dopo a mettere in scena a teatro la commedia di Dario Fo che parlava proprio di quel maledetto fatto. Ma il silenzio di quella mattina non l'ho mai dimenticato, quel giorno la mia coscienza sociale e politica prese forma.

Vergogna

Alla fine degli anni cinquanta ci fu l'avvento della televisione. Avere un televisore era un extra lusso. Noi in famiglia non l'avevamo, ma i signori Montesi, i vicini di casa, sì ! Ci invitavano volentieri tutti i sabati per il " Musichiere " e tutti i giovedì per " Lascia o raddoppia?" Un lunedì la signora Montesi contravvenendo alla regola ci invitò. Il lunedì c'era un film poliziesco o un giallo. Io mi godetti quella proiezione seduto su uno sgabello dietro ai divani. Un mese dopo, un lunedi', lessi sul giornale che ci sarebbe stato un film giallo di un certo Hitchcock, il giornale ne parlava un gran bene ed io sperai in cuor mio che la signora Montesi ci invitasse. Amavo i film ma ahimé alle quattro del pomeriggio di lunedì nessun invito era arrivato. Decisi di andare a fare la spesa come ogni giorno; quando tornai dissi alla mamma che avevo incontrato la signora Montesi e che ci aveva invitato a vedere il film giallo. Poi rapidamente andai in salotto sottraendomi a eventuali domande. Sì avevo detto una bugia pur di vedere quel film. Alle venti e trenta in punto suonammo il campanello dei Montesi. Mio padre, mia madre, io e le mie due sorelle. La signora Montesi vedendoci rimase sorpresa e disse che non aveva invitato nessuno, né tantomeno lo aveva detto a me. Ma prontamente invitò tutti ad entrare con gentilezza. Mia madre disse qualcosa nell' orecchio a mio padre poi entrò dai Montesi con le sorelle. Mio padre mi prese per mano e rientrammo in casa. Papà mi sdraiò sul letto e mi riempì di sberle e schiaffi sulle gambe, sulle braccia, sul viso. Mi disse che avevo coinvolto la famiglia in una menzogna e per questo dovevo pagare. Poi si lavò le mani ed uscì. Rimasi solo e piangente in un lago di vergogna e un pizzico di beffa. Solo io non avrei visto il film. Il giorno dopo fu difficile guardare negli occhi i genitori.


martedì 21 ottobre 2008

Evoluzione del cybersquatting


Ecco cosa esce fuori seguendo il link milanoperveltroni.it che ho trovato da qualche parte:
Corsi di primo soccorso, di recitazione, di operatore sociale.
C'è anche il corso per lavorare con gli anziani: manca solo l'Africa e il panorama è completo.

Parole d'ordine

Non sarò certo io il luddista che rifiuta la modernità: in fondo ho fatto per cinque anni il sysadmin e quindi qualcosa di reti ne capirò anche, altrimenti mi avrebbero cacciato molto prima. E poi ogni tanto scrivo sul blog, quindi l'ADSL mi fa comodo.

Cionostante, è con reale e non retorico sbalordimento che ho visto sulla prima pagina di un quotidiano online questo quadretto pubblicitario a messaggio variabile che dovrebbe declinare i contenuti in forza dei quali ci si aspetta che prenda il treno e vada nella città eterna.





Due dei contenuti sono così generalisti che più generalisti non si potrebbe immaginare:
- Salva l'Italia (e c'è qualcuno che vorrebbe ammazzarla?)
- SOS razzismo (perfino Borghezio dice di non esserlo)

Quanto agli altri due, uno prende, finalmente una posizione: No ai tagli alla scuola. Semplice, chiaro, netto. Roba che non sembra neppur del sacco del PD.

Fortuna che ci rifacciamo con l'altro.
La banda larga è un diritto.
La banda larga è un diritto?!?!?!!!
Una manifestazione nazionale è una cosa seria: non è una lavatrice che bisogna riempire per fare i fatidici cinque chili di bucato, altrimenti si spreca corrente.
Una manifestazione nazionale si fa perché ci sono delle cose concrete: i salari, i tagli alla scuola, i missili nucleari, le leggi liberticide, l'abolizione dell'articolo 18.
E non si fa per tutti questi motivi, quand'anche tutti dovessero presentarsi insieme sul tavolo: se ne prende uno forte ed eventualmente i suoi corollari; chessò: salari, equità fiscale e pensioni.

Razzismo, scuola e banda larga, non sono i contenuti di una manifestazione nazionale: sono gli ingredienti di un'insalata russa.

P.S. e poi, cazzo, la terza persona indicativa presente di essere si scrive è, non é

Yada yada yada

Forse sono io che sto diventando vecchio e non più al passo con i tempi; sta di fatto che ricevo via mail un mezzo spam con l'invito a iscriversi ad un convegno dal titolo:
Utilizzo dei Social Network
come strumento di marketing
e comunicazione
Pianificare con successo una campagna
di Social Media aArketing (SMM) (sic!)
Milano, 12 Novembre 2008

Il sottotitolo è pure tutto un programma:
"Una strategia di Marketing senza la voce Social Media/Network sarà una strategia poco efficace,
soprattutto per chi vuole investire in Web marketing…"

Ma quando si passa al vero e proprio programma del convegno c'è da mettersi a piangere: un confuso turbinìo di italese con aggettivazioni ed avverbazioni improbabilmente roboanti da cui non si riesce a cavare un benché minimo senso.
Ah, c'è anche quello con troppi cognomi.

A pensar male si fa peccato

E così Barak Obama sospende la campagna elettorale per andare a salutare la "nonna bianca" che starebbe morendo.
Io, come credo chiunque, mi dispiaccio del fatto che la vecchina stia per lasciarci: del resto c'est la vie e all'alba degli 86 anni sono cose che si mettono in conto.
Quello che proprio non riesco a togliermi dalla testa è il dubbio che il viaggio alle Hawaii sia stato pianificato non per salutare la "nonna bianca", quanto per imprimere bene nella mente degli americani, con articoli e fotografie, che i nonni di Barak Obama sono e hanno nomi "bianchi".

lunedì 20 ottobre 2008

Scegliere il tasso: fisso o variabile?

Vedo dai log che molti lettori contattano questo blog cercando una risposta alla seguente domanda: è meglio scegliere il tasso fisso o quello variabile?
Si tratta, almeno credo, di persone che devono fare nuovi mutui, e che non trovano risposte nei miei precedenti articoli.
Dato che la risposta è abbastanza semplice, provo a spiegare il mio punto di vista.

Negli articoli dedicati alla rinegoziazione abbiamo visto che il tasso fisso è strutturalmente più caro del tasso variabile, e questo non è difficile da spiegare.
Mentre per una banca è facile (in condizioni di mercato normali: non certo oggi) trovare denaro a breve termine, trovarlo a lungo termine a condizioni prefissate è più difficile e rischioso.
Pensate un attimo se voleste iscrivervi in una palestra che non conoscete: vi propongono un abbonamento da 5 lezioni a 50 euro o da 100 lezioni a 500 euro. Cosa scegliete? Sicuramente quello da 10 lezioni, perché non sapendo come vi troverete non volete certo rischiare di buttare via i vostri soldi: se vi troverete bene, ne farete un altro e così via.
Allo stesso modo, è rischioso per la banca impegnarsi da qui a dieci o vent'anni: i tassi potrebbero scendere ma anche salire, con il rischio di rimetterci, mentre definendo il tasso di tre mesi in tre mesi il rischio è limitato volta a volta a quel piccolo arco temporale.
Certo, ci sono dei momenti (come oggi) in cui sul mercato i tassi di lungo periodo (quelli a dieci anni) sono più bassi di quelli a breve periodo (quelli a tre mesi): ma questo è dovuto al fatto che il mercato si aspetta una strutturale discesa dei tassi nel tempo: per cui ci si aspetta che oggi il denaro sia assai più caro di quanto lo sarà domani.
In altre parole: stipulare un tasso fisso di lunga durata è sempre una scommessa rischiosa, perché se si realizzasse ciò che prevede il mercato, quel tasso fisso che oggi appare conveniente, sul lungo periodo si rivelerebbe invece assai caro.

Al privato cittadino, però, del mercato dei tassi non gliene frega granché: lui ha uno stipendio, non una rendita: e l'unica cosa che gli interessa è quella di poter pagare la sua rata e non rischiare di essere strangolato dal mutuo.
E' per questo che lui preferisce minimizzare il rischio che la rata si alzi, e non quello di perdere in termini di differenziale di tasso: per il semplice motivo che il suo stipendio non ha nulla a che fare con l'andamento dei tassi sul mercato.
Ecco quindi che per il lavoratore il tasso fisso offre una garanzia di maggior sicurezza, contro un costo decisamente più alto, se visto sull'intera vita dell'operazione.

Esiste però un'ulteriore possibilità: quella dei mutui a tasso variabile e rata fissa. In questo tipo di mutui il tasso è variabile, quindi seguendo il mercato interbancario dei tassi di breve durata è, di regola più conveniente; la rata però rimane fissa, in quanto quella che varia è la durata: se il mercato alza i tassi, il mutuo dura di più; se li abbassa, il mutuo dura di meno.

Certo, c'è l'incertezza su quando si potrà effettivamente arrivare al saldo del mutuo; ma si tratta di una questione che, almeno a mio modo di vedere, può essere secondaria, salvo per le persone che, avendo già raggiunto una certa età ed avendo una concreta prospettiva di pensionarsi in un determinato lasso di tempo, ritengano essenziale potersi assicurare di aver estinto il mutuo prima di tale evento.

Per il resto, ritengo si tratti di una formula che offre solo vantaggi: quindi se dovete andare in banca a farvi consigliare, chiedete anche se propongono un mutuo di quel tipo e fatevi fare dei conti di quanto vi costerebbe.

Ricordo di Giovanni Palladino


Gianni Palladino è morto pochi giorni fa, improvvisamente. Ho appreso la notizia da Augusto e sono rimasto colpito, ma come si rimane colpiti quando accade qualcosa di definitivo a una persona che sei sì abituato a vedere una volta alla settimana, in una cena di mezzanotte, ma che in fondo non puoi certo definire un amico: semmai un conoscente.
E' stato solo con il passare dei giorni, accorgendomi del bisogno istintivo che ho sentito di rivedere più volte questa fotografia, che apre il suo sito, che mi sono reso conto del vuoto che mi è rimasto.
Giovanni era un attore noto, anche se non notissimo al livello di coloro che vivono di ospitate in TV; ed era anche molto bravo: ma non è questo che conta, ora.
Il fatto è che, prescindendo dalle sue qualità professionali, egli era soprattutto una delle persone più buone che abbia conosciuto. La sua pacatezza, il suo understatement; il suo prendersi deliberatamente in giro e la sua capacità di ascoltare il prossimo senza mai imporre il proprio punto di vista erano qualità umane esemplari: così come il suo impegno civile e artistico.
A volte, durante le nostre cene della notte, si limitava a qualche parola soltanto: ma la sua presenza era parte essenziale dell'atmosfera: ci mancherà moltissimo.
Ci tenevo a ricordarlo qui.

(vedi anche)

Ne ho francamente abbastanza

Dopo la mozione sulle classi di avviamento alla civiltà, la lega nord intende impedire agli immigrati non in regola di farsi curare.
Non sono uno scrittore, e quindi non riesco ad esprimere in parole il disgusto che provo per una politica che regredisce a livelli sempre più intestinali.

sabato 18 ottobre 2008

Cose che non si dovrebbero mai dire

Giusto pochi giorni fa citavo una delle più felici e più conosciute battute di Keynes:
Nel lungo periodo siamo tutti morti
Qualunque politico, navigato o meno, dovrebbe sapere che non di devono MAI, ma proprio MAI fare previsioni ottivistiche sul lungo periodo, per evitare di richiamare alla memoria il fantasma di Sir John Maynard.
Bè, stamattina George W. Bush se n'è uscito alla radio con:
In the long run, the American people can have confidence that our economy will bounce back.

God save America.

venerdì 17 ottobre 2008

Fondamenti di geometria analitica e filologia romanza

Avendo fatto lo scientifico sono abbastanza competente per dire che in geometria analitica il punto di minimo di una funzione è un punto in cui la funzione ha un certo valore, mettiamo 50, e i punti che stanno lì vicino, a destra e a sinistra -i compagni di banco, diciamo- hanno valori un pelino più alti, mettiamo 50 e mezzo.
Questo non vuol dire che poco più in là la funzione non possa raggiungere valori schifosamente bassi, tipo 20 o addirittura -273.
Diciamo che il punto di minimo è un po' come una buca nel terreno: se piove ci si crea la pozzanghera perché intorno il terreno è più alto e l'acqua non può uscire.
Avete tutti presente Vil Coyote, vero? Ecco, immaginiamo che in cima al burrone ci sia una buchetta: lì c'è un punto di minimo, ma è perfin banale dire che il fondo del burrone è MOOOLTO più in basso.

In italiano minimo è il superlativo assoluto di piccolo e significa quindi piccolissimo; il più piccolo. L'uomo comune, che non si occupi di funzioni, quando sente dire che si è raggiunto il minimo pensa al fondo del burrone, non al fondo della buca in cima al burrone.

Così ripresa è connotata nel nostro immaginario (oltre che con l'acceleratore e le Ferrari) con i grandi accadimenti del Paese: la ripresa economica del secondo dopoguerra, la ripresa dopo la crisi del petrolio e via discorrendo. Tant'è che quei piccoli fenomeni stagionali o di breve periodo sono detti, anche nell'immaginario, ripresine

I signori che si occupano di Borsa passano le giornate a guardare grafici e a studiare numeri: è chiaro che per loro il minimo è la buca nel terreno e che riprendere può significare semplicemente uscire dalla buca. L'uomo della strada, non necessariamente il cafone siloniano, ma anche il medico o l'avvocato, questa sensibilità matematico-formale non ce l'ha: e quindi quando gli si scrive sul giornale che la Borsa si riprende, immagina che le cose si siano messe a posto e che da qui in poi siano destinate a migliorare.
Darebbe un buon servizio la stampa che contestualizzasse quest'informazione, e gli spiegasse che un giorno di indici positivi è una ripresa in senso tecnico, ma nulla più.

Analogamente, quando gli si scrive che l'EURIBOR ha finalmente incominciato a ridiscendere, sarebbe opportuno fargli capire che ha raggiunto la misura di fine settembre, e che quindi se a fine settembre stava preoccupato, oggi non ha motivo di gioire e stappare champagne.

Ma credo che neanche oggi la stampa renderà questo servizio.

giovedì 16 ottobre 2008

Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Questo blog, pur non contando granché, aderisce alla moratoria (rectius armistizio) proposta unilateralmente da Sofri il giovane.

Si impegna quindi a non scrivere nulla di cattivo sul PD e sul suo principale esponente fino alle ore 21:30 di domenica, vale a dire fino alla fine di Colombo (Retequattro domenica trasmette un episodio splendido)

Segregazione e razzismi

Grazie a .mau. mi sono letto la mozione leghista approvata alla Camera, quella di cui si parla tanto oggi e che vorrebbe istituire le classi differenziate.
Premesso che non sono un pedagogo ma forse sono un po' ipocrita (magari un giorno ci tornerò su), mi pare che l'assunto iniziale non sia del tutto sbagliato (poi correggetemi se sbaglio): vale a dire che prima di entrare nella scuola sarebbe opportuno che i bambini imparassero la lingua italiana, se non la sanno.
Nella classe di mio figlio di stranieri ne sono presenti svariati: uno di questi era entrato in seconda senza parlare una parola di italiano: in pochi mesi l'ha imparato con l'aiuto dell'insegnante di sostegno (o come si chiama) appositamente destinata; ma certo credo proprio che i primi due mesi non abbia capito assolutamente niente di ciò che gli succedeva intorno.
Credo dunque (ripeto, credo) che fare dei corsi propedeutici sarebbe una buona cosa.

Vediamo adesso perché la mozione della Lega è male.
Essa dice che la Camera impegna il Governo
a favorire yada yada l'elaborazione di un curricolo formativo che tenga conto ... dell'educazione alla legalità e alla cittadinanza:
a) comprensione dei diritti e doveri (rispetto per gli altri, tolleranza, lealtà, rispetto della legge del paese accogliente);
b) sostegno alla vita democratica;
c) interdipendenza mondiale;
d) rispetto di tradizioni territoriali e regionali del Paese accogliente, senza etnocentrismi;
e) rispetto per la diversità morale e cultura religiosa del Paese accogliente.

Orbene, a casa mia corso di lingua italiana si dice corso di lingua italiana. Quando si dice quello che c'è scritto qui sopra significa che i corsi non sono destinati a chi non parla l'italiano, bensì a chi è delinquente per genoma e/o intollerante per educazione e/o infedele per nascita.
Se si presume di dover insegnare il rispetto, la democrazia, la legalità, allora si presume che l'italiano abbia questi valori e il non-italiano non li abbia. Il che spiega perché la lega voglia uscire dall'Italia e creare la Padania.

Bagni di folla

Dunque i manifesti per la mitica manifestazione di fine ottobre (quella che si prepara da mesi perché prima bisognava firmarela petizione) hanno come sfondo i fedeli in San Pietro (da Spinoza).
Non ci sarebbe nulla di (troppo) male, in fondo, dato che un errore lo possono commettere tutti. Certo, sarebbe più comprensibile un errore di sbaglio per una manifestazione messa su in fretta e furia: questa è stata annunciata prima dell'estate, e quindi si potevano fare le cose più tranquillamente. Ma in fondo solo chi non lavora non sbaglia.
No, la cosa grave è il motivo che ha portato a quella foto. La cosa grave è che si tratta di un errore cercato.
Perché, come dice il responsabile della propaganda Losacco (citato da Il Giornale, vabbé),
«Ci hanno detto che era la foto di una manifestazione sportiva e in definitiva non importa che manifestazione sia. Volevamo una foto di gente, senza bandiere e senza simboli di partito, perché per un partito nuovo come il nostro rappresentano il passato»
.
Cristo, ma questi del PD quanto ancora vogliono farsi male? Ma non capiscono che quasi tutti quelli che li votano, li votano per l'eredità che si portano dietro, e non per il brodo primordiale catto-liberal-kennedyntegralista che sono?

mercoledì 15 ottobre 2008

Scaramanzie

Volutamente non ho salvato le pagine dei giornali online di ieri: sapevo che avrei dovuto metterle a confronto con quelle di oggi (o di domani, o di dopodomani).

Se tra i miei cinque lettori c'è qualche giornalista economico o qualche titolista, prenda nota di due cose, che gli potrebbero tornare utili per il suo lavoro.
1) Siamo in una crisi difficile. Non è che qualche fiammata di borsa elimini il fatto che siamo in una crisi difficile; ed è meglio rendersene conto che alimentare il balletto quotidiano dei segni più e meno contribuendo ad accrescere -o creare- un'ansia inutile e dannosa;
2) E' vero che nel lungo periodo siamo tutti morti e che domani è un altro giorno, ma l'orizzonte temporale con cui si deve analizzare l'andamento dell'economia è superiore alle 24 ore.

martedì 14 ottobre 2008

Piccole estorsioni quotidiane

Il salumiere che propone: se ne prende due etti glielo metto a 15 euro.

Il carrozziere che propone: senza ricevuta gliela faccio a 600 euro.

Il dentista che propone: senza fattura sarebbero 2.700; facciamo 2.500, via.

Il camorrista che propone: con 3.000 euro ti metti a posto e stai tranquillo.

Il mobiliere che propone: sarebbero 18.000, ma in nero facciamo 14.000 e la consegna a spese mie.

L'assessore comunale che propone: sistemami mio nipote e l'appalto è tuo.

L'assessore regionale che propone: con 70.000 euro l'appalto è tuo.

Il senatore che propone: ritira i DICO e il mio voto è tuo.

Il principale esponente del partito d'opposizione (TM) che propone: con Orlando alla Vigilanza il giudice alla Consulta è tuo.

Miseria e Nobeltà

E' ammirevole l'understatment con il quale Paul Krugman ha comunicato sul suo blog di aver vinto il premio Nobel:
An interesting morning
A funny thing happened to me this morning …
ma potrebbe trattarsi solo di un vezzo, direte voi.

Ci facciamo un'idea ulteriore del personaggio leggendo l'autobiografia -peraltro risalente al 1992 e quindi scritta in tempi non sospetti- postata il giorno dopo, nella quale Krugman mantiene uno stile distaccato e pacato, come davanti a un caminetto:
I have a self-serving theory: interesting ideas have very little to do with interesting life experiences. According to this theory a person who has grown up in eight countries and speaks five languages, who has taken a dogsled across Siberia and a raft down the Amazon, is no more likely to have a deep insight into social science than someone who grew up in a safe middle-class suburb reading science-fiction novels.

Anche passaggi forti, che varrebbero pagine di riflessioni e potrebbero risultare forieri di polemiche annose, vengono risolti con una levità che lascia sbalorditi:
In particular, my experience in a country in which it was a major challenge even to decide whether output was rising or falling gave me a lasting allergy to models that tell you that a potentially useful policy exists without giving you any way to determine what that policy is.

Confrontiamo ora questo stile con quello di Giuliano Ferrara, che oggi sul suo giornale non solo rosica
Il Nobel comminato al genietto che scrive sempre il contrario di quello che pensiamo noi
ma sembra proprio perdere il controllo delle dita sulla tastiera e, non si sa se per far bella figura con un fiorito parlottio, o proprio per eccesso di rabbia, scempia periodi che richiedono lunghi minuti di riflessione per tranne un fantasma di significato come:
La verità di noi liberisti assassini è che la finanza impazzita, nata nell’era clintoniana e bipartisan della bolla della new economy, del denaro facile e della deregolamentazione spinta dei mercati, è il prodotto di un’utopia socialglobalista: tutti ricchi e tutti proprietari nella sterminata classe media. Invece l’economia reale dell’era supply side, dove è stata sostenuta dai tagli fiscali, ha retto e ha prodotto la ricchezza produttiva e tecnologica immensa che il mondo oggi non sa dove mettere per eccesso di sfiducia. E per quel tratto ciclico dell’economia di mercato, ansiosa di un periodo di recessione come il corpo umano di un periodo di riposo (lo ha scritto il magico professor Forte, su questo giornale). Ma gli americani dicono che ciascuno ha diritto alle proprie opinioni, non ai fatti. Perciò, con i fatti che corrono, noi meritiamo oggi un posto d’osservazione dietro la lavagna, mentre a Krugman tocca il peso del Nobel.
Il processo di bertinottizzazione avanza rapidissimo.

A proposito: non sarà che anche Citati (via Sofri) stia rosicando?

lunedì 13 ottobre 2008

La crisi è finita, viva la crisi

Intendiamoci: se la crisi fosse finita, il primo a gioirne sarei io, dato che sono io che rischio di rimetterci il posto di lavoro e lasciare il palazzo di vetro e cemento con lo scatolone di cartone (che poi, se li dovrà portare da casa, uno? o glieli forniscono?)

Comunque, la borsa ha recuperato dieci punti, e i giornali hanno sparato fanfare e champagne. Non che non me l'aspettassi, anche se avevo sbagliato il numero. Domani è un altro giorno: potranno essere fanfare o campane a morto, in ogni caso nessuno oggi lo può sapere.
Vale ben poco la mia impressione che la crisi sia tutt'altro che finita e che quel che oggi si guadagna domani o dopo lo si perderà: qui l'unica cosa che conta davvero sono i numeri alla fine della giornata, esattamente come all'ippodromo è il totalizzatore che conta, non le soffiate dalle scuderie.

C'è però qualcosa su cui riflettere: che i mercati guadagnino (o perdano) in un giorno quanto un investimento sicuro può far rendere in tre anni, è veramente una buona cosa? E segno di un mercato sano o costituisce di un'ennesima epifania di un'economia di carta che genera crisi e speculazioni per il fatto stesso di esistere?

Tre anni: mille giorni. Contro un giorno solo. Ma diciamo pure che un investimento in capitale di rischio debba rendere il 10% in un anno: tre volte i BOT. Il ragionamento non cambia: i guadagni di un anno (o le perdite di un anno) in un giorno solo. Non è sano: è come se stamattina fossi andato a svegliare Nichita (che ha quasi dieci anni) e me lo fossi trovato alto uno e ottanta e con un accenno di peluria sulla faccia.

A me tutto questo impaurisce: impaurisce il fatto che una parte dei miei soldi, quelli con cui dovrei garantirmi un'esistenza dignitosa, sia in mano a meccanismi che non hanno alcun rapporto con la creazione vera di ricchezza, bensì solo con gli istinti del giorno.
E se la mia tessera della CGIL si è recentemente salvata dal falò, cionondimeno sono ben consapevole che i principali artefici dei fondi pensione sono stati i sindacati.

E non per abbaglio: per lucro; per lucro; per lucro.

Notizie che fanno bene /2

Il Nobel a Paul Krugman è una splendida notizia. Il suo blog ha l'unico difetto di contenere tanta, tantissima roba: troppa, per uno che deve anche lavorare, ogni tanto.

Sfida senza regole

Girare un film che sembra uno spot pubblicitario poteva essere un'idea originale al tempo di nove settimane e mezzo: ora è banale e fastidioso al tempo stesso.
Il risultato finale De Niro e Pacino non potevano immaginarselo, ma comunque mentre giravano qualche sospetto avrebbe dovuto venir loro: in altri tempi se ne sarebbero andati dal set, ma, si sa, i tempi cambiano, la gente pure e le cure medico-geriatriche sono sempre più care, per cui devono averci pensato un po' su e deciso di arrivare alla fine.
Ci hanno messo la stessa convinzione di Luigi XVI mentre saliva al patibolo; ma in fondo la salita al patibolo di Luigi XVI è l'unico atto veramente da re che abbia fatto in vita, per cui ci potevamo anche star dentro e raggiungere una risicata sufficienza.
Ma qui siamo in Italia, e i film te li fanno vedere doppiati, ché il doppiaggio italiano è il migliore del mondo. Non so se avete mai visto sul satellite i telefilm "doppiati" in polacco: sotto c'è la colonna sonora originale, e sopra c'è un signore che legge le battute di tutti gli attori, maschi o femmine, vecchi o giovani, con il pathos di un'annunciatrice di stazioni ferroviarie. ecco: il doppiaggio era proprio così: fuori sync, fuori tempo, fuori tono: fuori di testa.
Poi c'è Carla Gugino, che è una gran bella gnocca. Ma non basta.

Mutui e rinegoziazioni /reprise

Vedo senza stupore (ormai non mi stupisco più di nulla) che il Corrierone scrive un interessante articoletto per convincere i lettori a non rinegoziare il mutuo.

Io quello che avevo da dire l'ho detto e per giunta in maniera assai prolissa (in sintesi: fate la rinegoziazione che vi conviene), mentre l'estensore della notarella fa fuori il problema in una quindicina di righe (in sintesi: non fate la rinegoziazione che non vi conviene). Dato che mi sembra che non ci pigli, è per puro puntiglio che le commento passo passo.

Caro mutui, non conviene rinegoziare
Mai come adesso è consigliabile il tasso fisso: sul mercato al 5%, ma non durerà per molto
Questo il titolo, che serve a dimostrarci che l'estensore la sa lunga.
Qualora le rate non dovessero scendere, conviene la rinegoziazione dei mutui proposta dalle banche?
È la domanda di Alberto. Diciamo che rispetto ad agosto la situazione è addirittura peggiorata perché è aumentata la differenza tra i tassi attuali e quelli pagati nel 2006 e utilizzati per la rideterminazione della rata. Questo potrebbe comportare un ulteriore allungamento della durata del prestito.

Il meccanismo l'ho già spiegato qui: se devo pagare 120 e invece mi consentono di pagare solo 100, pago 20 in meno e quel che non pago oggi lo pagherò domani, allungando il piano. Se i 120 diventano 150, pago 50 in meno: e quindi il piano mi si allunga di più. Non è che ci stia perdendo: sto solo dilazionando a domani quel che dovrei comunque pagare oggi.
Nonostante la crisi i mutui si continuano, per fortuna, a fare, e allora ritorna l'eterna domanda: meglio il variabile o il fisso? Per rispondere a Silvia diciamo che mai come adesso il fisso è consigliabile. Perché se l'Euribor è salito alle stelle, l'Eurirs, il parametro dei mutui fissi, è sceso ai minimi. Oggi il tasso a 20 anni è al 4,54% e quello a trent'anni al 4,24%. Quasi un punto in meno dell'Euribor. Questo vuol dire che oggi si possono trovare sul mercato mutui fissi al 5%. Meglio approfittarne perché questa anomalia potrebbe rientrare.
dunque, oggi l'IRS vale un punto meno dell'Euribor. Abbiamo visto che l'IRS è un derivato che si fa per trasformare in fisso un tasso variabile e viceversa. Se l'IRS a dieci anni è più basso dell'Euribor, vuol dire che il mercato si aspetta che l'Euribor sia destinato ad essere costantemente più basso, in quell'arco di tempo.
Una banca che sottoscrive un IRS si sta impegnando per dieci anni; e dieci anni sono un bel po' di tempo e quindi un bel po' di rischio. Se il prezzo che chiede è di un punto inferiore al tasso variabile, vuol dire che l'aspettativa è di una bella discesa, no? O il nostro estensore ha solo lui la palla di cristallo, oppure tutte le controparti del mercato hanno bevuto smodatamente, i questi giorni, e fanno i prezzi tirando i dadi.
Il variabile continua però a esercitare il suo fascino: per Marcello i tassi prima o poi scenderanno. Questo è vero, ma difficilmente torneranno ai livelli del 2005.
Oggi è una bella giornata di sole. Forse domani pioverà. Mi piacciono le pizze, ma anche i gelati.
Il mutuo variabile può essere fatto solo se si è in grado di sopportare, rispetto a oggi, rincari nella rata del 20/25%.
Un bel numero sparato a caso non fa mai male. E perché il 25 e non il 50% (che poi è l'aumento che si è registrato sulla rata dei mutui stipulati a tasso variabile nel 2003)?
E, soprattutto: perché qui l'estensore parla di stipulare un nuovo mutuo a tasso variabile quando il titolo dell'articolo parla di rinegoziare un mutuo già esistente? E si è forse dimenticato che con la rinegoziazione l'importo della rata torna quello del 2006, e quindi non c'è il rischio di un aumento bensì la certezza di una diminuzione (che verrà pagata poi, certo, ma qui si parla della rata, non della durata)?
E se la banca fallisce? Nessuna moratoria, caro Giorgio. La rata andrà pagata all'istituto che subentra a quello in default o al commissario liquidatore.
Almeno una cosa sensata, giusto per concludere.

Una chiosa, per concludere. Tutto si può dire del Corriere della Sera, ma non che sia nemico delle banche: spero che basti averlo preso in mano qualche volta, per convincersene, ma se dovesse servire si possono anche vedere questi dati.
Dopo aver letto un articolo così, siamo proprio sicuri che la rinegoziazione convenga alle banche e non ai mutuatari?

domenica 12 ottobre 2008

Crisi e misure

Mi sono ripromesso di non parlare della crisi di questi giorni non essendo in grado di fare un discorso organico. Non che non mi sia fatto alcune idee: ma sono poche e in parte confuse, e quindi non mi piace buttarle giù. E' il tipico caso in cui posso dire che non ne so abbastanza.
Ci sono però alcune cosettine isolate che mi sento di pubblicare come brevi flash, quando leggo cose che mi convincono meno del solito.
Una di queste è la tiritera che leggo su un po' tutti i giornali secondo i quali in questo momento le banche non si prestano denaro l'una con l'altra perché nessuna ha fiducia nella sua controparte e teme che fallisca, facendole perdere i soldi prestati.
A me questa cosa convince proprio poco. Di punto in bianco tutte le banche guardano in cagnesco tutte le altre banche, e ne vedono il fallimento come imminente? Ma vi sembra veramente credibile?
Certo, ci sono banche che stanno male, banche che stanno molto male e banche sull'orlo del fallimento. Ma vi sono un'infinità di banche che hanno i forzieri pieni come quelli di Paperone: chi crederebbe che un fallimento di una di queste banche sia imminente?
Ma oltre alla logica, per smontare questa storia della catastrofe c'è anche un fatto oggettivo. Esistono sul mercato dei derivati che si chiamano Credit Default Swap (o CDS), e che non sono nient'altro che delle assicurazioni contro il rischio che un determinato debitore fallisca. Se veramente ci fosse questo clima da catarsi finale, il prezzo dei CDS dovrebbe schizzare alle stelle: nessuno dovrebbe più dare un'assicurazione per un evento così temuto. E invece no, il mercato dei CDS sa individuare benissimo chi sta bene, chi sta male e chi sta così e così.
Per fare un esempio, Lehman Brothers poco prima di fallire veniva prezzata a 800 punti base, mentre le banche italiane navigano sui 40 punti base. Unicredit, che a leggere la stampa sembra ogni giorno peggio, era data settimana scorsa sugli 80 punti base: prezzo altino ma non disastroso, laddove invece una importante banca tedesca, che tutti quelli del settore vedevano come più di là che di qua (e che ancora non si sa bene che fine farà), sfiorava i 400 punti base.
Questo per dire che il mondo delle banche è tutt'altro che una notte in cui tutti i gatti sono bigi. Ma allora, perché le banche accumulano liquidità e non se la prestano?
La mia impressione è questa: il sommovimento in questo periodo c'è, ed è più che reale. La crisi dei derivati, che rischia di buttare il bambino con l'acqua sporca, si sta avvitando in modo tale che presto le banche saranno costrette a svalutare pesantemente gli strumenti che hanno in portafoglio, e credo che dovranno svalutarli persino più del dovuto, dato che anche gli strumenti con un valore reale sono diventati poco o per nulla credibili. Mi è sembrato di sentir parlare di sospensione del mark to market (o meglio, del fair value), ma certo potrà essere una cosa solo momentanea (se non sapete cos'è, non preoccupatevi: stasera non c'è certo tempo per spiegarlo).
Se così è, si sta per scatenare un pandemonio nei bilanci, che avrà direttamente riflessi sul patrimonio delle banche di ogni dimensione.
Tutti sappiamo che non c'è momento migliore per fare la spesa che quello in cui il negoziante sta con l'acqua alla gola; io immagino che in questo momento tutti i pesci si stiano studiando l'un l'altro: i pesci piccoli possono mangiare il loro vicino messo maluccio e diventare medi; i pesci medi vedono con bramosia il pesce grossino che un domani potrebbe traballare, ma allo stesso tempo temono che quell'altro laggiù, che oggi ha delle dimensioni paragonabili, possa fare un brutto scherzo e papparselo in un boccone.
E così ciascuno comincia a rifornirsi di armi e olio bollente, e mette da parte le provviste per l'assedio. Solo che armi, olio e provviste per le banche hanno un solo nome: soldi. Soldi liquidi che possono essere usati per attaccare comprando le azioni degli altri e per difendersi comprando le azioni proprie e ponendo in atto manovre diversive: perché non c'è come il denaro sonante per attaccare e difendersi.
La crisi di fiducia quindi esiste: na non è sfiducia nella solidità, bensì sfiducia nel fatto che l'altro non ti attacchi alla giugulare.
Se questo è vero, capite bene che una garanzia pubblica sui prestiti interbancari non serve assolutamente a nulla. Anzi: se tanto mi dà tanto dovrebbe fare peggio, in quanto il fatto che anche le banche più traballanti e spregiudicate (perché sono tempi in cui traballa di più chi più ha rischiato) possano ottenere denaro fresco dovrebbe essere un'ulteriore spinta ad accumularlo il denaro, non certo a prestarlo.
E allora che succederà domani? Io previsioni non ne faccio, perché se ne sapessi fare giocherei in borsa anziché lavorare. Sulla base del mio ragionamento l'Euribor dovrebbe salire o rimanere fermo, ma è anche possibile che scenda un pochino come segnale di fiducia delle banche ai governi (perché ricevere un aiuto di questo tipo senza fare neppure un cenno di ringraziamento sarebbe proprio da idioti: e la prossima volta che ti viene, incontro?). In ogni caso non mi aspetterei grandi riduzioni nei prossimi giorni.
Per quanto riguarda le borse, l'unica logica è ormai quella del tiro ai dadi: mi sembrerebbe logico che risalissero, dato che hanno perso così tanto, ma non ci vuole un matematto per sapere che dopo aver tirato il dado nove volte e aver ottenuto sempre sei, la probabilità che esca un ulteriore sei è sempre la stessa.
Aggiungiamo poi che il vertice europeo si è chiuso con una valanga di parole e buoni propositi ma senza un soldo vero sul piatto; mettiamoci anche che le dichiarazioni finali, per quel poco che ne ho visto stasera, sembravano all'insegna del si arrangi chi può; mettiamo poi che l'FMI -che notoriamente porta una sfiga orrenda e non ne azzecca una a pagarlo- ha dato il suo placet; bé, tutto ciò considerato, magari domani non crollano, le borse; ma non ci metterei troppo la mano sul fuoco.

Night and Day


Qualcuno dovrebbe spiegare a Veltroni che il problema è cosa fa Berlusconi di giorno, non dove va a passare la notte.
Cosa fa di giorno sono fatti nostri, dove balla la notte sono fatti suoi, ed è giusto che sia così.

giovedì 9 ottobre 2008

Crisi, banche, borse a picco

Non è che non mi sia accorto che c'è casino, lì fuori.
E' che non ho nulla di intelligente da dire, per cui me ne sto zitto in attesa di capirci qualcosa: mi pare più dignitoso che sparare in prima pagina fotografie di impiegati in lacrime, quando la borsa perde 4 punti, e il giorno dopo fanfare e champagne quando ne recupera 4.

Poteri dello Stato

La Corte Costituzionela, con una lucidissima ordinanza, ha detto in poche parole ciò che qualunque studente al second'anno di giurisprudenza già sapeva: cioè che il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato a luglio (quello, per intenderci, sul quale il Partito Democratico ha mostrato il vero cuore di leone che lo anima assumendo una posizione chiara e netta di astensione) altro non è che una gran fregnaccia.
Merita leggere gli ultimi paragrafi:
che, peraltro, questa Corte non rileva la sussistenza nella specie di indici atti a dimostrare che i giudici abbiano utilizzato i provvedimenti censurati – aventi tutte le caratteristiche di atti giurisdizionali loro proprie e, pertanto, spieganti efficacia solo per il caso di specie – come meri schermi formali per esercitare, invece, funzioni di produzione normativa o per menomare l'esercizio del potere legislativo da parte del Parlamento, che ne è sempre e comunque il titolare;
che entrambe le parti ricorrenti, pur escludendo di voler sindacare errores in iudicando, in realtà avanzano molteplici critiche al modo in cui la Cassazione ha selezionato ed utilizzato il materiale normativo rilevante per la decisione o a come lo ha interpretato;
che la vicenda processuale che ha originato il presente giudizio non appare ancora esaurita, e che, d'altra parte, il Parlamento può in qualsiasi momento adottare una specifica normativa della materia, fondata su adeguati punti di equilibrio fra i fondamentali beni costituzionali coinvolti.

Che in parole povere significano: il parlamento faccia il parlamento e non si inventi di fare il giudice. Se proprio ci tiene, faccia una legge, che è il suo mestiere.
Il dramma è che ormai il parlamento non fa più nulla, se non ratificare i decreti del governo; è divenuto un mero votificio: quindi possiamo aspettarci in qualunque momento un bel decreto-legge anche su questa materia.
Mi chiedo solo se e quando al Presidente della Repubblica verrà un crampo alla mano, impedendogli di firmare qualunque cosa "necessaria e urgente".

lunedì 6 ottobre 2008

C'è crisi, c'è grande crisi

E c'è anche chi pensa di partire con il piede sbagliato.



Verba volant

C'era una volta il Male, che faceva le copertine fasulle ad effetto.

Poi è venuta internet, e abbiamo imparato che le copertine del Male si chiamano fake.

Adesso ci si è messa La Repubblica (il giornale fondato da Scalfari, quello laico), a fare le copertine.


Il bello è che non le fa per ischerzo.

domenica 5 ottobre 2008

Mutui e rinegoziazioni /7

(vedi le puntate precedenti)
Nella scorsa puntata abbiamo fatto degli esempi di persone con un reddito molto più che adeguato a rimborsare il mutuo, a cui certamente la rinegoziazione "ABI-Tremonti" non interessa, e di persone in grave difficoltà, per le quali essa è una scelta obbligata.
Tra i due estremi si situano ovviamente la maggioranza delle famiglie, che devono decidere se aderire o meno a quanto proposto loro dalla banca.
Cominciamo a dire che anche coloro che ritengono di avere buone possibilità di spuntare altrove condizioni di maggior favore, non per questo debbono escludere di accettare le rinegoziazione ABI: nulla infatti impedisce che, pur avendo accolto la proposta, successivamente portino altrove il loro mutuo. Anzi, dobbiamo tenere presente che siamo in un momento di stretta creditizia, nel quale le banche rifiutano di prestarsi denaro tra loro e, conseguentemente, stringono i cordoni della borsa: pertanto credo sia più saggio aspettare qualche mese prima di mettersi in cerca di un'altra banca per attivare la portabilità. E' bene quindi aver presente il fatto che scegliere una strada oggi non vuol dire precludersene un'altra domani.

Vediamo ora cosa comporta dal punto di vista finanziario la rinegoziazione, e accenniamo dapprima al corso dei tassi. Dato per scontato che abbiate presente il meccanismo della rinegoziazione, spiegato qui, presumiamo che il mutuo a tasso variabile sia regolato all'EURIBOR 3 mesi più uno spread, diciamo l'1% per stare bassi. Il conto accessorio è regolato all'IRS a 10 anni rilevato il giorno di adesione alla proposta, più uno spread dello 0,50%, che peraltro molte banche hanno unilateralmente ridotto o rinunciato; poniamo quindi che lo spread applicato sia solo lo 0,30%.
In questi giorni l'EURIBOR a 3 mesi naviga attorno al 5,30% (in salita). E' particolarmente elevato, ma comunque la media dall'inizio dell'anno è di circa 4,80%. Sempre in questi giorni l'IRS a 10 anni sull'EURIBOR 3 mesi varia tra il 5% e il 4,40% (in discesa); ipotizziamo che il giorno dell'adesione alla convenzione sia sul 4,70%.
Ne consegue che il mutuo sarà regolato al 6,30% (e se anche, ottimisticamente, prendiamo la media dall'inizio anno, al 5,80%), mentre il conto accessorio sarà regolato al 5,00%. In pratica ad ogni pagamento di rata la banca prende la differenza non pagata e la mette su un conto ad un tasso sensibilmente minore.
Ora, da un punto di vista strettamente finanziario, il conto accessorio non è altro che un finanziamento che la banca sta facendo al mutuatario; ma la particolarità è che glielo fa ad un tasso incredibilmente inferiore rispetto a quelli medi di mercato.
Se guardiamo la tabella ministeriale per la rilevazione dei TAEG medi vediamo che attualmente i prestiti personali sono concessi mediamente al 10,63%, i prestiti con cessione del quinto dello stipendio vanno dal 10% al 14% e i crediti al consumo per importi tra i 1.500 e i 5.000 euro arrivano oltre il 17%!
Certo, se uno è sicuro che non avrà mai bisogno di comperare qualcosa a rate, non ha nessuna ragione di farsi finanziare in questo modo improprio. Ma se appena appena pensiamo di dover aprire un giorno un finanziamento per comprare una macchina? Ecco che diventa molto più conveniente risparmiare la quota della rata di mutuo che non paghiamo alla banca, mettendola da parte, e usare poi quelli per l'acquisto che pensavamo di farci finanziare.
Basti pensare che se andassimo a mettere i soldi in un conto arancio o simili, otterremmo un interesse persino superiore, sia pur di un minimo, rispetto a quello che dovremmo riconoscere alla banca (in effetti non è così, ma solo perché parte degli interessi a nostro favore viene mangiata dal fisco).
Certo, se pensiamo che per quando ne avremo bisogno il mercato offrirà tassi di finanziamento al consumo paragonabili al famoso 5,00% (o anche meno, dipende dalle condizioni della vostra banca e del giorno di adesione), allora non avremmo tutta quella convenienza; ma si tratta di una scommessa azzardata.

Un'obiezione viene subito in mente: vale a dire che il finanziamento lo prendo quando voglio, mentre aderendo alle rinegoziazione sono costretto a farmi finanziare mese per mese, anche se non ne ho bisogno, e pagarci sopra gli interessi. Questo però non tiene conto di due cose: in primo luogo che, come abbiamo visto prima, posso mettere i soldi che risparmio su un conto fruttifero e praticamente andare in pari.
Ma la cosa più interessante è che l'art. 5 della convenzione prevede che l'estinzione anticipata del conto accessorio non sia soggetta ad alcuna penale: questo vuol dire che io posso risparmiare la parte di rata che non pago alla banca e alla fine dell'anno (o comunque quando mi pare) versarla in banca per saldare il conto accessorio e ripartire da zero.

L'effetto di tutto ciò mi sembra chiaro: aderendo alla rinegoziazione si può prendere respiro, se ne abbiamo bisogno, o precostituirsi la possibilità di prenderne in un futuro, a costi tutto sommato estremamente contenuti. E aderendo abbiamo in pratica sottoscritto un finanziamento a condizioni quasi certamente irripetibili.

Bene, siamo così arrivati alla conclusione. Non pretendo di aver convinto nessuno, e del resto non ho alcun interesse né mi pagano per questo. Credo tuttavia sia stato importante cercare di far capire in maniera un po' più completa, pur tra inevitabili tecnicismi, quali sono le opzioni disponibili sul tavolo e quali sono i vantaggi e gli svantaggi che offrono.
Io, personalmente, non avrei dubbi su cosa scegliere, e ho consigliato in tal senso tutte le persone che mi hanno chiesto un parere; dopodiché ciascuno è naturalmente libero di agire come crede: l'importante è farlo in maniera consapevole.

giovedì 2 ottobre 2008

Mutui e rinegoziazioni /6

(vedi le puntate precedenti)
Avremmo dovuto parlare di Tremonti, e invece parliamo di elettrodomestici.

Non so voi, ma io credo che non ci siano poi molti beni veramente essenziali. Si può far tranquillamente a meno della televisione, del computer, del telefonino. L'auto e l'abbonamento a Sky manco ce li ho, e neppure il microonde. La lavastoviglie è una grande comodità, ma pure ho vissuto senza.
Il frigorifero è essenziale. Negli anni trenta, quando ogni casa aveva la domestica di campagna che faceva la spesa negozio per negozio, si poteva farne a meno, ma oggi non più.
Bene, immaginiamo che i comunisti siano andati al governo e nella loro infinita cattiveria abbiano deciso di ripristinare le tasse che l'attuale governo, onorando le promesse elettorali, ci ha così sensibilmente ridotto; e che istituiscano una odiosa tassa sui frigoriferi, talché il modello base costi 2.000 euri.
Ammettiamo, infine, che ci sia un negozio di frigoriferi, che vende il modello base a 2.000 euri in contanti, o a rate con 24 comode rate da 100 euri ciascuna.

Marco è un giovinetto appena andato a vivere da solo. Il suo papà è assai benestante, e gli ha dato 10.000 euri con cui dovrà comperare il frigorifero e il computer, pagarsi le vacanze, gli aperitivi e i concerti.
Nichita è un giovinetto appena andato a vivere da solo. Il suo papà è tipicamente nel ceto medio, e gli ha dato 3.000 euri con cui dovrà comperare il frigorifero e il computer, pagarsi le vacanze, gli aperitivi e i concerti.
Davide è un giovinetto appena andato a vivere da solo. Il suo papà è messo male, e con grandi sacrifici gli ha dato 500 euri per contribuire all'acquisto del frigorifero.

Bene, cosa faranno i nostri eroi? Mi sembra che saremo tutti d'accordo sul fatto che Marco sarebbe un cretino, a comprare il frigorifero a rate. E credo che converremo tutti che Davide deve fare le comode rate, anche se gli costano un bel po', perché non ha altra scelta.
La situazione di Nichita è diversa: lui deve scegliere se tirare la cinghia, vale a dire comprare a contanti il frigorifero e il computer e poi passare tutte le sere a casa a scrivere sul suo blog, oppure prendere il frigorifero a rate e con i soldi liquidi che gli sono rimasti concedersi qualche sera fuori con la sua fidanzata.
Non è che ci sia una risposta giusta: Nichita deve scegliere, e non può scegliere suo padre o l'associazione dei giovani appena usciti di casa: deve scegliere lui perché lui è quello che subirà, nel bene o nel male, le conseguenze della scelta.
Suo padre può dargli un consiglio, l'associazione pure, sulla base della loro esperienza; ma solo Nichita può sapere se preferisce spendere meno e tirare la cinghia o fare una vita meno di ristrettezze e alla fine spendere di più. Un Nichita più formica se ne starà chiuso in casa, magari sull'orlo della depressione, ma mangerà la bistecca ogni tanto; uno più cicala farà festa, e poi magari dovrà mangiar pane e cicoria, in buona compagnia.

Vi sembra che il discorso fili? A me sì.
Bene: per decidere cosa fare del mutuo, la logica è esattamente la stessa.

La famiglia Marchi guadagna 4.000 euri l'anno. Hanno un mutuo con una rata di 1.000 euro, a tasso variabile con uno spread è altino: 1,75%; nel 2006 pagavano 900 euri.
La famiglia Nichiti guadagna 2.500 euri l'anno. Hanno un mutuo con una rata di 1.000 euro, a tasso variabile, con uno spread dell'1,40%; nel 2006 pagavano 800 euri;
La famiglia Davidi guadagna 1.900 euri l'anno. Hanno un mutuo a tasso variabile: fortunatamente lo spread è basso (1,10%), ma -dato che la somma erogata è stata molto alta- con l'aumentare dei tassi la rata è molto salita: ora pagano 1.000 euri mentre nel 2006 ne pagavano solo 700.

A questo punto andate a leggervi gli articoli sulla portabilità Bersani e sulla rinegoziazione Tremonti e provate a capire cosa conviene ai Marchi e ai Davidi. Fatevi anche un'idea per quanto riguarda la famiglia Nichiti; la prossima volta (ve lo anticipo già) vedremo perché la Tremonti conviene comunque anche ai Nichiti.

(continua)

mercoledì 1 ottobre 2008

Interludio /2

Ho visto per qualche momento una trasmissione su La 7, dedicata alla crisi dei mutui.
C'è Bersani, c'è Gasparri, c'è anche il pessimo Lanutti, quello a cui mi riferivo in primis quando parlavo male delle associazioni dei consumatori.
Riesco, per la seconda volta, ad apprezzare Gasparri, che difende l'accordo ABI-Tremonti mentre Bersani ripete come un disco rotto "surroga" e "portabilità". Dicevo non più tardi di ieri che queste parole sembrano diventate la panacea per tutti i mali, ed eccone la riprova.
Avrete ormai capito che io alla portabilità ci credo poco, mentre la tremontata mi piace. E non perché mi piaccia Tremonti o il Cavaliere, anzi! E non perché sia dalla parte delle banche. Dato che, come spiegherò, la tremontata alle banche non piace per niente. Ma questo è un interludio: non voglio inserirmi nella serie sui mutui ma fare solo due osservazioni laterali.

La prima: nessuno in televisione ha ancora capito che il problema non sono i mutui ma i prezzi delle case? O semplicemente non lo si vuole spiegare?
Nessun giornalista ha capito che se un appartemento di 60 metri viene venduto a 250.000 euro, e uno stipendio medio è di 1.500 euro, una volta tolti 500 euro per mangiare pane e mortadella, ci vorrebbero 21 anni solo per pagare il capitale senza interessi?
E la colpa di ciò di chi è: delle banche o delle politiche abitative degli ultimi 30 anni? Mi ricordo che quando ero piccolo c'erano le case popolari: mia nonna ci abitava, mio padre ci era vissuto: e non erano dei disgraziati, bensì gente normalissima che lavorava e studiava.
Perché oggi la casa popolare è un privilegio di chi è talmente in disgrazia da potersi conquistare il diritto di abitarci? Perché edilizia pubblica sembra ormai un sinonimo di kolchoz?
Non è forse che si punta l'attenzione sui mutui per distoglierla dal mercato abitativo e dai guasti della speculazione edilizia? Speculazione edilizia: locuzione che odora di anni '60. Ma se abitate a Milano e riflettete un attimo su parcheggi interrati, quartiere Isola, Expo, riqualificazione delle aree dismesse e via discorrendo, vi accorgete che oggi la speculazione c'è davvero, e quella di 30 anni fa era un gioco da bambini dell'oratorio. E nelle altre città, è forse diverso?

La seconda osservazione è metodologica: riguarda il fatto che la realtà è complessa. Mi sembra di aver già detto la medesima cosa riguardo ad alitalia, forse mi ripeto ma ne sento il bisogno.
Io sto consumando svariate serate a scrivere migliaia di parole per cercare di spiegare un problema e dare una chiave interpretativa utile a chi mi legge. Capisco di essere noioso e talvolta pedante, ma vi assicuro che sto semplificando moltissimo, al limite del travisamento: più corto o più semplice non potrei perché non ne sarei capace e non sarei obiettivo.
Mi rendo conto benissimo che talvolta sono troppo involuto, uso termini complessi, salto passaggi logici che dò per scontati: perché non ho tempo a sufficienza, ma anche perché non posso trattare i miei pochi lettori come dei cretini. Poi vedo i dibattiti in televisione e vedo che il pubblico è trattato peggio che all'asilo infantile.
Questo da un lato mi disgusta, ma allo stesso tempo mi rendo conto che non si può chiedere a una persona normale di interessarsi di tutto e di approfondire tutto: io per esempio non mi interesso minimamente al delitto di Perugia, che probabilmente è fondamentale per altri; e quindi mi chiedo se abbia senso il mio lavoro.

Comunque ormai siamo alla fine: tra poco avrò raccontato tutto quello che so sulle rinegoziazioni, e ognuno sarà libero di scegliere il da farsi con la propria testa.

Mutui e rinegoziazioni /5

(vedi le puntate precedenti)
Arriviamo finalmente al motivo principale per il quale avevamo iniziato questa saga: parlare dell'accordo ABI-Tremonti.
Altroconsumo (che è il primo risultato che mi viene fuori googlando) ha una posizione molto chiara:
Rinegoziare il mutuo secondo il patto tra banche e governo non conviene. Vi spieghiamo perché.

Certo, il perché è contenuto in un PDF che può essere scaricato a pagamento, il che non mi sembra punto bello. Io ve la racconto aggratis, poi fate voi.
Prima rinfreschiamo un momento la memoria: avevamo visto in questo articolo che la cosiddetta portabilità del mutuo può convenire a numerose famiglie, ma non certo a tutte.
Facciamo un esempio concreto: una famiglia di anziani, che sono stati costretti a comprare casa nel 2003, quando la banca proprietaria dell'appartamento l'ha messo in vendita: mutuo di 150.000 euri, 25 anni, spread 1,30% sull'Euribor. Rata iniziale: 800 euri. Rata oggi: 1150 euri. Probabile rata a fine anno: 1.200 o 1.250 euri. Possibilità di portare il mutuo altrove a condizioni migliori: nessuna. Badate: l'esempio è concreto, non astratto: si tratta di mia madre. E quel nessuna vuol dire nessuna per la madre di un funzionario di banca, non per la sprovveduta casalinga di Voghera.
Bene: cosa inventa Tremonti, che non può certo imporre per legge un tasso inferiore a quello di mercato alle banche (ché quello sarebbe da comunisti, e quindi non piacerebbe certo al Cavaliere)? Una genialata.
Anzitutto non impone nulla. Propone alle banche di stipulare una convenzione: le banche sono libere o meno di aderire, e una volta che aderiscono si sono obbligate nei confronti del Ministero dell'Economia e per suo tramite del pubblico. E, guarda caso, tutte aderiscono, perché è vero che sono libere, ma certo una spintarella sottobanco l'hanno anche ricevuta; così si trovano obbligate a fare una cosa senza poter lamentarsi, perché in fondo è stata una loro scelta.
A questo punto devono proporre ai clienti di fare un'operazione un po' complessa, che cerco di rendere nel modo più chiaro possibile:
  • calcolano (con certi criteri che non vi spiego) una rata corrispondente a quelle che si pagavano nel 2006 (nel nostro esempio, 850 euri)
  • propongono al cliente di pagare per sempre non la rata "giusta" (i 1.200 euri), bensì solo gli 850 euri
  • e così via, il mutuo continua ad andare al suo tasso variabile, seguendo la salita o la discesa dei tassi; ma il cliente paga sempre la rata fissa
  • ad ogni rata, c'è una differenza, in più o in meno: questa differenza viene messa su una specie di conto corrente
  • alla fine del mutuo, sul conto corrente ci sarà -salvo che i tassi tornino a scendere vorticosamente- un importo a debito per il cliente e a credito per la banca, diciamo nel nostro caso che ci ritroveremo nel 2029 un debito di 65.000 euri
  • quella somma verrà ripagata nel corso degli anni successivi, sempre versando lo stesso importo fisso (gli 850 euri) fino ad estinzione del debito
  • .
    Per quanto riguarda i tassi, abbiamo visto che sul mutuo continua a correre il tasso variabile, con il suo spread; mentre sul conto corrente viene applicato un tasso pari all'IRS a 10 anni, più uno spread fino allo 0,50% (che molte banche hanno rinunciato). Il motivo per cui si sceglie l'IRS, alla luce di quanto detto altrove, è facile da comprendere: se infatti la banca stipula un IRS di segno contrario, il cliente "vede" un tasso fisso, mentre la banca "vede" un tasso variabile; e così tutti e due sono contenti.
    Chiaro fin qui? adesso vediamo un po' di capire se ci conviene, ricordandoci che stiamo assumendo il fatto che il tasso applicato al mutuo sia corretto: di mercato, non da strozzini.
    Abbiamo detto che se le cose non cambiano alla fine il cliente si trova un bel debitone da pagare, bello grosso; e che ci metterà un bel po' di tempo a pagarlo. Ma attenzione! Si trova il debitone perché ha pagato di meno di quanto avrebbe dovuto pagare. Se assumiamo che il mutuo abbia un tasso equo, quello che dovrebbe pagare è il giusto, non una rapina.
    Spariamo un po' di numeri a caso e diciamo che i 65.000 euri sono 56.000 euri di soldi pagati in meno nel corso del mutuo, e 9.000 euri di interessi. Allora sto pagando in più solo 9.000 euri, non 65.000! Perché i 56.000 li ho risparmiati nel corso degli anni. E badate bene che quei 56.000 li ho risparmiati un po' oggi, un po' il mese prossimo, e così via... sono soldi del 2009, del 2010, e poi via via sempre meno fino al 2029 (ricordate che la rata via via scende, come spiegato qui; mentre il debito di 65.000 euri (e quindi i 9.000 euri in più da pagare) me li trovo nel 2029, quando sicuramente varranno molto meno di quanto non valgano oggi.
    Comunque non abbiamo ancora risposto, alla domanda: ci conviene, pagare quei soldi in più? Lo vedremo nella prossima puntata.

    (continua)

     

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