giovedì 29 luglio 2010

Geni e genialoidi


Il fatto che googlando "Michel Doumesche" compaiano solo articoli sul fatto che si tratta di un genio della matematica fortunosamente ritrovato, e non un solo articolo sulla sua produzione scientifica, potrebbe instillare qualche dubbio su quanto contenuto in questo e in tanti altri articoli.
Ma siamo in Italia, è estate e poi, santo cielo, è la stampa, bellezza!

Disturbo della quiete pubblica

Il mio riposo diurno, qui in ufficio, è gravemente disturbato da un gruppuscolo di ragazzetti (saranno un paio di centinaia, attorniati da altrettanti poliziotti e carabinieri).
Essi, che hanno un'insana passione per una squadretta di calcio milanese, attendono che i giocatori si appalesino qui nei pressi. A quanto ho capito c'è un nuovo sponsor, degli arabi o giù di lì, e bisogna fare una comparsata promozionale.
Il grido che risuona di più, lo dico per la cronaca, è il seguente: «un presidente, vogliamo un presidente».
Persone ben informate mi dicono che il loro precedente presidente abbia lasciato la carica per andare a far danni altrove: almeno su questo punto mi sento di dar loro ragione.

mercoledì 28 luglio 2010

L'affare del blogger modenese

Forza coso, siamo tutti con te, qualsiasi cosa possiamo fare per aiutarti la facciamo, okay? Fosse pure scoprire dove abita il tipo, tuffarlo in un barile di melassa, ricoprirlo di piume e mandarlo in giro per le strade della sua città con appeso al collo un cartello che recita “kick me in the balls, please”.

Però, a differenza di quel che si dice qui, io resto convinto che la solidarietà sia importantissima, ma che anche le denunce, le querele e le azioni in sede civile siano gli strumenti giusti per affrontare certe cose.
Che la propria reputazione debba essere difesa non solo con la forza dialettica ma anche con la forza della legge.
E che un'organizzazione che permette a chiunque di scrivere cose infamanti, e soprattutto che si rifiuta di cancellarle una volta che viene fatta presente la natura infamante di tali cose, debba essere chiusa o severamente punita. Sia che l'infamato si chiami Gasparri, sia che si chiami Da Vinci.
Certo, era comodo per tutti noi che stiamo da una certa parte quando gli strali andavano nella direzione opposta: ma chi riesce a vedere al di là del proprio naso, si rende conto che oggi tocca a te ma domani può toccare a me: e se non difendo te oggi, domani nessuno difenderà me.

Dio stramaledica la Serbia

Dunque in Serbia cominciano a fare sul serio: oltre alle autovetture Fiat cominceranno a produrre anche calze e collant. E già qualcuno parla di boicottaggio delle aziende che delocalizzano, lasciando intendere tra le righe che in fondo i cattivi soggetti sono due.
Sono infatti certo da annoverare tra i cattivi quegli imprenditori che, dopo essersi ingrassati di contributi pubblici (non crediate che li abbia presi solo la Fiat: anche a Gissi e nel mantovano nel ne sono arrivati a fiumi), chiudono baracca e burattini e se ne vanno via. Ma, sotto sotto, si lascia intendere che sia cattivo anche il governo serbo, che fa dumping sociale e fiscale, detassando gran parte degli utili e proponendo un quadro giuslavoristico che al confronto l'accordo di Pomigliano sembra una suite al Negresco.

Il fatto è che quegli imprenditori i soldi li hanno presi, sì, per fare gli investimenti che hanno fatto in Italia. Ma se siamo in uno stato di diritto, e nelle convenzioni agevolative non c'era alcuna clausola che li costringesse a restare lì per un tempo indefinito, oramai quei medesimi imprenditori possono fare quel che gli pare. Il problema non è loro, ma del quadro normativo che in varie forme perdura dai tempi del boom economico, che per concedere i contributi, belli grassi, costringeva l'imprenditore a creare posti di lavoro, ma non a mantenerli. E' immorale, certo, andarsene all'estero ora che le cose vanno male. Ma allora è altrettanto immorale decidere di comperare una Twingo al posto di una Panda, che costa un paio di mille euri in più. O la scarpa made in taiwan al posto di quella del calzaturificio vigevanese, che costa uno zero in più. O l'iPhone di ultimissima generazione al posto di un più sobrio Telit, che magari ha campo anche senza cerottini.

Quanto al lato serbo della faccenda, certo il governo di Belgrado ci è andato giù pesante, ci sta rubando posti di lavoro e ricchezza. Del resto non è la prima volta che succede: rammenterete forse che già nel 1999 abbiamo buttato un fracco di soldi per Belgrado o, per essere più precisi, su Belgrado. Certo, in quall'occasione i serbi non ci hanno rubato posti di lavoro, anzi ne abbiamo tolti un bel po' noi a loro.
Rammenterete anche che mentre il governo del mite D'Alema buttava su Belgrado soldi pubblici (seppur in forma non spendibile), contemporaneamente lo stesso governo organizzava la raccolta di soldi privati da mandare in forma spendibile, o perlomano mangiabile, alle stesse popolazioni che venivano gratificate delle nostre munizioni e del nostro prezioso (seppur impoverito) uranio. E molti di noi hanno pagato con le proprie tasse le bombe che hanno distrutto le case serbe, e con i bigliettini venduti al supermercato le tende per sostituire le case distrutte da quelle stesse bombe.
Comunque fin d'allora ci siamo portati avanti, previdenti: gran parte dei soldi della Missione Arcobaleno infatti restarono in Italia senza arrivare mai a destinazione: forse potremmo riutilizzarli ora per finanziare la cassa integrazione dei lavoratori dei calzifici; o perlomeno mandar loro le tende avanzate, per affrontare il prossimo inverno.

martedì 27 luglio 2010

Scioccherello

Poco fa, un po' di fretta e un po' senza pensarci troppo, ho scritto una cosa per molti versi stupida.
Stupida anzitutto perché, nel richiamarlo, ha indirettamente dato pubblicità e visibilità (quanto consentita dai miei 16,66666 lettori) a un pezzo demenziale scritto da un malato di mente.
Stupida, inoltre, in quanto io stesso, per non averci riflettuto su il tempo dovuto, sulla spinta dell'emozione, ho confuso il tema dell'obbligo di rettifica per i blogger e della responsabilità per diffamazione.
Intendiamoci, non ho cambiato idea: sono tuttora dell'idea che il blogger debba essere responsabile delle proprie azioni, e quindi che debba essere tenuto a rettificare se quanto scrive non rispoponde al vero, e a rispondere in sede penale e civile dei propri fatti e atti illeciti. Semplicemente, riportare un fatto inesatto non costituisce necessariamente diffamazione, mentre il pezzo che avevo linkato era violentemente diffamatorio e quindi non attinente al discorso: per tale motivo l'ho cancellato, e me ne scuso con chi aveva commentato.

mercoledì 21 luglio 2010

E vissero tutti felici e contenti

La stampa italiana, quella vera che inchiostra la carta, oggi alza il gran pavese perché è caduto il bavaglio: secondo l'ultimo emendamento governativo i giornalisti potranno pubblicare il contenuto di intercettazioni e verbali d'interrogatorio.
Sono contenti, i giornalisti e per essi i loro editori, perché hanno ottenuto di poter continuare a svolgere quel mestiere fatto di compitini ricopiati, di sbirciamento nei quaderni altrui e, in casi fortunati, di sinossi e versioni in prosa o parafrasi, che caratterizza oggi il panorama della nostra stampa professionale.
Quanto è più facile sbattere in prima pagina un dialogo vernacolare e spesso fiorito tra due persone in vista, piuttosto che fare giornalismo d'inchiesta e raccogliere prove e informazioni di prima mano? Non si pretende che Repubblica faccia Top Secret America come il Washington Post, ma -salvo qualche rara eccezione- la più parte del "lavoro giornalistico" oggi consiste in pedisseque ricopiature di atti bollati.

Ma non è tanto questo, il punto. Il punto principale è che questa legge continua a fare schifo. Perché il tema che conta non è sul fatto che i cittadini abbiano diritto di venire o meno informati sulle indagini in corso: è una cosa assai importante, ma ben più importante è il suo presupposto, vale a dire il fatto che le indagini si possano fare. E su questo tema non è cambiato quasi nulla: permane il limite temporale, permangono le proroghe brevi e specificamente motivate, permane soprattutto la competenza a giudicare in tema di proroga delle intercettazioni in capo all'organo collegiale distrettuale il che, come sa chiunque abbia un po' a che fare con le cose di magistratura, in certe zone d'Italia vuol dire in pratica impedire il rinnovo delle misure.
Questa del giudice collegiale è una delle peggiori porcate del DDL: in Italia un giudice monocratico può tranquillamente mandarti all'ergastolo (avviene, ad esempio, per tutti i crimini che sarebbero di competenza della Corte d'Assise e per i quali è stato richiesto il rito abbreviato), ma non può, secondo il DDL, disporre l'intercettazione del tuo telefono per 15 giorni.
Ma 70 giorni bastano!, si dice. Il fatto è che non ci sono solo gli omicidi e gli stupri di gruppo, per i quali è vero che le prove si raccolgono nei giorni o nelle settimane immediatamente successivi all'evento, quando qualcuno degli autori a un certo punto sbraca. Senza andare al classico esempio dei reati di mafia, ci sono molti reati, in ispecie quelli finanziari, che possono venire dipanati solo attraverso ascolti e riscontri assai prolungati nel tempo, anche per anni.
Quindi quella di oggi è sì una vittoria, ma solo per la classe dei giornalisti e degli editori. Per il cittadino comune, che vorrebbe essere informato ma che soprattutto vorrebbe avere una ragionevole certezza che i criminali vengano puniti, questa è una vittoria di Pirro.

(vedi anche qui un altro parere conforme)

martedì 20 luglio 2010

Coerenza e sicurezza di sé


Ogni volta che mi alzo per andare a prendermi un chinotto, arrivo alla macchinetta, comincio a cacare dubbi e alla fine torno sempre indietro con una coca-cola.

lunedì 19 luglio 2010

My Own Private Milano


My Own Private Milano lo conoscete oramai tutti, e se propro non lo conoscete -il che è praticamente è impossibile- lo potete scaricare qui. Ho già fatto in altre sedi i complimenti e i ringraziamenti al Sir, anzitutto, a Nemo, alla Paolina e a tutti i fotografi e scrittori. Li ho fatti in quella maniera molto milanese per cui non sembra di averli fatti: e mentre sono certo che il Sir, con il quale condivido le esperienze di una vita anche se ci siamo incontrati una volta sola, li ha compresi, è possibile che altri non abbiano colto certe sfumature di non detti.
Qua si usa così: del resto per dire a mio padre che gli volevo bene, e ringraziarlo per quello che ha fatto in una vita, ho dovuto aspettare che andasse in coma e non fosse più in grado di capire ciò che gli dicevo.

Approfitto di questo post per connotare un po' quello che ho scritto: è la storia di una persona che milanese lo è diventata, come sono certo che è quel signore fotografato dalla bravissima Laura Koan: me lo dicono il vestito, l'atteggiamento, la camminata. Mi dicono anche di una vita di sconfitte, che probabilmente non saranno mai state espresse all'esterno da parte di quell'uomo, che certo si atteggia a persona di successo, ma che quando è solo con sé stesso, come nel momento in cui l'obiettivo di Laura l'ha ripreso, abbandona per qualche secondo la maschera credendo di non essere osservato.
Dentro il personaggio dell'immigrato bocconiano ci sono molti degli immigrati che ho conosciuto: gente che veniva da vicino o da lontano e che si è dovuta relazionare con una città e con una cittadinanza meravigliosa per certi versi e alienante per altri.
Io non so come ci si senta ad essere straniero: sono nato e ho sempre abitato nella medesima via, pur cambiando sei case, e con una sola eccezione, quando ho abitato per un anno in un'altra via a duecento metri da lì. I miei amici, quelle quattro-cinque persone che definisco tali, sono tutti nati e vissuti nel mio quartiere: con taluni ho condifiso perfino le elementari, con altri solo il liceo: ma gravitiamo sempre lì, attorno a non sappiamo bene cosa, ché lì non c'è neppure un monumento o una piazza degni di questo nome.
In compenso ho sposato una donna scappata clandestinamente da un paese d'oltre cortina, quando la cortina esisteva ancora, e sia prima che dopo quel matrimonio posso contare sulle punta delle dita d'una mano di falegname le mie fidanzate (o anche solo amiche) autenticamente milanesi.
La vita del mio protagonista è stata ispirata dagli aneddoti di una di queste donne, una bocconiana che forse si sarà riconosciuta in qualche episodio e che ringrazio, anche se so (anzi: proprio perché so) che non leggerà mai queste righe.

Conversazione

Dato che oggi siamo abbastanza presi, ci limitiamo a far un po' di copincolla

Il primo elemento che emerge in una conversazione e l’educazione dei partecipanti. Saper gestire una conversazione in maniera perfetta è una vera e propria arte. Il conversatore che conosce le buone maniere è colui che nel momento opportuno effettua la giusta osservazione, senza urtare la sensibilità dei presenti, infatti l’arte del conversare consiste nell’esporre le proprie idee, con poche parole, semplici e chiare. Il conversatore educato deve rispondere a ciò che gli si chiede, più che a quello che vorrebbe dire, senza infastidire i presenti e usa frasi compiute, parla con naturalezza, tratta con tono adeguato le questioni importanti e con tono scherzoso le questioni futili.
E’ d’obbligo in una conversazione parlare uno per volta e quando arriva il proprio turno esporre le proprie argomentazioni con un lessico appropriato e una sintassi compiuta, e nel caso che si debba ribattere ad un’osservazione, effettuarla con fermezza, ma anche con cortesia. In una conversazione non bisogna cercare di superare l’interlocutore con un tono di voce più alto, ma con cultura e preziosità d’eloquio, usando sempre un tono di voce costante e misurato. Il conversatore che conosce le buone maniere, sa partecipare al confronto anche in silenzio, ascoltando le esposizioni degli altri interlocutori, non parla male delle persone assenti, non interrompe gli altri partecipanti alla conversazione, non conversa masticando gomme o fumando, presta attenzione alle parole degli altri partecipanti, non si mostra annoiato ai discorsi degli altri [...]
Chi non rispetta queste semplici norme di civile conversazione è considerato ineducato e rozzo.

Specialmente quando una conversazione è tesa o difficile, è importante ascoltare e riconoscere quanto ci viene detto. Altrimenti, le possibilità di venire a nostra volta ascoltati dagli altri saranno molto basse.
Ascoltare gli altri costituisce una premessa indispensabile per far sì che anche gli altri ascoltino. Nell’imparare a coordinare meglio le nostre attività di vita con quelle degli altri, è bene che evitiamo due diffusi ma terribili modelli di comunicazione: difendere a tutti i costi la nostra “causa” come in un tribunale; dibattere. Nei tribunali e nei dibattiti, ciascuna delle parti cerca di far prevalere la propria opinione ed ascolta l’altra parte solo per dimostrare l’infondatezza del suo punto di vista. Ma siccome coloro che sono incaricati di argomentare o perorare una causa non devono raggiungere necessariamente un accordo o lavorare ad un progetto comune, non conta che il loro stile di conversazione sia positivo.

Tutti abbiamo delle convinzioni che ci stanno a cuore. Alcune di queste sono importanti per noi, e non ci rinunceremo facilmente. Alcune convinzioni possono essere addirittura così fondamentali per il nostro senso di benessere che non possiamo mai discorrerne in modo spassionato. Noi non possiamo concedere che queste non siano vere. Prendiamo, a titolo d’esempio, il problema del razzismo. Un crescente numero di persone è dell’opinione che il razzismo sia sbagliato e non ascolteranno nemmeno qualcuno che la pensi diversamente. La questione non è semplicemente aperta alla discussione. È, comunque, aperta al dibattito. Se incontrate un fervente razzista, potreste tentare di ‘metterlo sulla retta via’, anche se c’è davvero una piccola speranza di ottenere un cambiamento di atteggiamento. Il razzista crede nella sua causa altrettanto fortemente quanto voi credete nella vostra. Qualche volta abbiamo bisogno di ricordare a noi stessi che le persone con vedute contrarie alle nostre non le sostengono solo per farci irritare [...]
In teoria, le persone intelligenti sono in grado di sedersi e determinare in maniera razionale se una particolare idea è supportata da prove, o se almeno è fortemente supportato da ciò sappiamo. Comunque, la razionalità non è la sola componente della nostra psiche, così una ‘discussione ragionevole’ è spesso deviata dalla natura umana. Avete mai guardato i membri di un partito politico controverso esporre la “linea del partito”? Potreste aver notato che gli argomenti non sono presentati tanto allo scopo di scoprire la verità, quanto al fine di convincere gli uditori. Potete imparare efficaci tattiche di persuasione da un libro, ma probabilmente ne usate già alcune, senza saperlo. Per tutta la nostra vita, abbiamo visto persone “difendere il loro orto” verbalmente, e inevitabilmente abbiamo appreso alcune tecniche senza nemmeno essercene accorti.
Queste tecniche possono essere utili, poiché noi abbiamo frequentemente bisogno di dimostrare che quello che diciamo è vero. Comunque, nella nostra smania di convincere, possiamo evitare di prendere in considerazione cosa è vero o sensato, finendo col difendere l’indifendibile. Ci si può trovare in questa situazione qualora non si stia semplicemente discutendo una particolare opinione, ma si stia difendendo la nostra visione del mondo. Se la materia sotto esame è legata alle nostre convinzioni fondamentali, abbiamo un bisogno pressante di avere la risposta ‘giusta’. A questo punto, non stiamo più cercando la verità in sé, ma stiamo tentando di tenere in piedi le nostre preconfezionate convinzioni.

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martedì 13 luglio 2010

Bum!


Secondo Repubblica (e non solo Repubblica), le Nazioni Unite sono intervenute per censurare il DDL sulle intercettazioni.
L'assemblea del Palazzo di Vetro si è riunita e ha deciso di mettere sotto processo il Governo italiano? O è semplicemente il consiglio di Sicurezza, che ha deliberato la censura? E come mai gli amiconi del PresConsMin, che notoriamente è in ottimi rapporti sia con gli USA ("ridiamo tanto") che con la Russia (il lettone di P.), non hanno posto il veto?
Sono domande non da poco. anche perché chiunque abbia un'infarinatura di diritto internazionale sa bene che non è compito dell'ONU mettere il becco nelle legislazioni nazionali degli stati sovrani: se veramente l'avesse fatto, sarebbe una vera bomba.
Ma si tratta di una miccetta, più che di una bomba: basti pensare che secondo Google News la notizia è stata rilanciata, per ora, solo da tre fonti: Reuters Africa, monsterandcritics.com e Expatica Switzerland. Manca solo Dagospia per chiudere il cerchio del quarto potere.

La realtà, a leggere le notizie, è che un funzionario di un'agenzia dell'ONU si è lasciato scappare un commento sul DDL e sulle sue ricadute in termini di libertà di stampa. Commento condivisibilissimo, ma ben diverso è scrivere "l'ONU interviene" e "un funzionario dell'ONU dice": l'una è una posizione ufficiale, l'altra è una posizione personale. L'ABC dell'informazione, insomma: del resto se io scrivessi che a Repubblica non capiscono nulla di nulla solo perché hanno tra le proprie firme Angelo Acquaro, non farei un bel servizio al giornale, no?

venerdì 9 luglio 2010

L'emendamento anti Mesiano


Oggi non ci sono i giornali, io ho la testa fusa e quindi mi distrarrò un po' tenendovi compagnia con un pippone lungo.
Come sapete, la signora qui a fianco, che si chiama Donatella Ferranti ed è capogruppo del PD alla commissione giustizia della Camera, ha sollevato un gran polverone affermando che il ministro Alfano ha introdotto surretiziamente nella manovra economica un emendamento fatto apposta per congelare gli effetti della sentenza con la quale il giudice Mesiano aveva condannato Fininvest a pagare a CIR un 750 milioni.
La cosa, troppo gustosa, è stata ripresa non solo dai blog (ché i blogger non sarebbero strettamente tenuti a fare un po' di fact-checking, anche se per amor proprio sarebbe pur sempre un bene) ma anche dai vari giornali, supinamente.

Ora vi dico un po' come stanno in effetti le cose.
Il 4 marzo 2010 è stato promulgato un decreto legislativo che contiene «norme in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali». Il D.Lgs. è stato emanato in attuazione di quanto previsto dall'art.60 della L. 18 giugno 2009, n. 69, che reca «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile».
Il concetto che sta alla base di quest'ultimo articolo è un po' questo: i Tribunali italiani sono ingolfati per millemila motivi, e uno di questi è che la gente va a far causa per una quantità di puttanate che si potrebbero risolvere in un batter d'occhio se solo ci si mettesse attorno a un tavolo con la voglia di ragionare.
Certo, per carità, ci sono tantissime cause molto serie. Ma ci sono anche uno sproposito di liti condominiali, risarcimenti per incidenti stradali, divisioni di eredità e di comunioni, diffamazioni e via discorrendo che sembrano avere l'unico scopo (e spesso HANNO l'unico scopo) di procurare lavoro agli avvocati.
Quindi, se si agevola (e addirittura si obbliga, in taluni casi) il ricorso a un organismo di mediazione, riusciremmo a liberare un gran bel po' di fuffa per lasciare i giudici a occuparsi di cose più serie.
Notate che la L.18/6/2009 è del giugno 2009, come dice il nome; mentre la sentenza del nostro giudice Mesiano è dell'ottobre 2009: e pertanto non possiamo certo dire si tratti di norma ad personam

Cosa succede poi? Succede che arriva la manovra economica di Tremonti, che è in esame al Senato. A un certo punto, a forza di raschiar fondi di barili, ci si accorge che c'è un fondo di 53 milioni stanziato per gli indennizzi previsti dalla L.24 marzo 2001, n. 89, quella che dice che chi subisce una lesione dei propri diritti per effetto della eccessiva lunghezza dei processi ha diritto a un risarcimento, e che è la base sulla quale si doveva innestare il cosiddetto "processo breve", come vi raccontavo qui e soprattutto qui, ove spiegavo che il "giusto processo" non sarebbe mai passato perché avrebbe mandato in bancarotta lo Stato.
E difatti, non solo di processo breve non si parla più, ma si tenta anche di liberare parte del fondo per il risarcimento dei processi lunghissimi, favorendo la riduzione del contenzioso civile pendente. Il che, se ci togliamo un secondo i paraocchi di tutto ciò che è avvenuto in passato, sarebbe una cosa meritoria, indipendentemente dal fatto che la proposta venga da Alfano o da Vendola, per dire un nome che fa sempre effetto.
Quindi il Ministro della giustizia prende i suoi assistenti e presenta un emendamento alla manovra economica che va in questa direzione. Ve lo trascrivo tutto, un po' perché ci ho il copincolla, un po' perché mi piace che ne assaporiate la lunghezza (chi non si curasse di sentirle, e avesse però voglia d'andare avanti nella storia, salti addirittura alla parte non rientrata):
Dopo l'articolo 48, è aggiunto il seguente:

«Art. 48-bis.

(Interventi urgenti per il rilancio della competitività attraverso

la riduzione del contenzioso civile pendente)

1. Al fine di conseguire un risparmio della spesa derivante dall'erogazione dell'indennizzo previsto dalla legge 24 marzo 2001, n. 89, stimato in euro 53.568.000 per gli anni 2011, 2012 e 2013, e di consentire un rilancio della competitività, anche attraverso la riallocazione nel sistema economico delle risorse immobilizzate dalla eccessiva durata del contenzioso civile, si applicano le seguenti disposizioni.

2. Il presidente di ciascun tribunale e di ciascuna corte d'appello entro il 31 gennaio di ogni anno redige un programma per la riduzione del contenzioso civile pendente e per l'attuazione nel settore civile del principio di ragionevole durata del processo previsto dall'articolo 111 della Costituzione. Il programma indica la durata media dei procedimenti civili contenziosi presso l'ufficio, fissa gli obiettivi di riduzione della durata raggiungibili nell'anno in corso, e determina le priorità di trattazione dei procedimenti, individuati per tipologie oggettive tenendo conto della durata, anche con riferimento agli eventuali gradi di giudizio precedenti, della natura e del valore della causa. Con il programma viene dato atto del conseguimento degli obiettivi fissati per l'anno precedente o vengono specificate le motivazioni del loro eventuale mancato raggiungimento. Il capo dell'ufficio giudiziario vigila sul rispetto delle priorità ed il programma viene comunicato al locale consiglio dell'ordine degli avvocati e viene trasmesso al Consiglio Superiore della Magistratura per essere valutato ai fini della confelma dell'incarico direttivo ai sensi dell'alticolo 45 del decreto legislativo 5 aprile 2006 n. 160.

3. Fino al 31 dicembre 2015 nei procedimenti civili contenziosi di competenza del tribunale e della corte d'appello in cui le parti ne facciano concorde richiesta ed in quelli la cui trattazione viene dichiarata prioritaria con il programma previsto dal comma 2 si applicano le disposizioni dei commi da 4 a 12.

4. Il giudice, nelle cause in cui fissa o è già stata fissata l'udienza per la precisazione delle conclusioni, ovvero per la discussione orale, ad una data successiva ai sei mesi, può nominare, anche con decreto pronunciato fuori udienza e comunicato alle parti, un ausiliario per la sollecita definizione della controversia. Con lo stesso provvedimento il giudice fissa l'udienza per il giuramento dell'ausiliario.

5. Il capo dell'ufficio giudiziario forma un albo degli ausiliari presso lo stesso ufficio e vigila affinché, senza danno per l'amministrazione della giustizia, gli incarichi siano equamente distribuiti. Nell'albo possono essere iscritti esclusivamente i soggetti in possesso dei seguenti requisiti: magistrati onorari, anche se cessati dal servizio da non più di cinque anni; avvocati con anzianità di iscrizione all'albo di almeno cinque anni; notai, anche collocati a riposo; magistrati ordinari, amministrativi e contabili collocati a riposo; avvocati dello Stato collocati a riposo; docenti o ricercatori universitari di materie giuridiche, anche collocati a riposo.

6. All'udienza fissata ai sensi del comma 4 l'ausiliario accetta l'incarico prestando giuramento di adempiere fedelmente il suo ufficio ed il giudice fissa l'udienza per la discussione della proposta prevista dal comma 7. L'ausiliario ha l'obbligo di astenersi e può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell'articolo 51 del codice procedura civile. Della ricusazione conosce il capo dell'ufficio giudiziario.

7. Entro novanta giorni dal giuramento, l'ausiliario deposita in cancelleria una relazione contenente la sintetica esposizione dei fatti oggetto di causa ed una proposta di decisione, con la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto sulla base dei quali ritiene che la causa deve essere decisa. La relazione è comunicata alle patti costituite con ogni mezzo idoneo ed è notificata al contumace.

8. Entro trenta giorni dalla comunicazione della relazione le parti, personalmente o a mezzo del loro difensore, possono dichiarare di accettare la proposta di decisione con apposita memoria o con dichiarazione resa in udienza. Quando le parti dichiarano di accettare la proposta dell'ausiliario e la causa ha ad oggetto diritti disponibili, il giudice provvede ai sensi dell'atticolo 185, terzo comma, del codice di procedura civile e l'accordo deve comprendere la liquidazione delle spese, ivi incluso l'onorario dell'ausiliario, determinato sulla base degli importi previsti dalla tabella di cui all'allegato A. Quando le parti dichiarano di accettare la proposta dell'ausiliario e la causa ha ad oggetto diritti non disponibili, se il giudice la ritiene condivisibile nel merito e conforme a legge, ne dispone con decreto l'omologa e provvede alla cancellazione della causa dal ruolo, pronunciando sulle spese. Il decreto costituisce titolo per l'esecuzione forzata, per l'iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione.

9. Fuori dei casi previsti dal comma 8, il provvedimento che definisce il giudizio può essere motivato anche mediante rinvio alla relazione redatta dall'ausiliario.

10. Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde al contenuto della proposta, il giudice può condannare la parte che non ha aderito alla proposta, anche se vittoriosa, al pagamento dell'indennità dovuta all'ausiliario. La misura dell'indennità spettante all'ausiliario viene determinata sulla base degli importi previsti dalla tabella di cui all'allegato A.

11. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde al contenuto della proposta, l'indennità dovuta all'ausiliario è posta a carico dello Stato ed è liquidata dal giudice sulla base degli importi previsti dalla tabella di cui all'allegato B. Agli oneri derivanti dal presente comma, valutati complessivamente in euro 9.380.000, si provvede mediante l'utilizzo delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni di cui al comma 16.

12. L'indennità dell'ausiliario è liquidata dal giudice con il provvedimento che chiude il processo davanti a lui, ovvero, in ogni altro caso, con separato decreto. In tale ultimo caso si applica l'articolo 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 e successive modificazioni.

13. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 163, comma 3, numero 7, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ''e che la motivazione della sentenza può essere resa nelle forme di cui all'articolo 281-decies'';

b) dopo il capo III-ter del libro II del titolo I è inserito il seguente:

''Capo III-quater

DELLA MOTIVAZIONE BREVE

Art. 281-decies. - (Motivazione breve della decisione). – Se non decide a norma degli articoli 275, 281-quinquies o 281-sexies, il giudice, entro trenta giorni dalla scadenza dei termini previsti dall 'articolo 190, fissa con decreto, entro i successivi trenta giorni, l'udienza per la pronunzia della sentenza con motivazione breve, disponendo la comparizione personale delle parti. All'udienza prevista dal comma che precede il giudice pronunzia sentenza dando lettura del dispositivo ed elencando sommariamente a verbale i fatti rilevanti, le fonti di prova e i principi di diritto su cui la decisione è fondata, anche con riferimento a precedenti conformi. La sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria.

Le parti che vogliono proporre impugnazione devono chiedere, con atto depositato in cancelleria entro il termine perentorio di quindici giorni dalla pronunzia della sentenza, la motivazione estesa redatta ai sensi dell'articolo 132, primo comma, n. 4, che il giudice deposita nei successivi trenta giorni. Del deposito è data notizia alle parti costituite con bigliello di cancelleria.

Dal momento del deposito della motivazione estesa la sentenza può essere notificata ai fini della decorrenza dei termini di cui all'articolo 325 e decorre il termine di cui all'articolo 327, primo comma'';

c) all'articolo 282, dopo il primo comma, è aggiunto il seguente:

''Nel caso previsto dall'articolo 281-decies, la sentenza è provvisoriamente esecutiva a seguito del deposito della motivazione estesa ovvero, se questa non viene richiesta, decorso il termine previsto dal terzo comma del medesimo articolo'';

d) all'articolo 283 del codice di procedura civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

''Se l'istanza prevista dal comma che precede è inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l'ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000, stabilita in ragione del valore della causa. L'ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio'';

e) dopo l'articolo 324 è inserito il seguente:

''Art. 324-bis. - (Non impugnabilità della sentenza). – La sentenza resa ai sensi dell'articolo 281-decies, primo comma, non è soggetta ai mezzi di impugnazione indicati nell'articolo 324, quando nessuna delle parti ha chiesto la motivazione estesa'';

f) all'articolo 350, primo comma, dopo le parole: ''la trattazione dell'appello è collegiale'', sono aggiunte le seguenti: '', ma il presidente del collegio può delegare per l'assunzione dei mezzi istruttori uno dei suoi componenti'';

g) all'articolo 352 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

''Quando non provvede ai sensi dei commi che precedono, il giudice può decidere la causa ai sensi dell'articolo 281-sexies ovvero dell'articolo 281-decies;

h) all'articolo 431 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

''Se l'istanza per la sospensione di cui al terzo ed al sesto comma è inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l'ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000, stabilita in ragione del valore della causa. L'ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio''.

14. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 13, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

''1-bis. il contributo è aumentato della metà nei giudizi di impugnazione ed è dovuto nella misura fissa di euro 500 nei giudizi dinanzi alla Corte di Cassazione'';

b) all'articolo 14, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

''1-bis. Nell'ipotesi prevista dall'articolo 281-decies, terzo comma, del codice di procedura civile la parte che per prima deposita l'atto di richiesta della motivazione estesa della sentenza è tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato dovuto per il successivo grado di giudizio''.

Il maggior gettito derivante dall'applicazione delle disposizioni di cui al presente comma è versato all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnato, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, allo stato di previsione del Ministero della giustizia, per assicurare il pagamento dell'indennità dell'ausiliario nel caso di cui al comma 11.

15. I capi degli uffici giudiziari possono stipulare apposite convenzioni, senza oneri a carico delle finanze pubbliche, con le facoltà universitarie di giurisprudenza, con le scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e con i consigli degli ordini degli avvocati per consentire, su richiesta dell'interessato, lo svolgimento presso i medesimi uffici giudiziari di una parte del corso di dottorato di ricerca, del corso di specializzazione per le professioni legali o della pratica forense per l'ammissione all'esame di avvocato, per una durata non inferiore a sei mesi e non superiore a un anno. I soggetti previsti dal presente comma assistono e coadiuvano i magistrati nel compimento delle loro ordinarie attività, anche con compiti di studio, e ad essi ci applica l'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. AI termine del periodo di formazione i magistrati designati dal qpo dell'ufficio giudiziario redigono una relazione in merito all'attività svolta ed alla formazione professionale acquisita, che viene trasmessa agli enti di cui al primo periodo.

16. Nei procedimenti civili contenziosi aventi ad oggetto diritti disponibili che, alla data di entrata in vigore della presente legge, pendono dinanzi al tribunale, il giudice, su istanza anche di una sola parte, procede al tentativo di conciliazione previsto dall'articolo 185 del codice di procedura civile. Nei procedimenti civili contenziosi aventi ad oggetto diritti disponibili che, alla data di entrata in vigore della presente legge, pendono dinanzi alla corte d'appello, il giudice, su istanza di parte, anche con decreto pronunziato fuori udienza, rinvia il processo per un periodo di sei mesi per l'espletamento del procedimento di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, assegnando contestualmente alla pmte richiedente il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione, e le spese del medesimo procedimento sono integralmente anticipate dalla parte istante. Le istanze previste dal presente comma devono essere proposte, a pena di decadenza, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

17. Il programma di cui al comma 2 viene redatto per la prima volta entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge di conversione, e deve contenere l'indicazione degli obiettivi di riduzione della durata dei procedimenti civili contenziosi concretamente raggiungibili entro il 31 gennaio 2012. Le disposizioni di cui ai commi da 3 a 13 e di cui al comma 14, lettera b), si applicano anche ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge di conversione. Le disposizioni di cui al comma 14, lettera a), si applicano alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge di conversione. Nei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge di conversione nei quali una o più parti sono state dichiarate contumaci, l'articolo 281-decies del codice di procedura civile, come introdotto dal comma 13, lettera b), del presente articolo, si applica se, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge di conversione, una delle parti costituite notifica al contumace l'avviso che la motivazione della sentenza può essere resa nelle forme di cui all'articolo 281-decies del codice di procedura civile».

Notate in particolare quell'art. 16, che sostanzialmente dice che il procedimento di mediazione (quello che era già diventato legge PRIMA della sentenza Mesiano) forse forse può venir utile anche in sede di appello, non solo in primo grado; e quindi dispone che entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge una delle parti di un processo possa attivare la procedura, pagandone le relative spese, e che in tal caso il giudice dia un rinvio, necessario per la conclusione della mediazione.
Il che può star bene e non star bene, ma ha una sua logica, considerato che le Corti d'Appello sono MOLTO più ingolfate dei Tribunali (in quanto decidono sempre collegialmente, e vi sono molti meno giudici).
Non so quante siano le cause pendenti in appello, ma non mi stupirebbe se ce ne fossero una mezza milionata. Tra tutte queste c'è anche la causa Fininvest-CIR; e dire che Alfano ha scritto un emendamento lungo un Perù per infilarci dentro di nascosto al sedicesimo punto una norma che si applica a una mezza milionata di cause, tra le quali una che interessa al Presidente del Consiglio, è roba che mi fa vedere con occhio ben più benevolo tutti coloro che sono davvero convinti che nell'Area 51 ci siano i marziani in formalina, e che Marconi abbia davvero inventato la macchina per produrre energia dalla rumenta.
Anche perché, badate bene, la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva, e quindi Fininvest avrebbe dovuto aver già pagato la somma assegnata a CIR: non lo ha fatto, ottenendo la sospensione, ma solo in quanto ha presentato una fidejussione, che non è che si ottenga aggratis: costa un bel po' di soldini. Ragion per cui, da un punto di vista strettamente economico, pagare più tardi l'importo, in caso di conferma della condanna, non sarebbe di alcun vantaggio: il tempo perduto con manovre dilatorie Fininvest lo pagherebbe due volte: una volta in forma di interessi legali dovuti a CIR, e una seconda voltas in termini di commissioni passive sulla fidejussione.

Bisturi affilatissimo

Comunque, io l'editoriale di Ezio Mauro di ieri l'ho anche letto.
E resto convinto che non far uscire i giornali per protestare contro uno che non vorrebbe far uscire liberamente i giornali ricordi molto la storia di quello che se lo taglia per far dispetto alla moglie che gli fa le corna.

(ah, e questa non è una spiegazione, sia chiaro. Perché l'essenza dello sciopero è di andare contro il padrone, non di stare a casa. Quelle si chiamano ferie o, aspettativa se non si è pagati).

Litigiosità sui socialcosi

Comincio a capire perché il tasso di litigiosità presente sui socialcosi si sia bruscamente impennato.
Dopo una settimana nel corso della quale ho preso la metropolitana in ora di punta, sarei ora pronto a prendere a calci un bambino focomelico già a terra svenuto.
Poi la sindaca blatera di incrementare il trasporto pubblico.

giovedì 8 luglio 2010

Atti persecutori

C'è in esame al Senato il DDL n. 1348, presentato dal Ministro per le Pari Opportunità (Carfagna) e dal Ministro per la Giustizia (Alfano), che si intitola «Misure contro gli atti persecutori».
Ill DDL all'art. 1 propone l'introduzione di un nuovo reato:
ART. 612-bis. – (Atti persecutori). –
Salvo che il fatto costituisca più grave
reato, è punito con la reclusione da sei
mesi a quattro anni chiunque, con con-
dotte reiterate, minaccia o molesta taluno
in modo da cagionare un perdurante e
grave stato di ansia o di paura ovvero da
ingenerare un fondato timore per l’inco-
lumità propria o di persona al medesimo
legata da relazione affettiva ovvero da
costringere lo stesso ad alterare le proprie
scelte o abitudini di vita.
Ora, non vi è chi non veda che la Carfagna e il suo degno compare Alfano, con la scusa di proteggere le donne dal fenomeno dello stalking, hanno in realtà scritto l'ennesima legge ad personam per compiacere il proprio datore di lavoro, Silvio Berlusconi.
E' infatti chiaro, a chiunque non abbia le fette di salame sugli occhi, che si tratta di una norma fatta apposta per mandare in galera tutti coloro che si fanno latori del Partito dell'Odio verso il nostro Presidente del Consiglio il quale a causa di ciò, come noto, vive momenti di grande ansia e teme per la propria incolumità, già provata dal recente attentato.
Carfagna, Alfano: vi ho smascherato! Siete dei servi di Berlusconi!



















Mi sto allenando: se riesco ad andare avanti così per un po', prima poi riesco a diventare capogruppo del PD in Commissione Giustizia, alla Camera. O perlomeno diventare giornalista del Fatto (che questa volta è forse meno colpevole di tante altre, dato che gli sproloqui della Ferranti sono stati ripresi, acriticamente, un po' da tutti i giornali).

mercoledì 7 luglio 2010

Quote latte

Dato che oggi è caduta la rete, trascinandosi dietro il lavoro di tutta la mattinata e parte del pomeriggio, tanto vale che spenda questi dieci minuti a raccontare in due parole due il concetto di quota latte, non foss'altro perché me lo ha richiesto un caro amico.
La butto giù come viene, senza riferimenti normativi e col rischio di dire castronerie: me ne perdonerete.
Come raccontato nel post precedente, i prodotti alimentari scontano un fenomeno chiamato "anelasticità della domanda": in pratica, mentre per certi beni (chessò: gli iPad) allo scendere del prezzo aumentano le vendite e viceversa, per altri il fenomeno è molto meno marcato.
Se scendesse di molto il prezzo del latte potrei pensare di aumentare un po' il suo uso in cucina, mangiare qualche formaggio in più e magari lo yogurt a merenda: ma non è che se dimezzasse il prezzo raddoppierei il consumo, perché poi farei la fine di Little Tony e delle sue povere arterie.
Di contro, a un pur moderato aumento dell'offerta (vale a dire del latte prodotto) il prezzo scende di molto: e ciò perché questo è l'unico modo che i produttori hanno per cercare di vendere un po' più della propria produzione: dato che la domanda è influenzata poco dal prezzo, l'eccesso di offerta può essere smaltito solo con un crollo dei prezzi medesimi.
L'Europa si è trovata ad affrontare proprio il problema della sovraproduzione lattiera: e ha deciso di rispondere con un meccanismo di disincentivazione: in sostanza si dice al produttore che potrà produrre e vendere un tot, e se produrrà e venderà più di quel tot dovrà pagare una tassa (chiamiamola così, anche se è un termine improprio: quello corretto è "prelievo supplementare") che gli renderà del tutto antieconomico produrre quel di più: basti pensare che il valore del prelievo è del 115% del prezzo del latte, per cui ogni litro venduto in più ha un valore economico negativo.
E' nato così il meccanismo delle quote-latte, che sono state fissate rilevando in tutta Europa la produzione venduta del 1983.
Il problema, a sentir gli allevatori, è che in Italia la produzione lattiera è immensamente frazionata, e quindi una gran parte di produzione non è stata rilevata. Balle. Il vero problema è che la produzione è stata rilevata sull'IVA versata, e guarda caso l'IVA versata corrispondeva a 9 milioni di tonnellate anziché, come in realtà era, a quasi 12 milioni.
Il Governo, accortosi della cazzata, non ha fatto granché se non mettere la cenere sotto il tappeto: in pratica ha continuato a dire alle associazioni degli allevatori di produrre come prima, che tanto le cose si sarebbero messe a posto. e per tanti anni in effetti i produttori hanno fatto così (e da questo punto di vista, ma solo da questo, hanno le loro ragioni per essere incazzati). Dopodiché il vento e cambiato, e l'Unione Europea ha preteso che tutte le "tasse" (impropriamente chiamate "multe") dovute per la sovraproduzione venduta venissero pagate. Da qui il casino.

Piano anticaldo

Fa caldo a Milano, il che non dovrebbe sorprender troppo, dato che siamo a luglio.
Negli uffici c'è l'aria condizionata; e da qualche tempo c'è anche in metrò e sugli autobus. Io, che sono convalescente dalla rottura del polso, ho ricominciato a prender la biccletta per brevi tratti, ma non avendo il pieno controllo della mano sinistra non mi fido ancora a fare il tragitto casa-lavoro e viceversa, e quindi uso i mezzi pubblici.
Passo quindi dal caldo al gelo, varie volte al giorno. E mi chiedo perché mai dentro una carrozza del metrò a luglio debba esserci una temperatura inferiore a quella che si registra nella stessa carrozza a dicembre. Tanto più che a dicembre ho il cappotto, mentre a luglio, di regola, circolo in maniche di camicia.

Ma ho divagato: non è questo che volevo dire.
Quel che volevo farvi sapere, in effetti è che al Giornale (quello del fratello del Presidente del Milan) si è rotta l'aria condizionata.

Veltroni docet

Voi sapete già cosa penso del Puffo Triste: l'uomo più vuoto del mondo. Purtroppo anche nello spazio intergalattico ogni tanto si trova un atomo d'idrogeno, e l'Innominabile, ha la rara capacità di ammantare di retorica semplicistica ogni singolo atomo d'idrogeno che circola nella sua calotta cranica, riuscendo ad affermare cose imbarazzanti per chiunque (del tipo "la vittoria di Obama è un successo del PD") raccogliendo applausi in luogo di pomodori.
Ma non è di lui che voglio parlare oggi, bensì di un suo degno epigono: quel Carlin Petrini che ha costruito un'impero fondato su una paranomasia («saperi e sapori») e un paradosso («meglio mangiare poco e spender tanto caro piuttosto che mangiar tanto e spender poco»).
Il Petrini, che già tanti danni ha fatto alla mia città e ancor più ne farà nel corso dei prossimi cinque anni, oggi si cimenta su Repubblica in un'articolessa degna, per lunghezza e ampollosità, del Fondatore.
Lamenta, il creatore del MPCNSMCQMDA, il fatto che il contadino venda le carote a nove centesimi al chilo. E: ah!, e: oh!, e uh!, e: come andremo avanti, Signora mia!.
Dopo l'espositio e la lamentatio arriva la ricerca del colpevole, che naturalmente è la grande distribuzione che ammazza il contadino anziché «portarlo in palmo di mano come base profonda e intelligente della nostra società» (del resto, sin dalla notte dei tempi il contadino ha scarpe grosse e cervello fino: dev'essere a questo intramontabile motto che si è ispirato il Carlin).
Poi, purtroppo, il Petrin ci si avvita un po' intorno al suo discorso: già, perché toccando la grande distribuzione va a parare non solo su Caprotti (che notoriamente è uno schiavista fascista e quindi se ne può dire il peggio possibile), ma soprattutto sulle Coop, che sono amiche (e, detto tra noi, non saranno fasciste ma sono schiaviste molto più dell'Esselunga, e fidatevi se vi dico che è così).
Si esibisce quindi, il bevitor di chinotto, in un triplo salto mortale carpiato, trasferendo la colpa dei nove centesimi al chilo dal commerciante al consumatore, reo di comperare le mozzarelle blu («perché costano pochissimo, poi al massimo se vedo che sono blu le butto via») e le zucchine fuori stagione a sei-sette euri al chilo, lamentandosene, mentre adesso che sono in stagione costano un euro o poco più. Se non riuscite a cogliere alcun nesso tra lo spender tanto per le zucchine fuori stagione e il pagar poco le carote al contadino, tranquillizzatevi: non è la canna che vi siete fatti ier sera: è proprio che di logica non ce n'è alcuna.
Siamo all'ultimo capoverso, per nostra fortuna, e il tono si eleva: «Mi chiedo quando avremo una politica agroalimentare degna di questo nome, che educhi i cittadini a scelte responsabili, sostenibili e piacevoli, che dia una mano a quei contadini che producono in maniera corretta per il loro e il nostro bene». Da quel che pare d'intendere, il concetto di politica agricola del Petrini corrisponde più o meno all'assegnare un carabiniere ad ogni banco di verdura, che impedisca ai consumatori di acquistare le carote a buon prezzo costringendoli a riempire le sporte di carote (magari marchiate Cibolento) che costino assai di più. Perché per il nostro, come leggete, la politica agricola si fa sui cittadini, non sui contadini.
Del resto «Per anni gli agricoltori sono stati assistiti con sussidi a pioggia, depauperando così il loro modo di produrre e fare impresa, e oggi sono isolati e gabbati. Dobbiamo aspettare anche noi che la buona agricoltura ci muoia tra le braccia? Perché nessuno scende in piazza per difendere i contadini?»
Ecco, guardate: ce n'è voluto ma siamo arrivati, in zona Cesarini, a una frase sensata.
Il fatto è che in Italia, come del resto in tutta Europa, si produce molto più di quanto sia necessario per il consumo. E i prodotti agricoli, lo si insegna alla prima lezione di economia, sono caratterizzati da una forte anelasticità della curva della domanda: che sembra un concetto astruso, ma in soldoni significa che bene o male, in un anno, voi mangerete sempre la stessa quantità di cibo, indipendentemente dal fatto che i prezzi salgano o scendano. Certo, se le carote schizzano in alto magari mangerete più zucchine; ma se i prezzi di tutti i prodotti raddoppiano o si dimezzano, non per questo mangerete la metà o il doppio.
Questo fenomeno, dell'anelasticità della domanda, ha un effetto complementare sul prezzo: se aumenta l'offerta di prodotti, i prezzi scendono rapidamente, dato che come abbiamo visto i consumatori non è che si ingozzino come oche da fois gras; e viceversa in tempi di raccolti magri, come ci insegna la storia moderna, i prezzi schizzano alle stelle in quanto i consumatori, per quanto stringano la cinghia, hanno comunque bisogno di un apporto minimo di calorie, e se le contendono a qualunque prezzo.
Si tratta di un fenomeno economico conosciuto anche dagli studenti di liceo, ma evidentemente non dal Petrini, il quale lamenta dei sussidi a pioggia erogati agli agricoltori non sapendo, o facendo finta di non sapere, che sin dal dopoguerra tutta l'agricoltura europea lavora in perdita e campa esclusivamente sui sussidi della PAC (Politica Agricola Comune). Già: perché la CEE è nata principalmente per sostenere l'agricoltura, che già dalla metà degli anni '50 era un settore in crisi (e non a caso parallelamente è nata la CECA, al fine di sostenere un altro settore in crisi da sovraproduzione).
E' per questo che ci sono i sussidi agricoli; è per questo che ci sono i fenomeni dei contadini pagati per _non_ lavorare i campi; è per questo che ci sono le distruzioni delle arance e le quote latte: perché i consumatori non possono mangiare tre chili d'arance al giorno o bere due litri di latte.
Già: le quota latte: le stesse quote latte che ora penalizzano gli allevatori, e che sono ingiustamente penalizzanti per l'Italia, tanto che sotto il Pirellone bivaccano i trattori, a bordo dei quali ci sono quegli stessi allevatori che per aver sistematicamente evaso l'IVA sul latte prodotto si sono ritrovati le proprie quote assegnate non in base alla produzione reale, bensì in base a quella fatturata, dieci volte inferiore.
«Perché nessuno scende in piazza per difendere i contadini?» Forse, se ci pensa un po', ci arriva lo stesso Petrini.

* Mangiam Piano Ché Noi Siam Mica Come Quelle Merde Degli Americani

martedì 6 luglio 2010

La stampa mainstream è meglio dei blog e dei socialcosi


Tenta però di convincerci del contrario il Corriere.it, che nella colonna infame (sempre meno infame di quella di Rep. peraltro) invita i lettori ad inviare foto di gattini.
Aspettiamo con ansia un concorso per foto di lettrici fasciate in abiti di stilisti inglesi, possibilmente deceduti.

 

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