sabato 4 maggio 2013

Neanche gli Dei

Minecraft è un gioco dove puoi fare un po' tutto quello che vuoi; e anche scavare caverne. Ma a un certo punto, quando hai scavato troppo, cadi nel vuoto e muori.
Nella vita, credi di aver raggiunto il fondo; ma tutti sappiamo che quando l'hai raggiunto, puoi sempre scavare. Ma, come in Minecraft, anche nella vita arriva il limite oltre il quale se scavi ti resta solo il suicidio.

Con la comprensione del testo e del paratesto, invece, non esiste limite alcuno. Quando credi che non si possa capire meno di un cazzo, ecco che ti arriva qualcuno che riesce a oltrepassare l'infinito negativo ed entrare nel dominio dei numeri complessi. Ci vorrebbe un matematico per spiegarlo per benino, dato che neppur io capisco come si possa capire meno di meno infinito; ma una cosa si può darla per certa: che se c'è qualcuno che può trascendere le leggi della logica in questo modo così inumano, questo qualcuno scrive sul Fatto Quotidiano.

Veniamo al dunque: c'è un parco giochi svedese che fa pubblicità. La pubblicità è quella che vedete lì sopra: dei bimbi che piangono perché andranno in vacanza, chi in Italia, chi a Maiorca, chi a Creta. Il messaggio è chiaro: il nostro parco è così bello da essere più bello dei posti più belli del mondo. Anche un paramecio, anche una giornalista scientifica precaria del Corriere, capirebbero che sostituendo all'Italia Duesseldorf, e a Creta Glasgow, la pubblicità sarebbe stata assai meno efficace.  Certo, è questa una campagna originale quanto "Dixan lava più bianco del bianco"; un riadattamento dello spot con il gatto che mangia il cibo della scatoletta dal piatto di porcellana bordato d'oro. Una cosa che vorrebbe essere spiritosa riuscendoci appena, perché ci vuole un bello spirito per pubblicizzare un parco giochi per bambini in Svezia.

L'opinionista del Fatto Quotidiano, lei, è riuscita a capire tutto il contrario e un po' di meno ancora. Ha capito che quelle mete sono state scelte dagli svedesi per un senso di superiorità dei popoli nordici nei confronti di noi terroni d'Europa, anziché per il fatto che ogni svedese vorrebbe venire a godersi il nostro sole e il nostro mare. Sproloquia di sfruttamento dell'immagine dei bambini, quando è evidente che quei bambini esistono solo in un file di Photoshop. E non capisce neppure che per pubblicizzare un parco giochi per bambini non sarebbe punto adatta l'immagine di floride manzette vantenni, che magari frequentano altri luoghi di svago.
«E’ difficile convincere chiunque che un parco giochi svedese sia meglio della nostra bellissima Italia», scrive la nostra eroina. La verità è che è difficile spiegare le battute a chi non ha il cervello necessario per capirle. Probabilmente nella testa della graziosa bloggatrice vi è la convinzione che la pubblicità degli assorbenti dovrebbe essere fatta da baffuti muratori, altrimenti sarebbe sessista, e gli antipulci dovrebbero essere propagandati da scrivanie di mogano, pena l'accusa di specismo.


giovedì 2 maggio 2013

Del senso delle parole e del senso del ridicolo

Dato che la mia personale religione mi impedisce di vedere il concertone del primo maggio, è solo dalle parole del prof. Beccaria che ho appreso che un oscuro cantante di un'oscurissima banda musicale, proveniente da un'oscurerrima cittadina a cavaliere tra giogaie di monti, aveva -cito il prof- «recitato un comizietto satirico-blasfemo in cui ha fatto la parodia delle parole della consacrazione eucaristica elevando, al posto dell’ostia, un preservativo», il che ha scatenato da più parti fiumi di polemiche prontamente riprese dalla stampa nazionale.

Ha ben ragione il Prof. a dire che prendere per i fondelli i cristiani non è difficile, ma è anche vero che spesso sono i cristiani stessi a cercarsela, e spererei che acquisissero un po' di senso dell'ironia e imparassero finalmente a discernere tra le varie categorie di prendimento per i fondelli. Per me, ad esempio, la performance del sedicente artista francamente non è sembrata irriverente. La definirei poveramente scialba, rispecchiando in ciò l'espressione facciale del dicitore lancianese, la cui tetraggine è peraltro ben comprensibile a quei pochi di voi che, sfortunati come me, hanno visitato la sua cittadina.

Provate a guardare i primi secondi del video: se per avventura foste un fisico cinese in viaggio di lavoro a Parigi (uno, insomma, che nulla sa della storia e della dottrina della Chiesa cattolica) non vi trovereste neppure un cenno di provocazione o di blasfemia, e ciò quand'anche vi spiegassero che quel personaggio sul palco recita un copione ricalcato pedissequamente sulla formula pronunziata ogni giorno in ciascuna Chiesa.
Dove il problema, allora? Nel fatto che la Chiesa il preservativo lo condanna, mentre il recitante lo brandisce. E allora? Può forse la Chiesa vantare un monopolio sulla costruzione del periodo? Non lo credo, e quand'anche così fosse, non dimentichiamo che il il meschino vive in una città nella quale l'Eucarestia ha la stessa importanza delle gondole a Venezia e delle discoteche a Riccione, ragion per la quale la formula della consacrazione gli era servita in testa come su di un piatto d'argento.
E' morto qualcuno, o ci sono stati feriti? No. E' stato vilipeso qualcuno, o Qualcuno? No. E' stata fatta una cosa un po' alla buona, che poteva essere archiviata con un mezzo sorriso (o una mezza lagrima, vista la sullodata qualità del recitativo); e invece su questa minchiata si sono buttati a frotte quadri secondari della gerarchia ecclesiastica e radiotelevisiva e oscure organizzazioni di bacchettoni (tipo l'AIART, gente che, questa sì, con le proprie dichiarazioni, sempre limpidamente indirizzate alla più cristallina intolleranza, si rende quotidianamente responsabile del prendimento per il culo dei cattolici da parte di chi non lo è).

Si è persa, insomma, una buona occasione per stare zitti. Ciascuno potrà valutare, nel suo foro interno, chi l'abbia persa.

mercoledì 17 aprile 2013

VaffanculoDay

Non è che serva a qualcosa, ma il fatto è che domani, quando si inizierà a votare per il Presidente della Repubblica, io ho l'appuntamento con la prof. di italiano di Nichita. E se a mezzogiorno devo essere in via Colonna, a Milano, difficilmente potrò essere dalle parti di Piazza Colonna, a Roma, a esprimere il mio pensiero.
Quindi, pur sapendo che non serve a un cazzo, volevo dire al segretario Bersani e ai duecento e briscola parlamentari che hanno votato di votare Marini, che essi hanno la mia disistima.
Articolo meglio, in modo da farmi comprendere con più agio: siete delle povere anime.
Valeva la pena di provarci; valeva la pena di fare una cosa giusta, anche se quella cosa era stata suggerita da persone sbagliate. Vedete, io i grullini non li sopporto tanto quanto voi, ma se un grullino mi dice di fermarmi al rosso, e un amico mi dice di passare, io mi fermo. Perché certe cose sono giuste in sé, a prescindere dalla qualità personale di chi le suggerisce.
Io odio i grullini, odio Grillo e credo che tutte le sue quirinalarie siano state un trucco e che i risultati siano quelli che grillo e casaleggio hanno voluto far uscire; ma nondimeno, il nome uscito è un gran nome, e le sue qualità non vengono meno per il fatto che essi l'hanno nominato. La calunnia è un venticello, e io non mi sento omofobo per il fatto che un cretino continua a scrivere ovunque che io lo sono. A maggior ragione, la stima è qualcosa di solido, che si mantiene anche quando chi stimi è stimato anche da chi disprezzi.

Avevate, voi parlamentari del PD, la possibilità di fare bene al Paese, e di far riprendere un po' il vostro stanco partito. Il Paese potrà sopportare tranquillamente anche una presidenza Marini; quel carrozzone che voi chiamate partito, con questa mossa è bello e sepolto.
Grillo voleva mandarvi tutti a casa; siete riusciti a farglielo fare: ma con le vostre mani. Eppure bastava un briciolo di fegato; ma non alla veneziana.


La procellosa e trepida
gioia d’un gran disegno,
l’ansia d’un cor che indocile
serve, pensando al regno
e il giunge, e tiene un premio
ch’era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria
la reggia e il tristo esiglio:
due volte nella polvere,
due volte sull’altar.

giovedì 11 aprile 2013

La repubblica delle idee balzane

I troll di Repubblica oggi lanciano sul colonnino morboso una notizia che ha a che fare con il sesso, ma degli animali. ci raccontano che è italiano "il toro più macho al mondo", e ci propinano anche, seguendo il link, una fotografia del bestione, corredata da didascalia che ci educe:
"Si chiama Zephir ed è ligure il toro più fecondo al mondo secondo Interbull, organizzazione di 34 paesi che si occupa di valutazioni genetiche nel settore bovino. Lo ha reso noto l'assessorato all'Agricoltura della Liguria. Zephir, di Rossiglione (Genova), ha 104 figlie. Si è piazzato davanti ai tori svizzeri, americani, austriaci e tedeschi. Sua madre si chiamava Athina, il padre Zeus"
Peccato che forse manchi qualche zero per raggiungere un record vero: chiunque si sia mai occupato di tori (ebbene sì: ho fatto anche questo, e comincio a chiedermi di cosa non mi sono occupato nel mio mestiere) sa che l'ordine di grandezza per contare le figlie di un toro di valore non è nell'ambito delle centinaia, bensì delle centinaia di migliaia.
Il buon Startmore Rudolph ET (e vi assicuro che l'ho scelto a caso) è accreditato di 154.137 figlie. Delta Olympic ne ha fatte solo 80.453*, ma è più gYovine e ha tempo per recuperare.
Temo che il nostro Zephir abbia da mangiare ancora tante bisteccheballe di fieno.


* Notate che nel mondo dei tori contano solo le figlie femmine; ma non sento le signore della 27esima ora agitarsi per questa discriminazione sessista

martedì 9 aprile 2013

Gente che ha molto tempo da perdere

Aldo Cazzullo, sul Corriere, impiega 644 parole e 4165 caratteri (spazi compresi) per dire che le primarie sono una cosa buona, ma solo quando quelli che vanno a votare alle primarie votano il candidato che piace ad Aldo Cazzullo.

venerdì 29 marzo 2013

Può il Parlamento funzionare senza Governo? (lezioncina di educazione civica ad uso di bimbi di terza elementare e di parlamentari grillini)

La battutona di Grillo non è sbagliata. Tecnicamente, infatti, il potere esecutivo deve ricevere la fiducia dal Parlamento per entrare in carica nella pienezza dei poteri, e cominciare a lavorare; ma non è vero il contrario. Il potere legislativo non deve ricevere la fiducia da nessuno, se non dagli elettori nella gabina elettorale; e quindi una volta insediate le Camere, queste sono nella pienezza del proprio potere di fare e disfare le leggi.
Non è neppur vero che il Governo sia necessario perché senza di esso non è possibile presentare delle bozze di legge da approvare; se rammentiamo la tripartizione classica discendente dal dettato costituzionale (progetto di legge; disegno di legge; proposta di legge), l'assenza di un esecutivo toglie solo il secondo strumento, lasciando intatti gli altri due strumenti.

Quindi, ci ha ragione Grillo (e del resto beppegrillo(tm) ha ragione per definizione): il Parlamento può funzionare senza Governo.









































Airport '75 (sinossi)

Un Jumbo Jet collide in volo con un aereo da turismo, uccidendo copilota e pilota.  Il comandante, assai malconcio, e accecato dai frammenti di vetro del parabrezza, riesce a far attivare il pilota automatico a una delle hostess, una bella gnocca.
Il film potrebbe fermarsi qui, ma per tirarlo in lungo la storia prevede che il manzo della gnocca si cali con una carrucola dentro la cabina di pilotaggio: una manovra spericolata e stupida, che mette a rischio la sua vita (dopo che altro più sfigato era precipitato rovinosamente).  Un vero e proprio buco nella sceneggiatura di cui non si capisce la logica, dato che un aereo con pilota automatico inserito non ha bisogno di alcun pilota umano.


giovedì 28 marzo 2013

Uno vale radice di meno e alla pigreco

Pensandoci bene, beppegrillo(tm) non è neppure originale: un altro comico prima di lui aveva teorizzato la linea politica poi assunta dal movimento pentastellato.
Ma Alberto era infinitamente più bravo, simpatico e generoso del saltimbanco genovese.


domenica 24 marzo 2013

Modà

Lo spread BTP-BUND
Le rapine in villa
I sassi gettati dal cavalcavia
Le stragi del sabato sera
L'influenza aviaria
L'apertura di Wall Street
I suicidi per Equitalia
Gli esercenti che non scontrinano
Le adolescenti che si ricaricano il cellofono mostrando la patata
I randagi assassini

L'essenza del giornalismo è scrivere di ciò di cui scrivono tutti gli altri, perché ciò è quanto il pubblico si aspetta di leggere.
Certi fuoriclasse riescono a fare giornalismo toccando temi nuovi, o anche vecchi ma da punti di vista nuovi: ma quelli sono, per l'appunto, fuoriclasse.
Una volta tolte le eccezioni, c'è il placido mestiere dell'arrivare alla fine della cartella compiacendo il caporedattore.
E' la vita, bellezza! E se oggi vanno i cani, il pezzo sarà sui cani.
Mode, che arrivano con la rapidità di un temporale estivo e inatteso, e se ne vanno altrettanto velocemente, come una nevicata marzolina.
Mode che, in un mondo di firme sempre più indistinguibili tra loro, riescono a far emergere il nome dell'ultimo della classe: quello che parla della Val di Susa quando ormai la TAV è morta all'attenzione pubblica; quello che scrive due righe sul negoziante evasore quando la pancia dell'editoria è passata al suicida per debiti.

I tempi stanno maturando, e presto anche la nostra stampa comincerà ad avvertire un certo disagio nel riportare dettagliatamente ogni qualunque singola puttanata che esca dalla bocca di beppegrillo(tm). Comincerà dapprima a selezionare, poi a obliterare.
Purtroppo ciò non avverrà molto presto né molto in fretta, in quanto, capito il meccanismo, il Vate pentastellato inventerà nuovi numeri e nuove rutilanti capriole semantiche; ma a un certo punto si dovrà fermare, perché quando hai fatto il quadruplo salto mortale carpiato, l'unico modo di spingerti in là è provare il quinto, che è quello che ti ammazza.

I giornali smetteranno allora di pubblicare quella faccia da monatto; il movimento tornerà a ritrovarsi su internet e nei meetup, morendo di morte lenta tra una discussione sulla ciclabile di Albenga e un'altra sulla minerale a chilometro uno, con quel paio di migliaia di attivisti duri e puri sfiancati da muri di testo in confronto ai quali il Bar di wikipedia è Ungaretti nella versione del Reader's Digest.
Dopo un po' di tempo rammenteremo dei 5 stelle con quel senso di nostalgia del passato che ci evocano oggi parole come Freedomland o Timberland; e il monatto ci tornerà simpatico.

(nell'immagine, la home page di corriere.it)

venerdì 22 marzo 2013

Cose che fa male anche solo il pensarle

dover rivalutare Andrea Scanzi.

Cosa succederà se Bersani non riuscirà a formare un governo

C'è un certo rischio di nuovo governo tecnico all'orizzonte?
Non saprei valutarlo così, in soldoni, ma probabilmente sì.
I tecnici che stiamo per salutare, tuttavia, hanno avuto tutto il tempo di dimostrare la loro pochezza, e il destino ha voluto che il loro ultimo atto faccia assumere alla parola cialtroneria sfumature nuove e finora insospettabili.

Io una modesta proposta per una squadra di tecnici incomparabilmente più competente di quella uscente ce l'avrei:



giovedì 21 marzo 2013

Che ci ha anche un suo perché



( Elena Bulygina — nerd management and communication @ The Old Reader)

mercoledì 20 marzo 2013

Rottamiamo i dinosauri della stampa!

Grande giornata oggi, sul Fatto Quotidiano, con due pezzi del Direttore Antonio Tegamaro e del nume tutelare Marco PartoDoloroso*, i quali ci intrattengono con due temi freschi di giornata: i guai giudiziari del Caimano e l'inciucio**.
Caimano, inciucio. Parole portatrici di un senso distorto della realtà, ma funzionali a sorreggere l'immagine di un foglio che non si piega e non si spezza; che fa da baluardo a guardia della democrazia e del rispetto delle regole democratiche; e per il tramite di quest'immagine vende copie.

Caimano. Spersonalizzare l'avversario è un gioco fin troppo facile da porre in essere. Ma un bel gioco -lo sanno anche i bimbi- dura poco: il riso prima sfuma nell'indifferenza e poi nell'aperto fastidio.
Continuare a chiamare Silvio Berlusconi "Caimano" può servire solo a farne una sorta di Mefistofele, supremamente cattivo ma anche supremamente potente; e se un giorno vi sarà un'agiografia di Berlusconi, quest'aura di onnipotenza dell'inseguimento del Male occuperà il capitolo centrale.
Non è certo un problema dei il Direttore di un quotidiano che procede di forzatura in forzatura, senza il minimo senso della vergogna. Oltre alla smaccata bufala dell'ineleggibilità di Berlusconi (a supporto della quale, dal punto di vista giuridico, è stato trovato solo il parere di un presidente emerito della Corte Costituzionale, morto da 12 anni, viva la freschezza), il Direttore lascia trasparire, senza avere il fegato di affermarlo chiaramente, che lo status di senatore di Berlusconi impedisce la celebrazione*** dei processi per i quali rischia condanne (bufala) e che qualora non fosse parlamentare, verrebbe*** subito arrestato per l'affaire De Gregorio (bufala col fiocco, dato che i PM non hanno*** chiesto alcuna autorizzazione a misure nei suoi confronti). Tenerissima la sparata finale: cosa farà il Mostro di Cattiveria se non verrà accontentato nei suoi capricci? Imbraccerà il fucile? Creerà cellule di resistenza partigiana? No, signori: egli minaccia di mobilitare la piazza! Minaccia, cioé di fare la stessa cosa che minaccia di fare PFdA; ma quest'ultimo è buono perché la vuol mobilitare francescanamente mentre SB -è evidente- lo farà domenicanamente.

Inciucio. Enorme la messe di castronerie affastellate da Marco DilatazioneDellaCervice, e francamente il commentarle ci annoierebbe. Ma quella parola, che torna da anni, due parole di riscontro se le merita.
Perché è proprio dall'aver ribattezzato "inciucio" quello che un tempo si chiamava "compromesso", "accordo" o "transazione" che derivano molti mali della politica attuale.
L'inciucio è pessimo in sé, proprio come il Caimano è malvagio in sé; e quindi va evitato.
Ma la politica è fatta di compromessi, accordi, transazioni: alla ricerca di una maggioranza, il cui raggiungimento è il fulcro della democrazia.
Rifiutare l'accordo vuol dire teorizzare il raggiungimento del 100% come soglia per governare; vuol dire mandare a gestire il processo di formazione delle leggi (supremo momento dell'accordo tra interessi contrapposti) pattuglie di ragazzotti inesperti con un vincolo di mandato imperativo; vuol dire "o mi fate giocare centravanti o mi porto via il pallone".
Immaginate per un attimo di aver fatto un incidente stradale, e che il vostro liquidatore voglia darvi 1000 euri, mentre voi ne avete spesi 2000 per la riparazione. Vi sedete al suo tavolo, cominciate a parlare. Lui continua a dire 1000; voi continuate a dire 2000. Dopo cinque minuti (o cinque ore, o cinque anni) vi alzate con un nulla di fatto: voi non avrete i vostri soldi e lui non si sarà risparmiato una causa.
Che si fa nella realtà? ci si incontra, ci si parla, e alla fine capace che ve ne andiate via con 1700 euri: il liquidatore ha risparmiato una causa, e voi non siete riusciti a farvi pagare, visto che c'eravate, anche quel parafango che era un po' ammaccatello fin da prima. Avete fatto un inciucio? No: avete trovato un accordo, e siete contenti.
E se qualcuno vi dice che quell'accordo che avete raggiunto dovreste chiamarlo inciucio, lo mandate a cagare.



* il tenutario si scusa con i lettori abituali per essersi abbassato a scopiazzare i trucchetti retorici dei signori protagonisti del post.
** il tenutario si scusa con i lettori abituali per essersi abbassato a scopiazzare l'impostazione grafica degli articoli protagonisti del post.
 *** il tenutario si scusa con i lettori abituali per essersi  rotto i coglioni ed aver cominciato a grassettare situazionisticamente

martedì 19 marzo 2013

Rottamiamo il vecchiume politico!


Uno dei motivi per leggere il Fatto Quotidiano online è che ogni tanto compare la fotografia di Paolo Flores d'Arcais: un signore che, in ispregio del più elementare buon senso, non si perita di aver scelto una sua immagine nella quale sembra il sosia di Walter Veltroni.
Come tanti altri fini pensatori (i grillini fra tutti), questo dinosauro della sinistra che odia crede che i problemi dell'Italia siano nella persona di Silvio Berlusconi, e che farlo uscire dal Parlamento porterebbe alla compiuta realizzazione della Costituzione e a una nuova scintillante vita delle nostre istituzioni: il tutto senza riuscire a comprendere che il problema non sono le persone, bensì le idee che queste esprimono e diffondono.
Togliere Silvio Berlusconi dal novero dei senatori sarebbe ben poca cosa, dato che resterebbero, in quella stessa Camera, i berlusconiani, che ovviamente risponderebbero sempre agli ordini del Capo. Ma inveleniti; e con essi invelenito sarebbe quel quarto abbondante di italiani che -per motivi che francamente mi sfuggono, ma questo è un problema mio- in Berlusconi e nella sua ideologia continuano a credere.

Vogliamo arrivare ad una guerra civile (ideologica, non combattuta, ma pur sempre guerra) per il piacere di apporre una bandierina sulla mappa, in corrispondenza di un formicaio che resiste da quasi vent'anni? Liberi di farlo; ma sappiamo che a conquistare i formicai non è detto che ci si riesca; e anche quando ci si riesce, i morti spesso non valgono la candela. E il berlusconismo si scioglierà come neve al sole, sì: ma quando l'anagrafe chiamerà il suo fondatore a cambiare dimora per sempre, non certo finché il nostro e i suoi soldi continueranno a stare in via dell'Umiltà, e da lì impartire direttive a Montecitorio e Palazzo Madama.

Ma, al di là di ciò, c'è anche un punto che ormai è il caso di far fuori una volta per tutte. Il famoso D.P.R. 30 marzo 1957, n 361 dice all'art. 10:
"Non sono eleggibili inoltre: 1) coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta."
E' abbastanza chiaro, no? Dice che per essere ineleggibile bisogna essere titolare di una concessione in proprio, o bisogna essere legali rappresentanti di una società che ha una concessione.
Silvio Berlusconi di concessioni a suo nome non ne ha. E le sue società hanno un legale rappresentante, il quale però non è lui.
Certo, si può discutere finché si vuole del fatto che Mediaset, Fininvest o chi diavolo sia il titolare della concessione siano società di o riconducibili a Silvio Berlusconi; ma la lettera della legge non dice "in qualità di rappresentanti legali o principali azionisti di società o di imprese private"; e trattandosi di una norma eccezionale (che deroga addirittura a un principio generale della Costituzione!), essa non è suscettibile di inerpretazione analogica o teleologica, bensì solo letterale (art. 14 prel).
La normativa in questione, insomma, "non si applica oltre i casi e i tempi in essa considerati"; e il caso del proprietario di una Società che ha una concessione, nel DPR che ci interessa, non è ricompreso, come ben vede chiunque voglia e sappia leggere il significato proprio delle parole secondo la connessione di esse.

Liberissimi, insomma, di ritenere che quella per l'ineleggibilità di Berlusconi sia una battaglia da vincere.  Solo che è una battaglia vecchia di vent'anni, e bolsa.  E non è che le battaglie per la conquista di un obiettivo bollito siano meno stupide se a portarle avanti sono i giovani grillini (PFdA probabilmente giovane non è mai stato).

sabato 16 marzo 2013

Chi di spada ferisce



Esquisse d'un tableau historique du niveau atteint dans la politique italianne par la merde, suivi d'un Fragment sur l'attitude de cette dernier à retourner directement sur le visage de ceux qui l'avaient naïvement tiré

giovedì 14 marzo 2013

Don't be stronzo

La chiusura di Google Reader dimostra che i motti delle aziende sono cogenti quanto le promesse elettorali dei partiti.

sabato 2 marzo 2013

iMulo

Il Gyovine Sofri è talmente innamorato delle Primarie da arrivare a sostenere che se -per assurdo- vi fosse la possibilià di costituire, rispettando il dettato costituzionale, un governo guidato da un leader del partito di maggioranza relativa, secondo lui quella soluzione non la si potrebbe percorrere perché quel possibile capo del governo ha perso le primarie.
Dunque, secondo il principale teorico italiano degli spaventapasseri, non solo le primarie sono una fonte di diritto superiore alla Costituzione, ma il parteciparvi dev'essere visto come una sorta di ordalia; e per fortuna che l'Evo di mezzo è passato, che ai bei tempi gli sconfitti perivano, mentre ora vanno solo incontro ad una lunga morte civile e politica.

giovedì 28 febbraio 2013

Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo

La passione del momento è quella di prevedere che fine farà questo disgraziato Paese, ora che il Parlamento è ostaggio di Grillo. Si leggono in giro una quantità di analisi fatte con tanto o poco buon senso, ma non sono riuscito a trovare nessuno che abbia seguito il mio percorso mentale. Pertanto, anche al fine di chiarirmi le idee (e superando la mia ormai naturale pigrizia), provo a scrivere come la vedo.
Il ragionamento non sarà lineare, del che peraltro non mi scuso (non mi pagano mica per scrivere queste fregnacce), ma invoco la pazienza di chi, per motivi che mi sfuggono, volesse seguirlo fino in fondo.

Credo anzitutto necessario sgombrare il campo da eventuali riconduzioni del sucesso di M5A a quello della Lega, vent'anni fa. Va affermato con decisione che i due soggetti sono profondamente diversi: la Lega era un fenomeno con una forte connotazione ideologica, per quanto di un'ideologia bislacca: elementi fondativi in tal senso ce ne erano molti: la secessione; la costruzione di una mitologia identitaria grazie al recupero di tradizioni vere (la solidarietà valligiana, il Carroccio, la laboriosità delle genti del Nord) o inventate di sana pianta (il Dio Po, i celtici...); il recupero dei localismi popolari fino allo sdoganamento delle loro manifestazioni più ridicole, come la festa del formai de mut o la Sagra della scoreggia. Certo, tale ideologia si esprimeva anche in una pars destruens (contro i terroni, contro i negri, contro gli immigrati che rubano il lavoro e violentano le donne; contro la globalizzazione, contro il centralismo...): ma erano dei contro derivanti dall'ideologia, non fondativi di essa.
All'opposto, M5S è del tutto privo di un'ideologia riconoscibile o, meglio, la sua ideologia è basata sulla lotta contro certi bersagli individuabili in alcune categorie variamente odiose alla genericità della popolazione (le banche, Equitalia, gli gnomi della finanza; gli speculatori; la casta).
Mentre l'ideologia leghista è riuscita a superare lo shock dell'esperienza di governo, convertendosi in parole d'ordine meno radicali e presentabili ad un pubblico più vasto (la secessione è divenuta il federalismo; la lotta ai negri è divenuta la rigida regolamentazione dei flussi migratori; la Sagra della scoreggia è divenuto il recupero delle tradizioni etniche a rischio di scomparsa), questo salto non è possibile a M5S, per il semplice motivo che manca un substrato ideologico sul quale costruire un insieme di iniziative coerenti.
E del resto il modo stesso in cui si è formato M5S non avrebbe mai potuto consentire la formazione di un set identitario condiviso: un carrozzone a bordo del quale poteva saltare chiunque, purché incensurato e disgustato del mondo moderno non può che contenere una congerie di anime, pur belle ma molto diverse tra loro e quindi impossibilitate a mettere a fattor comune le rispettive tendenze (il lettore può, volendolo, esercitarsi ad applicare questo concetto anche al PD).
Che le cose stiano così è dimostrato dallo stesso atteggiamento del capo e dei neodeputati, i quali ripetono come un mantra la formuletta mandata a memoria: «voteremo i singoli provvedimenti sui quali saremo d'accordo». Non si tratta di una provocazione, non si tratta di un bluff e non è necessariamente (e anzi io credo proprio non sia, come vedremo più avanti) una mossa strategica tesa a far costituire un governo d'unità nazionale PD-PDL: molto più banalmente, l'assenza di un'ideologia condivisa (che significa poi la presenza di tante ideologie personalistiche quanti sono gli aderenti al movimento) rende materialmente impossibile la stesura di un programma di durata, costringendo il movimento alla mera adesione o rifiuto delle proposte programmatiche altrui.

In questo quadro risulta come ovvio fondamentale la figura di Grillo (e Casaleggio; ma per amor di brevità citando Grillo indicheremo entrambi i personaggi, ove non diversamente indicato), le cui scelte organizzative sono state fin dall'inizio lucide ed efficaci. La Lega nasceva dapprima nei bar e nelle osterie, poi nei circoli e nelle piazze di paese, e quindi i suoi aderenti avevano un continuo e costante scambio tra loro, con gli altri circoli e con i vertici, per mezzo dei maggiorenti locali che erano sempre disponibili e rintracciabili dall'ultimo dei militanti (e se non siete d'accordo sul punto, si vede che non avete mai visto una valle bergamasca o bresciana); al contrario M5S sembra essere stato costruito con una rete diffusa di centri di aggregazione del tutto isolati l'uno dall'altro, sia dal punto di vista organizzativo che degli obiettivi proposti, rigidamente compartimentizzati alla dimensione puramente locale.
E' evidente come l'unico soggetto in grado di dettare una linea, in assenza di una classe dirigente in grado di coordinare le istanze della base, non potesse essere altro che Grillo, furbescamente qualificatosi come mero portavoce -e quindi senza alcun potere decisionale- ma di fatto l'unico in grado di indirizzare le istanze e gli umori degli aderenti.
Si è così creato un rapporto simbiotico tra Grillo e la sua base: gli uni sono persi senza una guida, un po' come sarebbe un'orchestra senza un direttore; ma anche Grillo non può portare le proprie istanze, che scendono dall'alto, senza far apparire come se in realtà salissero dal basso: a pena di perdere il ruolo di portavoce neutrale che gli garantisce l'assenza di opposizioni interne (come si fa ad opporsi a un portavoce che si limita a riportare, non potendo decidere nulla?) e, in ultima analisi, il proprio ruolo di controllore assoluto (sostanziale, non formale) del movimento.
Le cose, ahilui, sono destinate a cambiare presto, e proprio grazie al successo elettorale di M5S (successo che, ne sono convinto, è stato molto maggiore della soglia massima che Grillo si era riproposto). Grillo in Parlamento non è stato eletto, e -anche per motivi d'immagine- non può certo iniziare a frequentare quotidianamente le tribune del pubblico per vedere che succede. I suoi deputati e i suoi senatori invece sì: ci sono, e necessariamente inizieranno a parlare tra loro, a confrontarsi, a mettere a fattor comune le rispettive esperienze. Scopriranno così che il lavoro politico è molto più difficile e faticoso di quanto pensassero inizialmente; che per fare una legge non basta il buon senso ma ci vogliono capacità di mediazione tra mille interessi particolari, e che stare in Commissione è noiosissimo, ma è lì che si muovono davvero le cose. Scopriranno, per sintetizzare, che il semplice buon senso non basta.
Taluni -io tra questi- sono convinti che molti neoeletti, in quanto specchio del Paese, siano gente onesta solo perché non hanno ancora avuto occasione di rubacchiare, e che non appena messi di fronte al vaso della marmellata si serviranno avidamente da esso; ma se do per certo che ce ne saranno molti che ruberanno -facendosi beccare subito, ché anche per rubare ci vuole esperienza- do altrettanto per certo che la maggioranza di essi siano persone veramente oneste, che sentono l'importanza del loro compito e sono desiderose di migliorare la situazione del proprio Paese prima ancora che quella della propria famiglia.

Come accennavo sopra, alcuni commentatori ritengono che Grillo voglia spingere la leva dell'ingovernabilità per arrivare al governissimo PD-PDL, ribattezzato "governo dell'inciucio", e conquistare in capo a un anno la maggioranza delle due Camere. La cosa sarebbe astrattamente possibile, ma il piano per riuscire richiederebbe lo scatenarsi di una crisi di dimensioni tali da rendere una passeggiata di salute quella che stiamo vivendo oggi. Questo non preoccuperebbe certo Grillo, che ha mezzi sufficienti per campare a lungo di rendita, ma siamo certi che i parlamentari M5S sarebbero così cinici da voler affondare il Paese, e con esso le proprie famiglie, i propri amici, le comunità di riferimento, per inseguire un piano strategico sporco e inconfessabile?
Io credo proprio di no, e anzi immagino che il giorno in cui Grillo dovesse radunare i suoi esponendo questo protocollo di Sion, si troverebbe per la prima volta di fronte al rischio di un vero e proprio ammutinamento. Strategie così fini, e così ciniche, richiedono politici navigati, fini e cinici; e non lo si diventa in due settimane, specie se si è intimamente convinti di voler rendere un servizio al proprio Paese e alla propria comunità d'appartenenza.
Questo Grillo, che scemo non è, lo sa bene: e se oggi può permettersi proclami distruttivi, alla prima riunione sarà messo in croce dai suoi eletti, che vorranno sapere che fare e non si accontenteranno di parole vuote. Perfino Gasparri e Scilipoti hanno compreso che il Governo deve ottenere la fiducia: siamo così presuntuosi da credere veramente che in un paio di centinaia di persone attive a appassionate, non ce ne sia nessuna in grado di comprendere questa semplicissima verità?
No, il punto è che M5S sta traccheggiando, dando risposte lunari alle domande della Gruber, per un solo semplice motivo: non sanno cosa fare, non si aspettavano di essere determinanti. Ma non saper cosa fare oggi non vuol dire aver deciso di non far niente per i prossimi cinque anni: significa semplicemente che devono prima rifasarsi.
Del resto, Bersani non ha aspettato un giorno prima di andare a parlare in TV? E in quel giorno non è che sia stato a bere la birra al bar: ha lavorato intensamente per delineare una linea. Perché mai i grillini non dovrebbero essere disorientati? Certo, non vogliono farlo vedere, e quindi mandano sul palco le ballerine del can-can; ma nel frattempo stanno certo cercando di trovare una linea che possa mettere d'accordo gli obiettivi di Grillo e quelli dei grillini.

E se -per ipotesi- la sintesi delle rispettive aspettative non dovesse riuscire, chi vincerebbe? Secondo me, Grillo è molto meno forte dei suoi eletti. E' vero che ha il controllo totale del simbolo e della piattaforma organizzativa; ma nell'arco di una legislatura non sarebbe difficile mettere in piedi un movimento alternativo che passi dalla protesta alla costruzione; alle successive elezioni quindi si troverebbero contrapposti Grillo, che a quel punto raccoglierebbe solo il voto di protesta dura e pura (vogliamo dargli il 5%?) e gli ex grillini, che invece raccoglierebbero quel 20% di elettori che hanno votato Grillo per sfasciare non il Paese, ma solo la vecchia casta.
Secondo voi Grillo sarebbe disposto a rischiare? Non solo non lo credo proprio, ma anzi credo che questi scenari siano comunque fantasiosi e artefatti: l'obiettivo di Grillo non può essere lo sfascio, neppure con l'obiettivo della conquista del potere: ma per motivare tale affermazione dovremo passare a delineare un profilo psicologico del personaggio.
(segue)

mercoledì 13 febbraio 2013

Nomen Omen

Alcune perle dell'interessante articolo di Spinelli su Rep.

le rivoluzioni rovesciano ordini esistenti, politici o ecclesiastici, e neanche loro hanno la virtù della stabilità: sempre secernono controrivoluzioni, Termidori, perfino restaurazioni. Tuttavia hanno un'immediata vocazione a divenire l'anno-zero di una Storia in mutazione: nascono nuove istituzioni, nuovi sovrani, che della rivoluzione sono figli anche quando la disconoscono

Forse ciascuno di noi si dirà, come Montale negli Ossi di Seppia: ho visto anch'io, andando in un'aria di vetro, "compirsi il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me, con un terrore di ubriaco"

Oggi la forma è quella dei valori non negoziabili, o supremi. E delle leggi naturali, di cui la Chiesa si erige a custode: come se esistesse un quid che trasforma la legge - il nòmos sempre rinegoziato - in physis immodificabile dall'uomo

L'ammissione di estrema umanità, di fallibilità, è immersione-immedesimazione nella kènosis che svuota. Il sacro copre, non disvela. Protegge l'idolo, e le vaste cupole, e le così sfarzose, troppo imponenti mitre dei vescovi

mercoledì 9 gennaio 2013

Redditometro

Gran can can, tanto per cambiare, sul nuovo redditometro, che secondo alcuni quotidiani sarebbe uno strumento degno dell'Unione Sovietica staliniana.
In linea di principio non è del tutto sbagliato il principio che fa vedere con forte sospetto tutto ciò in cui lo Stato introduce un'inversione dell'onere della prova: dimostrare di NON aver fatto una certa cosa è assai più difficile che dimostrare di averla fatta; e se nei reati classici c'è sempre la possibilità di fornire un alibi (ma non è che uno possa andare tutte le sere al circolo del polo per poter in un futuro dimostrare di non aver ammazzato il proprio vicino di pianerottolo), ben diverso è il caso in cui si richiede al contribuenbte di dimostrare di NON aver speso 600 euri al mese per comperare pane e latte. A nulla servirebbe conservare tutti gli scontrini, pagare tutto con il bancomat, conservare il quotidiano anziché gettarlo nella differenziata: non potrai mai riuscire a dimostrare che NON hai comperato dei biscotti con una banconota da cinque euri; che NON sei andato a prendere l'aperitivo al bar e che NON hai fatto benzina al self-service.

Questo in linea di principio.
In pratica, però, le cose stanno un po' diversamente. Se io (che certo non guadagno molto ma rispetto alla media ho uno stipendio tutt'altro che disprezzabile) faccio fatica ad arrivare alla fine del mese, e guido una carretta così vecchia che mio figlio si vergogna di salirci sopra, come faranno allora tutti quelli che conducono macchinoni nuovi di trinca, vanno in vacanza nei villaggi turistici e godono di seconde case al mare e ai monti? Ci dev'essere qualcosa che non funziona: e il nuovo redditometro è uno strumento certo brutale, ma consono allo stato d'emergenza del nostro sistema fiscale. Del resto, non tutti sanno che Robespierre era ferocemente CONTRARIO alla pena di morte, salvo che quando essa fosse indispensabile per la salvezza dello Stato.

Ho quindi voluto provare a fare anche il il redditest, giusto per vedere quanto fossi "coerente".
Ne è risultato che io, che -mi ripeto qualora non si fosse capito bene- arrivo alla fine del mese stirato, resterei coerente anche qualora, oltre alle spese che già sostengo, mi permettessi di mantenere:
- una seconda casa da 1.200 euri/mese;
- un abbonamento alla pay-tv da 100 euri/mese;
- un cavallo;
- un abbonamento al circolo del tennis da 100 euri/mese.
Quando ho provato a mandare Nichita all'università (con una retta da 5.000 euri, mica scherzi), solo allora sono diventato non congruo.

L'esperimento dal punto di vista scientifico non sarà 'sto granché, ma direi proprio che non si tratti di uno strumento studiato per vessare il povero cittadino.

lunedì 17 dicembre 2012

Vous ne mangeriez pas ici des cédrats confits

Il post di qualche giorno fa ha suscitato una piccola serie di commenti tra qualche amico e conoscente della rete che si è preso la briga di leggerlo.
Io ho commentato molto di sfuggita, dato che le sensibilità personali sono, per l'appunto, personali, e che non mi sento ancora rivestito dello spirito del missionario né, tanto meno, del domenicano che cerca di far convertire l'eretico prima di abbruciarlo.

E' però forse opportuno spendere una parola per chiarire un piccolo equivoco nel quale, complice la mia esposizione non del tutto perspicua, sembra siano caduti alcuni lettori.
Taluno, infatti, ha ritenuto soprattutto l'ultima parte della mia esposizione; e così facendo si è convinto che la mia conversione (o presa di coscienza, o come la si voglia chiamare) sia stata dettata dal fatto che abbracciando (o comportandomi come se avessi abbracciato) un certo credo avrei avuto la possibilità di migliorare me stesso e il modo con cui mi relaziono al mondo. E costoro si chiedono, logicamente, perché mai io abbia dovuto cercare ristoro nei conforti di una religione e non abbia saputo trovare in me stesso la forza d'animo necessaria a migliorarmi o, in subordine, se non avrei potuto scegliere una qualsiasi delle altre religioni che circolano per il globo.
Ecco: si tratta di una visione sbagliata, frutto, come dicevo, anche della mia fatica nello scrivere quelle righe e nel dare contezza del mio percorso.

In realtà non è che io abbia sentito un richiamo etico e mi sia rivolto a una religione per rafforzare questo sentimento, quasi che il Paradiso fosse la lepre da far correre dinanzi alla mia morale: è proprio il contrario.
Io, a un certo punto della mia vita, ho deciso che non ero più soddisfatto dei libri che ti spiegano come e qualmente per fare un occhio bastino un po' di cellule e alcuni miliardi di mutazioni casuali; e ho avvertito pure che, quand'anche ciò fosse vero, non riuscivo più a sopportare di essere il frutto di quei miliardi di mutazioni casuali, dato che ciò avrebbe fatto della mia vita (perlomeno di quel che ormai ne resta) qualcosa di faticoso e opprimente.
Ho sentito che non volevo più vedere me stesso come un oggetto con un suo ciclo di vita, e ho pensato che cambiare un femore, ad esempio, sia qualcosa di diverso dal cambiare le pastiglie dei freni della Twingo: non solo qualitativamente bensì proprio sostanzialmente.
Ne è dipeso un mio avvicinamento al Cristianesimo: avvicinamento che immaginavo mi sarebbe costato caro; ma si trattava di un prezzo che volevo provare a pagare pur di smettere di sbirciarmi il contachilometri interiore.
Poi -non prima- ho scoperto che quell'avvicinamento non solo non mi è costato caro, ma ci ho anche guadagnato: per cui adesso mi sento meglio (che era lo scopo principale della conversione) e credo si essere migliore (il che non era lo scopo, ma è stata una gradita sorpresa).

 

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