Mi sono ripromesso di non parlare della crisi di questi giorni non essendo in grado di fare un discorso organico. Non che non mi sia fatto alcune idee: ma sono poche e in parte confuse, e quindi non mi piace buttarle giù. E' il tipico caso in cui posso dire che non ne so abbastanza.
Ci sono però alcune cosettine isolate che mi sento di pubblicare come brevi flash, quando leggo cose che mi convincono meno del solito.
Una di queste è la tiritera che leggo su un po' tutti i giornali secondo i quali in questo momento le banche non si prestano denaro l'una con l'altra perché nessuna ha fiducia nella sua controparte e teme che fallisca, facendole perdere i soldi prestati.
A me questa cosa convince proprio poco. Di punto in bianco tutte le banche guardano in cagnesco tutte le altre banche, e ne vedono il fallimento come imminente? Ma vi sembra veramente credibile?
Certo, ci sono banche che stanno male, banche che stanno molto male e banche sull'orlo del fallimento. Ma vi sono un'infinità di banche che hanno i forzieri pieni come quelli di Paperone: chi crederebbe che un fallimento di una di queste banche sia imminente?
Ma oltre alla logica, per smontare questa storia della catastrofe c'è anche un fatto oggettivo. Esistono sul mercato dei derivati che si chiamano Credit Default Swap (o CDS), e che non sono nient'altro che delle assicurazioni contro il rischio che un determinato debitore fallisca. Se veramente ci fosse questo clima da catarsi finale, il prezzo dei CDS dovrebbe schizzare alle stelle: nessuno dovrebbe più dare un'assicurazione per un evento così temuto. E invece no, il mercato dei CDS sa individuare benissimo chi sta bene, chi sta male e chi sta così e così.
Per fare un esempio, Lehman Brothers poco prima di fallire veniva prezzata a 800 punti base, mentre le banche italiane navigano sui 40 punti base. Unicredit, che a leggere la stampa sembra ogni giorno peggio, era data settimana scorsa sugli 80 punti base: prezzo altino ma non disastroso, laddove invece una importante banca tedesca, che tutti quelli del settore vedevano come più di là che di qua (e che ancora non si sa bene che fine farà), sfiorava i 400 punti base.
Questo per dire che il mondo delle banche è tutt'altro che una notte in cui tutti i gatti sono bigi. Ma allora, perché le banche accumulano liquidità e non se la prestano?
La mia impressione è questa: il sommovimento in questo periodo c'è, ed è più che reale. La crisi dei derivati, che rischia di buttare il bambino con l'acqua sporca, si sta avvitando in modo tale che presto le banche saranno costrette a svalutare pesantemente gli strumenti che hanno in portafoglio, e credo che dovranno svalutarli persino più del dovuto, dato che anche gli strumenti con un valore reale sono diventati poco o per nulla credibili. Mi è sembrato di sentir parlare di sospensione del mark to market (o meglio, del fair value), ma certo potrà essere una cosa solo momentanea (se non sapete cos'è, non preoccupatevi: stasera non c'è certo tempo per spiegarlo).
Se così è, si sta per scatenare un pandemonio nei bilanci, che avrà direttamente riflessi sul patrimonio delle banche di ogni dimensione.
Tutti sappiamo che non c'è momento migliore per fare la spesa che quello in cui il negoziante sta con l'acqua alla gola; io immagino che in questo momento tutti i pesci si stiano studiando l'un l'altro: i pesci piccoli possono mangiare il loro vicino messo maluccio e diventare medi; i pesci medi vedono con bramosia il pesce grossino che un domani potrebbe traballare, ma allo stesso tempo temono che quell'altro laggiù, che oggi ha delle dimensioni paragonabili, possa fare un brutto scherzo e papparselo in un boccone.
E così ciascuno comincia a rifornirsi di armi e olio bollente, e mette da parte le provviste per l'assedio. Solo che armi, olio e provviste per le banche hanno un solo nome: soldi. Soldi liquidi che possono essere usati per attaccare comprando le azioni degli altri e per difendersi comprando le azioni proprie e ponendo in atto manovre diversive: perché non c'è come il denaro sonante per attaccare e difendersi.
La crisi di fiducia quindi esiste: na non è sfiducia nella solidità, bensì sfiducia nel fatto che l'altro non ti attacchi alla giugulare.
Se questo è vero, capite bene che una garanzia pubblica sui prestiti interbancari non serve assolutamente a nulla. Anzi: se tanto mi dà tanto dovrebbe fare peggio, in quanto il fatto che anche le banche più traballanti e spregiudicate (perché sono tempi in cui traballa di più chi più ha rischiato) possano ottenere denaro fresco dovrebbe essere un'ulteriore spinta ad accumularlo il denaro, non certo a prestarlo.
E allora che succederà domani? Io previsioni non ne faccio, perché se ne sapessi fare giocherei in borsa anziché lavorare. Sulla base del mio ragionamento l'Euribor dovrebbe salire o rimanere fermo, ma è anche possibile che scenda un pochino come segnale di fiducia delle banche ai governi (perché ricevere un aiuto di questo tipo senza fare neppure un cenno di ringraziamento sarebbe proprio da idioti: e la prossima volta che ti viene, incontro?). In ogni caso non mi aspetterei grandi riduzioni nei prossimi giorni.
Per quanto riguarda le borse, l'unica logica è ormai quella del tiro ai dadi: mi sembrerebbe logico che risalissero, dato che hanno perso così tanto, ma non ci vuole un matematto per sapere che dopo aver tirato il dado nove volte e aver ottenuto sempre sei, la probabilità che esca un ulteriore sei è sempre la stessa.
Aggiungiamo poi che il vertice europeo si è chiuso con una valanga di parole e buoni propositi ma senza un soldo vero sul piatto; mettiamoci anche che le dichiarazioni finali, per quel poco che ne ho visto stasera, sembravano all'insegna del si arrangi chi può; mettiamo poi che l'FMI -che notoriamente porta una sfiga orrenda e non ne azzecca una a pagarlo- ha dato il suo placet; bé, tutto ciò considerato, magari domani non crollano, le borse; ma non ci metterei troppo la mano sul fuoco.
domenica 12 ottobre 2008
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