Arriviamo finalmente al motivo principale per il quale avevamo iniziato questa saga: parlare dell'accordo ABI-Tremonti.
Altroconsumo (che è il primo risultato che mi viene fuori googlando) ha una posizione molto chiara:
Rinegoziare il mutuo secondo il patto tra banche e governo non conviene. Vi spieghiamo perché.
Certo, il perché è contenuto in un PDF che può essere scaricato a pagamento, il che non mi sembra punto bello. Io ve la racconto aggratis, poi fate voi.
Prima rinfreschiamo un momento la memoria: avevamo visto in questo articolo che la cosiddetta portabilità del mutuo può convenire a numerose famiglie, ma non certo a tutte.
Facciamo un esempio concreto: una famiglia di anziani, che sono stati costretti a comprare casa nel 2003, quando la banca proprietaria dell'appartamento l'ha messo in vendita: mutuo di 150.000 euri, 25 anni, spread 1,30% sull'Euribor. Rata iniziale: 800 euri. Rata oggi: 1150 euri. Probabile rata a fine anno: 1.200 o 1.250 euri. Possibilità di portare il mutuo altrove a condizioni migliori: nessuna. Badate: l'esempio è concreto, non astratto: si tratta di mia madre. E quel nessuna vuol dire nessuna per la madre di un funzionario di banca, non per la sprovveduta casalinga di Voghera.
Bene: cosa inventa Tremonti, che non può certo imporre per legge un tasso inferiore a quello di mercato alle banche (ché quello sarebbe da comunisti, e quindi non piacerebbe certo al Cavaliere)? Una genialata.
Anzitutto non impone nulla. Propone alle banche di stipulare una convenzione: le banche sono libere o meno di aderire, e una volta che aderiscono si sono obbligate nei confronti del Ministero dell'Economia e per suo tramite del pubblico. E, guarda caso, tutte aderiscono, perché è vero che sono libere, ma certo una spintarella sottobanco l'hanno anche ricevuta; così si trovano obbligate a fare una cosa senza poter lamentarsi, perché in fondo è stata una loro scelta.
A questo punto devono proporre ai clienti di fare un'operazione un po' complessa, che cerco di rendere nel modo più chiaro possibile:
Per quanto riguarda i tassi, abbiamo visto che sul mutuo continua a correre il tasso variabile, con il suo spread; mentre sul conto corrente viene applicato un tasso pari all'IRS a 10 anni, più uno spread fino allo 0,50% (che molte banche hanno rinunciato). Il motivo per cui si sceglie l'IRS, alla luce di quanto detto altrove, è facile da comprendere: se infatti la banca stipula un IRS di segno contrario, il cliente "vede" un tasso fisso, mentre la banca "vede" un tasso variabile; e così tutti e due sono contenti.
Chiaro fin qui? adesso vediamo un po' di capire se ci conviene, ricordandoci che stiamo assumendo il fatto che il tasso applicato al mutuo sia corretto: di mercato, non da strozzini.
Abbiamo detto che se le cose non cambiano alla fine il cliente si trova un bel debitone da pagare, bello grosso; e che ci metterà un bel po' di tempo a pagarlo. Ma attenzione! Si trova il debitone perché ha pagato di meno di quanto avrebbe dovuto pagare. Se assumiamo che il mutuo abbia un tasso equo, quello che dovrebbe pagare è il giusto, non una rapina.
Spariamo un po' di numeri a caso e diciamo che i 65.000 euri sono 56.000 euri di soldi pagati in meno nel corso del mutuo, e 9.000 euri di interessi. Allora sto pagando in più solo 9.000 euri, non 65.000! Perché i 56.000 li ho risparmiati nel corso degli anni. E badate bene che quei 56.000 li ho risparmiati un po' oggi, un po' il mese prossimo, e così via... sono soldi del 2009, del 2010, e poi via via sempre meno fino al 2029 (ricordate che la rata via via scende, come spiegato qui; mentre il debito di 65.000 euri (e quindi i 9.000 euri in più da pagare) me li trovo nel 2029, quando sicuramente varranno molto meno di quanto non valgano oggi.
Comunque non abbiamo ancora risposto, alla domanda: ci conviene, pagare quei soldi in più? Lo vedremo nella prossima puntata.
(continua)
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