Per chi è milanese di nascita, la mostra consente un giro nella memoria di tanti luoghi vissuti o visitati nel tempo. A me, che ho sempre vissuto nella stessa via ma ho frequentato, ho dormito e ho fatto spese in tanti quartieri diversi, ha consentito di rendermi meglio consapevole di paesaggi e organizzazioni urbane che avevo sfiorato tante volte ma di cui non mi ero mai reso veramente conto.
Per chi milanese lo è d'adozione, la mostra è fondamentale per capire come si è creato il tessuto di questa città, che è segnata fortissimamente e ubiquitariamente dall'edilizia popolare, sia dell'epoca fascista che del secondo dopoguerra.
Per tutti, la visita consente di comprendere come la mano pubblica consentisse di costruire le città, un tempo, e di contro come l'attuale assetto urbanistico, interamente affidato ai privati, sia totalmente inadeguato rispetto alle esigenze di svuluppo -e anche di mera sussistenza - di una comunità cittadina.
Certo, l'organizzazione della mostra e i testi sono dell'ALER, e quindi di parte; ma non mi sembra che il valore degli stessi ne sia inficiato più di tanto. Intendiamoci: dell'ALER si parla male o malissimo, e forse a ragione, anche se non so esprimere un'opinione in merito perché non conosco abbastanza approfonditamente i problemi di coloro che oggi sono in cerca di case popolari o vi abitano. Sta di fatto che solo negli ultimi anni casa popolare è divenuto sinonimo di degrado urbano: la mostra evidenzia (e chi ha vissuto a Milano prima degli anni Ottanta ben lo ricorda) che le case di edilizia pubblica erano case civili nel senso etimologico del termine, e che solo dagli Ottanta in poi è iniziato il declino dalla mano pubblica in favore della
Consiglio di accompagnare la visita alla lettura delle Meraviglie d'Italia, del Gran Lombardo, che contiene pagine splendide sulla Milano degli anni Venti e Trenta e sulla crescita del tessuto urbano di questa città.
Accompagnate la visita anche con la lettura di "Metropoli per principianti" di Gianni Biondillo. Merita.
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