domenica 18 gennaio 2009

Lingue morte

Non so più ormai se sono io che invecchio male o il mondo circostante che sta prendendo una deriva verso un universo parallelo. sta di fatto che ho strabuzzato gli occhi quando ho letto che Gianfranco Fini sostiene che i musulmani in Italia dovrebbero pregare in italiano affinché "non ci sia alcun tipo di predicazione e istigazione all'odio durante un momento che deve essere soltanto religioso".
Fini è bene o male uno dei meno impresentabili tra gli esponenti della maggioranza di governo (lo so, è difficile ammetterlo; ma consideriamo in che tempi viviamo: riflettiamo ad esempio sul fatto che poco prima che morisse, Montanelli era diventato -suo malgrado- un campione della sinistra). Perciò mi stupisce questa affermazione, considerate le implicazioni che una simile posizione si porta dietro.
Come la mettiamo con il Papa, che ha autorizzato la celebrazione delle messe in latino tornando all'epoca pre-conciliare?
E con le chiese anglicane e presbiteriane dove si recitano le funzioni in inglese? Nella chiesa russa di via Giulini la funzione è in russo, e così via. Ma queste sono banalità.

Meno banale è forse la cronaca del battesimo di Nichita. Sua mamma è romena, e per quanto né io né lei abbiamo mai messo in piedi in una chiesa, per un ortodosso è semplicemente inconcepibile che un figlio non sia battezzato, indipendentemente dal fatto che pratichi o meno. Così, vista la convinzione sua e la mia totale assenza di pregiudiziali verso il rito (che comunque, se non altro da un punto di vista pascaliano, può anche essere utile), ecco che abbiamo fatto battezzare il pupo presso la chiesa romena.
Per inciso, insieme al Battesimo vengono impartiti anche la Comunione, la Cresima e, ai maschi, un ulteriore sacramento o parasacramento ortodosso, una sorta di anticipazione dell'Ordine: così ora in ogni caso siamo a posto, a differenza dei compagni di classe che sono tutti dietro a fare catechismo. Vero è che tutto il rito dura uno sproposito, ma a conti fatti è un bel vantaggio.
Sta di fatto che, come ovvio, nella chiesa romena il rito è in romeno, e quindi mi preparavo a sorbirmi un due-tre ore relativamente difficili per me e del tutto incomprensibili per i padrini del pupo.
Invece, e con somma mia sorpresa, il pope all'inizio del rito ha detto che, essendovi presenti delle persone che non parlavano la lingua, avrebbe officiato il rito in italiano: e così ha fatto, malgrado ci fossero una ventina di bambini con parenti, padrini e quant'altro, e gli unici non in grado di seguire il rito in lingua fossimo io e la mia famiglia.
Io mi sono vergognato come un ladro, e l'ho considerata alla stregua di una violenza fatta agli altri partecipanti; ma riflettendoci un po' ho considerato di non averlo minimamente richiesto, e che in fondo nessun altro si è sentito leso: quindi alla fine non mi sono poi preoccupato più di tanto.

Ho ripensato a quell'episodio leggendo le dichiarazioni di Fini, e mi sono sentito addosso la vergogna per l'arroganza della terza carica dello Stato. Se ci pensate il percorso logico è aberrante: si parte dalla considerazione che gli "arabi" o i "mussulmani" (qualunque cosa poi ciò concretamente significhi) sono potenziali terroristi da controllare; si prevede, evidentemente, che in ciascun luogo di riunione di costoro si debba infiltrare una spia; ci si rende conto che non ci sono sufficienti spie che sappiano l'arabo; si obbliga quindi la comunità a parlare una lingua che le spie nostrane possano comprendere.
Sembra una barzelletta, vero?

2 commenti:

  1. Buonasera Mfisk;
    sul percorso evolutivo di Fini vige ancora il beneficio d'inventario.

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  2. Quanto meno. Ma il fatto che esista un percorso è già una notizia, no?

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