Molti si sono chiesti cosa diavolo siano questi Tremonti Bond.
In particolare, appare oscuro ai più come sia possibile che il Tesoro presti del danaro alle Banche a tassi attorno all'8%, nel momento in cui l'EURIBOR viaggia sotto il 2%. In pratica il Tesoro starebbe prestando soldi a strozzo, con uno spread di oltre 600 bps (dove bps è la sigla di basis points, e 1 BPS significa in termini finanziari uno spread del 0,01%).
Oltretutto questi bond dovrebbero servire ad aiutare le piccole imprese, ma a logica si direbbe che, se le banche prendono denaro all'8%, minimo minimo lo presteranno al 10%, e quindi lo spread per l'imprenditore andrebbe oltre gli 800 bps!
In realtà le cose non stanno così, ma per capirlo è necessario anzitutto addentrarsi nei meccanismi finanziari del funzionamento di una banca.
Ammettiamo di essere uno strozzino che ha messo da parte una certa sommetta, diciamo 2 milioni di euro. Decidiamo di prestarli a un po' di imprese, diciamo al 5%: alla fine dell'anno quindi ci verranno restituiti €2.100.000, e sottraendo i due milioni investiti, che andiamo a recuperare, avremo fatto 100.000 euro di interessi, che saranno il nostro utile.
(notate che se li avessimo investiti in titoli di stato al 3% il nostro utile -sempre tralasciando il capitale di due milioni restituito alla scadenza- sarebbe stato di €60.000; quindi possiamo dire che prestare denaro a privati invece che allo stato ci ha fruttato €40.000, che non è poi 'sto granché, se consideriamo il rischio che qualcuno non ci restituisca i soldi: questo, tra parentesi, spiega perché gli strozzini pratichino tassi da strozzini.)
Ammettiamo ora di avere una maggiore rispettabilità, e di fondare una banca, nella quale mettiamo solo €1.000.000, mentre €1.000.000 ce lo facciamo prestare da altre banche o addirittura ce lo ritroviamo in casa, versatici dai nostri correntisti; ipotizziamo infine che il costo di questo milione che ci viene prestato sia il 4%.
Alla fine dell'anno avremo sempre i nostri 100.000 euro di ricavi, da cui dovremo togliere €40.000 di interessi che dovremo pagare sul milione che abbiamo preso in prestito. La differenza è di €60.000, che rispetto al milione che abbiamo impiegato ci dà un utile del 6%.
Ricorrere all'indebitamento quindi ha incrementato i nostri utili!
Ammettiamo adesso di essere *molto* aggressivi e mettere solo €100.000 nostri, e €1.900.000 presi in prestito o comunque raccolti, che ci costino sempre il 4%.
a fine anno avremo i soliti €100.000 di ricavi, cui dovremo sottrarre €76.000 per gli interessi sul debito. La differenza è di €24.000, che rispetto ai 100.000 che abbiamo investito ci dà un rendimento del 24%!
E' quindi evidente che meno soldi mettiamo rispetto a quelli che prendiamo in prestito, più il nostro investimento renderà; e dato che quel rendimento è quello con cui si pagano i dividendi agli azionisti, è chiaro che sulla base di questo ragionamento qualunque banchiere vorrebbe ridurre al minimo il rapporto tra il patrimonio (i soldi degli azionisti) e il debito o, il che è lo stesso, massimizzare il rapporto tra debito e patrimonio: rapporto che comunemente è chiamato leva finanziaria.
Il problema è che aumentando la leva aumentano i rendimenti, ma aumentano anche i rischi. Ipotizziamo infatti che uno dei clienti ai quali abbiamo prestato il denaro, diciamo €40.000, non ce lo renda più, e quindi i nostri ricavi alla fine dell'anno non siano i famosi €2.100.000 (di cui 2 milioni di rimborso del capitale) bensì solo €2.060.000.
Se siamo lo strozzino (leva = 0), il nostro utile si è ridotto a €60.000, vale a dire il 3% di due milioni.
Se siamo il banchiere prudente (leva = 1), dobbiamo sottrarre ai €60.000 di ricavi gli €40.000 di interessi sul debito (non possiamo mica dire che non li paghiamo perché uno dei nostri clienti ci è saltato!), e quindi il nostro utile scende a €20.000, vale a dire il 2% (meno dei famosi titoli di stato di cui si era ipotizzato).
Se siamo il banchiere aggressivo (leva = 19), dobbiamo sottrarre ai €60.000 di ricavi addirittura €76.000 di interessi: ne risulta che abbiamo una perdita secca di €16.000, pari al 16%: non solo non abbiamo guadagnato, ma addirittura abbiamo perso.
Ecco il motivo per cui il banchiere prudente non può permettersi una leva troppo elevata: perché è troppo rischiosa.
Ma come sappiamo viviamo in un mondo di squali avidi, e anche i banchieri debbono rispondere agli azionisti, che vogliono vedere i dividendi e non ci mettono poi molto a vendere le azioni della Banca Prudente e acquistare quelle della Banca Aggressiva: certo rischiano, ma finché le cose vanno bene chi se ne importa? Basta pensare alla saga dei bond argentini: ci saranno anche state tante vecchiette truffate, tra i compratori; ma c'erano anche tantissimi che hanno visto solo il tasso di rendimento fregandosene del fatto che fossero rischiosi, e pensando che a loro non sarebbe capitato, di perderci.
Ma la leva elevata non è un rischio solo per il banchiere e gli azionisti: lo è anche per l'economia in generale: infatti come abbiamo visto il banchiere aggressivo ha perso dei soldi; e se ne avesse persi troppi, non avrebbe avuto di che ripagare i debiti. Detto in modo spiccio: di che restituire i soldi ai correntisti.
E' per questo che in tutti i sistemi bancari sono previste delle regole di vigilanza, che definiscono esattamente quanto dev'essere il valore massimo della leva ammissibile o, che è lo stesso, la percentuale minima di patrimonio che la banca deve avere a copertura del rischio che taluni crediti diventino inesigibili.
In Italia l'autorità di vigilanza è la Banca d'Italia, e la relativa normativa è pubblicata sul suo sito in forma di due circolari (prima che corriate a leggervele, vi avverto, sono un 1.200 pagine circa), una del 1999, più volte aggiornata, e una del 2006 che recepisce la normativa cosiddetta "Basilea II".
Ma torniamo al nostro esempio: abbiamo visto che se le cose vanno bene, o perlomeno vanno non troppo male, il patrimonio ha un rendimento superiore rispetto al debito: e ciò è ben comprensibile, in quanto chi investe in patrimonio affronta un rischio ben superiore a chi presta i soldi a debito.
Chi fa controllo di gestione considera infatti che il costo "standard" per il patrimonio sia attorno al 9%: vale a dire che considera che i soldi che sono "di proprietà" della banca (e che in effetti sono dei suoi azionisti) debbano produrre un interesse del 9%: che beninteso non sarà un vero e proprio interesse, bensì quanto sarà distribuito a fine anno in forma di dividendi agli azionisti.
Cominciamo quindi a vedere che i "Tremonti Bond" hanno un tasso ben superiore rispetto al debito (Euribor+spread), ma inferiore rispetto al costo del capitale.
(continua)
il continua tra () mi lascia pensare che chiedi ai lettori un feedback sull'argomento: personalmente ti chiederei di portare avanti l'argomento, grazie!
RispondiEliminaMolto interessante. Grazie.
RispondiElimina@ichhabebeidenseiten: no, semplicemente è che si tratta di materia incasinata da spiegare, e non sapevo se e quando avrei trovato la voglia e l'ordine mentale per continuare.
RispondiEliminaIl che vale anche per la seconda puntata, ovviamente...