giovedì 16 aprile 2009

Risparmi

Il Corriere ci dice che grazie al taglio di 42.000 insegnanti il prossimo anno scolastico costerà alle casse dello Stato circa 1.600 milioni di euro in meno.
Orbene, questa non è una buona notizia, e non lo è per due ragioni.
La prima, ovvia per chi legge queste righe da qualche tempo, è che tagliare 42.000 insegnanti significa affossare la scuola pubblica, spingere le famiglie verso la scuola privata (che, si badi, è sovvenzionata con soldi pubblici, almeno in Lombardia; ma questo nell'articolo non viene detto!!!) e, in prospettiva più ampia, contribuie a fare di questo Paese un Paese ancor più di serie B.

Ma vi è anche una seconda ragione, altrettanto importante. E' fondamentale, quando si ragiona di finanza pubblica, capire dove vanno a finire i soldi spesi.
Capite bene che altro è spendere 100 milioni di euro in trasferimenti alle famiglie (e qui rientra il discorso degli onorari per il personale dei seggi, ma non voglio ammorbare ancora con questa storia), e altro spendere la stessa cifra in consulenze fornite da una delle varie Accenture, McKinsey, IBM o compagnia cantante, chessò per costruire il portale del turismo.
In termini macroeconomici, quei 1.600 milioni di mancati stipendi per 42.000 insegnanti altro non sono che ricchezza che non viene messa in circolo; se volete, sono 42.000 famiglie che devono arrabattarsi trovando un modo per sopravvivere e (almeno molti di loro) ridurre drasticamente i consumi, aggravando una crisi economica che, nonostante tutte le fole che leggete sui giornali, è tutt'altro che terminata.
Due, quindi, sono i motivi per ritenere pessima la riforma Gelmini: va contro i nostri figli e contro la ripartenza della nostra economia.

Mi aspetto ora un'obiezione, legittima.
Qui dico che non bisognerebbe risparmiare i 1.600 milioni per i precari; altrove affermo che non bisognerebbe risparmiare i 90 milioni per il personale dei seggi; ma dove bisogna risparmiare, allora?
Credo che, se proprio si deve risparmiare, si debba farlo a partire dall'alto e non dal basso. Sarò grossolano, me ne rendo conto, ma risparmiare sugli stipendi degli insegnanti delle elementari di 1.200 euro vuol dire automaticamente togliere 1.200 euro di spesa disponibile (non mi attendo che con i tempi che corrono l'insegnante riesca a risparmiare nulla); risparmiare sui trasferimenti a certe aziende (quali, giusto per fare un esempio, scuole private e sanità privata) vuol dire certo mettere in crisi una parte dei lavoratori di quel settore, ma buona parte dell'effetto viene assorbito anche dai profitti degli imprenditori. Senza contare il fatto che gli impenditori stessi hanno ricevuto fior di regali dai precedenti governi.

E poi, resta sempre il grande buco dell'evasione fiscale. Ultimamente si leggono sempre più sui giornali notizie in merito all'ammontare dell'evasione e a iniziative di contrasto. Credo che questa volta il governo Berlusconi si stia mettendo a fare sul serio.
Non che il PresConsMin sia rimasto folgorato sulla via di Damasco della giustizia sociale, intendiamoci. Ma ho come l'impressione che abbia dovuto prendere atto che il barile è stato ormai grattato sul fondo e anche oltre, e che margini di manovra per far girare la macchina statale non ce ne sono più, in quanto il tagliabile è stato tagliato e il tassabile tassato (sì, resta la tassa sui redditoni: briciole!).
Forse, quindi, non certo per scelta ma per necessità, vedremo nei prossimi mesi un Berlusconi aggredire il buco nero dell'evasione. E, se cosi fosse, le probabilità di riuscire nell'intento sono molto maggiori di quelle che aveva un visco, per dire.
E' noto che non c'è come un governo di sinistra per fare cose di destra (non servono esempi, vero?); allo stesso modo forse è possibile che ci voglia un governo di destra per fare qualcosa un minimo di sinistra; o almeno che odori di giustizia ed equità.

1 commento:

  1. Io spero che tu abbia ragione, sulla questione dell'evasione fiscale. Anche perché molto della scuola pubblica dipende da lì, da quelle risorse. Si taglierà ancora nei prossimi anni, ma a un certo punto si dovrà ricostruire. E io spero che quando si deciderà di ridare fiato alla scuola, lo si possa fare con più risorse disponibili e partendo da presupposti nuovi, meno sindacalizzati e più banali, starei per dire.
    Nel senso di quella banalità, quel buon senso, per cui un ragazzo o un genitore entrano in una scuola e si aspettano cose semplici: che prepari bene, che sappia motivare le sue scelte, che non sia classista, che metta in condizione gli studenti di ottenere delle soddisfazioni e delle giuste gratificazioni, se hanno voglia di studiare. Punto.
    Ma sono purtroppo tutte condizioni che oggi non si verificano, per responsabilità molto ampie e anche molto lontane nel tempo.
    Trovare nuove risorse e spenderle in modi nuovi è l'unica possibilità che resta.

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