lunedì 8 giugno 2009

Due osservazioni a caldo

Due osservazioni a caldo, così come vengono e senza sparare pipponi.
La prima è più una battuta o meglio una chiosa a ciò che ci siamo detti nei giorni scorsi: vale a dire che nei dibattiti televisivi su successi, tenute e sconfitte, ciascun partito si presenta in quanto partito e non con la faccia degli eletti a Strasburgo: e pertanto Melandri e Fassino (che sono quelli che vanno ai dibattiti e dichiarano sui giornali) possono vantarsi per i successi in realtà ascrivibili a Scalfarotto e Serracchiani: voti dati a questi ultimi da elettori che, se in lista vi fossero stati solo rappresentanti dell'apparato centrale del partito mai e poi mai avrebbero votato PD. Fa parte delle regole del gioco, per carità: lo sapevamo fin dall'inizio che sarebbe andata così; ma a chi ha votato potrebbe anche fare un po' rabbia.

La seconda: ammettendo, con una forzatura, che si possano ascrivere anche i radicali nel coacervo del centrosinistra, esiste un 10% di voto disperso che qualora confluisse nel PD potrebbe portarlo ad essere di un pelo il primo partito. questa osservazione, che potrebbe far pensare a taluno, in primis Franceschini o Sofri, che votare sì al referendum possa essere una buona idea è smentita da tutta una serie di circostanze.
Anzitutto, il fatto che qualora per assurdo il PD riuscisse a prendere i voti di RC, S&L e radicali, allora il PdL prenderebbe quelli della Lega, ma allora il PD prenderebbe quelli dell IdV e allora il PdL quelli di Casini. Ci sembra assurdo tutto ciò? A me sì, ma badate bene che la logica di ciascun passaggio successivo non è meno solida di quella del passaggio precedente.
Anzi, la circostanza che un 10-12% di italiani (comprendiamo anche la Destra) abbia votato buttando via scientemente il voto, pur di non darlo a uno dei partiti maggiori che hanno imposto lo sbarramento al 4%, dimostra che il cosiddetto "voto utile" non ha alcuna presa, o perlomeno che non ha alcuna presa a sinistra.
Coloro che credono nei valori della sinistra preferiscono buttare via il proprio suffragio piuttosto che darlo al partito che vede nelle sue file Binetti, Rutelli e Melandri (e Penati).
Qualora quindi per avventura dovesse essere raggiunto il quorum ai referenda elettorali (data per scontata la vittoria del Sì sui voti espressi), il vantaggio in termini di mera tattica per il PD sarebbe minuscolo; mentre il vulnus inflitto al sistema di regole democratiche enorme.
Temo che la dirigenza del PD questo ragionamento non lo voglia o non lo sappia fare, e temo che in queste due settimane che ci separano dalla prossima chiamata alle urne sentiremo ragionamenti esattamente opposti: vero è che ultimamente ci azzecco poco, per cui aspettiamo e stiamo a vedere cosa succederà.

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