lunedì 22 giugno 2009

Iran

Dell'Iran non so nulla e pertanto, rispettando la dichiarazione di metodo enunciata all'apertura di questo blog, mi taccio.
Però le considerazioni che vengono fatte in questo articolo di Debora Billi mi paiono di grande buonsenso, e vi invito a leggerle.

10 commenti:

  1. Sulla questione Iran io ho passato il pomeriggio di ieri, senza capirci granché onestamente. Ora ho letto il post che hai linkato. Che non combacia con una ricerca che guardavo ieri a proposito del voto a Teheran e nelle provincie. Ti lascio li link dove puoi trovare il pdf: http://www.chathamhouse.org.uk/publications/papers/view/-/id/755/
    Si sostiene che è proprio nelle provincie più periferiche che Ahmadinejad ha avuto un aumento molto sospetto dei consensi: in luoghi dove non era mai stato apprezzato.

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  2. Certamente avere pareri diversi sulla questione è sempre utile. Anche perché è difficile capire fino a che punto arrivi la propaganda anti-iraniana attizzata da una diffusa antipatia per gli islamici (almeno quelli del burka). Per cui apprezzo qualsiasi tipo di informazione al riguardo, in questi giorni.
    Però rimango un po' perplessa. Sarà vero che non sono in piazza per colpa del velo, ma è vero anche che sono tantissime le donne (e le ragazze) in prima fila, questo vorrà pur dire qualcosa.
    Ed insistere sul fatto che l'Iran sia una democrazia quando stiamo assistendo da giorni a spari sulla folla e a divieti di scendere in piazza, conditi dall'oscuramento dei media e dal tentativo di non far trapelare notizie su quanto accade, beh, soprattutto questo mi lascia perplessa.
    Perché "democrazia" è una parola vaga, e non si limita a descrivere una forma di governo, non nella comune accezione occidentale. E una democrazia che spara sulla folla e fa tutte quelle cose che scrivevo più su non è una democrazia vera.
    Credo che gli sarà difficile nascondersi dietro a quell'etichetta, dopo una repressione del genere.

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  3. La questione è infatti molto complessa.
    Né io né te abbiamo le conoscenze sufficienti per decidere con le nostre teste se il presidente uscente sia o meno più forte in città e nelle campagne; il fatto che sia più verosimile che a Teheran siano più progressisti che negli sperduti villaggi non significa che ciò sia vero: anche perché lo stesso concetto di "conservatore" o "progressista" non è proprio pacificamente univoco, transitando dall'occidente cristiano al medio oriente islamico.
    Sta di fatto che mi sembra vi siano affermazioni fortemente condivisibili:
    - il fatto che l'Iran sia una democrazia: teocratica ma democratica ("come in Italia, del resto");
    - il fatto che sia ben difficile parlare di "brogli" con un margine così elevato di distacco;
    - soprattutto, il fatto che rispetto alle manifestazioni di dissenso permangano due pesi e due misure: se chi dissente sta all'estero, in uno Stato non nostro amico, è un eroe; se invece lo fa in Italia o in altri paesi amici è un pericoloso terrorista.

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  4. @Cicciocolla: io, in fede, non ho alcuna idea di quanto grande sia la folla di cui stiamo parlando.
    E' scontato (ma vale la pena ribadirlo) che non sono in alcun modo favorevole a chi spara sui manifestanti, indipendentemente dal fatto che siano 10 o 10 milioni.
    Il problema che mi pongo quindi è un altro: gli organi di informazione (stampa, televisioni e, in questa occasione, soprattutto strumenti partecipativi tipo blog e compagnia cantante) ci hanno (MI hanno) fatto intendere che:
    - Ahmandinejad ha perso;
    - Mousavi ha vinto;
    - il risultato è stato stravolto dai brogli;
    - mezzo Iran è in rivolta;
    - la rivolta è soffocata nel sangue.
    Tutto ciò può essere vero, ma ancora non mi sembra ci siano delle prove di ciò: e soprattutto io, per formazione ideologica e conservatorismo di spirito, non riesco ancora a credere che Twitter sia una fonte di prova fededegna. Per cui, allo stato, debbo sospendere il giudizio: salvo fare alcune considerazioni, se vuoi di natura laterale e probabilistica, che esponevo nel commento diretto a Scorfano.

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  5. Concordo sull'impossibilità di avere un'idea di cosa stia accadendo in Iran, tuttavia mi pare pure difficile affermare che il potere viene amministrato democraticamente in un posto in cui la rete viene censurata dal governo in tempo di pace.
    Che poi succeda anche altrove è un sintomo che anche altrove non c'è democrazia.

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  6. @mfisk: capisco le tue perplessità, e trovo che siano condivisibili, peraltro.
    Però lasciami dire tutta questa discussione, le perplessità, la necessità di sospendere il giudizio nascono da una certezza, la sola che abbiamo in tutta questa vicenda, e cioè che non ci sono informazioni certe. Le informazioni mancano perché chi è al potere in Iran le ha censurate. Non è una situazione trasparente. Quello che vorrei dire è che una democrazia normale non reagisce in questo modo.
    Per cui, come tu per formazione ideologica tendi a dubitare dell'autorità insindacabile di Twitter (chi non lo farebbe) io tendo ad essere sospettosa nei confronti di chi cerca di insabbiare.

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  7. Ecco, il parto faticoso del mio commento è stato vanificato dall'efficacia più sintetica di quello di Giacomo. Uff... :)

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  8. @giocomo e Ciccio: se ho dato l'impressione di considerare inaffidabile twitter e affidabile l'agenzia governativa iraniana, credete che non s'è fatto apposta.

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  9. A proposito di friendfeeed :D

    http://i.friendfeed.com/2989e302d3893d9e1d06964a3bfa46568525cb11

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  10. Le perplessità e le cautele di mfisk e Debora come penso di chi butta un occhio verso quel paese anche in periodi in cui non ci sono tutti i riflettori puntati a giorno.

    Su censura e democrazia mi piacerebbe fare qualche parallelo con Israele/Palestina, ma è un argomento su cui mi censuro e a rischio benaltrismo. Rimanendo allora dalle nostre parti e tirando la leva del paradosso si potrebbe riflettere per esempio sul fatto che delle vicende di Genova a tutt'oggi non esiste una ricostruzione condivisa e generalmente riconosciuta e che lo stesso livello giudiziario nonostante le condanne di primo grado non sembra aver contribuito a far emergere una percezione chiara nell'opinione pubblica di quello che è avvenuto.
    E rispetto alle candidature bloccate e alle democrazie sotto tutela un pensierino lo si potrebbe spendere sull'effetto che cancellazione delle preferenze, introduzione di soglie di sbarramento in un contesto non maturo e pressioni in senso maggioritario spinto e bipartitico stanno avendo sulla qualità effettiva della nostra democrazia. Diciamo una spruzzatina di senso critico per avere una visuale meno monodireziale.

    Sia il benaltrismo che il ragionare per assurdo sono però artefici retorici e reggono appunto per lo spazio necessario a stimolare un ragionamento.
    Come ho già scritto da Petrolio le considerazioni di Debora mi sembrano buone da prendere come premesse, decisamente meno se diventano conclusioni o tentazioni di metterci sopra un capello a uno scenario che sfugge appunto alle semplificazioni o alle letture predeterminate.

    Solo limitandosi all'autenticità del voto c'è una pluralità di osservazioni convincenti e non omogenee tra di loro che stanno circolando. Non mi sembra così banale chiudere la questione con il discorso dello scarto.

    Quanto a twitter sono d'accordo: l'aumento del volume informativo e dell'ampiezza della rete di distribuzione non corrisponde ad un aumento del contenuto informativo.

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