Questo è un post bello lungo: tanto oggi c'è poco da leggere
Come tutti voi ben sapete, oggi c'è questo sciopero dei blog, proclamato da Alessandro Gilioliper protesta contro il disegno di legge "ammazzainternet" che verrà esaminato in Senato.
Io oggi me ne sarei stato zitto zitto, a causa di un lancinante mal di testa derivante dalla smodata quantità di alcoolici introdotti nel mio organismo a partire dalle 19 di ieri sera: ma in tal modo avrei implicitamente aderito a qualcosa che mi sembra sbagliato, e pertanto vi racconto quel che penso.
Ho già detto in precedenza che la ragione stessa del manifestare è sbagliata, in quanto il DDL Alfano non impone un obbligo di rettifica ai blog. Notate che uso il modo indicativo al posto del condizionale: Guido Scorza mi ha bonariamente rimproverato per questo motivo, dato che il diritto, a differenza della matematica, non consente dimostrazioni: e pertanto la mia interpretazione non può assurgere a verità assoluta. Uso tuttavia scientemente l'indicativo, dato che i promotori di questo sciopero non mi sembra si siano fatti in quattro per instillare una parvenza di dubbio in tutti coloro che frequentano la rete e, sulla base di un'interpretazione errata, hanno aderito alla protesta. Non vedo quindi perché io dovrei utilizzare il condizionale, dato che il mio pensiero è certo meno seguito rispetto a quello espresso da Gilioli, ma ritengo abbia pari dignità.
Ciò detto, vi sono altre ragioni per dissentire dalla protesta.
La prima, credo anche la più importante, è che polarizzando l'attenzione sulla parte del disegno di legge che obbligherebbe i blogger alla rettifica, si perde di vista tutto il resto del contenuto del DDL, che è veramente inquietante, come vedremo più in là.
La dimostrazione è semplice: se fosse stato approvato un emendamento tramite il quale si fosse esplicitamente chiarito che l'obbligo di rettifica si applica solo alle testate giornalistiche, questo sciopero non avrebbe più avuto alcuna ragion d'essere. E del resto, se andiamo a vedere il sito che raccoglie e coordina la protesta, i contenuti sono ben chiari e molto limitati: «Contro ogni bavaglio legislativo all'Internet italiana».
E' una connotazione che non condivido nel modo più assoluto: quand'anche avesse ragione Guido Scorza, e il DDL così com'è uscito dalla Camera si applicasse anche ai blog, questo sarebbe comunque un aspetto francamente marginale e risibile rispetto a tutto il resto della nuova normativa. E se poi consideriamo che Guido Scorza non ha ragione (di nuovo l'indicativo, per i suddetti motivi), la protesta risulta priva di senso.
Molti, e tra questi molti amici, hanno quindi creduto bene di aderire trasversalmente, dichiarando la propria protesta in quanto cittadini piuttosto che in quanto blogger, e estendendo la manifestazione del proprio dissenso a tutto l'impianto del DDL.
E' una posizione questa che pure mi trova in disaccordo.
Il disegno di legge si propone di conseguire due effetti: da un lato, rendere oltremodo difficile l'utilizzo a fini investigativi delle intercettazioni; dall'altro, inasprire le sanzioni di natura penale nei confronti di coloro che pubblichino notizie riguardanti procedimenti penali in corso: è evidente che il principale bersagio di tale inasprimento è la stampa: sia i giornalisti, che rispondono personalmente, sia gli editori, tramite il meccanismo della sanzione pecuniaria disciplinato dalla L. 231/2001.
Si tratta di una normativa vergognosa e indegna di un paese civile: una norma che impedisca alle forze investigative di investigare può essere introdotta solo in un Paese governato da criminali, altrimenti non ha alcuna spiegazione.
Impedire alla stampa di informare, invece, è fatto normale negli ordinamenti totalitari; ma impedire di rendere noti fatti riguardanti procedimenti penali si spiega solo se l'autore o il mandante della norma ha qualche conto aperto con la giustizia; e pertanto rientriamo nel caso che precede.
Ciononostante, non sono d'accordo con la protesta, per vari ordini di motivi.
Anzitutto, vi è un fattore di confusione tra coloro che protestano in quanto blogger contro la cosiddetta "norma ammazzainternet" e coloro che protestano in quanto cittadini contro il DDL nel suo complesso. Vero è che chi ha scelto questa seconda strada ha avuto cura di motivare la propria scelta, ma nondimeno i due aspetti si possono facilmente confondere, con il risultato di caricare i secondi sul carro dei primi e/o viceversa.
Vi è poi una considerazione di natura più strutturale: abbiamo visto che i principali bersagli del DDL sono la Giustizia e la stampa; la prima non ha modi per protestare, mentre la seconda sì, eccome.
La stampa però, dopo aver indetto uno sciopero per oggi, a seguito del quale è nata l'iniziativa di protesta in rete, ha deciso di sospendere l'iniziativa, dato che dopo l'intervento del Presidente della Repubblica è probabile che vi saranno modifiche anche sostanziali del DDL, e si è ritenuto opportuno attendere di vedere quali saranno, queste modifiche.
Io credo che una protesta dei blogger, anche se connotati come cittadini, abbia un senso solo se coordinata con gli altri soggetti che sono toccati dalla riforma: in primis, per l'appunto, la stampa. Privata di questa necessaria sinergia, la protesta mi sembra svuotarsi di significato, un po' come quegli scioperi che si facevano al liceo quelle mattine di novembre, senza contenuti che andassero granché al di là della mera voglia di scioperare. E, svuotandosi dei significati civili, l'unico
significato che resta è l'adesione, seppur obliqua, all'iniziativa maggiore, che dichiaratamente è cosa ben diversa rispetto alla protesta della stampa, e con un diverso obiettivo: come puntualizza qui Gilioli.
Vi è, infine, un aspetto che trovo un po' ridicolo: vale a dire il protestare con il silenzio. Per la carta stampata questo ha un senso, in quanto l'oggetto "sciopero" prevede come unica modalità attuativa l'astensione dal lavoro; e se i giornalisti non lavorano, i giornali non escono; perdipiù la mancata uscita in edicola dei giornali è un evento certo non rarissimo, ma che ha ancora una qual certa risonanza.
Il mondo dei blog, intendendo con tale locuzione nello specifico quella parte di rete che spende parte del tempo a scrivere i propri pensieri in veste amatoriale e quindi senza lucrare su tale attività (salvo per i più fortunati un mezzo caffé al giorno tramite AdSense) non ha motivo di scioperare in senso tecnico, dato che il proprio non è certo un lavoro; e se c'è qualcosa che connota ed unisce i blogger è proprio l'esercizio della parola e la circolazione delle idee, più che la mera informazione di servizio.
Autoimbavagliarsi, sia pur per protesta, mi sembra il modo peggiore per affermare la propria identità e le proprie convinzioni: perché i blog vivono solo in quanto usati e costantemente aggiornati; e il loro non uso va, anche simbolicamente, proprio nella direzione di chi auspica una diminuzione della circolazione di idee e pensieri.
Hai perfettamente ragione.
RispondiEliminaIo non ho un blog ma ne leggo diversi ogni giorno anche perché giornali e radio non mi bastano.
Con questa scelta di silenzio mi trovo oggi privata della possibilità di conoscere e comunicare.
Se proprio si deve discutere della legge sulle intercettazioni, facciamolo, intasiamo la rete di commenti specifici, non stiamo zitti.
Morgaine
Potrebbe essere l'occasione di aprirne uno, no?
RispondiElimina(sempreché tu ritenga di aver qualcosa da dire :-)
come se ci fosse bisogno di aver qualcosa da dire ;)
RispondiEliminagli è che a volte mi scappa un briciolo di fiducia nell'umana specie; ma passa subito.
RispondiEliminaTi segnalo il punto di vista di Paolo Attivissimo: mi sembra interessante e, per alcuni aspetti, non dissimile dal tuo. http://attivissimo.blogspot.com/2009/07/sciopero-dei-blog-il-147.html Ciao.
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