Come alcuni affezionati lettori sanno, per qualche anno anziché mettere a frutto la mia laurea in giurisprudenza mi sono divertito a fare un po' di cose che c'entravano poco, fino a ritagliarmi una nicchia come amministratore di sistema nell'azienda per la quale lavoro.
Si trattava di un'attività che mi divertiva assai, anche perché essendo una realtà molto piccola, dal punto di vista delle macchine da gestire, mi consentiva di occuparmi di tutto, e quindi il lavoro era molto vario e c'era sempre qualcosa di nuovo da studiare e mettere in opera.
A un tratto i Grandi Capi del Gruppo decisero che la cosa non andava più bene, e pensarono di mettere tutti i rami d'azienda "ICT" delle varie società dentro un unico contenitore, formando una società che avrebbe erogato servizi a tutte le altre società.
All'inizio la cosa non mi dispiacque (strano, a posteriori, perché pensavo di non esser più tanto scemo, nel 2006); ma come cominciai a capire cosa stavano mettendo in piedi mi vennero i bordoni: da un lato in una simile realtà avrei dovuto occuparmi di una e una sola cosa (chessò: la configurazione dei firewall, o il deploy delle patch, per fare degli esempi), abbruttendomi in una noiosissima routine.
Per di più, l'assetto organizzativo che si andava a prospettare era contrario non solo alle più elementari regole di management, ma anche al mero buonsenso.
Fu solo grazie allo stellone che mi assiste nei momenti topici che riuscii a sfuggire a quella trappola, e a tornare a fare il lavoro che faccio ora: mestiere che avevo abbandonato in quanto insopportabilmente sempre uguale a sé stesso e che, per ulteriore colpo di fortuna, nel frattempo era notevolmente cambiato, divenendo interessante e divertente (ora è qui, che ho sempre qualcosa di nuovo da studiare).
Nel frattempo il carrozzone sul quale avrei dovuto salire si è fuso con un altro carrozzone, dando luogo a una società consortile di circa 1.000 persone.
Proprio in questi giorni ho letto che in occasione dell'ultima fusione era stato stipulato un accordo sindacale che prevedeva la possibilità per i dipendenti di chiedere (ma non necessariamente ottenere) il rientro nelle società di provenienza, e che dei miei (scampati) colleghi, un paio di centinaia nel frattempo si sono dimessi o sono stati riassorbiti nelle società operative del Gruppo.
Restano circa 800 e briscola dipendenti, e di questi circa 700 e briscola hanno chiesto il rientro. In pratica quindi solo un ottavo della forza lavoro è contento di stare dove sta, o perlomeno non vi sta peggio che nel posto da cui veniva.
Un bel risultato, non c'è che dire. E un grazie sentito a chi, lassù, ogni tanto dimostra di volermi bene.
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