Negli scorsi giorni abbiamo analizzato la situazione politica nell'ipotesi in cui alle elezioni regionali non potessero partecipare due candidati presidenti (Formigoni e Polverini) e una lista di partito (PdL in Lazio). In tali condizioni, a mio parere, il problema di governabilità che si sarebbe presentato ad urne chiuse avrebbe fatto di gran lunga preferire l'ammissione delle liste e dei listini con un provvedimento, anche straordinario, purché di contenuto tale da addossare la relativa responsabilità sull'esecutivo, senza coinvolgere la magistratura in questa pastetta.
La situazione ora è diversa: i listini di Polverini e Formigoni sono stati ammessi dalla magistratura con motivazioni formalmente e giuridicamente solide (anzi: nel caso di Formigoni la riammissione è stata concessa proprio in base al principio di prevalenza della forma sulla sostanza, in materia elettorale, per quanto il nostro uomo al Pirellone si guardi bene dal divulgarlo).
Resta ormai esclusa solo la lista del PdL in Lazio, il che rende le cose più semplici e allo stesso tempo più difficili.
Semplici, nel senso che i pericoli di legittimazione dell'assemblea regionale del Lazio sono ora assai minori: in fondo l'elettore di centrodestra ha il proprio candidato governatore e una serie di liste ad essa collegate, delle più disparate tendenze (dall'Udeur all'UDC alla Destra) nelle quali riconoscersi.
La situazione ora comincia ad essere non molto diversa rispetto all'esclusione dell'UDC alla Provincia di Trento, sempre salvo il fatto che coinvolge dieci volte tanti elettori, e riguarda un partito che ha otto volte tanti consensi.
Oltretutto, il Governo ha già prodotto un decreto legge per sanare la situazione, senza riuscirvi: e a questo punto un nuovo provvedimento normativo apparirebbe veramente avulso da ogni logica e pudore.
Il contemparamento dei diversi interessi (quello al rispetto della legittimità e quello alla rappresentatività politica della competizione elettorale) mi porta a questo punto a schierarmi apertamente per la celebrazione delle elezioni in Lazio senza la lista PdL (salvo una a questo punto poco probabile riammissione da parte del Consiglio di Stato).
Tuttavia, e qui cominciao i dolori, è evidente che i maggiorenti del PdL non ci staranno mai a perdere i posti di governo in Lazio, che è la terza regione italiana ma la prima per spesa sanitaria (che poi è il 90% del budget regionale). E quindi faranno di tutto per forzare la mano.
Dato che i rimpannucciamenti legal-cosmetici sono esauriti, la parola passa adesso alla forza: è questa una logica stringente: e difatti lo stesso Berlusconi, secondo il virgolettato di Repubblica, ha dichiarato «Ma dovrà essere una dimostrazione di forza».
Ora, uno dei principi della lotta, nel campo militare, degli affari e della politica, è proprio di non mettere l'avversario alle corde: perché questi vistosi perduto può cominciare a mulinare pugni scompostamente, facendosi e facendoci seriamente male. Ecco: il PdL, e Berlusconi in prima persona, sono ora in queste condizioni: l'unica risorsa rimasta è la forza e la forzatura -smaccata e non più velata- delle regole.
Lo dimostrano i toni usati, l'insistenza nell'attribuire le colpe alla sinistra e ai giudici: tattica che dimostra quanto la situazione sia precipitata, dal momento che, salvo forse Bondi, chiunque, anche fedelissimo, ha ben presente dove sono le responsabilità.
E' forse per questo che Pannella, che non dimentichiamolo è uno degli uomini politici di più antica esperienza, dopo Andreotti e Scalfaro, propone ora il rinvio delle elezioni: perché egli stesso teme quel che potrebbe succedere (c'è poi la lectio facilior, che egli intervenga per puro spirito di rompimento di coglioni).
La situazione insomma è molto seria, e finché i toni continueranno ad alzarsi bisognerà stare molto attenti e rispondere, provocazione contro provocazione: ma qui viene il dubbio: sarà in grado il principale partito d'opposizione di alzare la posta così come l'alza Berlusconi, o a questo punto preverirà cedere in nome della leale competizione e del senso di responsabilità civico?
Giacinto lo fa solo per rompere le palle al suo solito. Proprio perché di esperienza cavillistica totale, sa benissimo che occorre indire nuove elezioni e non si può semplicemente rinivare le vecchie.
RispondiEliminaA Silvio - anzi a chi vuole le cadreghe, perche gli elettori hanno comunque i due schieramenti per cui votare - adesso conviene che vinca la Bonino, ma mica per altro; così può sperare in una soluzione tipo Molise e avere (legalmente) una nuova elezione. Paradossalmente vincesse la Polverini sarebbe messo peggio.
'il Governo ha già prodotto un decreto legge per sanare la situazione, senza riuscirvi: e a questo punto un nuovo provvedimento normativo apparirebbe veramente avulso da ogni logica e pudore.'
RispondiEliminaSapendo quali sono gli standard di logica e pudore dell'attuale governo, e del suo PM, vedrai che non rimarremo delusi e l'atto di forza previsto si conformerà a questi.
Ti segnalo questo interessante commento sulla Ordinanza del TAR Lombardia:
RispondiEliminahttp://www.altalex.com/index.php?idnot=49549.
Perplessità simili, in effetti, le aveva fatte trapelare lo stesso Ufficio Centrale Regionale "sconfessato" dal TAR:prescindendo dal ricorso dei Radicali (che non poteva essere presentato e, quindi, non andava accolto),l'Ufficio ritiene comunque di aver legittimamente riformato la propria precedente decisione in via di autotutela.
Forse ho capito: hai paura che Silvio faccia a pezzi il PDmenoelle mediaticamente impedendogli di governare o di rivincere le elezioni fra un anno.
RispondiEliminaQuello che mi sfugge è la differenza con le elezioni "regolari". Ogni volta che il PDmenoelle azzarda una cosa da centrosinistra i suoi media spargono emme a pioggia.
Che sia ora di crearsi una strada (magari di centrosinistra, eh?), che sia ora di percorrerla e che sia ora di lasciar perdere chi ti urla nelle orecchie che non ce la farai? Chissà...
ciao
nicola.