«Se dovessi acclarare che la mia abitazione fosse stata pagata da altri senza saperne io il motivo, il tornaconto e l'interesse, i miei legali eserciterebbero le azioni necessarie per l'annullamento del contratto»Questa la dichiarazione dell'ex ministro Scajola, che aggiunge impudicizia a impudicizia. Già la pretesa di aver creduto che 3.400 euri al metro quadro per un appartamento di fronte al Colosseo fossero un giusto prezzo nel 2004 era ridicola: in quel periodo nella mia zona (fronte circonvallazione esterna di Milano, non fronte Colosseo) le case andavano via sui 4.000 euri: e avere di fronte uno dei più famosi monumenti piuttosto che il parcheggio dei tossici dovrebbe pur valere qualcosa sul mercato immobiliare.
L'affermazione odierna che ho riportato qui sopra tuttavia introduce un ulteriore elemento di presa per i fondelli: la velleità di riaffermare il proprio onesto agire con una frase che potrebbe anche apparire d'effetto, per quei due o tre militanti che ci crederanno, ma a cui perfino Michela Vittoria Brambilla dopo un minimo approfondimento non potrebbe dare alcun credito.
Anzitutto, non esiste alcun motivo per cui il pagamento di parte di un prezzo da parte di un terzo sia causa di annullamento del contratto. E neppure di nullità, rescissione o risoluzione, che sono gli altri tre possibili motivi per i quali un contratto viene meno.
Tutte cose che Scajola dovrebbe sapere, dato che sono l'abbiccì del primo anno di giurisprudenza, e lui è laureato in tale disciplina.
Per quanto riguarda l'annullamento, in particolare, esso è un rimedio che viene dato a tutela della parte "debole" in alcuni specifici casi. In caso di incapacità a contrattare, come sarebbe ad esempio il caso di un minorenne che acquistasse un bene: in tal caso il minorenne nel frattempo divenuto maggiorenne, o il suo tutore (non l'altro contraente) può chiedere di annullare il contratto.
E' poi possibile, l'annullamento, in caso di errore (penso di comperare un cappotto di Prada e invece mi vendono un cappotto di Armani), di violenza (firmo un contratto davanti a un paio di nerboruti picciotti che mi tengono sospeso sopra una vasca d'acido) o di dolo (il venditore mi fa credere con un falso documento che compro un terreno edificabile, che invece è agricolo).
In tutti questi casi l'annullamento può essere chiesto solo dal soggetto tratto caduto in errore, estorto o truffato. Ed è evidente che Scajola non rientra in questa condizione.
Vi è di più: anche ammesso per assurdo che l'annullamento fosse possibile, cosa succederebbe in caso di suo esercizio? Scajola dovrebbe Scajola restituire la casa, e contemporaneamente le sorelle dovrebbero restituire i soldi a Scajola e ad Anemone: non vi è chi non veda l'assurdo di ciò, tanto più che le sorelle hanno tutto il diritto di non avere più i denari: magari hanno comprato casa ai nipoti.
L'unica cosa seria, giuridicamente e non solo giuridicamente, sarebbe che Scajola restituisse ad Anemone i 900.000 euri da questo versati: ma è evidente che tale mossa, oltre che poco costosa, sarebbe il suggello del suicidio politico del Ras di Imperia.
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