Tra tutte le schifezze contenute del disegno di legge sulle intercettazioni, due sono quelle di cui più si parla, e precisamente quella che dispone il divieto per la stampa di pubblicare materiali d'indagine e quella che dispone l'obbligo di rettifica in capo ai blogger, assimilando per tale aspetto tali piattaforme ai veri e propri periodici.
Restano quindi in secondo piano i temi riguardanti cose assai più gravi, quali i limiti temporali alle intercettazioni, la competenza a decidere in materia demandata ad un organo collegiale, le restrizioni in tema di ascolti ambientali e così via: e ciò perché anzitutto la stampa si è concentrata sulla disposizione "bavaglio" (n.b.: non sto dicendo che non si sia parlato del resto, ma affermo che si è parlato soprattutto di una norma minore perdendo di vista l'importanza delle altre disposizioni).
Adesso poi è scoppiato il bailamme sul fronte dei blogger. Ho letto tante di quelle sciocchezze, in questi giorni, da farmi seriamente considerare opportuna la chiusura di questa piattaforma e l'iscrizione a una confraternita dedita alla celebrazione di messe nere, in quanto tale passatempo sarebbe molto più dignitoso per la mia immagine pubblica rispetto all'etichetta di "blogger".
Anzitutto, nella la maggior parte dei banfatori della rete sussiste un'enorme confusione tra il
concetto di "rettifica" e la diffamazione. Poi, c'è un clima da assedio di Fort Alamo in forza del quale chiunque abbia l'abitudine di pubblicare fotografie dei propri micetti o racconti edificanti sulla spuntatura dei primi dentini si sente, di colpo, come parte di una segreta carboneria che lotta per il bene contro le forze oscure della Morte Nera. In questo delirio paranoide il gattaro e le neomamme si immaginano che chissà quali potenti esponenti della Trilateral non aspettino altro che le agognate vacanze di una settimana pensione completa alla pensione Miramare di Gabicce Mare per bombardare il blogger di raccomandate A.R. che, ritirate dal portinaio complice della congiura, farebbero scattare l'obbligo di attivarsi immediatamente per pubblicare faldoni di rettifiche: tutto ciò mentre la Signora Lina ha appena portato in sala da pranzo le melanzane alla parmigiana.
Bene: le cose non stanno così.
In primo luogo, mi dispiace per le mamme ansiose, ma come fino ad oggi nessuno le ha minacciate di querelarle per diffamazione, posso assicurar loro anche dopo l'entrata in vigore della nuova legge nessuno se le cagherà, esattamente come prima. Il contatore degli accessi rimarrà penosamente inchiodato su quei cinquanta contatti quotidiani, e il postino, ahiloro, continuerà a portare quelle lettere verdoline: ma solo per i divieti di sosta.
E ora parliamo di responsabilità.
Una regola fondamentale della società civile, e direi dello stesso essere uomini e non più bambini, è quella dell'assunzione di responsabilità. Io non posso dire impunemente ai quattro venti che Travaglio è un criminale condannato per la strage di Capaci. Mi sta antipatico Travaglio, non concordo con le sue idee e il suo modo di fare giornalismo, ma resta il fatto che Travaglio e la strage di Capaci non c'entrano nulla l'uno con l'altro.
E se mi permetto di affermare che c'è un legame tra lui e la mafia, debbo essere in grado di provarlo e comunque devo essere pronto ad assumermi la responsabilità di ciò che affermo.
I casi sono due: o mi limito a postare foto di gatti, o decido di parlare di cose serie che possono rompere i coglioni a qualcuno. Dato che nessuno mi ordina di farlo, se decido di farlo io, che sono un adulto responsabile delle mie azioni, devo mettere anche in conto che colui a cui rompo i coglioni si incazzi. Semplice, no?
Già, dirà qualcuno: ma quello è un potente mentre io sono un povero blogger. Che è come dire che se ho di fronte Mike Tyson ho il diritto di pestargli i piedi tutte le volte che mi pare e lui deve stare fermo e farsi dolere i calli. Nossignori: se decido di rompere i coglioni a Mike Tyson devo mettere in conto che lui mi tiri una centra. E queste sono cose che non si imparano a giurisprudenza, bensì al primo anno dell'asilo, quando il bambino impara a stare al suo posto e a non stuzzicare quello più grosso di lui.
Ma la libertà di parola, direte voi. Ma la libertà di parola non è la libertà di dire qualunque cazzata salti in mente senza subirne le conseguenze. La libertà di parola è, al contrario, la libertà di dire qualunque cazzata salti in mente essendo pronti a subirne le conseguenze.
Tempo addietro fui interessato da una mia collega per un problema riguardante un suo amico. Costui, primario di un ospedale pubblico, era stato accusato di corruzione e successivamente assolto con formula piena. Un giornalista di quelli notissimi (non MT, un altro contiguo) aveva scritto in un articolo che il tipo si era fatto qualche mese di galera, il che era, semplicemente, falso. La notizia era stata ripresa da una serie di blog, certo in buona fede confidando nell'autorevolezza del giornalista, talché cercando il nome di questo tizio su Google ciò che veniva fuori era che il tipo si era fatto vari mesi al gabbio.
Notate che sul giornale in cui l'articolo era apparso era stata pubblicata, come dovuto, la rettifica. Sui vari blog che avevano ripreso la cosa non c'era stato modo di far cancellare i post e/o pubblicare uno straccio di scuse. Semplicemente la verità era stata ignorata, ed era rimasta in linea una notizia falsa.
Ora, chiedetevi un po' se la cosa vi sembra giusta. Non stiamo parlando di opinioni qui: stiamo parlando di fatti; e un fatto quale l'essere stato o meno in galera non è che possa essere vero o falso a seconda dell'opinione politica di chi lo scrive.
Pretendere che un qualsiasi cretino, per il solo fatto di aver aperto un account su Splinder, abbia il diritto di sputtanare chiunque senza risponderne ad alcuno è, seguite bene il labiale, i.n.g.i.u.s.t.o.
Ed è ingiusto indipendentemente dal fatto che si vada a sputtanare un potente o l'ultimo dei bidelli: se io affermo, falsamente, che il mio portinaio si incula le galline, sto commettendo un'azione ignobile. Se io dico che Silvio Berlusconi si incula le galline sto commettendo un'azione altrettanto ignobile: e ciò è indipendente dal fatto che Berlusconi sia un potente e il portinaio stia al seminterrato dell'ascensore sociale; ed è perfino indipendente dal fatto che uno dei due abbia in passato falsamente affermato la medesima cosa (almeno per chi simpatizza per l'associazione Nessuno Tocchi Caino).
E quindi, per concludere, io trovo giustissimo che se taluno afferma una cosa falsa, abbia poi l'obbligo di rettificare quella cosa falsa, e il dovere morale di chiedere anche scusa.
Anche le neomamme avranno pur diritto a brivido, no?
RispondiEliminaPrima o poi i denti da latte spuntano tutti ;-)
Concordo con quello che dici, ma penso che il problema non sia la rettifica, semmai i tempi e i modi e le pene se questi non vengono rispettati.
RispondiEliminaCome blogger da 20 contatti giornalieri se scrivo stupidaggini il mio danno sarebbe veramente irrisorio. Inoltre chi prendesse per oro colato le mie info sarebbe veramente da rinchiudere (non perché non documento quello che dico, semplicemente perché mi documento in modo non professionale). Ha senso che io debba stare in casa a ricevere raccomandate perché ho scritto che X era mafioso rilanciando l'articolo del giornalista famoso? E se scrivo la rettifica il 16 giorno, al posto di 15, cambia qualcosa per i miei 20 contatti giornalieri?
Altro fatto: spesso i blog hanno i commenti aperti o in moderazione "ragionevole" (ovvero in meno di 24 ore si ha il commento approvato). L'interessato la rettifica se la può fare da solo. Con questa legge se qualcuno vuole farmi passare qualche brutta giornata lo può fare in comodità. Aspetta che vada in vacanza.
Ecco il fine della legge: non zittire le casalinghe o i comizianti e nemmeno chi non ne sa abbastanza. Non è nemmeno per i Travaglio o i Grillo: loro hanno i soldi per schiere di avvocati e per una redazione che pubblichi in tempo reale tutte le rettifiche necessarie. Lo scopo è creare ostacoli ai Piero Ricca di turno, a tanti blogger e giornalisti che fanno i cani da guardia dei politici e del potere. Basta creare un pretesto qualsiasi per una denuncia e si fa passare loro la voglia di continuare. Piero Ricca è un ottimo esempio di come vengono usate certe leggi. Solo che non tutti hanno il fratello avvocato.
Io ho letto il post e l'ho condiviso: e ho pensato anche che è scritto stupendamente (nel senso che è di una cattiveria stupenda ed efficacissima). Ma ho anche pensato tutte le cose che poi il comizietto ha scritto qua sopra, a proposito dei tempi e dei modi della rettifica. Forse su quello si poteva effettivamente rendere il decreto un po' meno draconiano.
RispondiEliminaSolo tre appunti:
RispondiElimina1) Dibatti della cosa come se il diritto di rettifica fosse regolarmente rispettato dai giornali, quando non è assolutamente così.
2) In altre nazioni, al contrario dell'Italia, esistono leggi che tutelano le persone comuni dai potenti che sfruttano disposizioni come quella di cui si dibatte oggi come armi per fare del "legal harassment". Leggi che ad esempio possono obbligare la parte "forte" a sostenere le spese legali della controparte in anticipo. Se il contesto fosse di equilibrio, allora sarei d'accordo anch'io ad applicare norme più severe. Se invece la legge dice che siccome Tyson è Tyson, allora può fare quel cazzo che gli pare, allora non vedo a cosa serve la legge.
3) A me sta benissimo se mi obbligano agli stessi doveri di una testata giornalistica nazionale anche se il mio blog avrà si e no la stessa diffusione di un volantino stampato col ciclostile. Ma allora vanno riequilibrati anche i diritti (finanziamento pubblico, insequestrabilità, etc).