lunedì 19 luglio 2010

My Own Private Milano


My Own Private Milano lo conoscete oramai tutti, e se propro non lo conoscete -il che è praticamente è impossibile- lo potete scaricare qui. Ho già fatto in altre sedi i complimenti e i ringraziamenti al Sir, anzitutto, a Nemo, alla Paolina e a tutti i fotografi e scrittori. Li ho fatti in quella maniera molto milanese per cui non sembra di averli fatti: e mentre sono certo che il Sir, con il quale condivido le esperienze di una vita anche se ci siamo incontrati una volta sola, li ha compresi, è possibile che altri non abbiano colto certe sfumature di non detti.
Qua si usa così: del resto per dire a mio padre che gli volevo bene, e ringraziarlo per quello che ha fatto in una vita, ho dovuto aspettare che andasse in coma e non fosse più in grado di capire ciò che gli dicevo.

Approfitto di questo post per connotare un po' quello che ho scritto: è la storia di una persona che milanese lo è diventata, come sono certo che è quel signore fotografato dalla bravissima Laura Koan: me lo dicono il vestito, l'atteggiamento, la camminata. Mi dicono anche di una vita di sconfitte, che probabilmente non saranno mai state espresse all'esterno da parte di quell'uomo, che certo si atteggia a persona di successo, ma che quando è solo con sé stesso, come nel momento in cui l'obiettivo di Laura l'ha ripreso, abbandona per qualche secondo la maschera credendo di non essere osservato.
Dentro il personaggio dell'immigrato bocconiano ci sono molti degli immigrati che ho conosciuto: gente che veniva da vicino o da lontano e che si è dovuta relazionare con una città e con una cittadinanza meravigliosa per certi versi e alienante per altri.
Io non so come ci si senta ad essere straniero: sono nato e ho sempre abitato nella medesima via, pur cambiando sei case, e con una sola eccezione, quando ho abitato per un anno in un'altra via a duecento metri da lì. I miei amici, quelle quattro-cinque persone che definisco tali, sono tutti nati e vissuti nel mio quartiere: con taluni ho condifiso perfino le elementari, con altri solo il liceo: ma gravitiamo sempre lì, attorno a non sappiamo bene cosa, ché lì non c'è neppure un monumento o una piazza degni di questo nome.
In compenso ho sposato una donna scappata clandestinamente da un paese d'oltre cortina, quando la cortina esisteva ancora, e sia prima che dopo quel matrimonio posso contare sulle punta delle dita d'una mano di falegname le mie fidanzate (o anche solo amiche) autenticamente milanesi.
La vita del mio protagonista è stata ispirata dagli aneddoti di una di queste donne, una bocconiana che forse si sarà riconosciuta in qualche episodio e che ringrazio, anche se so (anzi: proprio perché so) che non leggerà mai queste righe.

2 commenti:

  1. Ottimo racconto, ma che tristezza! (In effetti la MM milanese non ispira nulla di allegro...)

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