sabato 22 gennaio 2011

Roma per Toma

In questo post la prendo un po' alla lontana, visto che è sabato.
Come (pochi) sanno, qualche anno fa le banche e le società quotate hanno dovuto cominciare a redigere i bilanci secondo la nuova normativa IAS. In quel tempo io ero responsabile della conversione contabile al nuovo sistema, e dovetti affrontare, come si può ben immaginare, una certa qual serie di problemi.
Tra questi c'era il fatto che la banca per la quale lavoro doveva adeguarsi, in molte materie, alle specifiche della capogruppo: perché fino ad allora talvolta noi adottavamo certe soluzioni e loro delle altre, ma da lì in poi ciò non sarebbe più stato possibile.
In certi casi noi ritenevamo che le nostre soluzioni fossero le uniche possibili, alla luce delle disposizioni vigenti: e rammento perfettamente che in un'occasione il Gran Capo a Dodici Stelle Della Contabilità e Bilancio del Gruppo Bancario mi fece pervenire una nota nella quale illustrava, virgolettando gli articoli del Codice, come e qualmente avessimo torto.
Vedete, per fare il giurista uno deve conoscere il senso generale del Codice Civile, e sapere come trovare la norma che serve, quando serve; ma non è che si debbano conoscere tutti gli articoli a memoria. E quindi leggendo quei virgolettati, le prime volte impallidii e mi chiesi come fosse stato possibile che fino ad allora avessimo agito in un certo modo, dato che il Codice diceva esplicitamente che quello che facevamo era vietato.
Il fatto è che quel signore lì, nella sua nota, aveva riportato il testo degli articoli che ci interessavano, ma qua e là aveva aggiunto qualche avverbio, cambiato qualche congiunzione o addirittura mutato il soggetto.
E così l'art. 1194 c.c., che recita "Il debitore non può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli interessi e alle spese, senza il consenso del creditore." era divenuto, nel virgolettato del Gran Capo, "Il creditore non può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli interessi e alle spese."
E' da allora che mi faccio scrupolo, ogni volta che vedo dei virgolettati, di andare a verificare di persona.

Giovedi scorso l'iscritto all'Ordine dei giornalisti Marco Travaglio*, che notoriamente è sempre obiettivo e sincero, aveva incentrato il suo pistolotto sul fatto che "il Tribunale dei Ministri, per legge, giudica i reati dei ministri del Governo nell'esercizio delle funzioni e connessi all'interesse dello Stato" ma, purtroppo per lui, la parte che ho riportato in corsivo è una mera invenzione del noto imbrattacarte, dato che né la Costituzione, né alcuna altra legge né, infine, la giurisprudenza, riportano quel concetto. Diciamo che Travaglio ha voluto infiocchettare ad uso dei telespettatori: i quali, purtroppo per lui, spesso si abbeverano acriticamente a tale fonte del sapere.
Oggi poi Repubblica propone ai lettori un articolo nel quale spiega perché la Procura di Milano ha ragione, e Berlusconi torto, nell'affermare che la competenza per il reato di concussione del quale è accusato il PresConsMin sia del giudice ordinario e non già del cosiddetto "Tribunale dei Ministri". Secondo Repubblica, la sera del 27 maggio il Cavaliere avrebbe abusato della sua qualità (qualità, non funzione) di Presidente del Consiglio nell'intervenire sui funzionari della Questura: e pertanto il suo non sarebbe un reato "ministeriale" in quanto, sempre secondo il noto tabloid, ben due sentenze di Cassazione affermano che "i reati ministeriali sono solo quelli commessi dai ministri nell'esercizio delle loro funzioni".
Purtroppo le cose stanno in modo assai diverso da come pretenderebbero Travaglio e Repubblica, e ve lo vado a spiegare, se avete avuto la pazienza di giungere fin qui.
Secondo le due sentenze che cita Repubblica, "si è sempre affermato che con l'espressione "esercizio delle funzioni", il legislatore ha inteso far riferimento alla competenza funzionale dell'autore del fatto, sicché il rapporto di strumentale connessione sussiste tutte le volte in cui l'atto o la condotta siano comunque riferibili alla competenza funzionale del soggetto. Da ciò discende che, così come il nesso di mera occasionalità con l'esercizio delle funzioni non può essere equiparato ad un rapporto di oggettiva connessione, altrettanto arbitrario sarebbe arricchire quel rapporto di ulteriori elementi qualificanti, come l'abuso dei poteri o delle funzioni, o la violazione dei doveri di ufficio, non richiesti dalla legge, ne' suggeriti da una corretta interpretazione".
Insomma, vedete bene che, se proprio si vuol fare il campionato del tiramento di giacchette, tutti possono vincere il premio, dato che la Cassazione dice che il reato ministeriale deve essere semplicemente "connesso" alla competenza funzionale ma non necessariamente comportare l'"abuso" delle funzioni medesime: che è un po' una notte in cui tutti i gatti sono bigi, salvo che per i cronisti di Repubblica, che devono essere abituati alla logica binaria e non conoscono le sfumature di grigio (Travaglio non lo citiamo neppure, ché abbiamo fatto colazione da poco).
Siamo quindi daccapo, ad affermare che non vi sono certezze e che quindi Ghedini può aver ragione ma anche torto? No.
No perché, e questo è il punto qualificante, l'accusa mossa dalla Procura nei confronti di Berlusconi non è di corruzione, come nei due casi segnalati, bensì di concussione. La corruzione è un reato che può essere commesso da qualunque privato cittadino e quindi può benissimo essere compiuta da una persona che rivesta per qualche motivo la qualifica di pubblico ufficiale, ma senza alcuna connessione con tale sua qualità.
La concussione invece è un reato proprio, che è necessariamente connesso con la qualifica di Pubblico Ufficiale: e quindi se questa è l'accusa, automaticamente ne discende la connessione e, di conseguenza, in base alle sentenze richiamate, l'attrazione della competenza in capo al "Tribunale dei Ministri".
Ci si potrebbe chiedere allora perché la Procura, che certo qualche ragionamento deve averlo fatto al riguardo, abbia formulato l'accusa di concussione anziché corruzione: in tal modo si sarebbe potuto dire che B. agì quale privato cittadino, con buona pace della competenza del giudice ordinario. Ma ciò non era possibile, in quanto per la corruzione occorre che il corruttore dia o prometta qualcosa, il che non fu; mentre per aversi concussione basta che il concussore, forte del suo ruolo, incuta timore nel concusso.

* francamente non me la sento di definirlo "giornalista", dato che ne conosco qualcuno che sa fare quel mestiere con etica professionale

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