Siamo in periodo elettorale, e un po' tutti dedicano una certa attenzione al tema della mobilità in bicicletta: dai candidati che promettono tutti di incentivare il traffico velocipedico e di costruire centinaia di chilometri di piste ciclabili, agli elettori che pretendono che l'amministrazione presti attenzione e agevolazioni per l'uso delle due ruote. Io un paio d'anni fa ho già scritto una cosa al riguardo, che ritengo ancora perfettamente attuale e quindi la ricopio paro paro.
Milano è una città piatta come una tavola da stiro, ha una topologia radiale e -eccezion fatta per qualche sporadica tromba d'aria- non soffia mai nulla più di una lieve brezzolina.
Malgrado l'iconografia di Totò e Peppino, la nebbia è un evento relativamente infrequente, e piove tutto sommato poco, nel senso che l'acqua, pur abbondante, cade per un numero di giorni limitato; vero è che a novembre o febbraio a volte non si vede il sole per tutto un mese; ma la pioggia -quella che bagna- cade solo pochi giorni.
Date queste condizioni, la città dovrebbe essere ideale per l'uso della bicicletta: un essere senziente e dotato di tutti e quattro gli arti non dovrebbe porsi nemmeno il problema di cosa preferire tra le due ruote e la costosa e imparcheggiabile macchina privata, o il ritardatario e superaffollato vagone del metrò.
Invece no, non è così: e anche quando proponi a qualcuno di provare ad andare al lavoro in bici, che ci metterebbe 15 minuti al massimo, ti guarda come se gli stessi raccontando di quella volta che ti sei violentato la nipotina di cinque anni e il suo amichetto d'asilo.
Io mi sono fatto una personalissima opinione, sul fenomeno: non è una novità, ma la espongo per rafforzare la forza della tesi.
Non c'entra una fava l'assenza di piste ciclabili: quelle meglio che non ci siano, anzi: strisce di asfalto bucherellato come la pista dell'aereoporto di Baghdad, strette come un carrugio e tracciate sulla mappa da un parkinsoniano ubriaco con curve a gomito che richiedono l'esperienza di un pilota di rally.
Non c'entra neppur tanto l'inquinamento: vero che l'aria d'inverno fa schifo, ma fa schifo anche a piedi o in autobus; e se non sei Ivan Gotti non è che andare a pedali ti faccia respirare molto di più.
No: il problema vero è la pavimentazione. Facciamo una classifica in odine di pericolosità crescente:
1) asfalto: sicuro;
2) asfalto con binari del tram: sicuro, a patto di fare un minimo di attenzione specie se piove;
3) pavé: scomodo, dannoso per la schiena, il culo e la bici; pericolosetto;
4) pavé con binari del tram: come (3), ma dieci volte più scomodo e cento volte più pericoloso. Affrontabile solo per tratti brevissimi;
5) pavé con binari del tram aperto al traffico privato: demenzialmente pericoloso.
Ora, io non nego che il pavé possa anche fare atmosfera: e infatti in Piazza del Duomo ci sta tutto: ma perché mai lasciarlo a capocchia di cane in vie come Corso Magenta o Corso di Porta Romana?
Oltretutto i anche residenti sarebbero felicissimi di avere una bella strada asfaltata, considerato che il tasso di rumorosità della via scenderebbe di molto.
Perché non pensarci?
Le bici le rubano.
RispondiEliminaProva a lasciarne una che non sia proprio un catorcio legata ad un palo e poi vediamo.
E non dire che rubano anche le macchine, che quelle mai me le hanno rubate a differenza delle bici.
Sono oramai vari anni che giro per Milano quasi esclusivamente in bici, e non certo con un catorcio (der resto essendo il mio mezzo di trasporto d'elezione ho dovuto investirci un po' su).
RispondiEliminaMe ne hanno rubata una, tre anni fa, che avevo lasciato stupidamente slegata davanti al bar dell'aperitivo, confidando nell'onestà altrui. Da allora la chiudo sempre, e non ho mai avuto sorprese, neppure quando l'ho lasciata fuori di notte. Certo, serve una catena un po' robusta.
1) serio rischio di investimento
RispondiElimina2) rubano di brutto, oppure le spaccano
3) respiri morte
....e fin qui è ragionevole...
...ma la vera ragione è che i milanesi sono TUTTI FIGHETTI ( al 97% almeno ) quindi:
1)la sola idea di un pò di sudore è una tale minaccia identitaria che finirebbero allo psichiatrico in massa
2) in bici fa un pò sfigo e allora nada