mercoledì 24 settembre 2008

La crisi dei subprime

La storia di Alitalia rischia di diventare troppo spessa, e francamente non vorrei essere identificato solo con questa vicenda, per quanto comunque i messaggi di stima che ho ricevuto mi abbiano fatto un grande piacere.
Mi sono accorto in questi giorni che ci sono delle persone -sia pur solo qualche decina, non ceto le masse di Vespa- che hanno ritenuto utile spendere una parte non trascurabile del proprio tempo per leggersi una serie di articoli su un tema di cui tutti parlano, spesso a sproposito; si tratta di articoli che ho cercato di mantenere brevi e semplici, ma per il profano probabilmente saranno risultati in qualche passaggio comunque ostici.
Credo quindi che sia utile -perfino doveroso, per certi versi- andare avanti a parlare dei temi di attualità che a mio parere sono affrontati in maniera insufficiente o addirittura francamente distorta dagli organi di informazione mainstream: sempre mantenendomi beninteso nell'ambito delle mie conoscenze tecniche, fedele al motto che ho scelto per il blog (naturalmente non mi impedirò di divagare ogni tanto con cazzeggio privato).

Una delle cose di cui si parla molto in questi giorni è tutto il bailamme che sta succedendo nei mercati: banche che falliscono, borse che tracollano, iperliberisti che divendano socialisti e socialisti che recuperano il mito del mercato...
Tutto sembra aver origine dai mitici mutui subprime: manca solo che si associ a subprime anche la piaga dell'AIDS e il riscaldamento globale del pianeta per chiudere il cerchio.

Ovviamente non è che il mancato pagamento di una rata da parte di un'infermiera nera della periferia di Dallas (o di un agricoltore bianco della midlands) possa di per sé far fallire una banca con un secolo e mezzo di storia: è anche la banca in questione, che ci ha messo del suo.

Prossimamente vorrei quindi spendere due parole per spiegare come funziona questo dorato mondo delle cartolarizzazioni. Per intanto, per preparare la bocca, comincio a linkare questo splendido fumetto -in inglese, ahimé- che avevo trovato da qualche parte tanto tempo fa. Purtroppo non posso riconoscere la paternità all'autore perché non ho proprio la più pallida idea di chi sia.

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