Può sembrare idiota -e anzi certo lo è, tutto sommato- avviare un blog nel 2008, vale a dire quando ormai tenere un blog non è più una novità né una moda. So bene che difficilmente supererò il traguardo dei venti lettori e che la mia opinione non interessa a nessuno, se non forse a coloro che, legati a me da rapporti di amicizia, avrebbero quotidianamente la possibilità di ascoltarla dalla mia viva voce.
Sgombriamo anzitutto il campo dal dubbio che desideri parlare di me: non ne ho la minima intenzione in quanto ho una vita tutto sommato banale, e soprattutto non ho i mezzi espressivi per raccontare quelle cose che mi succedono e che una come Stufa, ad esempio, riesce a rendere piccoli (o grandi) pezzi di poesia.
Sono poi consapevole di non avere la possibilità di analizzare la realtà e intuire le verità che vi si nascondono che sono dimostrate quotidianamente da, chessò, un Leonardo o un Sofri (quello giovane, ché quello anziano è evidentemente inarrivabile). E non tanto perché mi ritenga molto meno intelligente di loro (lo sono, certo: ma non così tanto), quanto per mancanza di tempo (preso da un lavoro e da uno o più simulacri di famiglia che spesso mi assorbono) e soprattutto di determinazione e fiducia in me stesso e nell'utilità di ciò che faccio.
Infine, non mi interessa particolarmente diventare né un VIB né un maverick della bloggosfera: ho già dato fin troppo con gli strumenti di comunicazione 1.0, scrivendo cose serie e cazzate, e sono rimasto sempre lo stesso pesce fuor d'acqua, in grado di trovare al limite qualche fidanzata, ma non una comunità.
Sta di fatto che ho sentito il bisogno di mettere per iscritto i miei pensieri sulla nostra società, e renderli pubblici. Non mi interessa che qualcuno li legga, quanto che siano pubblici e che ne possa essere chiamato un giorno a rispondere. Perché questo? Due sono i motivi, e iniziano entrambi per crisi: la crisi della sinistra e la crisi dell'informazione.
Crisi della sinistra è ciò che si è verificato dopo le ultime elezioni: una gran massa di persone (non un blocco, ma tanti singoli ciascuno con una propria testa e una propria idea del mondo) hanno perso rappresentanza politica. E fini qui si poteva anche pensare che non vi sarebbe stato granché di male: non è che avere un senatore o tre deputati in parlamento consenta di influenzare la politica, tranne in casi eccezionali quali il precedente governo Prodi, "forte" di una maggioranza così risicata da rendere equipotenti la Binetti, Mastella e l'intero gruppo diessino.
Il problema è che alla crisi di rappresentanza ha fatto immediatamente seguito una crisi dell'informazione: non si è perso solo il voto, ma la voce stessa di quelle istanze, che per la stampa italiana (comprendendovi giornali, telegiornali, rotocalchi e tutto quanto fa spettacolo) sono divenute del tutto inesistenti.
Non cessa di stupirmi, ogni volta che ci penso, la facilità e la rapidità con la quale l'intero sistema dell'informazione si è sdraiato sul duopolio ideologico Berlusconi-Veltroni, con le due ali pierineggianti Di Pietro-Bossi. Sembra incredibile, ma per quanto siano passati solo pochi mesi prendere in mano un giornale dell'anno scorso fa lo stesso effetto della manipolazione di un 78 giri: un oggetto che ci riporta ai fasti di un lontano passato che non torna più.
Io sono intimamente convinto di sapere in capo a chi va ascritta la responsabilità di questa situazione, e leggendo quanto scrivo tale opinione traspare al di là di ogni dubbio; ma non è questo ora il punto.
Il punto, il manifesto di questo spazio, è che nella situazione venutasi a creare ogni voce, per quanto debole e insignificante, deve essere espressa ed utilizzata per testimoniare l'esistenza -la resistenza, mi viene spontaneo scrivere- di un pensiero critico e non omologato.
Non importa di avere uno o zero lettori: importa di fare questo sforzo quotidiano, per sé stessi e per il futuro di tutti.
Che sorpresa...
RispondiEliminaGrazie per la citazione.
Mezzi espressivi, dici?
Sarà perchè sono troppo stufa. :-)
Credo invece che tu abbia parecchi lettori.
E Veltroni che ha venduto 250.000 copie, col suo ultimo libro?
Non devi mica ringraziarmi: è solo quello che penso.
RispondiEliminaQuanto a Uòlter, sta diventando come sparare sull'ambulanza: cerco di frenare la mia indignazione ai casi in cui ne valga davvero la pena. Certo che riuscire a farmi trovare spesso d'accordo con le dichiarazioni del Cav., è qualcosa che non riuscirò mai a perdonargli.