lunedì 20 aprile 2009

Tremonti pensiero

Ieri pomeriggio Giulio Tremonti era ospite da Lucia Annunziata, e ha detto svariate cose, ciascuna delle quali merita di essere commentata analiticamente.

Sul mettere le mani nelle tasche degli italiani

Il governo non metterà le mani nelle tasche degli italiani perché i soldi ci sono. Questa affermazione è poi stata declinata in vario modo, anche per l'insistenza della Annunziata che in effetti ha fatto la figura di quella che vuole a tutti costi un aumento delle tasse; e Tremonti ha avuto buon gioco a dire altrettante volte che le tasse non c'è bisogno di aumentarle perché basterà spostare altri capitoli di spesa.
Tremonti ha fatto una bella figura, non per merito suo ma per demerito dell'Annunziata, la quale una sola domanda avrebbe dovuto fare, e non le è venuta fuori: ma perché ora i soldi ci sono, e quando si trattavi di tagliare fondi alla scuola non c'erano?
Credo non sia del tutto secondario, nell'agire di Tremonti il quale notoriamente è molto vicino alla Lega, il desiderio di evitare qualunque polemica sul (prevedibile) successivo punto all'ordine del giorno.

Sui costi del referendum

Dato ormai per scontato che 400 milioni da risparmiare non ci sono, è comunque vero che i referenda un certo costo ce l'hanno, e difatti l'Annunziata ha chiesto se non fosse opportuno risparmiare qualcosa, foss'anche un solo milione.
La risposta di Tremonti è invero pessima, ma non peggiore della posizione de lavoce.info, L'Unità e compagnia cantante: egli infatti ha affermato che il costo della consultazione non deve essere imputato al Governo che ne ha fissato la data, bensì ai referendari che l'hanno convocata. Tesi suggestiva, ma fondamentalmente tanto antidemocratica quanto quella di coloro che volevano andare per forza al voto con le europee.
Il referendum è un ben preciso istituto della nostra Costituzione, che ha delle sue regole: condivisibili o meno (io personalmente credo dovrebbero essere profondamente riformate), ma regole. Se 500.000 cittadini firmano, è un loro diritto democratico e nessuno può sostenere che l'esercizio di un diritto sia un costo inaccettabile (allo stesso modo, tuttavia, quegli stessi cittadini non possono poi andare a raccontare panzane decuplicando il computo dei costi rivenienti dall'esercizio di tale loro diritto per ottenere un'artificioso incremento della partecipazione).
Sostenere che il referendum non andava fatto non costituirà attentato alla Costituzione, ma comunque è una frase che un Ministro della Repubblica non dovrebbe permettersi di pronunciare.

Sull'evasione fiscale

Dato che qualche giorno fa preconizzavo che il governo Berlusconi avrebbe dovuto darsi una mossa sul tema dell'evasione fiscale, quando è arrivata la domanda sono stato con le orecchie dritte. Francamente non sono riuscito a penetrare la maschera da sfinge del valtellinese: da un lato ha affermato che i dati sulle dichiarazioni 2007 sono "scandalosi"; dall'altro ha detto che l'unico modo per combattere l'evasione è il "federalismo fiscale", che ben sappiamo essere null'altro che una buzzword ormai un po' usurata. Staremo a vedere.

Sull'uscita dalla crisi

La parte più interessante, per me, è stata quella -ampiamente riportata in virgolettato dai giornali odierni- nella quale il Ministro ha detto che nessuno crede più in un'apocalisse finanziaria: "La paura di un crollo delle Borse e della finanza mi sembra finita e la gente ha tirato un respiro di sollievo perchè è finito l’incubo degli incubi".
Il contesto nel quale è stata calata l'affermazione rassicurante è molto interessante: la giornalista ha chiesto per quando ci si può attendere la ripresa, e Tremonti ha affermato che lui non è abituato a fare previsioni di questo tipo anche se -immodesto!- lui la crisi l'aveva prevista, dato che da tempo parlava e scriveva contro la globalizzazione. Come dire: io sono un guru, ma non ve lo faccio pesare; e adesso vi dò un po' di fiducia.
Vediamo come stanno le cose.
Tremonti, è vero, da un paio d'anni si scaglia contro la globalizzazione. Ma non solo non ha assolutamente previsto la crisi in atto, ma anzi l'ha clamorosamente toppata. Quella in atto infatti è una crisi discendente non da una crisi di carenza materie prime dovuta all'affacciarsi al mercato globale di masse di nuovi consumatori; e neppure alla caduta dei salari (e di conseguenza dei consumi) dovuta alla delocalizzazione degli stabilimenti produttivi.
Quella in atto è prima una crisi finanziaria dovuta all'utilizzo della leva dell'indebitamento per stimolare i consumi e al ricircolo di liquidità grazie agli strumenti della finanza strutturata (CDO, ABS etc.); scoppiata la bolla immobiliare che sosteneva l'indebitamento, solo dopo (cioé ora) la crisi finanziaria sta trasformandosi in una crisi dell'economia reale, innescata dalla caduta di investimenti e consumi, dovuta alla stretta creditizia delle banche e all'impoverimento delle famiglie.
Tremonti tutto ciò non l'aveva manco lontanamente pensato: era lui, anzi, che propugnava il ricorso delle famiglie all'indebitamento ipotecario proprio per il rilancio dei consumi; era lui che invitava ad ipotecare la casa per pagarsi le vacanze al mare, rassicurando sul fatto che tanto i prezzi sarebbero sempre saliti.
Come si permette, oggi, di dire, proprio lui, che il sistema economico-finanziario italiano sta molto meglio di quello degli USA o del Regno Unito? E' vero, intendiamoci: ma fosse stato per lui ora staremmo nel guano.

5 commenti:

  1. »[Tremonti] infatti ha affermato che il costo della consultazione non deve essere imputato al Governo che ne ha fissato la data, bensì ai referendari che l'hanno convocata.Affermazione che è esattamente complementare a quella silviolesca secondo cui il parlamento è sostanzialmente inutile perché è il Consiglio dei Ministri che dovrebbe avere la necessaria flessibilità per fare le leggi quando servono.

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  2. (niente da fare. blogger non vuole proprio andare a capo, anche se in anteprima lo si vede.
    Chissà se un tag br avrebbe aiutato)

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  3. Eppure a me li piglia. Ci sarà certo una spiegazione, come per tutto.

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  4. Anche a me il br lo piglia; ma speravo che lasciare due righe vuote bastasse per fare andare a capo. Ora ho imparato qualcosa di nuovo.

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  5. no, no: intendevo proprio che a me piglia gli a capo, non i br.

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