sabato 13 giugno 2009

I referendum costano 22,5 milioni (giochiamo con i numeri)

Un sentito grazie a .mau., che ha richiamato all'attenzione il fatto che la legge preveda i rimborsi elettorali anche per i comitati promotori di iniziative referendarie, nella misura oggi fissata in un euro per ciascuna firma validamente raccolta, fino a concorrenza di 500.000 firme (quindi euri) per consultazione.

Ciò mi ha dato lo spunto per fare alcuni calcoli matematici: non volendo inventare nulla, prendo i dati necessari da siti di economisti importanti e stimati, quali quello de lavoce.info, che a suo tempo aveva stimato il costo del rinvio dei referendum in ben 400 milioni di euri (ne parlavo anche qui).
Il comitato promotore ha depositato in Cassazione nel 2007, al termine della campagna di raccolta, circa 820.000 firme per ciascuno dei quesiti proposti.
Il tempo medio impiegato per andare a firmare può essere stimato in circa 30 minuti: in effetti sarebbe assai maggiore, dato che il numero di banchetti di raccolta è significativamente inferiore a quello dei seggi elettorali, ma prendiamo per buono il dato degli economisti de Lavoce.info.
Ne consegue che, partendo da un costo orario di 3,15 euri per ciascuna mezz'ora, il relativo costo per la collettività ammonta a 2,58 milioni (vi prego di notare che il fatto che l'andare a firmare sia un atto volontario non incide minimamente sul fatto che tale atto abbia un costo: stiamo parlando di costi oggettivi! del resto, altrimenti i signori de lavoce, che sono molto più bravi di me, quando hanno fatto le loro stime avrebbero dovuto tener conto di ciò nei loro calcolo, scorporando perlomeno la quota -sia pur ipotetica- di coloro che avrebbero deciso di astenersi, o addirittura di tutti coloro che ritenevano sbagliato mischiare referendum ed europee, per non parlare degli anziani che non vedono l'ora di andare a votare per riempire la giornata).

Vi sono poi i banchetti di raccolta.
Ipotizziamo quattro banchetti per ciascun capoluogo di provincia (ovviamente Milano si compenserà con Isernia): 400 banchetti; e un banchetto ogni trenta comuni per i restanti 8000 comuni circa: altri 270 banchetti per un totale di 670 banchetti.
Per i 90 giorni di durata della campagna di raccolta firme, sono 60.300 banchetti/giorno.
Ammettendo che a ciascun banchetto, funzionante per dieci ore, siedano da due a tre attivisti (diciamo 2,5 per banchetto) abbiamo 150.000 attivisti/giorno, il valore del cui tempo (valutato 6,3 euri/ora) è pari a 63 euri per giornata di dieci ore, per un totale di 9.5 milioni di euri.

Ma la raccolta di firme coinvolge anche gli enti territoriali: in particolare ciascun Comune deve mettere a disposizione il segretario comunale per raccogliere e autenticare le firme di chi desiderasse sottoscrivere la proposta. Non è chissà che lavoro, ma un minimo di organizzazione deve esserci: raccolta della modulistica, predisposizione di locali, orari...
Diciamo che ciò impegni ciascun comune per trenta minuti al giorno (che mi sembra proprio il minimo minimo, tra segretario, usceri e altri addetti): su 8000 comuni fanno 4000 ore/giorno, pari a 500 giornate lavorative/giorno; che per 90 giorni sono 45.000 giornate lavorative (queste -badate bene- pagate dal contribuente), pari a sei milioni di euri, alla tariffa di 102 euri/giorno (qui si tratta di giorni lavorativi, non di tempo libero; e lavoce.info stima in 102 euri il costo della giornata lavorativa media).

Ci sono poi i magistrati di Cassazione che formano l'Ufficio Centrale per il referendum, composto da tutti i presidenti di sezione; i giudici della Corte costituzonale; i presidenti della repubblica, del Senato e della Camera, nonché tutte le relative segreterie e cancellerie, che devono attivarsi. tutta gente ben pagata, fra l'altro. Facciamo un forfait e diciamo che questo scherzo viene a costare solo un milioncino, ok?

Quanto alle schede elettorali, ne vengono stampate circa 50 milioni a quesito, e pertanto 150 milioni. A 0.026 euri/scheda, prezzo determinato dalla commissione Tariffe del MEF, vengono 3,9 milioni tondi tondi.

Tralasciamo il resto, e scopriamo che Guzzetta e Mariotto Segni ci sono costati, con la loro iniziativa, 22,5 milioni e rotti di euri: dato che vi apparirà un'enormità, ma del tutto in linea -e anzi prudente- rispetto a quello de lavoce.info che ha infiammato per mesi il dibattito politico.
Ora, dato che questi signori ci sono già costati tanto, e considerato con quale puntigliosa attenzione hanno sempre detto che sarebbe stato immorale sprecare tanti soldi in un momento di crisi come questo, immagino che converranno con me sul fatto che il rimborso elettorale di 1,5 milioni di euri (vale a dire un euro per 500.000 firme per tre quesiti) sarebbe proprio indecente.
E pertanto, invito tutti coloro che abbiano a cuore il bene del paese a disertare le urne, affinché il quorum non venda raggiunto e i rimborsi elettorali non siano erogati.

4 commenti:

  1. 150.000 attivisti/giorno? 150.000 attivisti-giorno!

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  2. La polemica sulla data del referendum era legata, mi pare, all'evitare i costi superflui per l'esercizio del voto referendario come ad esempio l'uso di urne in oro zecchino, il trasporto dei presidente di seggio in limousine o il fissare una data dedicata alla sola consultazione quando era possibile accorparla ad altre consultazioni elettorali.
    Assimilare ai costi superflui il referendum stesso, come si fa in questo articolo, mi pare piuttosto pericoloso. Il referendum è considerato in democrazia uno strumento di fondamentale controllo da parte dell'opinione pubblica e per quanto in Italia la legge sui referendum abbia sicuramente ampi margini di miglioramento considerarlo superfluo mi pare sottovalutare l'utilità generale della funzione di controllo democratico da parte dell'opinione pubblica.
    Il passo successivo sarà considerare i costi delle elezioni politiche come costi superflui?

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  3. @Alberto:
    le tue argomentazioni sono molto interessanti; ti lascio due link di approfondimento
    http://tinyurl.com/mb5fvu
    http://tinyurl.com/3bppgw

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  4. @mfisk: Eh, già. Non capisco l'ironia... Se ben ricordo il passo successivo è diventare un "turista della democrazia".
    Spero mi salverò almeno da questo ulteriore decadimento.

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