Ier sera, intento alla bevuta di una fresca birra, la mia attenzione è stata catturata d'improvviso dall'apparecchio radiotelevisivo, sintonizzato sul terzo canale: andava in onda un servizio che dava conto, in termini angosciati, di quanto poco gli studenti italiani siano a proprio agio con la grammatica della nostra lingua; e si portavano esempi concreti, quali le espressioni «un'altro» «qual'è» e rinvenute, a quanto ho potuto comprendere, nei test di ammissione all'università (e confesso che ciò un poco mi ha sorpreso, dacché tali test, per quanto ne so, vengono fatti ben più tardi che a Ferragosto).
Il servizio in questione, se ne avete desiderio, lo trovate qui, al minuto 22. Un analogo servizio è andato in onda sul telegiornale ammiraglio, e lo trovate qui: ma non si fa cenno al famigerato «qual'è», bensì solo a «un'altro».
Orbene: che i telegiornalisti nazionali osino parlare di grammatica è cosa che desta ilarità, più che scandalo; e l'autrice del servizio, tale Roberta Badaloni (figlia d'arte?!?), che pure dato l'argomento scottante deve aver posto una certa particolare attenzione al proprio eloquio, è riuscita in un minutino scarso a dire: "non alle elementari ma tra le ggiovani matricole univerzitarie" e "corzi di recupero estivi".
Ma sono infondo peccati veniali: Mariagrazia Fiorani, al TG3, dopo essersi scagliata, tronfia, contro quel qual'è si permette di discettare sulle «doppie concordanze di generi e numero, di pura fantasia»: espressione che, oltre al non avere alcun significato, contiene almeno un grave strafalcione (per usare un'espressione cara alla giornalista); oltre, ovviamente, ai "corzi di alfabetizzazione".
Ma vediamo ora un po' più da vicino questo benedetto «qual'è»: espressione che alle elementari si apprende di dover scrivere senz'apostrofo, trattandosi di troncamento e non di elisione. Durante le mie brevi vacanze montane ho trovato su una bancarella un libriccino di Franco Fochi, edito una quarantina di anni fa e intitolato L'italiano facile, contenente una miniera di informazioni, talune dimenticate e talune altre mai apprese in modo organico.
Vi si parla ovviamente anche di troncamenti e di elisioni, e in breve si illustra come l'elisione sia limitata alla vocale finale, mentre il troncamento possa aver luogo sull'intera sillaba; e come quella possa avvenire solo se la parola che segue inizia per vocale, laddove il troncamento si rinvenga ordinariamente anche se la parola che segue inizia per consonante, con la notevole eccezione della "S" impura e della "Z" (e anche vocale, per talune parole quali "grande" o "santo"). E così: gran caldo, gran biscotto, buon diavolo, buon appetito, signor Gino, signor Aldo, san Sisto; ma: buono sfizio, signore Zeffirino, grand'appartamento, santo Stefano, sant'Anselmo.
Il Fochi dedica un capitoletto al troncamento di «quale», propugnando la tesi (che riconosce non ortodossa: ma non per questo ci piace di meno) che tale supposto troncamento sia del tutto desueto nell'italiano odierno (odierno per lui, che scriveva quando io neppur avevo iniziato a compitare): e a riprova di ciò adduce il fatto che nessuno ormai adopera più forme come "qual fu", "qual sia"; "qual fosse": che francamente anche a noi integralisti manzoniani appaiono desuete tanto quanto la "r" eufonica di "sur un tavolino".
La forma troncata resiste al più in un paio d'espressioni idiomatiche: "qual buon vento", "per la qual cosa"; ma nessuno oserebbe dire "qual buon affare", "qual cosa hai visto?" o "qual novità mi rechi!" se non con addosso una vecchia zimarra, sur un palcoscenico teatrale.
E perciò, adduce il Fochi, abbandoniamo questo retaggio ottocentesco, e lasciamo che accanto alla forma canonica "qual è" si possa pure scrivere "qual'è", conformemente a quanto la logica e la semplicità imporrebbero: e magari preferire quest'ultima forma, perché no, sia pure senza pretendere che l'altra costituisca un errore.
Tu mi stai diventando pop, come il Matteo. Le vacanze ti hanno fatto male. Ma ti riprenderai, ne sono certo; basterà un po' di costante impegno e qualche lezione privata. ;-)
RispondiEliminaSono mortalmente offeso. Potrai riparare il torto solo con una copiosa fornitura di gelato alla frutta.
RispondiEliminaIo sarei d'accordo, anche perché ormai è evidente che quelli che lo scrivono pensino "quale è".
RispondiEliminaCredo che i corsi di ammissione all'università a cui ci si riferisce siano stati fatti a luglio, subito dopo l'esame di stato.
RispondiEliminaPoi, io mi stupisco che per occupare il tempo, quando i giornalisti non sanno come riempire il Tg, stiano lì a cavillare su 'qual è'/qual'è' ('un'altro' è un errore più grave, che sottintende una confusione di generi) quando ben pochi tra coloro che parlano in tv, e che quindi costituiscono un modello linguistico, azzeccano un congiuntivo.
Per la cronaca, all'università (corso di laurea in lettere) io sentito confondere 'incarnazione' e 'reincarnazione'. E sostenere che Gesù si fosse reincarnato, quella volta...
Proprio ciò che intendevo con il titolo: una che si permette di fare la pulce all'apostrofo e poi parla di doppie concordanze meriterebbe la fustigazione e il sale sulle ferite.
RispondiElimina@Scorfano: s'era già capito dall'Isvizzera :D
RispondiEliminaNel senso che si era capito che necessito di lezioni private, I suppose ;-P
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