lunedì 24 agosto 2009

Il Post sotto la Goccia

Lunedì scorso, dopo aver passeggiato le abetaie per una decina di giorni, me ne son tornato bel bello a Milano dove, come mi ero riproposto, ho iniziato la ridipintura della casa, la quale ne sentiva il bisogno da ormai troppi anni.
L'impresa mi terrorizzava, apparendomi più che titanica per una serie di fattori, che vi elencherò compiutamente.
Anzitutto, la vastità della superficie da pitturare: sembra incredibile come una casa che, per quanto decorosa, ti è sempre apparsa appena appena sufficiente per le tue esigenze, e ciò solo grazie alla tua indole minimalista; quella stessa casa, al momento di mettere mani ai secchi di vernice, assuma proporzioni sardanapalesche.
Vi è poi la sterminata mole di oggetti in essa contenuti: e in particolare nella cameretta di Nichita. Il radunare in maniera razionale tutti gli oggettini, ivi compreso qualche milione di pezzi di Lego, mi ha anche dato l'idea di quanti soldi siano stati buttati in cazzateinvestiti in sussidi pedagogici atti a garantire la sana ed equilibrata crescita del pupo: il quale ha compiuto dieci anni e quindi è ormai pronto per andare a lavorare in miniera o in fucina qualche ora al giorno per cominciare a ripagare il proprio debito nei miei confronti.
La cosa più difficile da affrontare è stata la consapevolezza della difficoltà tecnica dell'opera: tutti crediamo di essere in grado di prendere un pennello o un rullo in mano, ma tutti abbiamo visto, almeno da studenti, una casa o una stanza imbiancata-fai-da-te, con quelle strisce più chiare o più scure che non solo non dovrebbero esserci, ma sono pure tutte stortignaccole; quelle chiazze di colore che sembrano un cattivo rattoppo del vestito d'Arlecchino e quelle gocce di pittura rappresa che a me ricordano sempre le paratie dei traghetti che fanno servizio interno tra le isole minori delle Cicladi. Ma alla fin fine mi sono detto che se ci era riuscito Antonio Albanese, a riconvertirsi come imbianchino, non c'era motivo per cui non dovessi farcela io.

Un tentativo di applicare i principi di Project Management è miseramente fallito: uno può fare il PM per costruire una diga o una centrale nucleare, se ha un minimo di esperienza di dighe o attingendo alle fonti in letteratura: ma non c'è alcun testo che spieghi quali sono i passi che dovrai compiere prima di avere la prima parete pittata, né quanto ci metterai: e in cuor tuo senti che ci vorrà molto più di quanto le tue più pessimistiche previsioni ti suggeriscano.
La stessa dose di fiducia può essere attribuita alla scritta "resa" sulla latta di vernice. Immaginate di esservi riproposti di pittare dapprima una stanza 3*4 e un disimpegno 2.5*2: basta fare due conti per vedere che, tra pareti e soffitto, fanno [3*4+2.5*2+((3+4)*2+(2.5+2)*2)*3]=86 mq, che poi sono in realtà molti meno in quanto la formula non tiene conto di sei porte e una finestra. E' quindi naturale pensare che una latta che dichiara una "resa" di 154 mq sia oltremodo sufficiente alla bisogna: ed è con un certo sconforto che alla fine della prima stanza, scrutando quei due centimetri scarsi di pittura rimasti in fondo al secchio, ci si rende conto che l'attendibilità di quei «154 mq» è dello stesso ordine di grandezza di quella del TG1 minzoliniano quando parla dei successi del PresConsMin.

Comunque, ho preso il toro per le corna e ho affrontato l'opera: sapevo da dove sarei partito ma non dove sarei arrivato, prevedendo fin dall'inizio che mal che andasse avrei fatto solo il pezzo di casa che sarei riuscito a fare e mi sarei fermato in modo da avere tutta la domenica di riposo, e non solo per motivi religiosi.
La prima stanza è stata un disastro: in pratica l'ho rifatta tre volte, e non è venuta 'sto granché bene; ma pian pianino ho cominciato ad imparare una quantità di trucchi e cose pratiche che nessuno riuscirà mai a spiegarti compiutamente e che bisogna imparare sulla propria pelle (un po' come per il corteggiamento!): e così alla fin fine, dopo un incalcolabile numero di viaggi al megastore del faidate e un innumerevole numero di muscoli doloranti, ci sono riuscito.
Resta un dubbio sul colore: il salone infatti l'ho fatto aggiungendo a una latta intera un 2/3 di flacone di colorante giallo canarino, e il risultato dovrebbe essere una tonalità burrosa abbastanza calda. Nichita voleva la camera verde: e ho aggiunto a un po' meno di una latta un intero flacone di colorante verde, ottenendo un colore che sarà certo verde, ma che io vedo praticamente bianco freddo dato il mio daltonismo. Aspetto di sapere che ne penserà quando tornerà dalla montagna, fermo restando che qual colore dovrà andargli a genio almeno per 6-7 anni, salvo che non decida di prendere lui il pennello in mano, spostarsi tutti i mobili e ricoprire tutto di plastica prima della scadenza di tale termine.

5 commenti:

  1. La mia casa, autonomamente dipinta, è venuta benissimo. Anche perché l'ha autonomamente dipinta la mia lei. E io non potevo nemmeno entrare a dare un'occhiata ogni tanto.

    RispondiElimina
  2. Ma un imbianchino, no eh?
    Comunque è un'esperienza che abbiamo provato un po' tutti almeno una volta, ... per me è bastata quella.

    RispondiElimina
  3. L'imbianchino, sia professionale che avventizio, ha il grave difetto di pretendere danaro quale corrispettivo del proprio impegno: il che non mi si confà.

    RispondiElimina

Potete scrivere tutto quel che vi pare, e io son libero di cancellare gli insulti e le cose scritte per pura provocazione gratuita.
So che è una rottura la procedura di verifica, ma quando provo a rimuoverla, entro un paio d'ore comincia lo spam, scusate.