Al liceo, non alle elementari: ed è questo che, se vogliamo, mi sorprende, dacché a mio figlio, che fa le elementari, i voti vengono dati sui quaderni e non sul libretto.
Un anno fa frequentavo con una certa assiduità una signora che insegnava in un liceo: ed ho vissuto anche una stagione di scrutini, comprensibilmente faticosi dacché la sventurata aveva ben 18 classi da scrutinare*.
Fu in quell'occasione che scoprii che adesso quando un giovine prende un'insufficienza o addirittura viene bocciato, la scuola non si limita ad affiggere la condanna sul tabellone, appeso oltre i vetri dell'ingresso, ma fa precedere la ferale notizia con una raccomandata alla famiglia.
Ciò, mi è stato riferito, non tanto al fine di assicurare che i congiunti abbiano debita conoscenza delle carenze cognitive del pupillo, e possano quindi disporre gli idonei strumenti correttivi**, bensì -e questa è grossa, se mi passate la citazione colta- per evitare che lo studente poco diligente si abbandoni a gesti sconsiderati.
Chi ha lavorato un paio di settimane in organizzazione capisce bene (e il sottoscritto capisce meglio, avendovi lavorato cento volte tanto) che il vero motivo di queste cautele non è quello di evitare gesti sconsiderati, bensì di pararsi il culo (se mi consentite un'ulteriore citazione) casomai il poco atto dovesse uscir di senno. Detto meno in cifra: la scuola manda una raccomandata ai genitori, poi se il bocciato si butta nel fiume, non sono fatti suoi (della scuola) ma suoi (del minorato).
Quando io sentivo dir queste cose, mi indignavo, ritenendo che questo modo di tutelarsi infingardamente fosse indegno dell'istituzione scolastica: un'istituzione fatta per responsabilizzare e far diventar grandi, prima che per insegnare nozioni: e quindi destinata a perdere credibilità e persino ragion d'essere nel momento stesso in cui dovesse abdicare a tale
Già, perché il far divenire adulti (cittadini!) è una missione: non del singolo insegnante, badate bene: perché questi (come pure insegna Scorfano, che mai ringrazieremo abbastanza per quanto ci apre gli occhi) è un lavoratore: certo sottopagato ma lavoratore, e non missionario: perché insegna per pagarsi l'affitto, il pane e anche qualche divertimento; e a cui insegnare magari piace, ma prima che al piacere deve pensare alla propria vita.
La scuola (la Scuola!), intesa come istituzione, esiste solo al fine di far diventar grandi: di trasformare bambini balbettanti in cittadini di una società complessa. Questo per la Scuola è una missione: la ragione stessa del suo esistere. Svicolare da questa missione è un crimine: perché significa venir meno alla promessa fatta dallo Stato ai propri cittadini che ripongono fiducia nell'istituzione.
Io credo, dunque, che sia un crimine mandare a casa delle lettere che annunciano la bocciatura o l'esame a settembre, per due motivi: anzitutto perché queste lettere sono la prova provata che la scuola rinuncia a perseguire la propria missione, rinuncia a fare di un liceale un adulto, e getta la palla dall'altra parte della rete, dicendo alle famiglie "arrangiatevi: l'avete fatto voi il cretino, gestitevelo". La scuola, con queste lettere, mette nero su bianco che è tutto uno scherzo, che neppure essa stessa crede davvero di poter fare ciò per cui è nata.
E, allo stesso tempo, impedisce all'adolescente, che magari per la prima volta nella vita si trova di fronte ad un problema serio (quello di parlare alla sua famiglia di un proprio fallimento), di affrontarlo con le sue forze, studiando il modo e i tempi e cercandone di uscire con le ossa un po' meno rotte.
Una scuola che si convince di non saper neppure insegnare a un quattordicenne ad affrontare le proprie responsabilità, e gli impedisce di farlo, merita che i quattordicenni la coprano di insulti. Se poi la stessa scuola agisce così perché ritiene doveroso pararsi il culo dato che "non si sa mai", legittima perciostesso qualunque subdolo trucchetto, dal fogliettino nascosto per l'esame di maturità fino alla corruzione della commissione giudicante.
Queste sono le cose che ritenevo quando mi venive detto che si spedivano le lettere prima di far uscire i quadri. Avete idea di come mi senta adesso, dopo aver letto il post di stamane e aver appreso che neppure si crede che i ragazzi sappiano dire in famiglia "ho preso cinque all'interrogazione"?
* coloro che sanno di cose di scuola potranno stupirsi a loro volta per il fatto che io avessi una frequentazione notturna con una signora che aveva 18 classi a cui insegnare: questo potrebbe aiutare nel perfezionamento della voce "gesuita" su wikipedia
** bastone, o incatenamento al calorifero, secondo stagione
Spiace di doverti deludere:
RispondiElimina"Penso che fare l'insegnante sia una missione". Ipsa dixit. Mariastella Gelmini su "Gente":
http://rstampa.pubblica.istruzione.it/utility/imgrs.asp?numart=NG60F&numpag=1&tipcod=0&tipimm=1&defimm=0&tipnav=1
Non mi fraintendere, che il tuo discorso è giusto. Però dimentichi che spesso 'la palla educativa' - e so di ripetermi e ripetere - la lancia la famiglia alla scuola, quando si aspetta che il pargolo diventi adulto in un ambiente dove passa cinque ore al giorno, non riuscendo a farlo nell'altro ambiente, casa sua, dove passa il tempo restante.
RispondiEliminaInoltre, se non ci fosse rischio di ricorsi su ricorsi al tar e altre istituzioni da parte delle famiglie, 'perché non sono state informate', la scuola potrebbe anche prendersi il lusso di non pararsi il culo. Ma insegnare il significato della parola 'responsabilità' ad un adolescente è difficile, a tutta la famiglia diventa sovrumano.
P.S. Il libretto coi voti da far firmare al genitore l'ho avuto dalle medie.
Io possiedo pareri più autorevoli
RispondiElimina@ipazia: potremmo affrontare il discorso dell'americanizzazione del sistema scolastico, e del proliferare di ricorsi che ai miei tempi (times changes, the people too) manco ci si sognava se non in casi estremi.
RispondiEliminaIo, che sono un idealista, credo sia meglio affrontare un ricorso. E vincerlo.
ti devo un po' correggere, anche su dei dettagli, perché la scuola non affigge ai vetri i voti dello sventurato, ma li copre tutti con una sbianchettata e scrive accanto "non ammesso" (bocciato e respinto sono parole che possono far tremare le vene ai polsi) e non manda raccomandate, ma telefona a casa e convoca i genitori. quando l'anno scorso mio figlio è stato bocciato, cosa che ormai sapevo benissimo e avevo auspicato parlando e scambiando email con la sua prof di lettere, hanno ritardato l'esposizione dei tabelloni finché la preside non mi ha parlato di persona. e alla bocciatura si arriva solo se le famiglie sono state avvisate per tempo dell'eventualità... poi è vero quel che dice Ipazia: le famigllie delegano tutto alla scuola, salvo poi ricorrere al tar se la scuola "disturba"...
RispondiEliminaGuardate che avete ragione tutti e due, eh? Le persone che fanno la scuola sono le stesse che poi hanno una famiglia. L'Italia sempre quella è. A scuola come a casa. E la responsabilità è un concetto che sfugge alla maggior parte dei genitori così come alla maggior parte degli insegnanti e dei dirigenti scolastici.
RispondiEliminaPer quanto riguartda le tue più autorevoli fonti, invece, be', sono quelle di un servo. L'altra è la voce del padrone.
per quanto riguarda (*), io non mi stupisco di nulla. Immagino che la gentil signora sia abbastanza esperta per sapere come fare, e non credo ci sia stato pubblico scandalo.
RispondiElimina@.mau.: certo, quel che stride è una certa siderale distanza tra il predicare e il razzolare.
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