I giornali hanno scritto tanto, raccontando perlopiù che si tratta di un reato inventato dalla giurisprudenza, che tuttavia è costante nel riconoscerne l'esistenza. Non so se quelli che leggo io sono tutti cattivi giornali, o se io, preso da altri affari, abbia capito male ciò che leggevo. Sta di fatto che detta così, quella del concorso esterno sarebbe una bufala clamorosa, e ben farebbe Ferrara a scagliarsi contro questa corbelleria.
Difatti nel nostro sistema costituzionale esiste una cosa chiamata riserva di legge: l'art. 25 cost. stabilisce che "Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso": ciò significa non solo che le leggi penali non sono retroattive, ma anche che solo per mezzo di una legge (e non quindi di un'altra fonte normativa di rango inferiore, come un regolamento) può essere definita una fattispecie penale.
Non è contemplata da nessuna parte la creazione di un reato da parte della magistratura, in ossequio al principio della divisione dei poteri e all'art.101 Cost, secondo il quale "I giudici sono soggetti soltanto alla legge".
Com'è allora questo fatto, del concorso esterno? E' vero che non esiste nel codice e se lo sono inventato i giudici? Se avete voglia, cerco di spiegarvelo in modo (spero) semplice.
Dobbiamo partire dall'art. 110 del Codice penale, il quale dispone: "Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita": ciò significa che se due persone si accordano per commettere un delitto (ad esempio il marito ingaggia un sicario per ammazzare la moglie), entrambi rispondono in egual modo del reato di omicidio, dato che hanno concorso nel provocare la morte della tapina.
Ci si può chiedere se per incorrere nel concorso sia necessario fare qualcosa o meno: e la giurisprudenza, del tutto costante, ha stabilito che non è necessario fare: il concorso può anche essere morale qualora il comportamento del concorrente sia tale da rafforzare (il che è meno che determinare) il proposito delittuoso dell'agente. E' il caso, per dire, di uno che di fronte al proposito del marito di ammazzare la moglie adultera lo sproni e lo rafforzi in tale convincimento, anche senza necessità di aiutarlo a trovare le armi necessarie.
L'art. 110 si applica a qualunque reato. Quindi non è che si possa concorrere solo nell'omicidio o nella rapina: si può concorrere in tutto (possiamo dire che non esiste un "concorso tipico").
Si può pertanto concorrere anche nel reato di cui all'art. 416 del Codice penale, che recita:
Associazione per delinqueree così pure in quello previsto dall'art. 416-bis, che ne è una specificazione:
Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni.
Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.
I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.
Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie si applica la reclusione da cinque a quindici anni.
La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più.
Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, si applica la reclusione da cinque a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da quattro a nove anni nei casi previsti dal secondo comma.
Associazione di tipo mafiosoNotate che per rientrare nell'associazione a delinquere e nell'associazione mafiosa non è necessario aver commesso qualche azione criminale specifica: l'essersi associati al fine di commettere dei delitti è già per sé solo un delitto, e grave.
Chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da sette a dodici anni.
Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da nove a quatordici anni.
L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgano della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.
Se l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da nove a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da dodici a ventiquattro anni nei casi previsti dal secondo comma.
L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento della finalità dell'associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.
Orbene, questo fa nascere un problema, che la giurisprudenza ha dovuto affrontare: è possibile concorrere in un reato associativo? Vale a dire: se qualcuno aiuta i componenti di un'associazione a delinquere, egli risponde del reato in quanto fa parte dell'associazione, o ne risponde a titolo di concorso?
Immaginiamo una banda di rapinatori che si uniscano al fine di rapinare banche: poniamo caso che ci siano l'autista, il solista del mitra, il basista e un paio di pistoleri sciammannati. Questi signori hanno bisogno di una base dove riunirsi e magari tenere le armi, ed è possibile che utilizzino uno scantinato affittato da un pensionato, il quale è perfettamente consapevole di cosa fanno quei signori, tanto che chiede loro di pagare 2.000 euri al mese invece dei 200 euri che sarebbero congrui. Notate, per maggior chiarezza, che i rapinatori sono talmente sfigati che vengono beccati ancor prima di fare la prima rapina, e quindi dovranno rispondere solo del reato associativo, e non delle rapine.
Ora, il problema che i giudici si sono trovati a dover risolvere è: il pensionato in questione:
1) fa parte a pieno titolo dell'associazione;
2) concorre con gli associati nel reato di associazione per delinquere (o associazione mafiosa), pur non facendo parte dell'associazione;
3) non concorre nel reato di associazione in quanto la struttura del medesimo non consente di concorrervi (o si fa parte dell'associazione, o non ne si fa parte, e lui non è abbastanza coinvolto da farne parte).
Ecco: la giurisprudenza ha stabilito che la soluzione giusta è la numero 2. Non è stata una decisione facile: una corrente non minuscola riteneva che le possibili scelte potessero essere solo la 1 o la 3, vale a dire: o dentro o fuori. E' stata una decisione non certo semplice, come succede per molte decisioni assunte dalla Corte di Cassazione, ma è stata una decisione motivata e molto interessante dal punto di vista tecnico.
Notate però una cosa: se la decisione fosse stata diversa, il vecchietto di cui sopra probabilmente sarebbe stato condannato in quanto associato: e ciò in quanto, pur avendo concorso esternamente all'associazione, è indubbio che vi abbia concorso.
Lo stesso principio varrebbe per il concorso esterno in associazione mafiosa: è molto probabile che tra il "concorrere" e l'"esterno", sarebbe stato il primo a prevalere.
Grazie per la spiegazione, "maestrino"! La sensazione di aver finalmente capito qualcosa su un argomento di giurisprudenza mi rende felice. Ci fosse un solo giornalista capace di esprimersi con metà della tua chiarezza, la mia opinione sulla stampa salirebbe alle stelle.
RispondiEliminaDi nuovo grazie.
Estremamente chiaro, compreso il corollario non citato sulla differenza tra prescrizione ante 1982 e assoluzione post 1982 per Andreotti (il 416-bis è appunto del 1982).
RispondiEliminaMi resta un dubbio di terminologia: perché è nata la definizione "concorso esterno in associazione [mafiosa/a delinquere]"? Immagino che le pene siano assolutamente le stesse che nel concorso attivo, visto che non c'è una legge specifica al riguardo: al limite il legislatore può decidere di comminare una pena inferiore ma sempre nel range indicato dal codice penale. Dal mio punto di vista, "Concorso in associazione [mafiosa/a delinquere]" sarebbe già stato sufficiente. Oppure in genere per gli avvocati si concorre (e non si partecipa) a un'associazione?
Il concorso è esterno proprio perché viene chiamato a risponderne chi concorre nel reato (e quindi agevola il disegno criminoso) senza partecipare direttamente all'associazione.
RispondiEliminaE' vero che il concorrente "esterno" risponde del reato allo stesso titolo dell'associato (così come il basista risponde dell'omicidio di una guardia allo stesso titolo del rapinatore che ha materialmente sparato); ma il giudice può modulare la pena tenendo conto delle condotte e dei gradi di colpevolezza di ciascuno. In tal senso il concorso "esterno" è senza dubbio, almeno di regola, meno grave del vincolo associativo vero e proprio.
appunto. Quindi si concorre anche nell'associazione? (altrimenti non dovrebbe essere necessario aggiungere "esterno")
RispondiEliminaL'aggettivo "esterno" serve per specificare meglio che il concorrente non è "interno".
RispondiEliminaQuindi: se la domanda (che credo di aver capito solo ora) è: "si può concorrere solo dal di fuori", la risposta è "no". Infatti anche gli associati "concorrono" nel reato, proprio come due sicari che accoltellino contemporaneamente un tapino "concorrono" nell'omicidio.
Perché dai per scontato che il vecchietto sarebbe stato condannato per il caso 1 in mancanza del 2?
RispondiEliminaPer come la vede il mio (poco) buon senso il vecchietto cmq non l'avrebbe passata liscia. Se non denunci un reato di cui sei a conoscenza cmq commetti un crimine, senza per forza essere complice od associato. E questo si applica a chiunque sappia del garage, senza trarne vantaggio. Se poi ne trae un vantaggio, tipo vendere materiale che si sa verrà impiegato per un crimine, andrebbe punito per questo (non so se esiste qualcosa di specifico nel codice penale, ma immagino di sì).
Il tutto per dire che personalmente tutti i reati di associativo mi causano sempre un po' di orticaria, perché mi sembrano inutili e lasciano troppa libertà di arbitrio.
Non esiste alcun obbligo di denunciare un reato del quale si sia venuti a conoscenza, salvo per il caso p.e p. dall'art. 364 c.p., secondo il quale è punibile il privato cittadino che ometta di denunciare un delitto contro la personalità dello Stato, per il quale la legge stabilisce la pena di morte o l'ergastolo.
RispondiEliminaOMG! Ho appena scoperto di essere un criminale incallito :D
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