Con la convocazione dei comizî elettorali la città si riempie di manifesti.
«La forza del fare», recita uno. «Per fare in Regione», evoca un altro. «Fare tanto, parlare poco», mi aspetto di vedere a breve; e non mi stupirebbe dacché già c'è un altro manifesto con un direttore d'orchestra (o, perlomeno, un signore vestito da direttore d'orchestra) il cui slogan è: «Fa,Re.»
Allo stesso tempo i giornali, primo fra tutti Repubblica, sono invasi di articoli sull'«Uomo del fare»: il prode Bertolaso che si trova in quel po' po' di guai che ben conosciamo, e che rischia di trascinare nella sua disgrazia anche il governo di cui è componente, che ben conosciamo per essere il «Governo del Fare». E giustamente in questo bailamme i giornali, primo fra tutti Repubblica, sottolineano come il Fare senza i controlli sia un gran rischio per il nostro Paese, sia dal punto di vista della gestione del potere che della tenuta dei conti pubblici.
C'è un fatto che sembra quasi sfuggire, o rimanere in secondo piano, ai molti commentatori che pure pongono l'accento sull'importanza di stabilire come fare prima di «fare».
Fare è verbo transitivo: l'azione compiuta dal soggetto transita al complemento oggetto: non rimane attaccata al soggetto, come nel caso, chessò, del dormire o dell'andare.
No! Per poter fare bisogna necessariamente fare qualcosa. e questo qualcosa non può essere sottinteso come nel caso del mangiare, verbo sì transitivo, che però diventa quasi intransitivo nell'espressione «Hai già mangiato?», nella quale il complemento oggetto è sottinteso, ma in fondo inutile: perché non c'importa nulla di sapere se il nostro interlocutore abbia pasteggiato a salsiccia e patate oppure a salmone con panna acida, bensì solo che egli non sia assalito dai morsi della fame.
Quando si parla di qualcuno che vuole o deve fare, è necessario sapere cosa egli farà: e difatti l'interlocutore spesso lo chiede. Il barbiere ci domanda: «Barba o capelli?»; il barista: «Negroni o Martini?»; e perfino l'agente delle pompe funebri ci chiede, compunto: «Cosa posso fare per Lei?».
Ecco: sembra che gli unici a non chiedersi cosa debbano fare sono proprio i politici di questa generazione secondorepubblicana: per essi l'agire fine a sé stesso sembra essere l'unico merito, indipendentemente dalla direzione verso la quale debba indirizzarsi lo sforzo.
E, al contempo, sembra che gli stessi elettori siano partecipi, consapevolmente o meno, di questo inganno: dato che coloro che mai darebbero la macchina in mano al carrozziere senza aver preteso di sapere cosa egli farà, e quanto poi ciò costerà loro, contrattando anche sui più minuti ritocchi di colore del sottoscocca, sono poi pronti a dare il proprio voto al primo faccione (dell'una o dell'altra parte politica, indifferentemente) che prometta loro di «FARE».
Ecco: io vi invito ad evitare come la peste di votare un qualsiasi politico che vi presenti il verbo «fare» in accezione intransitiva.
E non solo per motivi sintattici.
Certo che se Gentiloni durante i due anni di governo Prodi avesse fatto la riforma del sistema radiotelevisivo, invece di ripetere per due anni che stava decidendo come farla, senza poi combinare nulla, oggi forse non saremmo a questo punto. A volte, pur di non morire di fame, a noi tocca mangiare anche i torsoli delle mele. Hai mangiato? Si, grazie, era tutto saporito.
RispondiEliminad'accordissimo. questi stegati dalla "magia del fare" mi danno veramente sui nervi, oltre ad ispirarmi una grande diffidenza. ancor di più quando al "fare" aggiungono "in fretta", passando sopra a leggi grandi e piccole, troppo fastidiose, che intralciano la loro volontà di fare a tutti i costi.
RispondiEliminaquesti stRegati... sorry, ho ancora qualche difficoltà a scrivere con entrambe le mani...
RispondiElimina'E' meglio non fare piuttosto che fare male'
RispondiEliminaPrima lezione del corso di Primo Soccorso.
Ipazia S.
clap, clap, clap (faccio faccine, faccine, faccine).
RispondiElimina[mode maestro di porta="on"] bussi pure, tanto non la farò entrare lo stesso [mode maestro di porta="off"] (scusate, questa la possiamo capire solo noi due)
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