Per gli amanti di West Wing (oltre che per gli appassionati di diritto pubblico) la nomina di un giudice alla Corte Suprema degli Stati Uniti è sempre un evento.
E' quindi con particolare interesse che abbiamo appreso della nomina di Elena Kagan a tale carica da parte di Obama (certo, se avessimo letto la notizia sul Corriere avremmo saputo che la Kagan sarà il prossimo Procuratore Generale della Corte Suprema, il che è doppiamente sbagliato, sia per il fatto che l'indicativo non dovrebbe mai essere usato in questo caso, dato che la nomina dovrà passare il vaglio del Senato, sia per il fatto che il Procuratore Generale della Corte Suprema non esiste proprio. Ma forse il pezzo è stato scritto dalla Farkas).
Com'è, come non è, subito dopo la nomina è venuto fuori un cancan riguardante la presunta omosessualità della Kagan. Sulla retina italiana, fra gli altri, ne ha scritto Sofri, ne ha scritto il giornale di Sofri e ne ha scritto anche Scalfarotto, omosessuale dichiarato. Tutti questi opinionisti ritengono che la Kagan, una volta richiesta di dichiarare la propria identità sessuale, abbia il dovere di rispondere. Come scrive Scalfarotto, nascondersi sarebbe «una scelta intollerabile, secondo me, per chi invece è chiamato a decidere in nome di milioni di persone sui grandi temi della società e a schierarsi presto o tardi in questa guerra di trincea che lo tocca non solo come cittadino e policy maker ma come omosessuale».
Mi sembra che ci sia un grosso equivoco di fondo. Sgombriamo anzitutto il campo da un possibile fraintendimento: se la carica di Giudice della Corte Suprema fosse di natura squisitamente giudiziaria, il problema neppure si porrebbe: i giudici debbono rispondere solo della propria competenza tecnica, e di null'altro, essendo per definizione terzi rispetto a qualunque controversia. Ma la Corte Suprema è un organo di natura politica, non giudiziaria.
Ma comunque la Kagan ha tutto il diritto di dichiararsi o meno, come preferisce: e questo, anche nel caso in cui fosse veramente omosessuale, non potrebbe essere visto in alcun modo come un sintomo di vigliaccheria o di estraniamento dalla lotta.
Chi è chiamato a una carica pubblica di natura politica vi è chiamato per le proprie idee e per i propri progetti, non per il proprio comportamento. Gli elettori che votano Casini lo fanno perché propugna e promette di salvaguardare i valori della famiglia e della religione, non perché è divorziato. E si aspettano che lui, coerentemente con le proprie promesse, si batta per qual programma: non che lasci la seconda moglie e torni ad accasarsi con la prima.
Così pure al leghista del paesino del Triveneto non gliene frega niente che il sindaco si sia fatto beccare in macchina mentre si faceva penetrare da un viado: gli importa che prometta di cacciare i viados e che una volta eletto agisca di conseguenza.
Di contro, è oramai provato che Heydrich fosse di origine ebraica (mentre per quanto concerne Hitler si tratta allo stato di una mera leggenda), il che non gli ha impedito di organizzare lo sterminio di sei milioni di cosanguinei. E tutti conosciamo mille esempi di politici o predicatori che si sono scagliati volta a volta contro la droga, contro la promiscuità sessuale, contro la pedofilia, contro l'omosessualità, e sono stati poi beccati con cocaina, puttane, foto di lattanti o tra le braccia nerborute di bei maschioni.
Ed è proprio per questo che l'essere omosessuale (o negro, o ebreo, o medico) non ha niente a che vedere con l'avere una politica sull'omosessualità (o sulla negritudine, o sul sionismo, o sulla gestione della sanità pubblica).
Certo, è più probabile che un omosessuale possa avere maggiore attenzione alla difesa dei diritti dei propri simili e delle minoranze in genere: ma come abbiamo visto ciò non è scontato, e comunque il fatto di aver maggiore attenzione non vuol dire aver migliori proposte: e sono le idee e le proposte che vanno declinate, non le pratiche.
Mentre è assolutamente lecito essere gay e non essere a favore di alcuni diritti gay, essere pro famiglia cristiana ed essere divorziati risulta difficile da digerire.
RispondiEliminaEssere gay è una condizione naturale non modificabile, mentre essere pro famiglia cristiana è una scelta libera.
Questo per dire che il politico cattolico divorziato dovrebbe occuparsi di agricoltura, mentre il gay anti-diritti-gay mantiene la sua dignità (purché poi non voglia adottare figli o sposarsi, in esclusiva rispetto agli altri gay).
Per il resto sottoscrivo tutto. A me la sessualità della Kagan non interessa un piffero. Sarebbe più interessante sapere che idee politiche ha.