Senza la pretesa di scrivere alcunché di originale, annoto qui alcune delle riflessioni passate per la mente ieri, nella giornata che ha visto il Governo Berlusconi passare indenne la mozione di sfiducia.
Inizierò da Franceschini: un po' perché, come mi faceva notere .mau., io ci ho un pianeta verso i segretari del PD, e verso Franceschini sono stato colpevole di scarsa attenzione; e un po' perché la sua dichiarazione è forse la più surreale delle giornata.
Per affermare, come ha fatto il nostro, che «Il Pd oggi ha fatto il suo dovere, 206 deputati presenti e 206 voti favorevoli alla mozione di sfiducia» ci vuole una dose d'infingardaggine che, francamente, non mi aspettavo di scoprire nel placido ferrarese, il quale non può neppure invocare l'età avanzata o la scarsa partecipazione alla vita d'Aula (è capogruppo del Gruppo parlamentare) per far finta d'aver dimenticato che due voti, decisivi*, sono arrivati al governo Berlusconi da transfughi eletti a suo tempo nelle liste del Partito Democratico.
Certo, Scilipoti era ancora iscritto al gruppo parlamentare dell'IdV, a differenza di Calearo e Cesario, ma questo, ne converrete, è un mero accidente e non sostanza: quel che conta è che le scelte operate nella formazione delle liste bloccate abbiano portato in Parlamento, con il voto di chi ha creduto nell'innominabile segratario, due persone che sono state decisive per la sopravvivenza di Berlusconi. Questo è il punto, e questo è il solo punto che conta.
Ci sono state, è vero, defezioni anche tra i finiani. Ma la situazione di partenza è ben diversa. Se facciamo per un attimo finta che non ci sia stato mercato delle vacche e promesse di prebende per coloro che avessero deciso all'ultimo di sostenere il miliardario, ci rendiamo conto che i vari Moffa, Siliquini, Polidori, sono comunque stati eletti sotto il simbolo "Berlusconi Presidente".
Avevano deciso di cambiare, di staccarsi da Berlusconi, e si sono rimangiati il loro proposito tornando a sostenerlo: ma certo è assai men grave la loro posizione rispetto a quella di chi, eletto in opposizione a Berlusconi, ha finito per dargli la fiducia.
In fondo non c'è alcun motivo per inveire contro la Polidori e non contro Abelli, Abrignani, Alessandri, Alfano, Alfano, Allasia e giù giù sino a Volpi e Zacchera: questi ultimi hanno tenuto ferma la loro posizione, l'altra ha avuto uno sbandamento e alla fine è tornata nella coalizione che l'aveva portata a Roma: ma il fatto stesso di avere avuto uno sbandamento la nobilità più di quanto il ripensamento la riporti nella sentina dei Peones della Libertà.
Aggiungiamo, per sovrappiù, che lo stesso Fini non aveva messo i propri deputati in una posizione facile: quante volte negli ultimi mesi aveva affermato che il suo movimento avrebbe comunque sostenuto il Governo Berlusconi? No, se vogliamo essere onesti non possiamo proprio dire granché contro la Polidori, se non accusarla di scarso coraggio.
Mentre abbiamo moltissimo da dire contro Calearo e Cesario, e ancor più contro chi ha portato Calearo e Cesario a sedersi in quell'aula, in ispregio al senso comune e alla logica.
Certo, nel mio piccolo io sono stato sempre legato ai valori costituzionali, e quindi al riconoscimento dell'assenza di vincolo di mandato in capo ai parlamentari. Ma ci sono momenti in cui bisogna pur superare le forme e divenire almeno un po' pragmatici: non ci possiamo allora nascondere che le conversioni sulle vie di Damasco, specie se dell'ultima notte, non vengono in forza di un rovello politico bensì, più prosaicamente e assai spesso, in virtù della promessa di doni e prebende.
Anche qui il comportamento dei parlamentari reciprocamente transfughi va visto in chiave ben diversa. Non possiamo certo dare fiducia a chi abbandona la nave che affonda quando ormai lo scafo si è inclinato oltre i 45°: quei Mastelli che decidono con chi stare poco prima del voto, quando l'aria che tira è oramai ben definita, non possono avere la stima di alcuno. Diverso è chi lascia un gruppo, sia pur in difficoltà ma al governo, per passare tra le fila dell'opposizione.
Stare all'opposizione non è come stare al Governo: meno potere, meno soldi, meno clientele, meno prebende, persino meno possibilità di rubare. Chi ha mollato Berlusconi l'ha fatto in forza dell'assenza di vincolo di mandato, ma soprattutto l'ha fatto perché credeva che il berlusconismo fosse un male per il paese, non certo per trarne vantaggi personali.
In capo a chi invece, eletto per stare all'opposizione, è passato a sostenere il Governo, è perlomeno legittimo il dubbio che il tormento interiore sia stato più economico che politico: un sospetto non fa una prova, ma in politica un sospetto basta a rovinare una carriera, e francamente speriamo che per costoro sarà così. Poi, per carità, è semplicissimo impapocchiare una motivazione politica a valle della decisione (la crisi, le emissioni di titoli, il sostegno all'economia...): un esercizio talmente banale che non val neppure la pena di leggerle, quelle dichiarazioni.
Torniamo al discorso vincitori e vinti: secondo le dichiarazioni di ieri ha vinto Berlusconi, ha vinto la Lega, ha vinto il PD, ha vinto l'IdV. Come al solito hanno vinto tutti, ma l'uomo della strada, abituato al Totocalcio con la schietta freddezza dell'1-X-2, sa che 1 è diverso da 2 e che anche se hai messo X non puoi andare in ricevitoria e prenderti i tuoi soldini.
Dunque: hanno perso anzitutto il PD e l'IdV, che hanno presentato una delle mozioni di sfiducia, e hanno perso l'UDC, l'API e FLI, che hanno presentato l'altra. Perché se vai in ricevitoria, e scommetti "2", quando esce "1" hai perso.
Ha vinto Berlusconi. Ha vinto Berlusconi: e ha vinto non solo perché ha fatto "1" (che già, intendiamoci, basterebbe per affermare di aver vinto, dato che per vincere basta fare un canestro in più dell'avversario, nessuno dice che ce ne vogliono dieci o venti), ma soprattutto perché la fola dell'ingovernabilità del Paese con due voti di vantaggio è, per l'appunto, una fola.
Prodi, che governava con due voti di vantaggio al Senato, era sconfitto in partenza: perché con due voti di vantaggio è praticamente impossibile governare, stando appesi al filo di una malattia, di una gravidanza, di un aereoporto bloccato.
Se teniamo presente che alla Camera la maggioranza è di 316 deputati, capiamo bene che è del tutto probabile che ciascun giorno che Dio manda in terra ci sia un imprevisto, un contrattempo, un raffreddore che colpisca almeno due parlamentari (lo 0,6% della maggioranza): e facciamo finta di dimenticare gli incarichi di Governo e le missioni.
Il punto tuttavia è un altro: sono due anni e mezzo che il Governo Berlusconi non governa, e sono due anni e mezzo che i lavori parlamentari sno praticamente fermi, salvo per quanto concerne quelle leggi particolarmente care al premier, che perlopiù passano in forma di conversione di decreti.
Avendo svuotato il Parlamento delle proprie competenze, a Berlusconi non gliene può fregare più di tanto dell'avere solo due voti di vantaggio. Intanto ce li ha, e ben possiamo immaginare che almeno per qualche mese gli schieramenti di oggi resteranno immutati; poi può cercare di imbarcare l'UDC, che magari non cederà subito ma prima o poi potrebbe cedere; e comunque, in ultima analisi, non ha proprio bisogno di una maggioranza sicura.
Certo, ne avrebbe bisogno il Paese, di un Parlamento funzionante e di leggi che consentano di affrontare il momento non certo facile che stiamo vivendo: ma non sono io che devo spiegare ai miei lettori che il bene di Berlusconi e il bene del Paese sono due insiemi che se si intersecano lo fanno molto ma molto di sfuggita.
* rammentiamo che i voti decisivi sarebbero stati due, che avrebbero spostato l'esito del voto a 313 sì contro 312 no
È paradossale, ma il premio coerenza va proprio a Berlusconi, deciso a delegittimare e smantellare gli organi istituzionali di questo paese fino alla fine.
RispondiEliminaMi permetto però di aggiungere che se in politica bastasse sempre solo un sospetto a rovinarti una carriera, Berlusconi ce lo saremmo levati dal groppone alle prime dichiarazioni di Mills, e forse anche prima...
So che Lei in quanto grecista e filologa vive in tutto un suo mondo nel quale il mezzo di comunicazione più moderno sono gli incunaboli, e quindi è non senza ritrosia che sono costretto a segnalarLe che Berlusconi ci ha le televisioni.
RispondiEliminaA me il fatto che uno cambi schieramento non dice nulla. Però.
RispondiEliminaPerò è necessario che ci sia qualcosa di sensato dietro questo cambiamento. E' necessario che qualcosa sia cambiato, da quelche parte. Perché se il cambiamento di casacca dell'onorevole fosse solo l'effetto di una semplice confusione politica, il mio biasimo sarebbe totale. Non parliamo quindi di scambio di favori o peggio.
Aggiungo: fermo restando che ognuno è libero di fare quello che vuole, almeno le segreterie di partito stiano attente a chi scelgono. Il Dipi è un recidivo nella scelta di saltatori di recinzioni e su Calearo nessuno avrebbe scommesso uno stuzziacadenti usato che sarebbe rimasto nel PD. Di questi errori il segretario di partito dovrebbe rispondere e trarne le dovute conseguenze. Ma qui, al massimo, dopo essersi fatti da parte, va di moda riproporsi come WVergini. Di solito, invece, si rimane saldamente al comando. E' questo che mi ripugna maggiormente.
Eh, Lei ci tiene a fare l'uomo che ahimé conosce questo brutto mondo, ed in effetti è vero che io vivo in un secolo che non è questo: tengo solo a precisare che desso secolo si colloca ben dopo il 1499... (anche se non arrivo fino all'invenzione della televisione)
RispondiEliminaFantastico post. Migliaia di parole per incolpare il PD di essere minoranza. E sinanche di non avere la maggioranza. Complimenti.
RispondiEliminaScusi, chartitalia, dove mai le pare che stia *incolpando* qualcuno? Qua si tratta di *prendere atto* dell'essere una minoranza, e del fatto che le attese di non esserlo più sono state disattese.
RispondiElimina@ipazia - di quand'è quel tipo lì, che mi stai studiando?
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