giovedì 13 gennaio 2011

Patto tra produttori

«il Pd è il partito del lavoro, dell'Italia che produce ed è del tutto naturale che si siano nelle liste lavoratori insieme ad imprenditori. È lo specchio di quel patto tra produttori che proponiamo per tenere insieme crescita ed equità. Vogliamo mettere l'acceleratore sulla crescita, perché questa è la garanzia per una buona occupazione, per la tutela dei lavoratori e per la redistribuzione. Dai prefetti che lottano contro la mafia agli imprenditori come Matteo Colaninno, agli artigiani come Giancarlo Sangalli, ai rappresentanti del mondo cattolico come Sarubbi: è il segno di un forte rinnovamento, portiamo forze ed energie nuove in Parlamento»
Con queste premesse era inevitabile che dal partito fondato dalla Bocca Inutilmente Faconda si levassero perlopiù voci favorevoli all'accordo di Mirafiori o silenzi chiassosi quanto l'annuale congresso dei campanari.
Dico subito che mi reputo fortunato a non dover andare a votare: e non solo perché in tal caso la mia vita sarebbe scandita da otto o dieci ore di fatica e sudore, con trapani, verniciatori e secondi contati per pisciare: ma soprattutto* perché non saprei proprio cosa votare.
Probabilmente, ho concluso a pranzo con il mio amico e collega Italo, voteremmo "SI'", autoassolvendoci per aver agito in stato di necessità: come se l'avessimo fatto con una pistola alla tempia, insomma.
Questo perché, in quanto lavoratori salariati e tenutari di famiglie da mantenere, non avremmo potuto permetterci il rischio che Marchionne tiri giù la saracinesca: e ciò pur consapevoli che l'accordo di Mirafiori è di fatto un atto a titolo gratuito, in cui si cedono diritti in cambio non di impegni, bensì di vaghe promesse.
Non avremmo potuto contare neppure sul sindacato, che si è diviso con una frattura che molto difficilmente potrà essere sanata in futuro, e che ha dimostrato, dall'una e dall'altra parte, di non aver saputo fare gli interessi dei lavoratori. Già, perché i lavoratori hanno tutti i medesimi interessi, indipendentemente dalla sigla stampata sulla tessera: e non essere riusciti a trovare un ragionevole compromesso (in presenza di istanze che si possono considerare più o meno radicali, ma certo non velleitarie né assurde) dimostra che le sigle non hanno fatto fronte unico bensì hanno guardato, anzitutto, alla coltivazione del proprio orticello costituito da iscritti e spazi di visibilità e agibilità.
I sindacati, tutti i sindacati coinvolti, hanno insomma fatto un lavoro politico. E sapete bene che io non credo ci sia nulla di male nella politica: ma questa lavora con altri strumenti. Nell'agire politico è normale che di fronte ad interessi contrapposti si vada alla conta, e il 51% vinca (qualunque cosa ciò significhi, alla luce dell'insegnamento di Condorcet). Nell'agire sindacale, al contrario, è normale che all'interno dei singoli fronti si mantenga l'unità e si lavori su soluzioni di compromesso che, pur senza raggiungere un astratto ottimo paretiano, siano perlomeno masticabili da tutti i rappresentati, salvo forse qualche frangia estrema.
In sintesi: in politica basta il 51% per aver ragione; in sindacalese bisognerebbe raggiungere perlomeno l'80% o il 75%. Fare sindacato con il 51% di consensi tra i rappresentati è, per dirla in termini tecnici, una porcheria: e lo penso senza sapere ancora se domani quel 51% sarà raggiunto dalla FIOM o dalla FIM.
Già questo avrebbe consentito al PD di dire la propria: perché quando il sindacato si politicizza, non si vede perché mai un partito politico non dovrebbe intervenire, in ispecie quando quel partito pretende di rappresentare i lavoratori (come il vecchio DS) o addirittura i "produttori".
Ma vi era una ragione in più per intervenire: per quanto l'accordo di Mirafiori incida su diritti contrattuali e non sulle leggi vigenti (la FIAT non è ancora una Camera, né Marchionne ha un seggio in Parlamento), ciononostante il modello che si va ad imporre stravolge di fatto il sistema giuslavoristico vigente; e va incidere in materie di diritti della persona che, pur discendendo da norme pattizie, hanno un'indubbia rilevanza di ordine pubblico e perfino costituzionale.
Poteva dire la propria il PD: e invece ha lasciato parlare Ichino e Chiamparino. E Renzi.

* no, "soprattutto" è uno scherzo

7 commenti:

  1. Al momento, che io sappia, il 51% della forza lavoro a Mirafiori non è iscritto ad alcun sindacato.

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  2. Nelle voci di Ichino, Chiamparino e Renzi è il Pd che parla. Ma tu lo sai benissimo, è che ti piace scherzare.

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  3. In che senso sconvolge il sistema giuslavoristico, va a incidere sui diritti della persona?

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  4. @.mau. - con il 51% mi riferivo non già alla conta delle tessere, bensì all'esito del referendum.
    Potremmo poi discorrere della legittimità (se non giuridica, perlomeno filosofica) di un referundum su un accordo contrattuale: ma qui ci vorrebbe un altro post.

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  5. @dago: anche qui bisognerebbe articolare molto il discorso. comunque nel sistema che ho studiato io venti e passi anni fa non era concepibile la riduzione delle garanzie previste dal CCNL, la compressione del diritto di sciopero, la subordinazione di un diritto soggettivo a condizioni esterne non pertinenti al titolare del diritto stesso (mi riferisco al pagamento dei giorni di malattia) e via discorrendo

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  6. io nel merito di mirafiori ho una posizione precisa (profana, ma precisa) che non sto qui a ripetere per brevità (se interessa c'è il blog, tag FIAT). Rispondo solo per la parte che riguarda il Pd. Il fatto che tu dissenta da Ichino (cosa legittima, ovviamente) non ti può far da velo ad una verità oggettiva: che lui è un Senatore della Repubblica pagato - tra le altre cose - per scrivere leggi. E, viste le sue competenze, in particolare leggi per normare queste cose (l'applicazione dell'articolo 39 della Costituzione, l'adeguamento della contrattazione alla modifica per via referendaria dell'art 19 dello Statuto, il mutamento dell'organizzazione del lavoro...).
    Renzi e Chiamparino invece sono Sindaci di importanti città e dunque (non facciamo finta non sia così) in particolare nel sistema politico attuale, leader politici di caratura nazionale. Hanno quindi anch'essi diritto di parlare ma nell'ambito della legittima battaglia politica interna.

    Insomma: metterli sullo stesso piano è sbagliato.

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  7. bisognerebbe anche ricordarsi ogni tanto di alzare la testa e di porsi qualche domanda del tipo:
    1- ai fini di uno sviluppo dell'occupazione industriale in Italia, la posizione della FIOM e' sostenibile?
    2- sempre ai fini di cui sopra, la proposta di legge avanzata da ichino propone una soluzione praticabile e compatibile con il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori?
    3- nei paesi piu' avanzati (sia sotto il profilo dello sviluppo industriale sia sotto il profilo della rappresentanza sindacale, es. germania) la situazione e' piu' simile a quella attualmente in essere in italia e difesa dalla fiom o a quella prefigurata dalla proposta ichino?

    le risposte (facili) sono
    1- no
    2- si
    3- proposta ichino

    vorra' pur dire qualcosa. non sara' per che stavolta con ichino e renzi (e veltroni, vabbe') il pd sta facendo una cosa giusta, oltre che di sinistra?

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