C'è su Repubblica un pezzo di Arturo Di Corinto, il cui scopo è, in buona sostanza, quello di far riflettere il lettore su quanto sia bravo e preparato il giornalista estensore, quanti termini tecnici egli conosca e quanto sarebbe bello masticare un po' di tutte quelle cose strane e vagamente inquietanti: come non rimanere affascinati quando scopriamo che «In Bahrein, Yemen, Siria, ma anche in altri stati spopola un software per Windows e Linux, semplice da usare, tutto italiano, che consente la creazione di "siti web", al di fuori del web, portali con forum e blog che non necessitano di alcun server centrale - il portale si propaga in peer to peer (p2p) e si duplica integralmente nel computer di ogni singolo nodo collegato»?
In effetti devono essere proprio dei cattivoni questi governanti che mettono in piedi una serie di tecniche censorie, che il nostro giornalista enumera una per una: «Error, conditio, votum, cognatio, crimen. Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas»*.
E che scandalo scoprire che non c'è solo la Libia, l'Egitto e l'Iran, dato che «più di 36 paesi filtrano a vario livello contenuti politici, siti religiosi, pornografia, gioco d'azzardo»: dei veri illiberali.
Peccato che il Di Corinto si sia dimenticato di dire che lo fa anche il Governo italiano: il pezzo sarebbe stato perfetto.
* accipicchia, ho sbagliato il copincollo. La citazione corretta era: «il blocco degli indirizzi Ip, delle Url tramite un proxy server, la manomissioni del DNS (il sistema che ci fa trovare gli indirizzi dei siti), azioni che inibiscono l'accesso a specifiche pagine web, interi domini (.org., .com, .ly, etc), o indirizzi specifici. L'installazione di filtri all'interno del computer degli utenti, il blocco delle keyword che impedisce l'accesso a siti che hanno certe parole nel nome o impediscono ai motori di ricerca di visualizzarle sulla base di blacklist di parole scottanti»
Sui contenuti politici siamo a buon punto, comunque. Basta una querela e se non ti chiami stai a posto per sempre.
RispondiEliminaerrata/corrige: se non ti chiami "Innominabile"
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