venerdì 22 novembre 2013

Donne e buoi

Noi leggiamo, e quotidianamente, molti articoli che compaiono sul Fatto Quotidiano: perché dopo averli letti ci sentiamo migliori.  Dimentichiamo le nostre paure di non essere all'altezza dei tempi; le nostre crisi di mezza età; le nostre notti insonni a riflettere sulla precarietà che si prefigura nel nostro futuro; il nostro timore di non poter garantire una vita dignitosa alle nostre discendenze.  In una parola: scordiamo le  ansie che derivano dalla consapevolezza che la nostra mediocre intelligenza e l'ingravescente età ci rendono inadeguati per continuare a competere in questo mondo difficile.
Quando la crisi ci aggranchia lo stomaco, ecco la panacea: un pezzettino del Fatto Quotidiano, e subito stiamo meglio: come quando Lando Buzzanca, emigrato a Milano, per combattere i morsi del freddo decide di fare la doccia gelata, in un film di moltissimi anni fa.
E una particolare affezione riserviamo alle donne del Fatto, e femministe. Una genìa che ci ha risolto decenni di educazione repressiva impartita da genitori di sinistra che ci imponevano di credere che donne e uomini fossero ugualmente dotati delle funzioni cerebrali di base. Grazie al quotidiano diretto da Antonio Padellaro siamo finalmente riusciti a sciogliere quell'imbroglio, e senza pagare uno psicanalista.
L'apoteosi del pensiero magico (intendendosi per tale quello che non ragiona sulla realtà con gli organi deputati alla razionalità, sibbene con quelli deputati alla creazione di nuove esistenze dal nulla) si raggiunge tuttavia con le donne del Fatto, e femministe, che discettano di campagne pubblicitarie. Tema questo che sembrerebbe in astratto neutrale, ma che per qualche correlazione astrale, probabilmente nei confronti della Cintura di Orione, spinge le commentatrici a dare il meglio della propria retorica, asciutta o fiorita ma sempre avulsa dal mondo reale.

Ci piace ricordare alcuni luminosi esempi: primo tra tutti il manifesto di Toscani che pubblicizzava la Festa dell'Unità di Roma., con la pacata reazione della commentatrice Caterina Soffici:

"...si rappresenta la parte inferiore del corpo di una donna, mezza nuda, che con le mani cerca di coprirsi le gambe e di abbassarsi  una leggera gonna rossa sollevata dal vento del cambiamento, in una posa ammiccante neanche fosse una novella Marilyn Monroe democratica.

Sulla rete è gia tam tam delle donne che non hanno gradito. Varie associazioni si dicono indignate perché “la rappresentazione parziale e svestita del corpo di una donna lede la nostra dignità, ci riduce al rango di oggetto e non ci consente di costruire la nostra identità professionale e ancora meno politica. Inoltre, a nostro parere questo non pone un esempio positivo per le giovani donne che si stanno affacciando sul mercato del lavoro”.

E’ stata anche inviata una lettera aperta al presidente del Pd Rosy Bindi dove si minaccia il boicottaggio e si chiede il suo intervento per la rimozione immediata del manifesto. Il Pd ha tanto criticato la mercificazione del corpo delle donne fatta dal presidente del Consiglio, nei fatti, nelle parole e sulle sue reti televisive, e poi usa gli stessi metodi e stereotipi per attirare qualche uomo alla festa dell’Unità."

Roba che Gatto Nero al confronto è un pacato argomentatore di area moderata. E se volete divertirvi andate a leggere il commento di Bucknasty  che, per inciso, fu l'ultimo del suo blog.

Passiamo a Layla Pavone: rammentate l'imbarazzo provato di fronte a una pubblicitaria di professione che non era riuscita a capire il senso di un manifesto il quale, lungi dal "denigrare ingiustamente ed ingiustificatamente  l’Italia (ed altri due bellissimi Paesi del Sud Europa), attraverso la sottintesa strumentalizzazione delle situazione contingente ovvero delle circostanze politiche ed economiche, il che mi sembra  un azzardo di non poco conto, un’azione davvero poco rispettosa ed etica da parte di quest’azienda svedese", si limitava invece a prendere mestamente atto del fatto che da noi il tempo e il mare sono migliori rispetto a quelli scandinavi?  IO ne scrissi qui, e purtroppo non fu il mio ultimo post.

Ma torniamo all'oggi e a Monica Lanfranco -nostra vera passione, lo ammettiamo- la quale, dopo averci sfrantumato intieri pallets di zebedei impartendoci lezioncine sopraccigliute su quanto siano cattivi gli uomini, già di loro geneticamente portati al femminicidio e allo stupro, al punto da aver costruito nel corso di tre millenni una società interamente fondata sulla violenza sulle donne; dopo averci letteralmente nauseato di retorica vittimistica, dicevamo, la Lanfranco oggi ci si indigna.  «E che diavolo di novità sarebbe?», direte voi.  La novità, vedete, è che questa volta la spezzapasserottini ci si indigna non perché gli uomini abbiano per l'ennesima volta dimostrato di essere bruti violenti, bensì perché la Regione Liguria ha prodotto uno spot sulla violenza contro le donne.
«Ma come! Una regione spende i soldi pubblici per uno spot che pubblicizza la violenza sulle donne? E' UNO SCANDALO», direte.  Ma no!: la regione lo spot l'ha fatto CONTRO la violenza sulle donne, non a favore.
Ma allora, perché cazzo si incazza, la Lanfranco?  Si incazza, vedete, per quell'immagine che vedete qui a fianco.
"Una schiena femminile e, sopra, una scritta: fragile. Ovvero come fare un gran (brutto) passo indietro dopo anni di dibattito, ragionamenti, formazione e analisi dei messaggi boomerang. Come se il simbolico, nell’era del virtuale e dell’immagine, fosse un dettaglio di poco conto. Basta una sola, piccola parola, per frantumare la buona intenzione nel ricordare e porre attenzione sulla giornata del25 novembre, in tutto il mondo organizzata per dire basta alla piaga epidemica della violenza maschile contro le donne. [...] Possibile che a nessuna di queste rappresentanti istituzionali, che di certo seguono il dibattito sull’importanza delle immagini e della loro forza vittimizzante, o al contrario della loro positività come incentivo all’empowerment, sia venuto in mente che affiancare il concetto di fragile a donna sia davvero infelice?
Che insistere sull’aspetto di necessaria protezione del femminile (invece che girare lo sguardo sulla urgente focalizzazione della fragilità maschile nella gestione della rabbia e del conflitto) sia procedere sulla strada della stereotipizzazione, che non giova a nessuno dei due generi? Bene fanno le attiviste  [...]   a porre luce sull’importanza della scelta delle parole e delle immagini usate per narrare non solo la cronaca di sangue ma anche e soprattutto il cambiamento culturale, sociale e politico della relazione tra i generi. Abbiamo bisogno di una mutazione antropologica radicale: c’è bisogno che gli uomini si espongano, si interroghino sulle radici profonde della violenza che alcuni di loro agiscono, sintomo di inadeguatezza e fragilità, questa sì, tutta interna al maschile. Abbiamo bisogno di forti voci e di salde immagini femminili che confliggano con la tradizione patriarcale che forgia e intrappola donne e uomini in stereotipi che soffocano le relazioni, gli affetti, i sentimenti e le emozioni" 
Ma voi, vi immaginate a sostenere un dibattito con la Lanfranco?  Avete presente quando Brunetta, quello nella versione di Crozza, beninteso, comincia a ripetere a raffica sempre lo stesso mantra, fino a prendere per sfinimento l'interlocutore?  Ecco: pensate un po' cosa dev'essere restare bloccato in ascensore con la Lanfranco e, qualora vi capitasse di trovarvela vicino al pianterreno, prendete le scale: quand'anche doveste andare al sedicesimo piano.

2 commenti:

  1. avv., quel "noi" è un plurale majestatis, vero? perché a me non viene in mente di aprire il Fatto nemmeno quando non ho alcuna idea per la mia vignetta semiquotidiana.

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  2. Forse queste argomentazioni sono più valide:
    http://giovannacosenza.wordpress.com/2013/11/20/pubblicita-progresso-sulle-donne-lennesimo-rituale-di-degradazione/

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