Oggi non ci sono i giornali, io ho la testa fusa e quindi mi distrarrò un po' tenendovi compagnia con un pippone lungo.
Come sapete, la signora qui a fianco, che si chiama Donatella Ferranti ed è capogruppo del PD alla commissione giustizia della Camera, ha sollevato un gran polverone affermando che il ministro Alfano ha introdotto surretiziamente nella manovra economica un emendamento fatto apposta per congelare gli effetti della sentenza con la quale il giudice Mesiano aveva condannato Fininvest a pagare a CIR un 750 milioni.
La cosa, troppo gustosa, è stata ripresa non solo dai blog (ché i blogger non sarebbero strettamente tenuti a fare un po' di fact-checking, anche se per amor proprio sarebbe pur sempre un bene) ma anche dai vari giornali, supinamente.
Ora vi dico un po' come stanno in effetti le cose.
Il 4 marzo 2010 è stato promulgato un decreto legislativo che contiene «norme in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali». Il D.Lgs. è stato emanato in attuazione di quanto previsto dall'art.60 della L. 18 giugno 2009, n. 69, che reca «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile».
Il concetto che sta alla base di quest'ultimo articolo è un po' questo: i Tribunali italiani sono ingolfati per millemila motivi, e uno di questi è che la gente va a far causa per una quantità di puttanate che si potrebbero risolvere in un batter d'occhio se solo ci si mettesse attorno a un tavolo con la voglia di ragionare.
Certo, per carità, ci sono tantissime cause molto serie. Ma ci sono anche uno sproposito di liti condominiali, risarcimenti per incidenti stradali, divisioni di eredità e di comunioni, diffamazioni e via discorrendo che sembrano avere l'unico scopo (e spesso HANNO l'unico scopo) di procurare lavoro agli avvocati.
Quindi, se si agevola (e addirittura si obbliga, in taluni casi) il ricorso a un organismo di mediazione, riusciremmo a liberare un gran bel po' di fuffa per lasciare i giudici a occuparsi di cose più serie.
Notate che la L.18/6/2009 è del giugno 2009, come dice il nome; mentre la sentenza del nostro giudice Mesiano è dell'ottobre 2009: e pertanto non possiamo certo dire si tratti di norma ad personam
Cosa succede poi? Succede che arriva la manovra economica di Tremonti, che è in esame al Senato. A un certo punto, a forza di raschiar fondi di barili, ci si accorge che c'è un fondo di 53 milioni stanziato per gli indennizzi previsti dalla L.24 marzo 2001, n. 89, quella che dice che chi subisce una lesione dei propri diritti per effetto della eccessiva lunghezza dei processi ha diritto a un risarcimento, e che è la base sulla quale si doveva innestare il cosiddetto "processo breve", come vi raccontavo qui e soprattutto qui, ove spiegavo che il "giusto processo" non sarebbe mai passato perché avrebbe mandato in bancarotta lo Stato.
E difatti, non solo di processo breve non si parla più, ma si tenta anche di liberare parte del fondo per il risarcimento dei processi lunghissimi, favorendo la riduzione del contenzioso civile pendente. Il che, se ci togliamo un secondo i paraocchi di tutto ciò che è avvenuto in passato, sarebbe una cosa meritoria, indipendentemente dal fatto che la proposta venga da Alfano o da Vendola, per dire un nome che fa sempre effetto.
Quindi il Ministro della giustizia prende i suoi assistenti e presenta un emendamento alla manovra economica che va in questa direzione. Ve lo trascrivo tutto, un po' perché ci ho il copincolla, un po' perché mi piace che ne assaporiate la lunghezza (chi non si curasse di sentirle, e avesse però voglia d'andare avanti nella storia, salti addirittura alla parte non rientrata):
Dopo l'articolo 48, è aggiunto il seguente:
«Art. 48-bis.
(Interventi urgenti per il rilancio della competitività attraverso
la riduzione del contenzioso civile pendente)
1. Al fine di conseguire un risparmio della spesa derivante dall'erogazione dell'indennizzo previsto dalla legge 24 marzo 2001, n. 89, stimato in euro 53.568.000 per gli anni 2011, 2012 e 2013, e di consentire un rilancio della competitività, anche attraverso la riallocazione nel sistema economico delle risorse immobilizzate dalla eccessiva durata del contenzioso civile, si applicano le seguenti disposizioni.
2. Il presidente di ciascun tribunale e di ciascuna corte d'appello entro il 31 gennaio di ogni anno redige un programma per la riduzione del contenzioso civile pendente e per l'attuazione nel settore civile del principio di ragionevole durata del processo previsto dall'articolo 111 della Costituzione. Il programma indica la durata media dei procedimenti civili contenziosi presso l'ufficio, fissa gli obiettivi di riduzione della durata raggiungibili nell'anno in corso, e determina le priorità di trattazione dei procedimenti, individuati per tipologie oggettive tenendo conto della durata, anche con riferimento agli eventuali gradi di giudizio precedenti, della natura e del valore della causa. Con il programma viene dato atto del conseguimento degli obiettivi fissati per l'anno precedente o vengono specificate le motivazioni del loro eventuale mancato raggiungimento. Il capo dell'ufficio giudiziario vigila sul rispetto delle priorità ed il programma viene comunicato al locale consiglio dell'ordine degli avvocati e viene trasmesso al Consiglio Superiore della Magistratura per essere valutato ai fini della confelma dell'incarico direttivo ai sensi dell'alticolo 45 del decreto legislativo 5 aprile 2006 n. 160.
3. Fino al 31 dicembre 2015 nei procedimenti civili contenziosi di competenza del tribunale e della corte d'appello in cui le parti ne facciano concorde richiesta ed in quelli la cui trattazione viene dichiarata prioritaria con il programma previsto dal comma 2 si applicano le disposizioni dei commi da 4 a 12.
4. Il giudice, nelle cause in cui fissa o è già stata fissata l'udienza per la precisazione delle conclusioni, ovvero per la discussione orale, ad una data successiva ai sei mesi, può nominare, anche con decreto pronunciato fuori udienza e comunicato alle parti, un ausiliario per la sollecita definizione della controversia. Con lo stesso provvedimento il giudice fissa l'udienza per il giuramento dell'ausiliario.
5. Il capo dell'ufficio giudiziario forma un albo degli ausiliari presso lo stesso ufficio e vigila affinché, senza danno per l'amministrazione della giustizia, gli incarichi siano equamente distribuiti. Nell'albo possono essere iscritti esclusivamente i soggetti in possesso dei seguenti requisiti: magistrati onorari, anche se cessati dal servizio da non più di cinque anni; avvocati con anzianità di iscrizione all'albo di almeno cinque anni; notai, anche collocati a riposo; magistrati ordinari, amministrativi e contabili collocati a riposo; avvocati dello Stato collocati a riposo; docenti o ricercatori universitari di materie giuridiche, anche collocati a riposo.
6. All'udienza fissata ai sensi del comma 4 l'ausiliario accetta l'incarico prestando giuramento di adempiere fedelmente il suo ufficio ed il giudice fissa l'udienza per la discussione della proposta prevista dal comma 7. L'ausiliario ha l'obbligo di astenersi e può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell'articolo 51 del codice procedura civile. Della ricusazione conosce il capo dell'ufficio giudiziario.
7. Entro novanta giorni dal giuramento, l'ausiliario deposita in cancelleria una relazione contenente la sintetica esposizione dei fatti oggetto di causa ed una proposta di decisione, con la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto sulla base dei quali ritiene che la causa deve essere decisa. La relazione è comunicata alle patti costituite con ogni mezzo idoneo ed è notificata al contumace.
8. Entro trenta giorni dalla comunicazione della relazione le parti, personalmente o a mezzo del loro difensore, possono dichiarare di accettare la proposta di decisione con apposita memoria o con dichiarazione resa in udienza. Quando le parti dichiarano di accettare la proposta dell'ausiliario e la causa ha ad oggetto diritti disponibili, il giudice provvede ai sensi dell'atticolo 185, terzo comma, del codice di procedura civile e l'accordo deve comprendere la liquidazione delle spese, ivi incluso l'onorario dell'ausiliario, determinato sulla base degli importi previsti dalla tabella di cui all'allegato A. Quando le parti dichiarano di accettare la proposta dell'ausiliario e la causa ha ad oggetto diritti non disponibili, se il giudice la ritiene condivisibile nel merito e conforme a legge, ne dispone con decreto l'omologa e provvede alla cancellazione della causa dal ruolo, pronunciando sulle spese. Il decreto costituisce titolo per l'esecuzione forzata, per l'iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione.
9. Fuori dei casi previsti dal comma 8, il provvedimento che definisce il giudizio può essere motivato anche mediante rinvio alla relazione redatta dall'ausiliario.
10. Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde al contenuto della proposta, il giudice può condannare la parte che non ha aderito alla proposta, anche se vittoriosa, al pagamento dell'indennità dovuta all'ausiliario. La misura dell'indennità spettante all'ausiliario viene determinata sulla base degli importi previsti dalla tabella di cui all'allegato A.
11. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde al contenuto della proposta, l'indennità dovuta all'ausiliario è posta a carico dello Stato ed è liquidata dal giudice sulla base degli importi previsti dalla tabella di cui all'allegato B. Agli oneri derivanti dal presente comma, valutati complessivamente in euro 9.380.000, si provvede mediante l'utilizzo delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni di cui al comma 16.
12. L'indennità dell'ausiliario è liquidata dal giudice con il provvedimento che chiude il processo davanti a lui, ovvero, in ogni altro caso, con separato decreto. In tale ultimo caso si applica l'articolo 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 e successive modificazioni.
13. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 163, comma 3, numero 7, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ''e che la motivazione della sentenza può essere resa nelle forme di cui all'articolo 281-decies'';
b) dopo il capo III-ter del libro II del titolo I è inserito il seguente:
''Capo III-quater
DELLA MOTIVAZIONE BREVE
Art. 281-decies. - (Motivazione breve della decisione). – Se non decide a norma degli articoli 275, 281-quinquies o 281-sexies, il giudice, entro trenta giorni dalla scadenza dei termini previsti dall 'articolo 190, fissa con decreto, entro i successivi trenta giorni, l'udienza per la pronunzia della sentenza con motivazione breve, disponendo la comparizione personale delle parti. All'udienza prevista dal comma che precede il giudice pronunzia sentenza dando lettura del dispositivo ed elencando sommariamente a verbale i fatti rilevanti, le fonti di prova e i principi di diritto su cui la decisione è fondata, anche con riferimento a precedenti conformi. La sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria.
Le parti che vogliono proporre impugnazione devono chiedere, con atto depositato in cancelleria entro il termine perentorio di quindici giorni dalla pronunzia della sentenza, la motivazione estesa redatta ai sensi dell'articolo 132, primo comma, n. 4, che il giudice deposita nei successivi trenta giorni. Del deposito è data notizia alle parti costituite con bigliello di cancelleria.
Dal momento del deposito della motivazione estesa la sentenza può essere notificata ai fini della decorrenza dei termini di cui all'articolo 325 e decorre il termine di cui all'articolo 327, primo comma'';
c) all'articolo 282, dopo il primo comma, è aggiunto il seguente:
''Nel caso previsto dall'articolo 281-decies, la sentenza è provvisoriamente esecutiva a seguito del deposito della motivazione estesa ovvero, se questa non viene richiesta, decorso il termine previsto dal terzo comma del medesimo articolo'';
d) all'articolo 283 del codice di procedura civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:
''Se l'istanza prevista dal comma che precede è inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l'ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000, stabilita in ragione del valore della causa. L'ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio'';
e) dopo l'articolo 324 è inserito il seguente:
''Art. 324-bis. - (Non impugnabilità della sentenza). – La sentenza resa ai sensi dell'articolo 281-decies, primo comma, non è soggetta ai mezzi di impugnazione indicati nell'articolo 324, quando nessuna delle parti ha chiesto la motivazione estesa'';
f) all'articolo 350, primo comma, dopo le parole: ''la trattazione dell'appello è collegiale'', sono aggiunte le seguenti: '', ma il presidente del collegio può delegare per l'assunzione dei mezzi istruttori uno dei suoi componenti'';
g) all'articolo 352 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
''Quando non provvede ai sensi dei commi che precedono, il giudice può decidere la causa ai sensi dell'articolo 281-sexies ovvero dell'articolo 281-decies;
h) all'articolo 431 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
''Se l'istanza per la sospensione di cui al terzo ed al sesto comma è inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l'ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000, stabilita in ragione del valore della causa. L'ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio''.
14. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 13, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
''1-bis. il contributo è aumentato della metà nei giudizi di impugnazione ed è dovuto nella misura fissa di euro 500 nei giudizi dinanzi alla Corte di Cassazione'';
b) all'articolo 14, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
''1-bis. Nell'ipotesi prevista dall'articolo 281-decies, terzo comma, del codice di procedura civile la parte che per prima deposita l'atto di richiesta della motivazione estesa della sentenza è tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato dovuto per il successivo grado di giudizio''.
Il maggior gettito derivante dall'applicazione delle disposizioni di cui al presente comma è versato all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnato, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, allo stato di previsione del Ministero della giustizia, per assicurare il pagamento dell'indennità dell'ausiliario nel caso di cui al comma 11.
15. I capi degli uffici giudiziari possono stipulare apposite convenzioni, senza oneri a carico delle finanze pubbliche, con le facoltà universitarie di giurisprudenza, con le scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e con i consigli degli ordini degli avvocati per consentire, su richiesta dell'interessato, lo svolgimento presso i medesimi uffici giudiziari di una parte del corso di dottorato di ricerca, del corso di specializzazione per le professioni legali o della pratica forense per l'ammissione all'esame di avvocato, per una durata non inferiore a sei mesi e non superiore a un anno. I soggetti previsti dal presente comma assistono e coadiuvano i magistrati nel compimento delle loro ordinarie attività, anche con compiti di studio, e ad essi ci applica l'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. AI termine del periodo di formazione i magistrati designati dal qpo dell'ufficio giudiziario redigono una relazione in merito all'attività svolta ed alla formazione professionale acquisita, che viene trasmessa agli enti di cui al primo periodo.
16. Nei procedimenti civili contenziosi aventi ad oggetto diritti disponibili che, alla data di entrata in vigore della presente legge, pendono dinanzi al tribunale, il giudice, su istanza anche di una sola parte, procede al tentativo di conciliazione previsto dall'articolo 185 del codice di procedura civile. Nei procedimenti civili contenziosi aventi ad oggetto diritti disponibili che, alla data di entrata in vigore della presente legge, pendono dinanzi alla corte d'appello, il giudice, su istanza di parte, anche con decreto pronunziato fuori udienza, rinvia il processo per un periodo di sei mesi per l'espletamento del procedimento di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, assegnando contestualmente alla pmte richiedente il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione, e le spese del medesimo procedimento sono integralmente anticipate dalla parte istante. Le istanze previste dal presente comma devono essere proposte, a pena di decadenza, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
17. Il programma di cui al comma 2 viene redatto per la prima volta entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge di conversione, e deve contenere l'indicazione degli obiettivi di riduzione della durata dei procedimenti civili contenziosi concretamente raggiungibili entro il 31 gennaio 2012. Le disposizioni di cui ai commi da 3 a 13 e di cui al comma 14, lettera b), si applicano anche ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge di conversione. Le disposizioni di cui al comma 14, lettera a), si applicano alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge di conversione. Nei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge di conversione nei quali una o più parti sono state dichiarate contumaci, l'articolo 281-decies del codice di procedura civile, come introdotto dal comma 13, lettera b), del presente articolo, si applica se, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge di conversione, una delle parti costituite notifica al contumace l'avviso che la motivazione della sentenza può essere resa nelle forme di cui all'articolo 281-decies del codice di procedura civile».
Notate in particolare quell'art. 16, che sostanzialmente dice che il procedimento di mediazione (quello che era già diventato legge PRIMA della sentenza Mesiano) forse forse può venir utile anche in sede di appello, non solo in primo grado; e quindi dispone che entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge una delle parti di un processo possa attivare la procedura, pagandone le relative spese, e che in tal caso il giudice dia un rinvio, necessario per la conclusione della mediazione.
Il che può star bene e non star bene, ma ha una sua logica, considerato che le Corti d'Appello sono MOLTO più ingolfate dei Tribunali (in quanto decidono sempre collegialmente, e vi sono molti meno giudici).
Non so quante siano le cause pendenti in appello, ma non mi stupirebbe se ce ne fossero una mezza milionata. Tra tutte queste c'è anche la causa Fininvest-CIR; e dire che Alfano ha scritto un emendamento lungo un Perù per infilarci dentro di nascosto al sedicesimo punto una norma che si applica a una mezza milionata di cause, tra le quali una che interessa al Presidente del Consiglio, è roba che mi fa vedere con occhio ben più benevolo tutti coloro che sono davvero convinti che nell'Area 51 ci siano i marziani in formalina, e che Marconi abbia davvero inventato la macchina per produrre energia dalla rumenta.
Anche perché, badate bene, la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva, e quindi Fininvest avrebbe dovuto aver già pagato la somma assegnata a CIR: non lo ha fatto, ottenendo la sospensione, ma solo in quanto ha presentato una fidejussione, che non è che si ottenga aggratis: costa un bel po' di soldini. Ragion per cui, da un punto di vista strettamente economico, pagare più tardi l'importo, in caso di conferma della condanna, non sarebbe di alcun vantaggio: il tempo perduto con manovre dilatorie Fininvest lo pagherebbe due volte: una volta in forma di interessi legali dovuti a CIR, e una seconda voltas in termini di commissioni passive sulla fidejussione.
fuck Aldo, non ho voglia di leggere.
RispondiEliminaMa è vero quello che ho capito io, cioè "se ti hanno assolto in primo (o in secondo) grado tu puoi decidere di pagare comunque il pizzo del 5% e stare in pace"? (che poi non è così diverso dal condono tombale...)
In tal caso, più che una norma pro-Silvio, è una norma che mostra come lo Stato vessi il povero contribuente (non scherzo)
Lo so, fa caldo.
RispondiEliminaQuanto al 5%, non so di che si parli. Mi risulta che ci fosse l'idea di introdurre il divieto di reformatio in peius nel penale, il che comunque richiederebbe una norma costituzionale. Hai qualche riferimento?
quello che avevo sentito ieri nella rassegna stampa di radiopop (o era il loro gr?) era che appunto si poteva bloccare il ricorso dell'accusa nel caso si pagasse questo pizzo. Ma magari avevo capito male, e non avevo proprio voglia di sfrucugliare in giro.
RispondiEliminaCi starebbe bene una battuta sulla rassegna stampa di radiopop.
RispondiEliminaComunque potrebbe anche essere, non mi stupisco più di nulla, ma immagino che per ora sia non più di una voce dal sen di Capezzone fuggita.
La stessa cosa del 5% io l'ho sentita sul tg di Sky, l'altro ieri mi pare. In realtà l'hanno appena accennata (però l'hosentita, questo è certo), poi hanno detto che mandavano in onda il servizio specifico, ma il sertvizio era talmente specifico che parlava di altro. E poi non ne ho sentito più nulla finché non ho letto il commento di .mau.
RispondiEliminanon metto in dubbio. Ma, mi chiedo, il 5% di che???
RispondiEliminaInfatti. Non l'ho mica capito.
RispondiEliminala rassegna stampa di Radiopop ha il problema di chi la fa (soprattutto la Natalia Milazzo...), poi è chiaro che ognuno sceglie quello che preferisce.
RispondiEliminaSul 5%, boh. Credevo fosse sul contenzioso con il fisco, ma nel caso del Lodo Mondadori non c'entra una cippa, in effetti.