mercoledì 3 febbraio 2010

Il processo breve

Ne avevo già parlato un po' qui, ma ieri, dopo aver sentito per l'ennesima volta raccontare sciocchezze in televisione, ho deciso di scrivere ancora qualche riga sul cosiddetto processo breve o, in termini più tecnici, sulla proposta di legge già approvata in Senato e ora all'esame della Camera al n. 3137.
La mia noia si appunta sulla circostanza che in ciascun salotto mediatico si enunci come una verità rivelata il numero di processi pendenti in Italia (che secondo la lezione più diffusa ammonterebbero a una decina di milioni), mettendo in un gran calderone la giustizia civile, penale ed amministrativa, e dando la falsa illusione che la norma proposta si applicherebbe a tutti i procedimenti e risolverebbe tutti i problemi sfoltendone una certa parte. Notate bene: qui non sto ragionando sul merito, se cioè io ritenga più o meno giusto far decadere un processo dopo un certo numero di anni: sto semplicemente illustrando come ciò non sia vero.

Il progetto di legge va a modificare la L. 24 marzo 2001 n. 89, secondo la quale chi abbia subito un danno, patrimoniale o meno, in conseguenza della durata non ragionevole di un processo, ha diritto ad un'equa riparazione. A tal fine chi chiede questo risarcimento deve ricorrere presso la Corte d'Appello, che stabilisce se egli abbia riritto all'equa riparazione, e in che misura.
Bene: cosa dice il progetto di legge? anzitutto statuisce che non è considerata irragionevole una durata "di due anni per il primo grado, di due anni per il grado di appello e di ulteriori due anni per il giudizio di legittimità, nonché di un altro anno per ogni successivo grado di giudizio nel caso di giudizio di rinvio". Non si dice che sopra tale limite la durata sia irragionevole, bensì che sotto tale limite non è irragionevole: che è cosa ben diversa.
Altri articoli del progetto di legge parlano poi del procedimento penale e del giudizio di responsabilità contabile, statuendo, solo per questi giudizi che superata una certa durata del processo (variabile secondo i casi) questo si estingua.
Il processo civile, che è poi quello che ingolfa i Tribunali e la cui durata talora è più una farsa che una tragedia, non può infatti venire estinto, come vado a spiegarvi.
Alla base del processo, di qualunque processo, c'è l'azione, che è un po' come il motorino di avviamento che fa partire tutto.
Se io credo che il mio condominio mi debba risarcire il danno per una macchia d'umidità, agisco nei suoi confronti chiedendo la condanna a risarcirmi, chessò, 1.000 euri. Così se credo di essere danneggiato da un medico incompetente, o se pretendo che mi venga consegnata della merce che ho pagato, o se voglio ottenere da un debitore il pagamento del proprio debito: in tutti questi casi bisogna esercitare un'azione presso il giudice competente.
La medesima cosa avviene in sede penale: se crede che Tizio abbia rubato una gallina, il PM esercita l'azione penale, chiedendo al GIP il rinvio a giudizio dell'imputato. E la stessa cosa più o meno avviene nel giudizio di responsabilità contabile, anche se lì l'azione è automatica: ma vi risparmio i dettagli del meccanismo.
Il concetto che però voglio farvi comprendere è che nel procedimento civile, l'azione pertiene a un privato per il riconoscimento di un proprio diritto, mentre nel procedimento penale l'azione pertiene solo al Pubblico Ministero a tutela dell'interesse pubblico. Pertanto, è possibile (prescindendo dal fatto che sia o meno giusto) che lo Stato decida che la lunghezza eccessiva del processo fa decadere il medesimo (e quindi l'azione penale), ma non è assolutamente possibile che la lunghezza del processo faccia decadere il processo (e quindi l'azione civile: in quanto ciò darebbe un vantaggio ingiusto e inammissibile al convenuto rispetto all'attore, vale a dire favorirebbe uno dei due privati citadini rispetto ad un altro privato cittadino.
Nel procedimento penale, invece, l'estinzione del processo comporta l'estinzione dell'azione penale, che pertiene solo allo Stato. Io personalmente ho fieri dubbi sul fatto che lo Stato possa rinunciarvi, sia pur per motivi oggettivi quali il decorso del tempo, dal momento che l'art. 112 Cost. dice che il PM ha l'obbligo di esercitare l'azione penale; ma è anche vero che esiste la prescrizione del reato, e quindi forse forse potrebbe anche avere spazio di legittimità la prescrizione del processo.
In ogni caso, per tornare a noi, è evidente che i processi civili continueranno ad essere pendenti esattamente come oggi, dato che nessuno verrà estinto per decorso del tempo. Anzi, se ci avete fatto caso, la proposta di legge dice che chi ha esercitato l'azione ha la possibilità di ricorrere in Corte d'Appello per vedersi risarcito il danno: e quindi, anziché diminuirne il numero, questa bella trovata avrà l'effetto di moltiplicare le cause pendenti, dato che chi si sia trovato a vedersi riconoscere le proprie ragioni oltre il termine di legge con tutta probabilità ricorrerà in questa forma per vedersi riconosciuto un ulteriore gruzzoletto.

5 commenti:

gliuommero ha detto...

Grazie per il post. Sono una vera fan della categoria "maestrino".

Anonimo ha detto...

E perché non parliamo anche della inciviltà degli italiani, che è la causa principale dell'ingolfamento della giustizia italiana?

La maggior parte delle cause pendenti innanzi ai giudici civili sono nell'ordine:

1) Controversie condominiali;
2) Controversie ereditarie, divisioni giudiziali et similia.

Con un po' di civiltà potrebbe superarsi tutto bonariamente; invece abbiamo pieni i tribunali di gente che fa causa per di farsi restituire i soldi usati per curare la nonna nel lontano '86 o di cause per spartirsi case di campagna decrepite.

Massimo ha detto...

apperò

m.fisk ha detto...

Ma tu non ti chiami mica Sartoni! [note to self: scrivere post sugli amici che perculano]

Massimo ha detto...

sì, sì

 

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