martedì 30 giugno 2009

Luca Ricolfi


Questo messaggio può apparire un po' criptico: è una battuta per un amico.

Parliamo di contenuti?

Francesco Costa, che ha partecipato all'incontro del Lingotto, sembra condividere il fatto che in quello sfortunato partito sia necessario parlare del merito e non del merito, come avevo suggerito* in un post precedente.
A differenza della Serracchiani, che sa formulare le domande ma non le risposte (pericoloso esporsi con le risposte, vero, Debora?), Costa un tema lo affronta, esponendo una posizione che non è tanto sua, quanto -a quanto pare dalle sue parole- condivisa dalla più parte dei presenti alla riunione: e purtroppo** non potrei trovarmi più in disaccordo.
A un certo punto prende la parola Giovanna Melandri e si limita a declinare questo concetto ideale in termini di proposta concreta, dicendo una cosa ovvia e per niente rivoluzionaria: «dovremmo iniziare a dirci che l’articolo 18 è un vecchio arnese».
Ecco: io non credo proprio che sia un vecchio arnese. e debbo constatare con un po' di rabbrividimento che quando dal nome del Caro Leader si passa al programma, le differenze tra me e loro divengono abissali.


* Ciò non significa in alcun modo che io creda che lui abbia anche solo letto il mio suggerimento, intendiamoci: non ho tale presunzione.
** Questo purtroppo è riferito al fatto che la sinistra con questo aborto di partito dovrà comunque confrontarsi, almeno per i prossimi vent'anni.

La Famiglia

Se un politico (sposato o meno) frequenta altre donne (sposate o meno) sono, in linea di massima, fatti suoi e della sua signora.
Se però lo stesso politico organizza i Family day e si pone quale paladino della famiglia tradizionale e contro le relazioni “irregolari”, allora credo sia dovere degli organi di informazione quello di informare.
Per fare un esempio uguale e contrario, immaginiamo un politico il quale, da imprenditore, tenga un atteggiamento di contrasto al sindacato, ma formalmente entro il limite della legalità: credo che se questi fosse di destra, la stampa potrebbe e forse dovrebbe ignorarlo; ma se fosse di sinistra sarebbe doveroso darne notizia.
Questo avevo scritto in un commento e riportato in questo post, a proposito della satiriasi del PresConsMin.

Altri l'hanno saputo dire molto più efficacemente.
(hat tip Rectoscopy)

lunedì 29 giugno 2009

Civati, PERT, Serracchiani e WBS

Faccio seguito a questo post nel quale commentavo criticamente coloro che veramente pensano che il segretario del principale partito di opposizione possa essere scelto tra coloro che fanno un bel discorso (Serracchiani) o tengono un blog interessante (Civati).
Ho pertanto ritenuto doveroso guardarmi gli interventi dell'uno e dell'altra al Lingotto (li trovate su Youtube) e posso ora trasse qualche conclusione.

Della candidatura della Serracchiani mi sembra destinata a perdersi perfino la memoria: se il suo merito era quello di aver saputo fare un bel discorso davanti a Franceschini, quello che ha tenuto davanti ai lingottini o piombini che dir si voglia dovrebbe procurarle anche la decadenza dalle cariche di eurodeputato e dirigente provinciale del partito, dato che ha detto poco, male, confusamente e contradditoriamente.
Diverso il caso di Civati (il cui blog, lo dico a scanso di equivoci, non seguo: ma altrettanto a scanso di equivoci rimarco che non lo faccio non per inimicizia personale ma semplicemente perché non ho mai avuto occasione di farlo).
Il Civati è stato infatti simpatico e brillante: è riuscito a scaldare la platea e a dire tutto ciò che voleva dire senza neanche far vedere troppo che leggeva un testo preparato. Non voglio dire un animale da palcoscenico, ma quasi.

Il problema, come altri hanno notato, è che in questa benedetta assise non si è mai parlato di quali siano i valori del PD, ma solo si come di deve costruire il PD. Non si è mai detto: «noi siamo per questo e contro quello», bensì «noi dobbiamo decidere se essere per questo o essere per quello».
Io non mi sento di condividere in tutto questa critica. Avendo fatto per un bel po' di tempo il project manager, e avendo imparato un po' di sigle astruse quali quelle che vedete nel titolo, insieme a cognomi più noti, ho imparato che quando si avvia un progetto è necessario spendere del tempo per definire come si farà il progetto.
Prima di mettersi a lavorare per raggiungere il risultato, che può essere l'organizzazione di una gita aziendale o la costruzione della diga di Assuan, è necessario definire come si lavorerà. E' contrario al senso comune, dato che sembra a chiunque che tutto quel parlarsi addosso sia semplicemente tempo sprecato, ma vi assicuro che è fondamentale per fare in modo che poi le cose funzionino.
Siete nel comitato che decide la gita aziendale? Prima di tutto decidete se le decisioni si prendono a maggioranza semplice, qualificata o all'unanimità; e in che giorni della settimana e a che ora ci si trova; poi passate a tutto il resto. Eviterete di litigare furiosamente due giorni dopo e di non riuscire a trovare una stanza una per le riunioni, poi.

Al Lingotto si è fatto ciò: si è parlato di come organizzare il Partito Democratico. Il che sembra bello, no?
Peccato che queste cose debbano essere fatte prima dell'avvio del progetto.
Quando il progetto non solo è già stato avviato, ma addirittura ha avuto il tempo di andare in vacca, discutere di metodologia progettuale è perfettamente inutile (e gurada caso è proprio una delle due cose che che si fanno quando un progetto fallisce miseramente, l'altra essendo la ricerca di un responsabile cui affibbiare l'intera colpa del fallimento).
Riconoscete a prima vista un team di progetto privo di una guida capace: è quello che prima pensa che la metodologia sia una perdita di tempo, e dopo perde tempo facendosi pippe sulla metodologia, quando l'unica cosa da fare sarebbe rimboccarsi le maniche.

Vi faccio un altro esempio: se progettate una nave, dovrete fare in modo che ci siano dei bei cartelli luminosi che indichino come arrivare alle scialuppe; ma se non li avete messi, e la nave sta affondando, chiudere a chiave le cabine per non fare uscire i passeggeri in attesa che gli operai avvitino i pannelli luminosi è una cretinata.
Questi del Lingotto (ma non solo loro, sia detto chiaro) si stanno facendo ora le pippe che avrebbero dovuto farsi due anni fa, quando hanno fondato un partito che non si capiva bene che cosa sarebbe stato, l'unico fattore critico di successo essendo il leader e le primarie. Hanno fatto un partito senza una linea, pensando che questa venisse dal cielo insieme a Veltroni e ai gazebo. Ora hanno fatto un buco nell'acqua grande come una casa, hanno capito che non bastano Veltroni e i gazebo, e discutono non di una linea, bensì di come darsi una linea: ma il rimedio è peggiore del male.
Perché si può fare, di ripartire dalla metodologia: ma solo a patto di esere pronti a prendere il progetto, buttarlo nel cesso e ripartire daccapo. In caso contrario bisogna entrare a gamba tesa sul merito: litigando, anche, ma affermando cose molto chiare e nette, e decidendo in qualche modo, anche a pugni, se necessario, quale sarà la linea di quell'oggetto pomposamente denominato "Partito Democratico"; dopodiché, una volta datagli la forma, che non vorrà starci potrà uscirne. 

sabato 27 giugno 2009

Meno male che Silvio c'è

Ve lo dico chiaramente: piuttosto che rischiare di farmi governare per cinque anni (o più probabilmente cinque mesi) da gente che è riuscita a scrivere quello che c'è scritto qui sotto, se domani ci fossero le elezioni traccio* la mia croce sul simbolo «Popolo della libertà - per BERLUSCONI».
Ve lo ricordavate questo post?
Ecco, appunto: vadano a cagare, una volta per tutte, ma sul serio.
No, dico: lo sapete quanto è lunga la normativa per eleggere il Presidente della Repubblica? 67 parole in tutto.
E voi credete davvero che un'accozzaglia di menti confuse, che non riesce neppure a darsi una regola chiara per eleggere i propri organi dirigenti sia in grado di dirigere un giorno il Paese? Chi ha partorito questo obbrobrio non può essere messo in condizione di prendere le leve del potere: mi tremano i polsi al pensiero di cosa potrebbe fare in seguito; e se ci pensate bene forse il penosissimo caso dell'unica volta in cui il vecchio leader ha mostrato le palle (la candidatura di Leoluca Orlando alla presidenza della Commissione di vigilanza) è meglio comprensibile leggendo quali bizantinismi ispiri il tema delle cariche.
Sapete bene che io non ho alcuna intenzione di votare per il PD, né ora né mai, e quindi della cosa dovrebbe calermi poco; ma una persona di sinistra che non sia malata di bilioso velleitarismo deve giocoforza pensare che se un giorno lontano le proprie idee potranno indirizzare la nazione, ciò dovrà essere necessariamente fatto in coalizione con il partito di cui stiamo parlando.
Che pena!


La Direzione del Partito Democratico, riunitasi il 26 giugno 2009, approva il seguente regolamento per le procedure di elezione del Segretario e dell’Assemblea Nazionale, dei Segretari Regionali e delle Assemblee Regionali, ai sensi del vigente Statuto del Partito.

I. CONVOCAZIONE E SVOLGIMENTO DELLE CONVENZIONI NAZIONALE E PROVINCIALI E DELLE RIUNIONI DI CIRCOLO


Articolo 1
(Convocazione del procedimento elettorale)

1. La Prima Convenzione nazionale del Partito Democratico è convocata per il giorno 11 ottobre 2009 .

2. Le Convenzioni provinciali si dovranno svolgere entro il 4 ottobre; le Convenzioni Regionali entro il 10 ottobre.

3. La Convenzione nazionale si svolge sulla base della presentazione delle candidature alla carica di Segretario e del confronto sulle relative linee politico-programmatiche, ai sensi delle disposizioni previste dallo Statuto.

4. La data di svolgimento dell’elezione del Segretario e dell’Assemblea nazionale, dei Segretari e delle Assemblee regionali è fissata per il giorno 25 ottobre.


Articolo 2
(Commissione nazionale e Commissioni provinciali)

1. La Direzione nazionale elegge, con la maggioranza dei tre quarti dei votanti, una Commissione Nazionale formata da 11 componenti, integrata successivamente da un rappresentante per ciascuna delle candidature presentate. Alla Commissione partecipa, in qualità di invitato permanente, il Presidente della Commissione Nazionale di Garanzia o un suo delegato. La Commissione, nella prima seduta, elegge al suo interno il coordinatore.

2. La Commissione, nello svolgimento dei suoi lavori e nelle decisioni che assume, si ispira al principio della ricerca del più ampio consenso.

3. Le Direzioni provinciali eleggono entro il 22 luglio, con la maggioranza dei tre quarti dei votanti, una Commissione Provinciale , formata al massimo da 11 componenti, successivamente integrata da un rappresentante per ciascuna delle candidature. Alla Commissione partecipa, in qualità di invitato permanente, il Presidente della Commissione di Garanzia o un suo delegato. La Commissione, nella prima seduta, elegge al suo interno il coordinatore.

4. In caso di mancata elezione, entro il 22 luglio, di una o più commissioni provinciali, la Commissione Nazionale entro il 30 luglio provvede alla nomina.


Articolo 3
(Presentazione delle candidature a Segretario nazionale)

1. Entro le ore 20.00 del 23 luglio vengono depositate presso la Commissione Nazionale le candidature alla Segreteria e le relative linee politico-programmatiche.

2. Tutte le candidature debbono essere sottoscritte:
da almeno il 10% dei componenti l’Assemblea Nazionale uscente, oppure, da un numero di iscritti compreso tra 1500 e 2000, distribuiti in non meno di cinque regioni, appartenenti ad almeno tre delle cinque circoscrizioni elettorali per il Parlamento europeo.

3. La Commissione nazionale cura la pubblicazione delle linee politico-programmatiche presentate e assicura a tutte eguale dignità e piena parità di diritti.

4. L’ordine di presentazione delle candidature sarà assunto anche come ordine di illustrazione delle candidature stesse, e delle relative linee politico-programmatiche, nel corso delle Convenzioni provinciali e delle Riunioni di Circolo.


Articolo 4
(Modalità di svolgimento delle riunioni di Circolo)

1. Le riunioni di Circolo si svolgono non oltre il 30 settembre.

2. Partecipano con diritto di parola e di voto alle riunioni di Circolo (territoriale e di ambiente) e possono essere eletti negli organismi dirigenti o di garanzia, nonché essere delegati ad una Convenzione di livello superiore, tutti gli iscritti al partito regolarmente registrati alla data del 21 luglio 2009.

3. Gli iscritti ai Circoli on line, regolarmente registrati, hanno diritto di partecipare con diritto di parola e di elettorato attivo e passivo alle riunioni dei Circoli territoriali o di ambiente da essi indicati all’atto dell’iscrizione come sede di esercizio dei propri diritti, ai sensi dell’art. 14, comma 2. dello Statuto.

4. In apertura delle riunioni di Circolo, su proposta del segretario del Circolo stesso, viene costituita e messa ai voti per l’approvazione una Presidenza, che ha il compito di assicurare il corretto svolgimento dei lavori e che garantisca la presenza di almeno un rappresentante per ciascuna candidatura. Fa parte della Presidenza un membro della Commissione provinciale o un suo delegato esterno alla stessa che è tenuto ad assistere ai lavori della riunione, con funzioni di garanzia circa il regolare svolgimento dei lavori.

5. In apertura delle riunioni di Circolo vengono presentate le linee politiche collegate ai candidati, assicurando a ciascuna di esse pari opportunità di esposizione, entro un tempo massimo di 15 minuti.

6. Le modalità e i tempi di svolgimento delle riunioni di Circolo devono garantire la più ampia possibilità di intervento agli iscritti.

7. Le riunioni di Circolo sono aperte alla partecipazione di elettori e simpatizzanti del Partito Democratico. La Presidenza dell’assemblea, sulla base dei tempi e delle modalità concrete di svolgimento della riunione, valuta la possibilità di dare la parola anche agli elettori e ai simpatizzanti che ne facciano richiesta.

8. Nel corso dello svolgimento della riunione, ed entro un termine fissato dalla Presidenza, vengono presentate le liste dei delegati alla Convenzione provinciale, collegate alle candidature alla Segreteria nazionale. Nella sua composizione ciascuna lista deve rispettare i principi dell’alternanza di genere. Possono essere delegati anche iscritti appartenenti ad altri Circoli della stessa Provincia. È possibile presentate più liste di delegati collegate allo stesso candidato alla Segreteria nazionale: in questo caso il presentatore della mozione nazionale dovrà autorizzarle.

9. La convocazione della riunione deve essere spedita a tutti gli iscritti al circolo almeno 5 giorni prima dello svolgimento, e deve indicare il giorno e l’ora di inizio della riunione, il programma dei lavori e l’orario di avvio e di fine delle votazioni, che dovranno durare non meno di una e non più di sei ore consecutive da collocare in orario di norma non lavorativo e dunque di preferenza dopo le ore 18. 00 o nel fine settimana. La votazione avviene assicurando la segretezza e la regolarità del voto. Lo scrutinio è pubblico e viene svolto dalla Presidenza immediatamente dopo la conclusione delle operazioni di voto.

10. E’ compito della Commissione nazionale predisporre il modello di scheda da utilizzare nelle votazioni previste nelle riunioni di circolo.

11. Il numero dei delegati da indicare in ciascuna riunione di Circolo è stabilito dalla Commissione provinciale, sulla base dei criteri fissati dalla Commissione nazionale.

12. La Commissione provinciale, acquisiti tutti i verbali delle Riunioni di Circolo, procede innanzitutto all’assegnazione dei seggi spettanti al complesso delle liste collegate a ciascun candidato a Segretario nazionale. A tal fine si utilizza il metodo del quoziente naturale e dei più alti resti. Il numero dei delegati da assegnare alla lista o alle liste collegate a ciascun candidato a Segretario nazionale è ottenuto dividendo il complesso dei voti da essa o da esse riportati per il quoziente naturale, ovvero il totale dei voti validi divisi per il numero dei delegati da eleggere, ed assegnando i seggi eventualmente così non assegnabili alle liste con i maggiori resti. Nel caso in cui vi siano più liste collegate al medesimo candidato, il complesso dei seggi ad esse attribuito viene tra loro ripartito con il medesimo metodo del quoziente naturale e dei resti più alti.

13. La Commissione provinciale procede quindi alla distribuzione nei singoli circoli dei seggi così assegnati alle varie liste. A tal fine si procede in primo luogo alla assegnazione dei seggi in ogni circolo attribuendo a ciascuna lista di circolo tanti seggi quanti quozienti naturali di circolo interi essa abbia conseguito in quel circolo. Il quoziente di circolo è dato dalla divisione tra la somma dei voti validamente espressi nel circolo e il numero di seggi da assegnare nel circolo stesso. Gli eventuali seggi residui sono attribuiti alle liste seguendo la graduatoria decrescente delle parti decimali del quoziente ottenuto da ciascuna lista sino alla attribuzione di tutti i seggi spettanti al circolo. A tal fine le operazioni di calcolo procedono a partire dal circolo con il minor numero di iscritti. Nella assegnazione dei seggi non si prendono più in considerazione le liste che abbiano già ottenuto tutti i seggi ad esse spettanti in base ai calcoli di cui al comma 12. Al termine di tali operazioni, i seggi che eventualmente rimangono ancora da assegnare ad una lista sono attributi alla lista stessa nei circoli ove essa abbia ottenuto i maggiori resti, utilizzando per primi i resti che non abbiano già dato luogo alla attribuzione di seggi. I seggi spettanti a ciascuna lista di circolo vengono assegnati ai candidati in base all’ordine di presentazione nella lista stessa.


Articolo 5
(Modalità di svolgimento delle Convenzioni provinciali)

1. La Convenzione provinciale è costituita dall’insieme dei delegati eletti dalle riunioni di Circolo.

2. In apertura della Convenzione provinciale, su proposta del segretario, viene costituita e messa ai voti per l’approvazione una Presidenza, che ha il compito di assicurare il corretto svolgimento dei lavori, e che veda la presenza di almeno un rappresentante per ciascuna candidatura. Fa parte della Presidenza un membro, o un delegato della Commissione nazionale, che è tenuto ad assistere ai lavori della riunione, con funzioni di garanzia circa il regolare svolgimento dei lavori.

3. In apertura della Convenzione provinciale vengono presentate le linee politiche collegate ai candidati, assicurando a ciascuna di esse pari opportunità di esposizione.

4. Le modalità e i tempi di svolgimento delle Convenzioni provinciali devono garantire la più ampia possibilità di intervento ai delegati, secondo le modalità previste per le riunioni dei circoli.

5. Nel corso dello svolgimento della Convenzione provinciale, ed entro un termine fissato dalla Presidenza, vengono presentate le liste dei delegati alla Convenzione nazionale, collegate alle candidature alla Segreteria nazionale.

6. La convocazione della Convenzione provinciale deve essere spedita a tutti i delegati almeno 3 giorni prima dello svolgimento e deve contenere il giorno e l’orario di inizio della seduta, il programma dei lavori e l’orario di avvio e di chiusura delle votazioni.

7. Il numero dei delegati da eleggere in ciascuna Convenzione provinciale è stabilito preventivamente dalla Commissione nazionale.

8. Il numero dei delegati spettante ad ogni mozione collegata a ciascun candidato Segretario è assegnato proporzionalmente in base al numero dei voti ottenuti nelle riunioni di circolo sulla base del metodo del quoziente naturale (totale dei voti diviso per il numero dei delegati da eleggere) e dei migliori resti. I delegati sono assegnati alle liste sulla base dei consensi ottenuti da ciascuna lista mediante il riparto proporzionale dei quozienti interi e dei più alti resti.

9. La delegazione di ogni mozione deve rispettare, nella sua composizione, il principio dell’alternanza di genere. Possono essere delegati anche iscritti appartenenti ad altre Provincie della Regione o eletti nella Regione. È possibile presentare più liste di delegati collegate allo stesso candidato alla Segreteria nazionale. In questo caso, fermo restando il numero dei delegati assegnati ad ogni mozione e il principio dell’alternanza di genere, questi vengono ripartiti tra le varie liste della stessa mozione sulla base del metodo del quoziente naturale (totale dei voti ottenuti diviso per il numero dei delegati da eleggere) e dei migliori resti. Partecipano al voto per la scelta dei delegati di ciascuna mozione alla convenzione nazionale, i soli delegati alla convenzione provinciale eletti nelle liste collegata alla medesima mozione e al medesimo candidato a Segretario nazionale. I seggi spettanti a ciascuna lista sono assegnati ai candidati secondo l’ordine di presentazione nella stessa lista.


Articolo 6
(Compiti della Commissione nazionale)

1. La Commissione nazionale, nominata ai sensi dell’art. 2 del presente Regolamento, procede, entro il 5 agosto, alla definizione dei delegati spettanti a ciascun Coordinamento provinciale/territoriale, assegnandone il 50% in ragione dei voti ottenuti dal Partito Democratico nelle elezioni del 2008 per la Camera dei Deputati, e il 50% in ragione del numero degli iscritti. Non vengono attribuiti delegati in ragione degli iscritti alle Province/territori i cui iscritti non sono regolarmente certificati.

2. La Commissione nazionale detta altresì i criteri di composizione delle Convenzioni provinciali, sulla base dei quali le Commissioni provinciali procederanno alla indicazione del numero dei delegati da eleggere in ciascuna riunione di Circolo.

3. La Commissione nazionale predispone il modello di verbale sulla base del quale registrare i risultati delle votazioni nelle riunioni di Circolo e nelle Convenzioni provinciali.

4. La Commissione nazionale assicura che un suo membro, o un delegato, partecipino allo svolgimento delle Convenzioni provinciali.

5. La Commissione nazionale promuove l’apertura della seconda fase del procedimento di elezione del Segretario nazionale e dell’Assemblea nazionale. La data di svolgimento dell’elezione del Segretario e dell’Assemblea nazionale, dei Segretari e delle Assemblee regionali è fissata per il giorno 25 ottobre.


Articolo 7
(Composizione della Convenzione nazionale)

1. La Convenzione nazionale è composta da:
a)1000 delegati eletti nelle Convenzioni provinciali. Ad ogni Coordinamento provinciale/territoriale è assegnato un minimo di due delegati.
b)Dai delegati per funzione: il Segretario nazionale e i candidati alla carica di Segretario nazionale; i componenti della Commissione nazionale, il Presidente della Commissione di garanzia.
Alla Convenzione nazionale partecipano, in qualità di invitati, i componenti della Commissione Nazionale di Garanzia.


Articolo 8
(Svolgimento della Convenzione nazionale)

1. In apertura della Convenzione nazionale, su proposta del Segretario, viene costituita e messa ai voti per l’approvazione una Presidenza, che ha il compito di assicurare il corretto svolgimento dei lavori e che veda la presenza di almeno un rappresentante per ciascuna candidatura.

2. In apertura della Convenzione, la Commissione nazionale comunica ufficialmente i risultati delle votazioni svoltesi nelle riunioni di Circolo e, sulla base di quanto stabilito dallo Statuto (art. 9, comma 6), determina il numero dei candidati ammessi alla seconda fase del procedimento di elezione del Segretario nazionale, ovvero “i tre candidati che abbiano ottenuto il consenso del maggior numero di iscritti purché abbiano ottenuto almeno il cinque per cento dei voti validamente espressi e, in ogni caso, quelli che abbiano ottenuto almeno il quindici per cento dei voti validamente espressi e la medesima percentuale in almeno cinque regioni o province autonome”.

3. In apertura della Convenzione nazionale vengono presentate le linee politiche collegate ai candidati, assicurando a ciascuna di esse pari opportunità di esposizione.


Articolo 9
(Dibattito politico e programmatico nel corso della Convenzione Nazionale)

1. Le modalità e i tempi di svolgimento della Convenzione nazionale devono garantire la più ampia possibilità di intervento ai delegati.

2. La Convenzione nazionale istituisce una o più Commissioni tematiche con il compito di elaborare ipotesi di modifica dello Statuto, del Codice etico o del Manifesto dei valori, le quali saranno trasmesse alla Assemblea Nazionale eletta il successivo 25 ottobre.


Articolo 10
(Elezione del Segretario e dell’Assemblea Nazionale)

1. La Commissione nazionale, ai sensi dell’art. 9, comma 7, dello Statuto determina, entro il 5 settembre, la ripartizione territoriale dei componenti l’Assemblea nazionale (fissati nel numero di 1000 dall’art. 4, c.1, dello Statuto), definendo il numero dei seggi spettanti alle diverse circoscrizioni regionali e il numero dei collegi in cui ciascuna di esse è articolata. Tale ripartizione viene effettuata proporzionalmente per il 50% sulla base della popolazione residente e per il restante 50% sulla base dei voti ricevuti dal Partito Democratico nelle elezioni del 2008 per la Camera dei Deputati.

2. Con l’eccezione della Valle d’Aosta e del Molise, le circoscrizioni regionali sono articolate in collegi nei quali sono assegnati da un minimo di quattro ad un massimo di nove seggi. Le province autonome di Trento e Bolzano costituiscono ciascuna una circoscrizione. Nella composizione delle liste deve essere rispettata l’alternanza di genere.

3. La Commissione nazionale determina i confini di ciascun collegio assumendo, di norma, i confini provinciali o i confini dei territori corrispondenti ai coordinamenti territoriali del Partito. La Commissione nazionale, sentita la Commissione provinciale, determina anche i confini di eventuali collegi sub-provinciali, qualora questo sia reso necessario dal numero di seggi spettanti alla relativa provincia.

4. In ciascuna circoscrizione regionale viene istituita una Commissione regionale. Alla Commissione regionale spettano le funzioni di cui ai commi 8, 9 e 10. La Commissione regionale, su proposta del Segretario regionale, viene eletta dalla Direzione Regionale, con la maggioranza dei tre quarti dei votanti, entro il 23 luglio.

5. In ciascun collegio possono essere presentate una o più liste collegate a ciascun candidato alla Segreteria. Sono ammesse le liste presenti in almeno la metà dei collegi di una circoscrizione regionale. Le liste devono essere sottoscritte da almeno 50 iscritti in ciascun collegio.

6. La presentazione delle liste avviene su base regionale, depositando l’elenco dei candidati presso la Commissione regionale, entro le ore 20.00 del 12 ottobre. Ciascuna
lista deve indicare a quale, tra i candidati alla Segreteria ammessi, essa intenda collegarsi. Entro due giorni dalla presentazione delle liste, le Commissioni regionali accertano l’accettazione del collegamento da parte del candidato alla segreteria nazionale.

7. Ciascuna commissione regionale, accertati i collegamenti tra candidati alla Segreteria e liste di candidati all’Assemblea nazionale, predispone il modello di scheda per ciascun collegio, sulla base dei criteri indicati dalla Commissione nazionale.

8. Ciascuna commissione provinciale, entro il 21 settembre, determina il numero e l’ubicazione delle sezioni elettorali, sulla base di criteri di omogeneità territoriale e demografica, prevedendo di norma una sezione per ogni Comune ad eccezione dei Comuni superiori ai 30.000 abitanti.

9. I seggi assegnati a ciascun collegio sono ripartiti proporzionalmente tra le liste, secondo il metodo del quoziente naturale (totale dei voti validi del collegio / numero dei seggi del collegio), attribuendo tanti seggi quanti sono i quozienti pieni ottenuti da ciascuna lista. I voti residui non utilizzati vengono conteggiati a livello di circoscrizione regionale, assegnando, con il medesimo metodo, i seggi non ancora attribuiti. Gli ulteriori seggi non attribuiti sulla base di un quoziente pieno, vengono assegnati alle liste che abbiano riportato i migliori resti. I seggi così assegnati vengono poi attribuiti ai collegi che non abbiano ancora visto assegnati tutti i propri seggi spettanti, e alle liste che abbiano conseguito il miglior rapporto tra voti residui e quoziente di collegio.

10.A conclusione delle operazioni di voto in ciascuna sezione elettorale viene redatto un verbale che viene immediatamente trasmesso alla Commissione provinciale, la quale, a sua volta, acquisiti tutti i verbali dei collegi, li trasmette alla Commissione regionale, per le operazioni di calcolo di propria competenza. La commissione regionale, conclusa la procedura di attribuzione di tutti i seggi spettanti, trasmette il verbale dei risultati e i nomi degli eletti alla Commissione nazionale, proclama eletti i membri dell’Assemblea Nazionale e ne da comunicazione alla Commissione nazionale.

11. I membri dell’Assemblea nazionale vengono eletti sulla base dell’ordine di presentazione nella lista.


Articolo 11
(Diritto e modalità di voto)

1. Possono partecipare al voto per l’elezione del Segretario e dell’Assemblea Nazionale, tutte le elettrici e gli elettori che, al momento del voto, rientrano nei requisiti di cui all’art. 2. comma 3, dello Statuto, ovvero le elettrici e gli elettori che sono registrati nell’Albo degli elettori e delle elettrici del Partito Democratico, o che, prima di esprimere il proprio voto, dichiarino e sottoscrivano la richiesta di registrazione.

2. La Commissione nazionale predispone il modello per la registrazione degli elettori. Tale modello prevede, oltre al nome e cognome, i dati anagrafici, la residenza dell’elettore, e un eventuale indirizzo di posta elettronica. Il modello della registrazione contiene altresì l’esplicita autorizzazione dell’elettore all’uso dei suoi recapiti al fine di ricevere informazioni e notizie sull’attività del Partito Democratico.

3. Ogni elettrice ed elettore, per poter esprimere il proprio voto, è tenuta/o a devolvere un contributo di 2 euro destinato direttamente al finanziamento dei circoli e alle spese per l’organizzazione delle elezioni.

4. L’elettrice/elettore esprime il suo voto tracciando un unico segno su una delle liste di candidati all’Assemblea Nazionale.


Articolo 12
(Proclamazione dei risultati e nomina del Segretario)

1. La Commissione nazionale, acquisiti tutti i verbali circoscrizionali, comunica i risultati del voto e convoca la prima riunione dell’Assemblea nazionale entro 14 giorni.

2. L’Assemblea nazionale, sotto la presidenza provvisoria della Commissione nazionale, elegge il proprio Presidente. Le modalità di presentazione delle candidature alla carica di Presidente dell’Assemblea Nazionale e le relative modalità di voto, vengono proposte dalla Commissione nazionale e approvate dall’Assemblea.

3. Il Presidente dell’Assemblea Nazionale proclama eletto alla carica di Segretario il candidato che, sulla base delle comunicazioni della Commissione nazionale, abbia riportato la maggioranza assoluta dei membri dell’Assemblea Nazionale eletti nelle liste a lui collegate.

4. Qualora nessun candidato abbia riportato tale maggioranza assoluta, il Presidente dell’Assemblea nazionale indice, in quella stessa seduta, il ballottaggio a scrutinio segreto tra i due candidati collegati al maggior numero di componenti l’Assemblea e proclama eletto Segretario il candidato che ha ricevuto il maggior numero di voti validamente espressi.



II. LE GARANZIE CONGRESSUALI



Articolo 13
(Anagrafe degli iscritti)

1. La Direzione Nazionale del Partito, all’atto della costituzione della Commissione nazionale, affida alla Commissione stessa la responsabilità di accesso e vigilanza sull’anagrafe degli iscritti e sull’Albo degli elettori.

2. L’anagrafe è redatta dall’ufficio adesioni provinciale e certificata dalla Commissione provinciale di garanzia che la ratifica con il voto della maggioranza dei 2/3 dei componenti. L’anagrafe così certificata viene trasmessa all’ufficio adesioni regionale e nazionale. Qualora la Commissione provinciale di garanzia non approvi, come precedentemente stabilito con il voto della maggioranza dei 2/3 dei componenti l’anagrafe, sarà compito della Commissione regionale di garanzia esaminare ed approvare l’anagrafe provinciale con la stessa maggioranza.

3. L’assegnazione dei delegati alle diverse Convenzioni provinciali è stabilito sulla base dei criteri di cui all’art. 6, comma 1 del presente Regolamento.

4. Le commissioni per l’Anagrafe, ove costituite, e in loro assenza le Commissioni di Garanzia collaborano, fino all’insediamento delle Commissioni nazionale e provinciali, con gli organi dei coordinamenti territoriali e delle Unioni regionali al fine di assicurare la formazione degli elenchi degli iscritti e la loro trasmissione ai livelli regionali e nazionali. Tali elenchi, risultanti dall’Anagrafe, debbono consentire l’identificazione degli aventi diritto al voto.

5. La Commissione nazionale ha il compito di acquisire gli elenchi nominativi degli iscritti.

6. I Circoli hanno l’obbligo di presentare al Coordinamento provinciale/territoriale gli elenchi completi dei propri iscritti.
In caso di presunte irregolarità gli iscritti possono presentare – entro 2 giorni dalla pubblicazione degli elenchi - formale reclamo alla Commissione provinciale. La Commissione è tenuta a pronunciarsi entro due giorni. Contro la decisione, o in caso di inerzia, può essere proposto motivato ricorso alla Commissione regionale di Garanzia.

7. La Commissione nazionale di garanzia è incaricata di redigere entro il 21 luglio 2009 il regolamento di cui all’Articolo 42 dello Statuto nazionale del partito ed in particolare di disciplinare le modalità di accesso ai dati contenuti nell’Anagrafe degli iscritti da parte dei dirigenti di ciascun livello territoriale, dei candidati ad elezioni interne e dei candidati del Partito democratico a cariche istituzionali elettive, avendo cura di definire le procedure atte a garantire ai candidati su basi paritarie la possibilità di comunicare con gli iscritti.


Articolo 14
(Le garanzie)

1. La commissione nazionale provvede a disciplinare la diffusione più ampia possibile delle linee politico-programmatiche presentate dai candidati alla carica di Segretario e, allo scopo di garantire pari opportunità tra i candidati, stabilisce gli indirizzi e le modalità per la equa ripartizione delle attività di comunicazione e delle risorse finanziarie.

2. Le commissioni per la Convenzione, ai vari livelli, hanno il compito di garantire che la procedura di elezione del Segretario e dell’Assemblea Nazionale si svolga in modo democratico e che in tutte le iniziative e in tutti i momenti del dibattito sia assicurata piena parità di diritti, nei modi previsti dal regolamento, a tutte le mozioni politiche.

3. Sulla base di quanto previsto dal regolamento di autodisciplina della campagna elettorale per le elezioni del 14 ottobre 2007, la Commissione Nazionale di Garanzia approva, entro il 21 luglio 2009, il regolamento che disciplina i limiti di spesa e la trasparenza relativa ai contributi e alle spese sostenute dai candidati ispirandosi ai principi di sobrietà e correttezza di cui al punto 3, lettera d del Codice Etico.

4. Eventuali contestazioni sulla regolarità del percorso e della gestione delle riunioni di Circolo e delle Convenzioni vanno rivolte alle Commissioni competenti in merito.

5. I ricorsi riguardanti richieste di annullamento, per gravi irregolarità, di Convenzioni provinciali, o di singole decisioni da essi prese, vanno presentati entro 2 giorni dallo svolgimento di tali Convenzioni prima alla Commissione regionale e poi alla Commissione nazionale, che sono chiamate a decidere, in modo insindacabile, entro i 2 giorni successivi.

6. I ricorsi riguardanti le riunioni di Circolo vengono sottoposti, con le stesse modalità, alle Commissioni provinciali e, in seconda istanza, a quelle regionali.


Articolo 15
(Elezione dei Segretari Regionali)

1. Le Direzioni Regionali, ai sensi degli art. 15 e 45 dello Statuto e in coerenza con quanto previsto dal presente regolamento, approvano, entro il 23 luglio 2009, il regolamento regionale che stabilisce la data e le modalità per lo svolgimento della convenzione regionale.

2. Nella stessa seduta eleggono con la maggioranza dei tre quarti dei votanti, una Commissione Regionale, formata al massimo da 11 componenti, successivamente integrata da un rappresentante per ciascuna delle candidature. Alla Commissione partecipa, in qualità di invitato permanente, il Presidente della Commissione di Garanzia o un suo delegato. La Commissione, nella prima seduta, elegge al suo interno il coordinatore.

3. Entro le ore 20.00 del 31 luglio vengono depositate presso la Commissione regionale le candidature alla carica di Segretario regionale e le relative linee politico- programmatiche. Tutte le candidature debbono essere sottoscritte: da almeno il 10% dei componenti l’assemblea regionale uscente oppure da un numero di iscritti pari all’1% degli iscritti certificati nella regione e comunque non meno di 150.


Articolo 16
(Elezione dei Segretari Provinciali e di Circolo)

1. Ai sensi dell’art 15 dello Statuto e dei rispettivi Statuti regionali, le Direzioni Regionali deliberano, entro il 23 luglio, i tempi e le modalità delle elezioni dei Segretari provinciali e di circolo che dovranno comunque svolgersi tra il 15 novembre 2009 e il 17 gennaio 2010 oppure tra il 4 aprile e il 30 maggio 2010. In caso di mancata approvazione del regolamento entro 23 luglio 2009 provvede la Commissione nazionale. In ogni caso gli iscritti che hanno diritto di voto sono quelli regolarmente registrati alla data del 21 luglio 2009.


Articolo 17
(Partecipazione al voto degli italiani all’estero)


1. La commissione nazionale nomina un comitato, composto da sette membri che, secondo i criteri e le modalità stabilite dal presente regolamento, promuove e organizza la partecipazione al voto degli italiani all’estero.


Articolo 18

1. Alla commissione nazionale è demandato il compito di intervenire con appositi indirizzi e norme esplicative del regolamento approvato.


* è un indicativo, lo so.

venerdì 26 giugno 2009

Pangloss (buone notizie /3)

Un'interessante intervista del Corriere a Filippo Penati.
Voi direte: e che, è una buona notizia, questa? Essì, e ve lo dimostro.
L'intervista chiude con la seguente domanda:

Sarà Filippo Penati il candidato sindaco a Milano per il 2011?
«Io vedo il mio ruolo qui e credo di poter dare un contributo, poi si vedrà come. Ma è il principio che deve essere chiaro: abbiamo dimostrato che si può vincere, cerchiamo di non arretrare».

Ci sono ben due motivi per considerare questa una buona notizia.
Il primo, che una candidatura che comincia a circolare con tale anticipo è praticamente bruciata già in partenza, e se ciò e vero vi sono buone possibilità che Penati non abbia a veder stampato il suo nome su una scheda elettorale (salvo che lo imbarchi in corsa il Carroccio, chissà).
Il secondo, che qualora il precedente punto si dimostrasse falso, e quindi il Penati dovesse per avventura presentarsi come candidato alla poltrona di Sindaco di Milano, ciò sarebbe nella più ortodossa tradizione dei candidati del centrosinistra in questa sfortunata città: una conferma che il mondo non ha ancora cambiato direzione.
E' una cosa che dà un senso di fiducia: direi di continuità tra il passato e il presente.

Insomma: sia che Penati si presenti, sia che non si presenti, c'è almeno un motivo di gioire: siete convinti ora che viviamo nel migliore dei mondi possibili?

Onfaloscopia

Ecco: l'idea che circola su notissimi blog, che Giuseppe Civati sia l'ideale prossimo segretario del principale partito d'opposizione, mi fa pensare che la frequentazione delle reti faccia perdere il senso della realtà.
Senza offesa per nessuno, intendiamoci.

giovedì 25 giugno 2009

Wordpress

Oggi ho tirato su un blog con Wordpress, e devo confessare che l'installazione dell'accrocchio è stata incredibilmente semplice.
Their famous 5-minute installation l'ho fatta fuori in quattro minuti, e la configurazione del tutto me ne avrà richiesti altri cinque in tutto. E notate che: a) non l'avevo mai visto prima e b) da ex BOFH non sono proprio un fulmine di guerra, con le cose che non conosco.
Insomma: complimenti agli sviluppatori.

Traffic jam


Nel caso potessi aver avuto qualche dubbio, il post pubblicato nel tardo pomeriggio di ieri e il grafico dei log a meno di 24 ore di distanza mi hanno definitivamente convinto che non vi sia alcuna correlazione tra la qualità di un articolo e la quantità di visite.

mercoledì 24 giugno 2009

Tracce dei temi per l'esame di Stato / esame di maturità

aggiornamento
guardate: le trovate qui, senza dannarvi troppo.


Abbiamo ricevuto in via riservatissima in anteprima in segreto in via confidenziale le tracce per i temi di maturità 2009.

I temi di maturità 2009
I temi dell'Esame di Stato
per il liceo classico
il liceo scientifico
il liceo linguistico.

(non è vero, ovviamente: solo per vedere l'effetto che fa sul contatore degli accessi: sono geloso dei miei amici professori)

I grandi dubbi esistenziali di m.fisk /2

Dario Franceschini ha fatto un video che ha messo sul suo sito.
Non ha messo il testo, il che sarà pure una dimenticanza e una mancanza di rispetto per i sordi; ma soprattutto è cosa comoda perché le parole scritte si possono analizzare molto meglio di quelle dette, che volano e volando rendono difficile porsi dubbi.
C'è comunque qualche parziale trascrizione, ad esempio qui.

E mi chiedo: ma quando Franceschii dice che "Non posso riconsegnare il partito a quelli che c'erano prima di me, molto prima di me", a chi si riferisce?
Perché, salvo mi sia sfuggito qualcosa, "prima di lui" c'erano Veltroni e lui; e "molto prima di lui" non c'era il PD e Veltroni.
Tutta questa messinscena per dire che Veltroni gli sta un po' sulle palle?

Dichiarazioni confessorie

Noi non ne abbiamo mai avuto alcun dubbio.

martedì 23 giugno 2009

Mangimi per ottusi

Rispondendo alla sollecitazione di una giovane promessa della scuola italiana, che si chiedeva che c'entrasse il cibare ("feed") con gli amici ("friend") o i bruciatori ("burner"), ho cercato in rete un link di qualcuno che l'avesse già spiegato in parole semplici; purtroppo tutti coloro che ho trovato che parlano di "feed RSS" cominciano a parlare di XML e interoperabilità: che è giusto ma non è proprio per ottusi ("dummies"): così ho creduto fosse meglio scrivere la mia personalissima interpretazione.
Scritta da uno che non si occupa di queste cose, e si permette di utilizzare termini a casaccio e in libertà: ma forse per questo adatti a chi non sa da dove cominciare.

C'era un tempo in cui gli uomini erano veri uomini e per fare una pagina web si mettevano con il blocco note e scrivevano il codice html della pagina: in pratica scrivevano una sorta di descrizione di ciascuna cosa comparisse nella paginetta: testi, colori, fotografie, collegamenti; e per ciascuno di essi posizione, grandezza, stile (corsivo, grassetto...).
Tutto ciò per ciascuna pagina.
Certo, si poteva copincollare una pagina e usarla per modello per la successiva; ma se a un certo punto, per avventura, si fosse voluto togliere la foto di Stalin, caduto improvvisamente in disgrazia, si sarebbero dovute modificare tutte le pagine una ad una. C'erano dei programmi che lo facevano, ma la cosa era incredibilmente complessa.

A un certo punto è nato il Web 2.0: che vuol dire che per un certo tipo di siti, che contengono contenuti che vanno tenuti aggiornati, quali i blog, posso mettere da una parte i contenuti, dall'altra il contenitore e trattarli separatamente.
Così facendo, se decido di scrivere un articolo nuovo, come questo, io mi devo solo preoccupare del testo, mentre il programma contenitore si occuperà di piazzarlo in cima a una lista, creare i collegamenti, inserirlo in un indice, e così via.
Se Ipazia decide di cambiare una delle sue belle foto d'apertura, non dovrà andare a farlo articolo per articolo: dirà al programma contenitore di farlo, e da qual momento la foto sarà cambiata ovunque.
Chi usa un blog sa che si può perfino, con un solo clic, reimpostare tutta la pagina facendo andare a destra quel che prima era a sinistra, blu quel che era rosso e in alto ciò che stava in basso: tutto ciò cambiando il template, cioè una serie di istruzioni che dicono come dev'essere l'organizzazione del contenitore.

Quest'innovazione ha avuto un effetto non secondario: vale a dire che ora ho da qualche parte la disponibilità dei contenuti nudi, senza orpelli. L'articolo che scrivo verrà inserito in una pagina, ma nella macchina, da qualche parte, ci sarà l'essenza (la sostanza) dell'articolo; essendo cosa evidente, e da verun negata, non essere gli altri orpelli se non puri purissimi accidenti.
Questo vuol dire che io posso prendere la sostanza e condividerla con altri, senza bisogno di andare a vedere tutta la pagina web: il che è molto comodo, dacché un cristiano guardando la pagina riesce abbastanza facilmente a separare l'articolo dall'orpello, ma una macchina, se la pagina non l'ha creata lei, può trovarsi in una certa difficoltà.

E dato che gli articoli sono come le ciliegie, che l'uno tira l'altro, posso anche prendere tutto il flusso degli articoli prodotti e metterli l'uno in fila all'altro, come i vagoni di un trenino. Ecco: questo flusso è il web feed, impropriamente chiamato Feed RSS (impropriamente perché RSS è una species* del genus* Feed).

Il Feed lo possiamo costruire in vari modi: possiamo decidere di metterci dentro solo il titolo degli articoli; o il titolo e qualche decina di parole; o il testo intero dell'articolo; o il testo intero con link e fotografie, secondo cosa ci prefiggiamo.
Il Feed può essere poi letto da molti soggetti: lo può fare Google (o Liquida, o Blogbabel...), per aggiornare il proprio motore di ricerca; lo può fare un programma che crea una pagina di novità estrapolate da un certo numero di siti e riassemblate secondo uno schema comune, come Friendfeed; lo può fare anche ciascuno di noi utilizzatori, al solo fine di avere sottomano una rubrica di ciò che più ci interessa, e tenerci così aggiornati su ciò che scrive chi stimiamo o chi desideriamo sbeffeggiare.

Uno dei problemi del presentare ai lettori un Feed è che quando il lettore va a vedersi la pagina web, possiamo far scattare un contatore, e bearci nel vedere quanti polli leggano i nostri sproloqui; mentre se gli utenti leggono il feed non andranno a visitare la pagine web, e noi avremo l'impressione di essere la particella di sodio nell'acqua Lete.
Ci viene in aiuto Feedburner, il quale prende il feed dal nostro blog e lo ripropone, volendo anche con aggiunte e utilità varie, e oltretutto ci consente di contare, attraverso una pagina di statistiche, quante persone si sono lette il feed medesimo: così anche la nostra autostima è salva, e il nostro pensiero può circolare meglio.



* sapendo che qui si trabocca di cultura classica, prego i destinatari della presente di voler correggere gli errori di declinazione: ché qui siamo ignoranti, ma ci teniamo alla forma.

lunedì 22 giugno 2009

Erezione, orgasmo, eiaculazione

Dato che ne ho parlato con alcuni colleghi, che avevano informazioni non esatte, vi racconto come stanno in verità le cose in merito agli argomenti che formano il titolo di questo post, come le ho apprese dalla viva voce di un mio amico che fa l'urologo in un'ospedale milanese di proprietà di una fondazione riconducibile a un prete il cui cognome richiama un ortaggio invernale utilizzato nella cucina lombarda, noto (l'ospedale) per la qualità delle cure e il gran numero di personaggi di primissimo piano che ivi vanno a farsi curare.
Mi scuserete se certe espressioni sono un po' approssimate, ma non avevo da prendere appunti.

L'atto sessuale maschile è scomponibile in tre processi: erezione, orgasmo, eiaculazione: tali processi sono fisiologicamente distinti e fanno capo a rami nervosi autonomi. Ciò implica che l'assenza di erezione per causa nervosa non influisca in alcun modo sulla capacità di avere orgasmi né su quella di eiaculare.
Nel caso dell'intervento di prostatectomia, cui si sottopongono coloro che soffrono di tumore alla prostata, fino a non molto tempo fa l'operazione comportava la distruzione dei nervi che comandano l'erezione, i quali passano di fianco alla prostata; e l'assenza della prostata in sé non consente l'eiaculazione: ne conseguiva una completa impotenza del soggetto operato.

Successivamente sono avvenute due cose molto importanti: anzitutto, si è sviluppata una tecnica operatoria, applicabile nella maggioranza dei casi di tumore diagnosticato tempestivamente, che consente di salvare i nervi dell'erezione nel 70-80% dei casi.
In secondo luogo, sono stati studiati dei ritrovati farmacologici che consentono di avere una erezione completa anche qualora i suddetti nervi fossero stati danneggiati. Non si tratta del Viagra, che agisce sulla circolazione ed ha l'effetto di sostenere l'erezione, e quindi non serve a nulla quando l'erezione proprio non c'è: si tratta, invece, di iniezioni locali di prostaglandine (un tempo si utilizzava la papaverina, ora non più) che agiscono in pochi minuti.
Il soggetto prostatectomizzato può così avere la sua bella erezione e, grazie ad essa, l'orgasmo: ovviamente non l'eiaculazione, mancando della prostata che è fondamentale per tale evento.
Le prostaglandine vengono somministrate mediante un'iniezione alla base del membro: si tratta di una pratica che sembra cruenta ma che viene fatta con siringhe tipo insulina, con aghi molto corti e sottili, ed è quasi indolore.

Questo è quanto: ognuno ne tragga le conseguenze del caso e sappia cosa dire alle cene eleganti quando il vicino, tra un'ostrica e un cannolicchio, cita gli articoli di Vittorio Feltri.

L'esito dei referendum (a caldo)

Sarebbe bello che, ad urne chiuse e risultato definito, coloro che si sono schierati per il Sì agli ennesimi improvvidi referendum in materia elettorale si ricredessero e comunciassero a fare un po' di vecchia, sana autocritica.

Non voglio qui parlare di chi ha partecipato alla raccolta di firme e poi si è ricreduto. Non che ricredersi sia un atto sordido, anzi! Ma il sospetto che uno come Di Pietro abbia partecipato alla raccolta credendo di trarre un vantaggio tattico dal referendum, e abbia poi ritrattato capendo, dopo due anni, che avrebbe tratto un vantaggio tattico dalla sconfitta è troppo forte.

Non parlo neppure di Mariotto Segni, uno dei pochi personaggi per i quali metto in dubbio il mio principio che le colpe dei padri non debbano ricadere sui figli, e neppure del mendace Guzzetta, il quale via via che si avvicinava la scadenza della chiamata alle urne manipolava la verità con sempre maggior dispregio della realtà, fino ad arrivare alla puntata di Tetris di venerdì scorso: una vera chicca per chi avvia avuto la ventura di vederla.
Li vedete qui a fianco, in compagnia del terzo genio della lampada: tre persone che, messe insieme e senza la facoltà di ricatto discendente dal maggioritario puro, non avrebbero neppure la capacità di radunare abbastanza condòmini da deliberare la riparazione delle tegole del tetto ammalorato.

No: penso, ad esempio, al disastroso Veltroni: l'uomo che scommettendo sul bipartitismo è riuscito a mandare in vacca il governo di centro-sinistra, facendo dimettere Mastella. Mossa poco accorta, quando le sorti di un governo si basano su due voti di maggioranza, dei quali uno quasi centenario e l'altro notoriamente banderuola: e il tutto non già per la considerazione che Mastella è un poco di buono, bensì per il velleitario progetto di importare in Italia un progetto di forma di governo all'americana, ciò che sarebbe stupido in sé, ma considerato l'esito delle elezioni politiche e di tutte le elezioni successive (tranne quelle del trentino e le presidenziali, beninteso) sarebbe degno di ricovero al neurodeliri.

Penso a Fini, che porta a casa anche lui una nuova sconfitta che dovrebbe farlo rendere conto del fatto che succedere a Berlusconi come principe sovrano, senza avere di Berlusconi il carisma e soprattutto il patrimonio, sarà impresa difficile assai. La vittoria al referendum era la sola speranza rimastagli: tramontata questa tramonterà anche l'ambizione del delfino in pectore: e probabilmente vedremo nelle prossime settimane un certo mutamento nelle esternazioni e negli atteggiamenti della terza carica dello Stato.

Penso anche a Franceschini, che non si capisce bene in nome di quale debito da pagare si sia imbarcato nel sostenere la disgraziata linea del proprio predecessore: schierandosi per il Sì in un gioco a somma negativa, ché sia in caso di vittoria dei Sì sia in caso di sconfitta del Sì, per il PD sarebbe stata una tragedia (e la sconfitta del Sì in fondo è la tragedia minore, dato che sconfitta è soprattutto la faccia politica del segretario, ma il futuro della sinistra è salvo).

Sarebbe bello che tutti costoro ammettessero finalmente che gli italiani non ne vogliono sapere, di avere due partiti; che due partiti vanno bene in America ma qui abbiamo un'altra storia, un'altra cultura e financo un'altra Costituzione e tradizione democratica. Già, perché anche la nostra è una democrazia, magari meno antica, ma democratica: e non è che perché gli USA sono democrazia da più tempo, perciòstesso debbano essere più democrazia di noi.
Potrebbe cominciare, Fini, a non dire che "i quesiti erano complicati": perché non lo erano. I primi due, in particolare, volevano una cosa molto semplice, anche se per motivi tecnici era espressa con migliaia di parole. Il terzo quesito era espresso con molto meno parole, e paradossalmente )per Fini) era il più complesso dei tre, quanto a capirne gli effetti.
Potrebbe proseguire, Guzzetta, a non provarsi a parlare di brogli e intimidazioni ai seggi: che di fronte a un'astensionismo così travolgente, le sue parole suonano un po' ridicole (e aspettiamo poi di vedere quanti saranno i No: perché molti, come ben sappiamo, sono andati comunque a votare, e votare No, con l'idea di respingere i quesiti ma salvaguardare lo spirito dei referendum: sarebbe quindi una bella sorpresa se la percentuale di Sì, su quei pochi voti espressi, fosse poi persino minore del 90 o dell'85%)*.
Potremmo, un po' tutti, piantarla di pensare che i mali del Paese vengano da una cattiva legge elettorale. Perché la legge è cattiva, ma indiscutibilmente in questo momento offre tutti gli strumenti per governare alla coalizione che ha vinto le elezioni: che ha una barca in più di voti. Se l'azione di governo fa schifo, la colpa non è della legge elettorale: è di chi siede in Parlamento, e quindi del popolo italiano, che ha dato a tale coalizione una maggioranza invidiabile e mai vista nella storia repubblicana.
Popolo che si è bevuto un'autocisterna di propaganda, per credere a Berlusconi: e che si berrà altrattante autocisterne, a ciascuna delle prossime elezioni, qualunque sia il sistema elettorale in vigore, foss'anche quello della paupasia.

*aggiornamento: dai primi spogli sembra infatti che i NO siano almeno il 20%

Iran

Dell'Iran non so nulla e pertanto, rispettando la dichiarazione di metodo enunciata all'apertura di questo blog, mi taccio.
Però le considerazioni che vengono fatte in questo articolo di Debora Billi mi paiono di grande buonsenso, e vi invito a leggerle.

venerdì 19 giugno 2009

La Voce del padrone

Un interessante articolo de lavoce.info (voi sapete quanto la si ami, da queste parti), parla dei quesiti referendari.
Dicendo che non servono a nulla, specie i primi due.
Non sto pazziando: è proprio così: andatevi a leggere l'articolo, se avete lo stomaco. O leggete queste citazioni:
Si è cercato di far passare l'idea che il referendum consegnerebbe l'Italia a Silvio Berlusconi, che renderebbe possibile governare anche con percentuali di consenso minime. Il ministro Calderoli ha addirittura detto che il risultato del referendum sarebbe di “assoluta dissonanza con la democrazia”. Non accadrebbe nulla di tutto questo. Di fatto, purtroppo, accadrebbe troppo poco [...]
Qui è sufficiente dire che tutto questo isterico agitarsi mostra solo quanto i nostri rappresentanti siano ferocemente abbarbicati anche alle più piccole fette di potere. Essenzialmente si teme che, una volta costretti a fare liste elettorali uniche con i loro alleati principali, i partiti diversi da Pdl e Pd perdano riconoscibilità e quindi potere.
Ora, proviamo a metterci per un attimo dalla parte del cittadino che desidera una democrazia vera, e non dalla parte di quello che desidera semplicemente prendere a calci i politici, non consapevole del fatto che la politica -e quindi i politici che la dirigono- ci sarà sempre.
Questi signori della Voce, dopo averci smarronato per mesi sull'importanza dei temi referendari e sui tremendi costi che avremmo dovuto sopportare, adesso bellamente ci dicono che i referendum non servono a una fava. Malgrado il loro stesso convocarli sia costato dei bei soldini, come dicevo altrove (e sia chiaro che questo lo dico solo per confutare lavoce: non perché io creda che gli istituti democratici debbano venire posposti alle esigenze di bilancio).
Sarà che sono diventato troppo vecchio per queste cose, ma io alle conversioni sulla via di Damasco non ci credo. Il punto è che gli italiani hanno capito che votare SI consegnerebbe il Paese nelle mani di due o tre persone, e delle relative loro segreterie, e sgamato il giochino hanno cominciato a considerare se questa sia o meno una prospettiva piacevole, e hanno deciso per il no.
E' per questo che lo squallido estensore dell'articolo dice "si è cercato di far passare l'idea che": come fosse un complotto massone. No, signori miei: non è che si sia cercato di far passare un'idea: è che l'idea è proprio esattamente quella.
E ci vuole una enorme quantità di disonestà intellettuale per scrivere una frase come la seguente:
Cosa succederebbe se passassero i referendum? Essenzialmente, anziché avere differenti simboli a supporto di un candidato presidente del Consiglio, come accade ora, i partiti dovranno accordarsi ex ante su un unico simbolo e una unica lista. Questo può avvenire mediante l'inclusione di diversi simboli in un unico cerchio o mediante un nuovo simbolo.
obliterando il fatto di fondamentale importanza che nel sistema attuale (che comunque fa schifo), perlomeno l'elettore può scegliere, in ciascuno degli schieramenti, uno tra vari partiti (e quindi una delle varie liste bloccate di candidati), mentre un domani, nell'ipotetico caso di vittoria dei Sì, neppure tale minima possibilità di dire la propria resterebbe in vita.

E ciò è tanto più grave, o tanto più ridicolo, se consideriamo che questa banda di cialtroni si sono anche permessi di targare il terzo quesito come quello contro le liste bloccate, o contro la partitocrazia verticistica che non consente al popolo di scegliere. Quando ciò che non consentirebbe di operare alcuna scelta, se non quella binaria tra destra e sinistra, sarebbero proprio i primi due quesiti.
Vediamolo un po' da vicino, questo terzo quesito, per capire di cosa effettivamente si tratti dal punto di vista tecnico.
Facciamo conto che in Italia ci siano cinquanta circoscrizioni elettorali, che in ciascuna di queste Berlusconi si presenti capolista e che allo spoglio il PdL prenda 400 seggi.
In ciascuna circoscrizione risulterà eletto Berlusconi (che è il primo) e un tot di altri: alla fine alla Camera ci saranno 50 seggi "targati" Berlusconi e 350 "targati" con il nome di qualcun altro.
Cosa succede ora? E' una specie di gioco delle sedie (rectius seggi) musicali: dato che Berlusconi può occupare una solo seggio, ne rimangono liberi 49 per 50 primi non eletti. Berlusconi gira, gira... e alla fine decide di sedersi su una delle 50 sedie: il primo dei non eletti che aveva quella sedia va a casa, stizzito (ma non tanto, perché avrà poi un sottosegretariato o una poltrona in un CdA), e gli altri 49, con un respiro di sollievo, faranno la valigia per Roma.

Orbene, io mi chiedo e vi chiedo:
E' vero o non è vero che in tutto questo meccanismo l'unico che ci rimette è il 50° potenziale deputato che resta a casa? E' vero o non è vero che all'elettore -eccezion fatta per i clientes del trombato- che rimanga a casa l'uno o l'altro dei peones non gliene potrebbe fregare di meno?
Che al limite, se ci fossero le preferenze, Berlusconi potrebbe scegliere di sedersi sulla poltrona di uno che ha preso un discreto numero di voti ma gli è inviso, commettendo quindi uno spregio alla volontà del corpo elettorale; ma dato che le liste sono bloccate e decise all'interno della segreteria della PdL, la volontà del corpo elettorale c'entra con il piazzamento nei seggi tanto quanto io c'entro con una ballerina di tango argentino.
E quindi, nuovamente, mi chiedo: quale sarebbe mai il vantaggio nell'abolire la possibilità a Berlusconi di presentarsi nei 50 collegi? Ne uscirebbe una classe politica più morale? sarebbe meglio rispettata la volontà popolare? Ne uscirebbe un sistema più giusto?.
No, la risposta è no: non cambierebbe assolutamente nulla.

giovedì 18 giugno 2009

Giocare con i numeri (fuori serie)

Mi sono perso qualcosa io, o la Confindustria che oggi dice che l'economia comincerà a riprendersi debolmente nel 2010 è retta dalla stessa signora che due mesi fa diceva che l'economia avrebbe cominciato a riprendersi a luglio di quest'anno?
Ed è possibile che i quotidiani che riportano questa notizia oggi non si ricordino proprio per nulla di quanto scrivevano ieri sul medesimo tema, e non scrivano l'unico commento scrivibile, vale a dire che in Confindustria non sanno che pesci prendere e sparano numeri a caso esattamente come chiunque altro?

Appello per "I Siciliani"

Dopo l'assassinio mafioso di Giuseppe Fava, il 5 gennaio 1984, i redattori de I Siciliani scelsero di non sbandarsi, di tenere aperto il giornale e di portare avanti per molti anni la cooperativa giornalistica fondata dal loro direttore, affrontando un tempo di sacrifici durissimi in nome della lotta alla mafia e della libera informazione. Anni di rischi personali, di stipendi (mai) pagati, di concreta solitudine istituzionale (non una pagina di pubblicità per cinque anni!).

Oggi, a un quarto di secolo dalla morte di Fava, alcuni di loro (Graziella Proto, Elena Brancati, Claudio Fava, Rosario Lanza e Lillo Venezia, membri allora del CdA della cooperativa) rischiano di perdere le loro case per il puntiglio di una sentenza di fallimento che si presenta - venticinque anni dopo - a reclamare il dovuto sui poveri debiti della cooperativa. Il precetto di pignoramento è stato già notificato, senza curarsi d'attendere nemmeno la sentenza d'appello. Per paradosso, il creditore principale, l'Ircac, è un ente regionale disciolto da anni.

E' chiaro che non si tratta di vicende personali: la redazione de I Siciliani in quegli anni rappresentò molto di più che se stessa, in un contesto estremamente difficile e rischioso. Da soli, quei giovani giornalisti diedero voce udibile e forte alla Sicilia onesta, alle decine di migliaia di siciliani che non si rassegnavano a convivere con la mafia.

Il loro torto fu quello di non dar spazio al dolore per la morte del direttore, di non chiudere il giornale, di non accettare facili e comodi ripieghi professionali ma di andare avanti. Quel torto di coerenza, per il tribunale fallimentare vale oggi quasi centomila euro, tra interessi, more e spese. Centomila euro che la giustizia catanese, con imbarazzante ostinazione, pretende adesso di incassare per mano degli ufficiali giudiziari.

Ci saranno momenti e luoghi per approfondire questa vicenda, per scrutarne ragioni e meccanismi che a noi sfuggono. Adesso c'è da salvare le nostre case: già pignorate. Una di queste, per la cronaca, è quella in cui nacque Giuseppe Fava e che adesso, ereditata dai figli, è già finita sotto i sigilli. Un modo per affiancare al prezzo della morte anche quello della beffa.

La Fondazione Giuseppe Fava ha aperto un conto corrente (che trovate in basso) e una sottoscrizione: vi chiediamo di darci il vostro contribuito e di far girare questa richiesta. Altrimenti sarà un'altra malinconica vittoria della mafia su chi i mafiosi e i loro amici ha continuato a combatterli per un quarto di secolo.


Elena Brancati, Claudio Fava, Rosario Lanza, Graziella Proto, Lillo Venezia

I bonifici vanno fatti sul cc della "Fondazione Giuseppe Fava"
Credito Siciliano, ag. di Cannizzaro, 95021 Acicastello (CT)
iban: IT22A0301926122000000557524
causale di ogni bonifico: per "I siciliani"

mercoledì 17 giugno 2009

Santo subito

Il Presidente(1) degli Stati Uniti d'America(2) ha ucciso una Mosca(3).
La Stampa(4) ha ripreso l'Evento(5), particolarmente bizzarro e inusuale.
Facciamolo Santo(6) subito, e non se ne parli più.

P.S.: l'uso delle maiuscole non è dovuto al fatto che sia appena tornato da Berlino, città nella quale i sostantivi prendono tutti, senz'eccezione, la lettera maiuscola; difatti:
1) Presidente: è tale, e per di più è IL PRESIDENTE: sarebbe stato da scrivere tutto maiuscolo, se non fosse per l'imbarazzante analogia staraciana;
2) Stati Uniti d'America: nome proprio di paese;
3) Mosca: non mosca, comune animale, né Mosca, capitale dell'Impero del Male: bensì Mosca, essere (quasi) mitico in quanto uccisa dal Presidente (o PRESIDENTE);
4) La Stampa: non in quanto nome proprio di noto quotidiano torinese, bensì quarto potere dello Stato, che si distingue per la particolare autonomia dall'esecutivo, domestico o semplicemente amico, e per il disprezzo verso qualunque insincera adulazione;
5) Evento: maiuscolo anch'esso, come tutto ciò che viene posto in essere dal Presidente;
6) vedi 1).

Lost in translation

Il post del cartello stradale, e in particolare il commento di marcolinux, mi ha fatto rammentare un episodio di gioventù, che dimostra come nessuno nasca imparato.
A diciott'anni circa, in una ridente isola greca nota per l'elevatissimo tasso alcolico e la facilità d'approccio alle turiste, trascinai in una stradina polverosa una signorina formosa.
E l'impresa già mi era sembrata eccezionale, dato che allora conoscevo ben tre frasi in inglese: "what's your name?"; "what's your age?" (che non sarà oxoniano ma funzionava) e "where is the boat?" (utile per il viaggiatore, ma meno per le conquiste amorose): e le avevo già sfruttate tutte.
Ci rotolammo un po' nella polvere, dopodiché, mentre eravamo già praticamente nudi, lei ebbe un attimo di esitazione, forse perché riteneva che il décor non fosse il più adatto a consumare la relazione: non foss'altro per il numero di persone che transitavano di lì.
Io, che già ero sufficientemente insicuro di mio, vista l'esitazione credetti che la occasionale compagna ci avesse ripensato: forse non le piacevo. E così, volendo affermare in tono un po' sconsolato "forse io non ti piaccio", me ne uscii con:
- «maybe I don't like you».
Ella raccattò le sue cose e se ne andò ratta, esclamando cose che lì per lì non capii, ma che certo dovevano essere considerazioni sulle mie ave e sul destino della mia progenie.

domenica 14 giugno 2009

Privo (v. tr.)

A Trezzano sul Naviglio, all'inizio dell'alzaia ciclabile che porta verso Milano, c'è questo cartello che avverte l'ignaro passante del pericolo costituito dalla mancanza di un'idonea protezione che impedisca accidentali cadute nel Naviglio grande.
Vedendolo non ho potuto fare a meno di fermarmi e fotografarlo: perché quella dicitura in inglese fa scoprire tutto un mondo.
Immaginiamo che l'amministratore pubblico trezzanese, forse nientepopodimeno che il Sindaco in persona, oltretutto donna di centrosinistra, un giorno si sarà detta che, stante il numeroso affluire di turisti sulla frequentata ciclabile, sarebbe stato opportuno avvertire i passanti del pericolo anche in un'idioma internazionale.
Forse si sarà riunita una commissione, e alla fine qualcuno dei consiglieri della giunta avrà rispolverato i racconti dell'assessore ***, che sempre si era vantato di avere studiato con particolare profitto la lingua d'Albione. Il nostro fu chiamato; e non ebbe modo di declinare lo sgradito incarico.
Mandato un messo comunale a recuperare il vocabolario, lasciato nella cameretta d'adolescente insieme agli altri libri di scuola, quando da bamboccione il poliglotta assessore era divenuto adulto e aveva messo su famiglia, il nostro eroe si mise all'opera.
La prima parola, Alzaia, fu abbastanza semplice: in fondo per chi abbia dimestichezza con l'ordine alfabetico tradurre è una vera sciocchezza, avendo del tempo a disposizione. E così ecco Towpath; e fu una vera ispirazione, dato che la prima parola suggerita sarebbe stata probabilmente Tow-line o Tow-rope: in quanto l'alzaia tecnicamente non è tanto la via che costeggia il canale quanto la corda con la quale venivano trainate le chiatte, nome che per estensione ha preso anche il camminamento sul quale transitavano gli animali da tiro.
Allo stesso modo parapetto è divenuto parapet; e non chiedetemi se un inglese di madre lingua avrebbe usato il più colloquiale barrier; anche perché ho dei dubbi sul fatto che persino in italiano "parapetto" sia il termine giusto, affiancato a una strada. Quanto a "di", tutti sanno che si traduce "of": non c'è manco bisogno di guardare il vocabolario, per una simile sciocchezzuola.

Ma ora vengono i dolori! Infatti l'assessore, che pensava di aver quasi terminato senza soverchie difficoltà, arrivato a "priva" sfoglia, sfoglia il vocabolario... e non trova nulla!
- «Accipicchia: questo dizionario deve essere proprio vecchio. Mumble mumble... in che guaio mi sono messo: e adesso come ne esco? che faccio? Mmmmm... proviamo a guardare meglio: "privacy"; "privare"; "privarsi"; "privatamente"; "privatezza"; "privatista": Pare che abbian fatta questa voce apposta per me: del resto dopo aver fatto i cinque anni in uno, non potevo certo sostenerla da interno, la maturità... Macché: non c'è proprio, questa benedetta parola».
E così il nostro era per perdersi affatto; ma atterrito, più che d'ogni altra cosa, dalla prospettiva di confessare al Sindaco la propria incapacità, richiamò alla mente gli antichi studi della quarta elementare: l'analisi grammaticale, i verbi, le coniugazioni... Pian pianino, mentre guardava quella fredda distesa di lemmi, la sua attenzione cominciò a cadere su quel "privare"; e cominciò a pensare che forse tra "priva" e "privare" c'era un nesso; anzi ne era certo, infine.
- «Io privo, tu privi, egli priva! Ma certo, che stupido!! L'alzaia priva: voce del verbo privare, prima coniugazione, modo indicativo, tempo presente, terza persona singolare. Come si dice in inglese? to deprive; to bereave; to deny. Vabbe', non andiamo tanto per il sottile adesso, e prendiamo la prima voce che troviamo: to deprive, ed ecco fatta la traduzione, ora la consegno e tanti saluti».
Towpath to deprive of parapet
Orbene, una delle più gran consolazioni di questa vita è l'amicizia; e una delle consolazioni dell'amicizia è quell'avere a cui confidare un segreto: e così, uscendo dalla stanza in cui si era rinchiuso, dopo due sudate ore, il funzionario chi ti trovò? Nient'altri che l'unico compagno di partito del quale poteva fidarsi, per avere con lui spartito il frutto di una più che cospicua regalia di un costruttore edile in seguito associato alla casa circondariale del vicino comune di Opera; e oltre al frutto, anche le sode e generose frutta dell'amante del costruttore, i favori della quale il costruttore, anche quando godeva della propria libertà personale, usava concedere ai propri compagni d'affari, per rendere meno greve il peso delle valigetta nella quale riponeva le banconote destinate a coloro.
Fu così che il nostro eroe raccontò al proprio amico (amico di quell'amicizia che mai si potrebbe sciogliere, in quanto ciascuno avrebbe troppo da perdere nel farlo) il suo tormento, e la brillante conclusione cui era riuscito a giungere in adempimento dell'importante incarico.
E fu una fortuna: perché il suo sòdale gli fece notare che, come "priva" in italiano è cosa diversa da "privare", così poteva ben darsi che anche gli inglesi avessero questa spregevole abitudine, di coniugare i verbi. Una verifica s'imponeva.
Il messo fu rimandato alla cameretta natìa, e tornò recando con sé una grammatica: fu così che i due scoprirono che la terza persona singolare dei verbi inglesi prende la "S", e che il "TO" non ci vuole.
Ed ecco la traduzione, consegnata per tempo alla ditta di cartellonistica:
Towpath deprives of parapet.

sabato 13 giugno 2009

Se non ci fosse il mondo sarebbe peggiore

Makkox ha disegnato una cosa bellissima.

I referendum costano 22,5 milioni (giochiamo con i numeri)

Un sentito grazie a .mau., che ha richiamato all'attenzione il fatto che la legge preveda i rimborsi elettorali anche per i comitati promotori di iniziative referendarie, nella misura oggi fissata in un euro per ciascuna firma validamente raccolta, fino a concorrenza di 500.000 firme (quindi euri) per consultazione.

Ciò mi ha dato lo spunto per fare alcuni calcoli matematici: non volendo inventare nulla, prendo i dati necessari da siti di economisti importanti e stimati, quali quello de lavoce.info, che a suo tempo aveva stimato il costo del rinvio dei referendum in ben 400 milioni di euri (ne parlavo anche qui).
Il comitato promotore ha depositato in Cassazione nel 2007, al termine della campagna di raccolta, circa 820.000 firme per ciascuno dei quesiti proposti.
Il tempo medio impiegato per andare a firmare può essere stimato in circa 30 minuti: in effetti sarebbe assai maggiore, dato che il numero di banchetti di raccolta è significativamente inferiore a quello dei seggi elettorali, ma prendiamo per buono il dato degli economisti de Lavoce.info.
Ne consegue che, partendo da un costo orario di 3,15 euri per ciascuna mezz'ora, il relativo costo per la collettività ammonta a 2,58 milioni (vi prego di notare che il fatto che l'andare a firmare sia un atto volontario non incide minimamente sul fatto che tale atto abbia un costo: stiamo parlando di costi oggettivi! del resto, altrimenti i signori de lavoce, che sono molto più bravi di me, quando hanno fatto le loro stime avrebbero dovuto tener conto di ciò nei loro calcolo, scorporando perlomeno la quota -sia pur ipotetica- di coloro che avrebbero deciso di astenersi, o addirittura di tutti coloro che ritenevano sbagliato mischiare referendum ed europee, per non parlare degli anziani che non vedono l'ora di andare a votare per riempire la giornata).

Vi sono poi i banchetti di raccolta.
Ipotizziamo quattro banchetti per ciascun capoluogo di provincia (ovviamente Milano si compenserà con Isernia): 400 banchetti; e un banchetto ogni trenta comuni per i restanti 8000 comuni circa: altri 270 banchetti per un totale di 670 banchetti.
Per i 90 giorni di durata della campagna di raccolta firme, sono 60.300 banchetti/giorno.
Ammettendo che a ciascun banchetto, funzionante per dieci ore, siedano da due a tre attivisti (diciamo 2,5 per banchetto) abbiamo 150.000 attivisti/giorno, il valore del cui tempo (valutato 6,3 euri/ora) è pari a 63 euri per giornata di dieci ore, per un totale di 9.5 milioni di euri.

Ma la raccolta di firme coinvolge anche gli enti territoriali: in particolare ciascun Comune deve mettere a disposizione il segretario comunale per raccogliere e autenticare le firme di chi desiderasse sottoscrivere la proposta. Non è chissà che lavoro, ma un minimo di organizzazione deve esserci: raccolta della modulistica, predisposizione di locali, orari...
Diciamo che ciò impegni ciascun comune per trenta minuti al giorno (che mi sembra proprio il minimo minimo, tra segretario, usceri e altri addetti): su 8000 comuni fanno 4000 ore/giorno, pari a 500 giornate lavorative/giorno; che per 90 giorni sono 45.000 giornate lavorative (queste -badate bene- pagate dal contribuente), pari a sei milioni di euri, alla tariffa di 102 euri/giorno (qui si tratta di giorni lavorativi, non di tempo libero; e lavoce.info stima in 102 euri il costo della giornata lavorativa media).

Ci sono poi i magistrati di Cassazione che formano l'Ufficio Centrale per il referendum, composto da tutti i presidenti di sezione; i giudici della Corte costituzonale; i presidenti della repubblica, del Senato e della Camera, nonché tutte le relative segreterie e cancellerie, che devono attivarsi. tutta gente ben pagata, fra l'altro. Facciamo un forfait e diciamo che questo scherzo viene a costare solo un milioncino, ok?

Quanto alle schede elettorali, ne vengono stampate circa 50 milioni a quesito, e pertanto 150 milioni. A 0.026 euri/scheda, prezzo determinato dalla commissione Tariffe del MEF, vengono 3,9 milioni tondi tondi.

Tralasciamo il resto, e scopriamo che Guzzetta e Mariotto Segni ci sono costati, con la loro iniziativa, 22,5 milioni e rotti di euri: dato che vi apparirà un'enormità, ma del tutto in linea -e anzi prudente- rispetto a quello de lavoce.info che ha infiammato per mesi il dibattito politico.
Ora, dato che questi signori ci sono già costati tanto, e considerato con quale puntigliosa attenzione hanno sempre detto che sarebbe stato immorale sprecare tanti soldi in un momento di crisi come questo, immagino che converranno con me sul fatto che il rimborso elettorale di 1,5 milioni di euri (vale a dire un euro per 500.000 firme per tre quesiti) sarebbe proprio indecente.
E pertanto, invito tutti coloro che abbiano a cuore il bene del paese a disertare le urne, affinché il quorum non venda raggiunto e i rimborsi elettorali non siano erogati.

Berlinguer ti voglio bene

Vittorio Zambardino: non posso dire di conoscerlo, ma è una persona che gode di grande stima nel microcosmo del blogocono. E poi sta simpatico a Mantellini.
Gia ho avuto modo di esprimere qualche dubbio quando con il suo account di Facebook ha fatto la stessa stessissima cosa di Matteo Salvini; salvo che quest'ultimo tutti l'hanno preso in giro, mentre Zambardino ha raccolto un -quasi- universale consenso.
Oggi questo signore, che afferma di capire di compiuter, e sarà anche vero dato che viene pagato da Repubblica per scriverne, parla di Enrico Berlinguer: raccogliendo il plauso di Costa e Sofri jr.: come dire le autorità più autorità che ci siano.
Sarà che ho mangiato gli spaghetti alla salsa di testa di gamberi che faccio una volta all'anno, sarà che ormai è un anno che scrivo sciocchezzuole e ho perso anche gli ultimi barlumi di timore reverenziale, sarà che la signora con cui mi accoppio mi ha dato buca, sta di fatto che mi sono incarognito, e desidero esprimere ciò che penso.

L'analisi di Zambardino (che non è un'analisi, sia chiaro, bensì uno sfogo umorale), preceduta com'è dalla dichiarazione di votare radicale vale poco meno della carta con cui erano avvolti i miei calamari.
Ma essendo suggestiva, merita qualche riga di replica, tanto per mettere le cose in chiaro.
[Berlinguer] non era laico. Aveva ragione Lucia Annunziata, quando lo scrisse esaltando questo aspetto. Il suo partito era il partito della famiglia e di una considerazione severamente tollerante, occhiuta e infastidita di altri stili di vita. Un giovane dirigente comunista dell'epoca d'alema alla fgci ebbe la carriera distrutta perché il suo amante gli fece una pubblica scenata rimasta nell'epopea orale.
Sarebbe bello che chi esprime pareri avesse un minimo di senso storico, e non leggesse la realtà di trent'anni fa con gli occhi dell'oggi. Ciò detto, distinguere tra moralismo e bigotteria dovrebbe essere possibile anche con fette di finocchiona al posto delle lenti. Non dico inquadrare storicamente il moralismo di Berlinguer, badate. semplicemente comprendere che negli anni Settanta "laico" poteva anche comprendere il rifiuto dell'omosessualità, il che oggi sarebbe grave, ma allora no.
Dire "aveva ragione Lucia Annunziata" è un ossimoro, o un anacoluto; pazienza.

Il pci di Berlinguer cerco' di evitare fino all'ultimo i referendum su divorzio e aborto
Considerato che si trattava di referendum tesi ad abrogare la possibilitò di divorziare ed abortire, la posizione di Berlinguer mi pare del tutto condivisibile. a voi no?

Del resto Berlinguer aveva una idea della società italiana nella quale istituzioni e "popolo" (che schifo questa categoria) aderivano perfettamente: per lui i cattolici erano la dc, le espressioni ufficiali del movimento cattolico, la chiesa. Si dialogava tra forze che rappresentavano pezzi di società. La sua idea della cultura libera, che c'era, non prescindeva dalla presenza delle istituzioni che erano tutto il suo orizzonte.
Berlinguer era comunista. Complimenti, Zambardino!!!

Berlinguer ebbe una idea del terrorismo e degli anni di piombo assolutamente conservatrice e "persecutoria". La sua gestione del sequestro Moro contribuì - ne sono convinto: in totale rigore morale ma *non* in buona fede - alla morte di quell'uomo. Il senso dello stato dei comunisti era post staliniano, soffocante, legalitario, in questo assolutamente "dipietrista" - non mi stupisce che ex comunisti oggi votino per un signore che secondo me ha una onesta e chiara cultura di destra. E' una cultura che li accomuna. Inoltre il compromesso storico partiva dall'dea che in Italia vi fosse una "reazione" , alla cilena, che è versione storica che non mi sento più di condividere. Quel pericolo fu ingrandito, amplificato. E usato
Questo non perspicuo periodo ci dice che Berlinguer fu responsabile della morte di Moro, quale diretta conseguenza del rifiuto di trattare con i terroristi (la "strategia della fermezza"). Del che egli stesso fu sempre consapevole. L'associazione del pensiero berlingueriano con il dipietrismo, salva la gratuita pubblicità al tribuno molisano, non ha alcun fondamento logico; e Zambardino stesso appone incisi per dichiarare che parla sula base di mere sensazioni.
Che egli non si senta di condividere una sua fantasia è sintomo di una certa confusione mentale: *sua*, non certo dell'oggetto del suo fantasticare.

Come vedete, non ho ancora affrontato il cavallo di battaglia che oggi usano i revivalisti di Berlinguer. La questione morale. L'ho fatto perché bisogna arrivarci dal compromesso storico. Quella idea di "unità nazionale" era profondamente antidemocratica, perché pensava di chiudere il sistema politico come una cappa sul paese, prima che lo facessero altre forze. Ma eccco il punto, quella chiusura ci fu. Il disegno non fallì
Finché ci fu Berlinguer, i fascisti non ebbero alcun ruolo nella nostra democrazia. Egli ci riuscì (a differenza dei suoi successori, tanto che oggi troviamo l'ex capo del MSI sullo scranno più alto di Montecitorio: il che allora sarebbe stato impensabile).

Lo confesso, condivido l'analisi di Marco Pannella quando dice che i nostri mali di oggi provengono dalla violazione sistematica e perfettamente bipartisan della legalità costituzionale e democratica da parte delle forze politiche dell'italia post fascista. Non fatevi obnupilare dall'incazzatura e pensate per un attimo (è un esercizo che faccio sempre, anche con i peggiori avversari) : e se avesse ragione lui, come starebbero le cose? Se usate il concetto di Pannella, molte cose pre e post Berlinguer cominciano a spiegarsi. Anche - e lo dico con grande prudenza - un certo rapporto tra politica e magistratura, non fisiologico di un paese nel quale debba trionfare lo stato di diritto. Sempre: l'emergenza non è democrazia. Un rapporto troppo ravvicinato, che cercava di spostare a favore della sinistra una relazione che negli anni 40 e 50 e 6o era stata a favore della Dc con uguale grado di "pratiche" sostanziali non corrette.
O il periodo che precede non ha alcun senso, o il suo senso è comprensibile solo a un laureato summa cum laude in logica aristotelica. In entrambi i casi, non è un gran modello di comunicazione (a proposito: Berllinguer sapeva comunicare abbastanza bene: geloso, Vittorio?)

Questione morale: no, non eravamo diversi dagli altri. Come diceva Enrico. E' vero che eravamo gente onesta e rigororosa, si viveva di poco e di grande moralità pubblica, nani e ballerine non sono mai state il nostro mondo.
Ma il Pci di Berlinguer partecipò sistematicamente alla lottizzazione Rai. Il pci di Berlinguer (pregherei su questo di non contestarmi perché ho ricordi assai precisi) partecipava, in forma minore di altri e attraverso organismi non immediatamente di partito, del banchetto che la spesa statale aveva avviato nel settore dei lavori pubblici. E sopratttuto il pc di Berlinguer condivideva quel sistema, la convinzione che "si dovesse" far così.
Cioè il Pci di Berlinguer partecipava alle lottizzazioni nelle università, negli ospedali, negli enti pubblici e condivideva l'idea che i partiti dovessero sedersi a un tavolo e dividersi il potere. Ma ai suoi militanti proponeva altri valori. Una bella doppia morale.

Rimane, di tutto ciò, il fatto che "eravamo gente onesta e rigororosa". Il resto è vita, e disconoscerlo è (stupido) velleitarismo.
Berlinguer predicava rigore, moralità equilibrio, pazienza, fatica, tenacia. Tutte cose fuori moda, certo.

Il Pci di Berlinguer approvo' con altri la legge sul finanziamento pubblico dei partiti
La legge sul finanziamento pubblico dei partiti doveva servire a far sì che i partiti non rubassero. Disconoscere la semplice, adamantina verità del fatto che la politica ha un costo è possibile solo al party del cappellaio matto.

No, Zambardino non è un buon censore di Berlinguer: e dovrebbe sciaquarsi la bocca quando parla di lui, di sinistra, di laicità e di riforme.
E coloro che ne condividono il pensiero, dovrebbero forse leggerselo prima con attenzione, prima di sparare giudizi.

venerdì 12 giugno 2009

Soprannomi faccialibro

Apprendo, con un interesse che ben potete immaginare, che dalla mezzanotte EDT di stasera (che poi sarebbero le cinque o le sei del mattino qui da noi, non rammento bene) gli utenti di Facebook potranno scegliersi un nickname che diventerà parte integrante degli indirizzi delle loro pagine.
Mi viene da chiedermi quante sveglie trilleranno poco prima di quell'ora nel nostro bel paese; ma svegliarsi presto non ha mai fatto male a nessuno, per cui ben venga l'oro in bocca per i tanti giovani e meno giovani per i quali Facebook è diventato il principale centro d'interessi.
Azzardo però una profezia: quanti giornali ci trapaneranno le intimità con le storie di coloro che si sono visti sottrarre il proprio nome-cognome da qualcun altro omonimo? Quale scandalo sarà sollevato da qualche starletta, magari neodeputata, che si vedrà sottratta l'identità da qualche nerboruto camionista?
Matteo Salvini, quello di zona Forze Armate, riuscirà a conquistare l'agognato URL www.facebook/matteo.salvini, o sarà surclassato da altro Salvini Matteo, magari salentino o peggio comunista?
Quante interrogazioni parlamentari e progetti di legge verranno presentati per ripristinare il buon diritto di ciascuno al suo nome?
E' consapevole Zuckerberg dei rischi che corre mettendosi contro D'Alia?

Poi dice che uno si butta a sinistra

La situazione nell'intellighenzia del Partito Democratico è molto ma molto più grave di quanto finora non si credesse.
Tralasciando* gli sproloqui dell'ideologo-fondatore (quel Michele Salvati che ha avuto per la sinistra lo stesso effetto benefico che Mariotto Segni ha avuto per l'Italia), il quale incuba** un partito unico ricomprendente, tra gli altri, Tremonti, Sacconi e Brunetta, il punto fondamentale all'attenzione dei vertici e dei simpatizzanti è, nientemeno, la serrata dialettica tra D'Alema e dalemiani e Veltroni e veltroniani, con uno spruzzo di ex democristiani di contorno.
Su queste pagine si è parlato molto, e molto male, di Veltroni, ma si sono spese poche parole su D'Alema: e dato che quando si parla di PD qui si critica, tale silenzio avrebbe potuto far pensare che vi fosse una certa simpatia per il baffuto brizzolato ex presidente del consiglio.
Così non è.
Tanto si è disprezzato Veltroni per la visionarietà del progetto, accompagnata dalla più serena mancanza di una qualunque linea strategica (salvo si possa definire tale il tentativo, ontologicamente perdente, di non scontentare nessuno e di non prendere mai una posizione decisa su qualunque argomento, eccezion fatta per il presidente della Commissione RAI), ma ciononostante gli si è riconosciuto di possedere uno spiccato spirito etico e un forte sistema di valori: valori sballati, inutili e non accompagnati dalla necessaria forza di volontà per affermarli: ma valori.
L'altro, l'avversario di sempre, sembra invece avere quale unica strategia la conquista del potere, in sé e per sé. Che, se ci pensiamo bene, non si può neppur definire strategia, dato che la strategia si indirizza al raggiungimento di un fine; ma se il fine è vincere in sé e per sé, allora strategia e tattica si sovrappongono l'un l'altra: il che in sé dimostra, quando mai servisse, che ciò non è una cosa buona.
D'Alema, al contrario di Veltroni, viene universalmente riconosciuto come persona di grande intelligenza, o perlomeno di grande furbizia. Non si sa bene da cosa derivi questa fama, dal momento che anche la furbizia, che (giova rammentarlo) nella commedia dell'Arte è la virtù dei servi, è tale solo fin tanto che consente di conseguire gli obiettivi che ci si prefiggono. D'Alema questi obiettivi li ha sempre sfiorati, mai raggiunti.
Ricorderete i disastrosi risultati del suo governo, conclusosi con il capitombolo della sinistra alle elezioni regionali, e che nel frattempo era riuscito persino a portare l'Italia in guerra, per la prima volta nella storia repubblicana. Il fallimento della bicamerale; la mancata elezione alla presidenza della Repubblica; e più in generale il quotidiano atteggiarsi a Richelieu della politica italiana senza metterci fino in fondo la faccia, pago del ruolo di burattinaio di marionette che, da lui manovrate in realtà o anche solo in apparenza, hanno iscritto fin dal primo momento nel proprio fato il destino della sconfitta; e amara perdipiù.
Più degni di stima mi sembrano taluni dalemiani evoluti, quali l'ex presidente della Provincia di Milano Penati Filippo, il quale ha dimostrato nei cinque anni di suo governo di puntare all'esercizio del potere non come succedaneo del coito, bensì a puro fine di arricchimento personale e di sistemazione di amici, amici di amici e così via, sino alla quinta iterazione. Trovo che sia molto più vicino al comun sentire del nostro Paese che il potere venga utilizzato a tali fini, piuttosto che in funzione del mero bearsi la mattina, durante la rasatura.



* se pensate che non stia bene iniziare un periodo lungo e ampolloso con un gerundio, sappiate che vi sbagliate
** nel senso di colui che, pasciutosi di peperoni e fagioli con le cotiche, non trova nel sonno una pace ristoratrice

 

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