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domenica 28 marzo 2010

Dichiarazione di voto

La prima cosa difficile è stato decidere se andare o meno a votare.
Partendo dalla considerazione che il mio voto non avrebbe cambiato nulla (se c'è una regione nella quale l'esito è del tutto scontato, questa è la Lombardia), ben avrei potuto starmene a casa.
Qui da noi ci sono due candidati di sinistra a presidente della regione: Filippo Penati e Vittorio Agnoletto.
Le mie considerazioni, del tutto personali e purtuttavia tali da farmi correre il rischio della querela, sono le seguenti.
Per quanto riguarda Filippo Penati, ne ho scritto a sufficienza in passato: ma per chi non volesse andarsi a rileggere tutto, diciamo che lo considero un fascista e un leghista mancato, un tipico esempio di politico di oggidì, per il quale il potere conta non già per il raggiungimento di qualche fine ideale, bensì per l'occupazione sistematica dei centri di controllo dell'economia, degli appalti e per la lottizzazione del maggior numero di poltrone, pubbliche o private, possibili.
Nella mia opinione il fine unico di Penati quale presidente di regione sarebbe quello di sostituire la Compagnia delle Opera con le Coop, e i direttori sanitari di area cattolici con i direttori sanitari di area piddina, ripetendo esattamente lo stesso modello di governo formigoniano ma da un'angolazione diversa. Dato che a me interessa relativamente poco l'angolo, mentre sono molto più attento alle modalità dell'esercizio del potere democratico, Penati non mi avrà mai.
Quanto a Vittorio Agnoletto, l'uomo unisce un'innata antipatia, una gigantesca considerazione di sé, l'assenza di qualunque senso dell'ironia ed un invasato atteggiamento missionaristico, che ne fa una sorta di Testimone di Geova della sinistra.
Oggi ci sarebbe stata bene una gita al mare quindi; ma pensare alla faccia di Formigoni che avrebbe vantato percentuali bulgare me lo ha impedito.
Ho quindi deciso di andare al seggio, e ho deciso che come presidente voterò Agnoletto, che è obiettivamente molto meno peggio di Penati e quindi mi consente di turarmi il naso (mentre con l'altro anche a turarlo avrei avvertito l'odore della cacca).
Quanto alla lista, non avendo alcun amico, conoscente o persona di fiducia cui dare il voto di preferenza, né pacchi di pasta o paia di scarpe da ritirare, il tema è circoscritto al simbolo, e anche in questo caso ci sono due possibilità: la Federazione della Sinistra (ex-rifondazione e ex-comunisti italiani), che indica come governatore Agnoletto) e Sinistra Ecologia e Libertà (vendoliani), alleata con Penati. Ci sarebbe anche il PD, già: ma sebbene Bersani meriti un incoraggiamento i tempi per me non sono ancora maturi.
Le differenze tra le due liste che ho citato mi sono del tutto oscure. Seriamente: non ho alcuna idea dei programmi, e ad essere sincero non me ne frega neppure un granché, ormai, dato che sono convinto che l'unica speranza di fare qualcosa in questo paese sia quella di trovare un modo di far convivere le varie anime della sinistra in nome di un progetto comune, e che le suddivisioni, riunioni, scissioni e rimpasti siano il modo più sbagliato di affrontare le sfide che abbiamo davanti.
Ho scelto quindi di dare il voto ai vendoliani per due motivi: anzitutto, per un ulteriore scrupolo di antipatia verso il Penati: dandolo alla Federazione della Sinistra infatti il voto ad Agnoletto sarebbe stato automatico. Esercitando invece il voto disgiunto, ho la speranza che Penati riesca a prendere meno voti della coalizione che lo sostiene, quale ulteriore prova del mio desiderio che egli si ritiri a vita privata.
In secondo luogo, ho conoscenza diretta di alcuni candidati della lista concorrente, verso i quali nutro una certa antipatia e sfiducia (sono cose personali, e quindi non ne farò i nomi): e ciò rafforza la mia convinzione.
Una volta scelta la lista, ho scorso i nomi dei candidati per vedere se ce ne fosse mai stato qualcuno a cui dare una preferenza, più che altro per dimostrare il mio attaccamento al fatto in sé del poter esprimere la preferenza (il che, come noto, è impossibile alle politiche): e visto il nome di Agostinelli, che non ha particolari qualità per quanto ne so, eccezion fatta per il fatto che ci siamo incontrati qualche sera fa scambiando due parole, e che ha fatto un manifesto elettorale simpatico, ho deciso che scriverò il suo nome.

venerdì 26 giugno 2009

Pangloss (buone notizie /3)

Un'interessante intervista del Corriere a Filippo Penati.
Voi direte: e che, è una buona notizia, questa? Essì, e ve lo dimostro.
L'intervista chiude con la seguente domanda:

Sarà Filippo Penati il candidato sindaco a Milano per il 2011?
«Io vedo il mio ruolo qui e credo di poter dare un contributo, poi si vedrà come. Ma è il principio che deve essere chiaro: abbiamo dimostrato che si può vincere, cerchiamo di non arretrare».

Ci sono ben due motivi per considerare questa una buona notizia.
Il primo, che una candidatura che comincia a circolare con tale anticipo è praticamente bruciata già in partenza, e se ciò e vero vi sono buone possibilità che Penati non abbia a veder stampato il suo nome su una scheda elettorale (salvo che lo imbarchi in corsa il Carroccio, chissà).
Il secondo, che qualora il precedente punto si dimostrasse falso, e quindi il Penati dovesse per avventura presentarsi come candidato alla poltrona di Sindaco di Milano, ciò sarebbe nella più ortodossa tradizione dei candidati del centrosinistra in questa sfortunata città: una conferma che il mondo non ha ancora cambiato direzione.
E' una cosa che dà un senso di fiducia: direi di continuità tra il passato e il presente.

Insomma: sia che Penati si presenti, sia che non si presenti, c'è almeno un motivo di gioire: siete convinti ora che viviamo nel migliore dei mondi possibili?

venerdì 12 giugno 2009

Poi dice che uno si butta a sinistra

La situazione nell'intellighenzia del Partito Democratico è molto ma molto più grave di quanto finora non si credesse.
Tralasciando* gli sproloqui dell'ideologo-fondatore (quel Michele Salvati che ha avuto per la sinistra lo stesso effetto benefico che Mariotto Segni ha avuto per l'Italia), il quale incuba** un partito unico ricomprendente, tra gli altri, Tremonti, Sacconi e Brunetta, il punto fondamentale all'attenzione dei vertici e dei simpatizzanti è, nientemeno, la serrata dialettica tra D'Alema e dalemiani e Veltroni e veltroniani, con uno spruzzo di ex democristiani di contorno.
Su queste pagine si è parlato molto, e molto male, di Veltroni, ma si sono spese poche parole su D'Alema: e dato che quando si parla di PD qui si critica, tale silenzio avrebbe potuto far pensare che vi fosse una certa simpatia per il baffuto brizzolato ex presidente del consiglio.
Così non è.
Tanto si è disprezzato Veltroni per la visionarietà del progetto, accompagnata dalla più serena mancanza di una qualunque linea strategica (salvo si possa definire tale il tentativo, ontologicamente perdente, di non scontentare nessuno e di non prendere mai una posizione decisa su qualunque argomento, eccezion fatta per il presidente della Commissione RAI), ma ciononostante gli si è riconosciuto di possedere uno spiccato spirito etico e un forte sistema di valori: valori sballati, inutili e non accompagnati dalla necessaria forza di volontà per affermarli: ma valori.
L'altro, l'avversario di sempre, sembra invece avere quale unica strategia la conquista del potere, in sé e per sé. Che, se ci pensiamo bene, non si può neppur definire strategia, dato che la strategia si indirizza al raggiungimento di un fine; ma se il fine è vincere in sé e per sé, allora strategia e tattica si sovrappongono l'un l'altra: il che in sé dimostra, quando mai servisse, che ciò non è una cosa buona.
D'Alema, al contrario di Veltroni, viene universalmente riconosciuto come persona di grande intelligenza, o perlomeno di grande furbizia. Non si sa bene da cosa derivi questa fama, dal momento che anche la furbizia, che (giova rammentarlo) nella commedia dell'Arte è la virtù dei servi, è tale solo fin tanto che consente di conseguire gli obiettivi che ci si prefiggono. D'Alema questi obiettivi li ha sempre sfiorati, mai raggiunti.
Ricorderete i disastrosi risultati del suo governo, conclusosi con il capitombolo della sinistra alle elezioni regionali, e che nel frattempo era riuscito persino a portare l'Italia in guerra, per la prima volta nella storia repubblicana. Il fallimento della bicamerale; la mancata elezione alla presidenza della Repubblica; e più in generale il quotidiano atteggiarsi a Richelieu della politica italiana senza metterci fino in fondo la faccia, pago del ruolo di burattinaio di marionette che, da lui manovrate in realtà o anche solo in apparenza, hanno iscritto fin dal primo momento nel proprio fato il destino della sconfitta; e amara perdipiù.
Più degni di stima mi sembrano taluni dalemiani evoluti, quali l'ex presidente della Provincia di Milano Penati Filippo, il quale ha dimostrato nei cinque anni di suo governo di puntare all'esercizio del potere non come succedaneo del coito, bensì a puro fine di arricchimento personale e di sistemazione di amici, amici di amici e così via, sino alla quinta iterazione. Trovo che sia molto più vicino al comun sentire del nostro Paese che il potere venga utilizzato a tali fini, piuttosto che in funzione del mero bearsi la mattina, durante la rasatura.



* se pensate che non stia bene iniziare un periodo lungo e ampolloso con un gerundio, sappiate che vi sbagliate
** nel senso di colui che, pasciutosi di peperoni e fagioli con le cotiche, non trova nel sonno una pace ristoratrice

mercoledì 6 maggio 2009

Egregio signor Penati

Egregio Signor Penati (o caro Filippo, come oggidì si usa),

vorrei rassicurarLa una volta per tutte: io, alle elezioni provinciali, non la voterò.
Guardi, non creda che la stia pigliando in giro; non tema che all'ultimo momento decida di tracciare una croce sul suo nome, Filippo Penati: non lo farò.
Anzi, per rassicurarLa ulteriormente Le significo che in quei giorni me ne andrò al mare o ai monti, così Ella stessa potrà verificare.
Tanto il Parlamento Europeo, nonostante il nome pomposo, dal punto di vista istituzionale non serve a nulla, dato che tutto in Europa viene deciso da Commissione e Consiglio, che sono di espressione governativa.
Quanto alle provincie, bé, lei sa meglio di me che se un giorno uno di quei dittatori centrafricani (quelli belli grossi, grassi, neri e con il fez leopardato, che vivono tra gli ori mentre fuori delle loro regge imperversa la fame e la malattia) dovesse trovare un modello per un ente assolutamente inutile da istituire per sistemare adeguatamente un familiare un po' tocco o un clientes di periferia, il modello italiano delle provincie sarebbe quasi perfetto. E con una piccola riforma, abolendo quelle potestà normative che danno alla provincia un ruolo (la più importante delle quali, se ben ricordo dal mio esame di diritto amministrativo, è la competenza esclusiva in tema di regolazione del traffico di greggi e armenti), queste sarebbero un mdello inarrivabile nell'Universo intiero di macchina elefantiaca e del tutto priva di scopo alcuno.

Quindi, signor Penati, si tranquillizzi: il mio voto non l'avrà: non si dia pena: glielo giuro.
Sono riuscito a convincerLa? Bene.
Ora, per cortesia, non insista nel cercare di convincermi su quanto io e Lei siamo lontani in tutti i sensi: credevo di avergliene già dato prova in precedenza; ma Lei, testardo, insiste.

Guardi, glielo assicuro: sono perfettamente convinto. Non c'è bisogno che mi venga anche a spammare sul blog, come ha fatto qui. Davvero.

Con immutata disistima,
M.Fisk

lunedì 27 aprile 2009

Manifesti elettorali

Sabato 25 aprile non sono potuto andare in manifestazione a fischiare Formigoni, perché Nichita non me l'avrebbe permesso (l'ho portato quand'era piccolo e spero che lo porterò quando sarà un po' più grandicello, ma a quest'età proprio con le manifestazioni non c'entra nulla).
Abbiamo perciò fatto un giro in bici e, strada facendo, mi sono goduto un po' di propaganda elettorale che adorna le strade cittadine.

Mi piacerebbe aver da dire qualcosa sulla sinistra, almeno di questi tempi in cui sarebbe ora, se qualcuno esiste, di farsi sentire. Purtroppo l'unica cosa che ho potuto notare è la ricomparsa dei manifesti blu "VOTA COMUNISTA" con il simbolo della bandiera rossa con falce e martello sulla bandiera italiana. Quelli che ho sempre visto, ad ogni elezione, finché Occhetto non si è inventato il partito con la quercia della strada per Capalbio.
Bene l'operazione nostalgia; diciamo che non credo sia una strategia efficace, ecco, ma staremo a vedere. Quanto all'altra forza di sinistra, ancora non ne ho inteso il nome: mi piacerebbe esser fiducioso ma non vedo come.

Veniamo al PD, che almeno c'è qualcosa da dire.
Alla Provincia di Milano c'è Penati, che ha affittato un'enorme quantità di spazi. Ad occhio il 60% parla di sicurezza ed il 40% di altri argomenti (la crisi, il lavoro, etc.).
Per avere una conferma a questa impressione sono anche andato sul sito del Penati, dove campeggia una nuvola semantica (o come diavolo si chiama) che riproduco qui a fianco, e che mi sembra sufficientemente eloquente, dacché la parola "sicurezza" è più grande di "Filippo Penati".

Per quanto concerne i manifesti "istituzionali" del PD, ne ho visto qualcuno a effetto spinta, ma pochi.
Quello che si vede dappertutto (l'ho cercato in rete, ma non l'ho trovato) è un manifesto con la foto B/N di una giovane ragazza, e uno slogan tracciato a mano, tipo gessetto su lavagna, del tipo "Sicurezza: più agenti per le strade".
A quanto ho capito questo è uno solo di una serie di manifesti che dovrebbero affrontare ciascuno un tema diverso.
Ciascuno un tema diverso: ma io un solo tema ho visto, ed è quello della sicurezza. Tema inesistente, che esiste solo nell'universo puramente mediatico del cortocircuito informazione-umori-sondaggi-palazzo-dichiarazioni-informazione-..., e che oltretutto, mi sia consentito il francesismo, non c'entra una fava con le elezioni europee.

Non che me ne importi granché, dato che tanto questa tornata non mi vedrà andare al seggio, ma, dico io: possibile non aver ancora capito che puntare sulla sicurezza fa vincere gli altri?

mercoledì 8 aprile 2009

Per Cofferati

Secondo il presidente della mia provincia, candidare Cofferati quale capolista del PD alle elezioni europee dopo che il medesimo ha rinunciato a candidarsi a Bologna "per stare vicino al figlio" sarebbe una sciocchezza.
Il fatto è che lui pensa sia una sciocchezza non perché veda l'assurdità della cosa, la distanza che separa Genova rispettivamente da Bologna e Strasburgo.
Non perché ritenga impresentabile una persona che a Bologna ha seguito le orme di Gentilini a Treviso, quanto a ricerca del consenso attraverso la tematica della sicurezza e della tolleranza zero.
Non perché ritenga inqualificabile una persona che non ha avuto il coraggio di dire "non mi ricandido perché se mi ricandidassi farei la fine di Rutelli a Roma; i bolognesi preferirebbero eleggere un tacchino piuttosto che il sottoscritto".
No, signori: Penati ritiene che Cofferati sia impresentabile in quanto ex segretario della CGIL, come riporta Repubblica:
C' è la crisi e schierare come capolista l' ex segretario della Cgil per il presidente della Provincia significherebbe rinunciare a parlare con «il ceto medio, i commercianti, i piccoli imprenditori».
Sembra che quest'uomo (Penati, dico) stia facendo di tutto per alienarsi il mio voto. Vorrei utilizzare questo spazio per rassicurarlo: ci era già riuscito da moltissimo tempo, e non serve proprio che insista. dovessi anche essere su un'isola deserta, piuttosto voto la De Albertis.

 

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