martedì 31 maggio 2011

Stile

Non si può dire che Zio Tibia l'abbia presa bene:
«Una parte di moderati, non andando a votare, ha deciso di dare il via libera a un sindaco rifondatore comunista, Pisapia, già amico di terroristi prima e centri sociali poi. [...] noi continuiamo a non capire e a ritenerlo più semplicemente una grande, enorme stronzata. Confortati in questo giudizio dalla prima dichiarazione di Vendola, padrino di Pisapia, sulla vittoria di Milano: "Abbiamo liberato la città, ringraziamo i fratelli rom". Ma parla per te, gli sfruttatori di bambini e scippatori di vecchiette saranno fratelli tuoi, io resto dell’idea che prima li mandiamo via dalle nostre città meglio è per tutti.»

Mi si nota di più se

E' passato il tempo in cui il problema era se andare alla festa e rintanarsi in un angolo senza parlare con nessuno e magari spararsi una lacrimuccia al primo lento, o invece non andarci affatto.
Ci siamo mitridatizzati contro queste tattiche, e ora bisogna alzare l'asticella: per attirare l'attenzione, per farsi notare anche nel momento in cui tutti gli sguardi sono rivolti dalla parte sbagliata (cioè dalla parte dove le cose stanno veramente accadendo), l'unica è quella di scrivere qualche sciocchezza o qualche sesquipedale stronzata. E, se si è dei veri cretini dentro, si deve perfino avere il coraggio di confermare la stronzata al di là di ogni possibile logica.

lunedì 30 maggio 2011

Elogio delle primarie

Il brillante risultato conseguito da Giuliano Pisapia a Milano dimostra che il metodo delle primarie funziona. Non solo consente di scegliere un candidato vincente, ma ha anche l'effetto di aggregare i consensi attorno alla sua figura, e creare così una coalizione di cittadini e militanti in grado di sbaragliare la propaganda e le falsità degli avversari.
































ecco, questa è la dichiarazione che verrebbe spontanea dopo aver sofferto così tanto nell'attesa di questa vittoria. e sono cose che hanno detto molti, a cominciare da nichi vendola che in piazza del duomo ha voluto mettere il suo cappello, o perlomeno imporre una mano taumaturgica, sulla testa del nuovo sindaco. io ho già detto molte volte che la coerenza è il valore principale dell'agire politico: il che non vuol dire che uno non possa cambiare idea (solo gli scemi continuano a credere alle loro idee sbagliate), ma che lo deve fare per convinzione nata da una seria analisi, non per la mera contingenza di un successo, che peraltro segue molte sconfitte.
ed è per questo che io una dichiarazione così non la faccio: resto fermamente convinto che le primarie non solo non siano la panacea di tutti i mali, ma che oltretutto siano profondamente sbagliate. Possono servire forse in questo momento storico per supplire all'immobilismo delle segreterie partitiche e alla mancanza di contatto della politica con la società degli elettori, ma comunque sono un palliativo.
sono i soggetti politici, e in particolare i partiti, quelli che devono riprendere il contatto con la società: e non possono limitarsi a delegare ad essa la scelta di un campione, ma devono invece agire sul territorio, aprire sedi, ascoltare i desideri e i bisogni degli elettori costantemente, non una volta ogni due, tre o cinque anni.
delegare la creazione di un programma politico al campione scelto nei gazebo ci ha portato a vincere oggi, ma guai a credere che sia una soluzione ai problemi che abbiamo. guai a pensare che questa vittoria possa essere replicata su scala nazionale senza una enorme quantità di sangue, sudore e lacrime.
andare al gazebo non fa sanguinare, non fa piangere e, salvo che a ferragosto, non fa neppure sudare.

Più uno

Quando, poco fa, mi sono accorto di dover partecipare a una riunione fra banche che si terrà alle 15:30 di oggi e che probabilmente durerà fino alle 17, mi sono incazzato come una belva.
Poi ci ho pensato su, e mi sono reso conto che modo migliore per far passare l'attesa non ci poteva essere: entrerò in riunione con i risultati degli exit pool, cioè fuffa, e ne uscirò con il nome del vincitore già noto.

domenica 29 maggio 2011

Zero

Il succo del post che avevo scritto ieri e il cui titolo era padroni in casa propria, Letizia Moratti l'ha dimostrato egregiamente un'altra, ennesima volta.
Accusare l'avversario di scorrettezza, rivolgersi perfino al Capo dello Stato per stigmatizzare una dichiarazione rilasciata non sui temi elettorali bensì sull'omicidio di un giornalista; e allo stesso tempo violare la stessa legge che si era accusato l'avversario di aver violato, partecipando a visite e indirizzi di saluto presso una sede della Massoneria e presso una parrocchia i cui parrocchiani per fortuna hanno sfanculato l'intervenuta.
Per questi politicanti sedicenti liberali le leggi non sono il quadro di regole nel quale devono muoversi tutti, da qualunque parte stiano. Per questi politicanti sedicenti liberali le leggi sono uno strumento che può e deve essere piegato e distorto, per servire la propria causa e fregare l'avversario.
ciò di cui Letizia Moratti e i suoi suggeritori non si sono accorti è che a un tratto i cittadini si sono identificati con l'avversario: hanno capito che in una società nella quale l'unica regola è che chi ha vinto può far quello che vuole non c'è più garanzia per nessuno.
Il contratto sociale che sta alla base delle società civili in fondo è assai semplice: ciascuno rinuncia ad usare la forza per regalare le proprie dispute private, demandando a un ente superiore l'uso della forza contro chi non rispetta le regole date.
Tentare di fregare il proprio avversario, si chiami esso Matteotti o Pisapia, può funzionare per un po' di tempo o anche per un bel po' di tempo; ma alla fin fine i nodi vengono al pettine, e anche il salumiere all'angolo si sente un po' Matteotti.

Letizia Moratti ha trattato il Comune di Milano come cosa propria: il suo primo atto è stato quello di congedare tanti capaci funzionari pubblici, rei solo di non essere pronti ad obbedire ciecamente, e di prendere al loro posto una messe di consulenti strapagati e di dubbia capacità, il cui unico merito era la fedeltà alla padrona di casa.
I milanesi hanno capito che alla guida della città debbono esserci dei tecnici e non dei maggiordomi? Io credo di sì; tra ventiquattr'ore lo sapremo tutti.

sabato 28 maggio 2011

Cara, ho perso il bambino

Riprendo oggi questo post di Layos, che commentava la tragica morte della bambina dimenticata in un parcheggio dal padre. Avrei voluto commentarlo già allora, ma poi me ne è passata la voglia: ho distolto lo sguardo, proprio come dichiara di fare Guido davanti al telegiornale.
Poi la cosa è successa ancora, a distanza di pochi giorni: e anche qui la prima reazione è quella di distogliere lo sguardo, per l'orrore che si prova nei confronti di quei poveri bambini e per il dramma dei padri, a cui credo quasi tutti si sentano istintivamente vicini.
Io quella sensazione che ha provato Guido, quella volontà di rimozione, la conosco bene, me la porto addosso da quasi dodici anni: anche io mi sono dimenticato mio figlio in macchina.
Era il 31 dicembre 1999, Nichita aveva nove mesi. Quel giorno bisognava preparare la festa per il nuovo millennio, che magari non era il nuovo millennio ma lo consideravamo tale comunque. Io e il mio amico Gatto la mattina andammo alla Metro, a fare la spesa del pesce (saremmo stati una dozzina abbondante di persone, a casa dei miei, che era libera e -soprattutto- capiente); poi portammo a casa dei miei il pesce e ci sedemmo a tavole, dove mia madre ci servì le boghe fritte.
Le boghe sono un pesce squisito ma spinosissimo: e una spina mi si conficcò dentro una tonsilla. Cercai di togliermela da solo, ma non riuscendoci andai al San Giuseppe, dove nella sala d'attesa del Pronto soccorso c'era una bolgia infernale, a causa di un'epidemia di influenza che girava in quei giorni.
Fui fortunato, perché l'otorino era già lì, e dopo una ventina di minuti ero già fuori, A quel punto avevo il tempo per andar a cambiare l'alimentatore della nuova telecamera, che si era rotto in due giorni: dovevo andare alla Moroelettrica, che ancora esisteva, e non so neppure io perché decisi di portarmi dietro Nichita: credo che non ce ne fosse alcun bisogno, ma volevo stare con lui.
Arrivai in via Ludovico il Moro, parcheggiai la macchina e andai a cambiare quell'alimentatore del cazzo. Fu una cosa lunga: ci misi forse non un'ora ma quasi.
Uscii dal negozio, bello contento con il mio alimentatore, entrai in macchina e solo in quel momento vidi il bambino, che dormiva beato.
Mi passarono davanti agli occhi tutte le possibilità che ben potete immaginare: avrei potuto trovare una pattuglia di vigili o di polizia, che mi avrebbe probabilmente denunciato per abbandono di minore; avrei potuto trovare la macchina (che spesso lasciavo aperta, e quella volta lo era) vuota; avrei potuto trovare il bambino cianotico per il freddo; o peggio.
Dell'accaduto non ne ho mai parlato con nessuno, neppure con sua madre: quel fatto me lo sono tenuto dentro per tanti anni ben consapevole, allo stesso tempo, della gravità del fatto e della mia assoluta assenza di colpa.
Non che dal punto di vista penale la colpa (nella forma della "negligenza") non ci sia, sia chiaro. Ma so, per averlo provato sulla mia pelle, che neppure per un secondo ero stato sfiorato dal dubbio di dove fosse mio figlio; che neppure nel più remoto inconscio desideravo meno della più grande delle felicità per lui e che quel giorno non avevo alcun impegno che mi pressasse e distogliesse la mia mente.
L'unica spiegazione che mi sono dato, a posteriori, è che nella nostra vita entriamo spesso in modalità pilota automatico: compiamo i gesti della nostra vita quotidiana semza pensarci, proprio come non abbiamo bisogno di pensare a quale sia il pedale del freno quando arriviamo nei pressi di un semaforo rosso.
Non è questione di logorio della vita moderna, non è questione di vita multitasking né di frenesia della società d'oggi: è semplicemente la nostra natura che ci costringe a fare così, forse per risparmiare energie mentali da dedicare ad altre occupazioni più importanti come la caccia al bisonte o la risposta all'ennesima mail del capo deficiente.
Ogni sera, subito prima di addormentarmi (e spesso lo faccio in letti che non sono sotto lo stesso tetto sotto il quale dorme Nichita), quand'anche fossi completamente ubriaco o fumato o avessi la febbre a 42°, mi faccio il riassunto della giornata, mi concentro su dove sia mio figlio in quel momento, sulla necessità che il giorno dopo lo debba accompagnare o meno a scuola, e via discorrendo. Fino a quando non ho preso quest'abitudine , questo rito che celebro pochi attimi prima di dormire, mi succedeva abbastanza spesso di svegliarmi nella notte con l'ansia di non sapere dove egli fosse, e ci mettevo un bel po' a rendermi conto che era in camera sua, o magari in vacanza con mia sorella; e nel frattempo vivevo un'angoscia indescrivibile.

Padroni a casa propria (meno uno)

Io il post l'ho scritto, poi l'ho cancellato e riscritto, e poi me lo sono girato sul video varie volte.
Ed era anche un bel post, ve lo assicuro.
Poi mi sono detto che un po' di scaramanzia ci vuole, e che sabato c'è il silenzio preelettorale: e quindi del post ci lascio solo il titolo.

venerdì 27 maggio 2011

Post ad uso degli amici cattolici giustamente spaventati dalla simpatia del candidato sindaco dell'estrema sinistra nei confronti degli stranieri, specie se di altra religione.


Sì, viaggiare (meno due)

Certo non si può dire che la Signora Letizia Brichetto Arnaboldi cgt. Moratti abbia la fortuna dalla sua.
La buca data da Gigi d'Alessio al concerto di ieri sera resterà epica per il clamore avuto sulla stampa: non certo per la delusione del pubblico, atteso che ieri sera sono passato verso le nove in Piazza del Duomo e c'erano poche anime in più di quelle che si erano convocate venerdì scorso per ballare il flamenco e suonare le nacchere.

Ma ancor maggiore la sfiga dell'ennesimo fermo della metropolitana, proprio l'ultimo giorno lavorativo prima del ballottaggio. Vediamo il perché.
Il servizio pubblico di trasporti di Milano era, fino a non moltissimo tempo fa, tra i migliori che si potessero desiderare. Mezzi un po' moderni e un po' vecchiotti ma ottimamente manutenuti, capillarità delle fermate, puntualità e frequenza delle corse erano caratteristiche scontate. Milano, per dire, fu la prima città -andavo credo, alle elementari- a introdurre il biglietto orario, il che consentiva di sfruttare la struttura urbana radiale consentendo di arrivare in qualunque zona con un semplice cambio di mezzo in centro o in uno degli anelli di circonvallazione.  Ciò consentiva di ridurre il numero di linee, aumentando al contempo le frequenze per far sì che il cambio non risultasse oneroso in termini d'attesa alla fermata.
Oggi l'Azienda Trasporti Milanesi non è neppure una pallida imitazione di quel che fu un tempo. Le corse si sono via via svaporate, tanto che la sera (la sera, non la notte: la sera, le 21 insomma) anche i mezzi principali hanno frequenze intorno ai venti minuti. Dato che la struttura della rete è rimasta concettualmente immutata, prevedendo che la capillarità avvenga mediante il cambio di mezzo, questo significa che chi si deve recare in due punti della città non serviti dallo stesso mezzo deve mettere in conto quaranta minuti di possibile attesa, oltre il tempo di viaggio.
Sono poi divenuti frequenti le corse fantasma: corse che vengono annunciate dalla palina "intelligente" che dovrebbe dirti quando passerà l'agognato mezzo. Il problema è che a un certo punto la palina ti dice "guarda, sta passando il tram, salici sopra", ma davanti a te non c'è nessun cazzo di tram: la palina "intelligente" si limita a tramandarti il mito di una corsa che in realtà è stata annullata perché l'autista si è sentito male (e non c'è sostituto), il bus ha bucato la gomma (e non c'è un bus di ricambio) o uno scambio si è bloccato.

Già: gli scambi. Perché a un certo punto, qualche anno fa, i tram hanno cominciato a deragliare con frequenza settimanale o quasi.
D-E-R-A-G-L-I-A-R-E. Avete presente cos'è il deragliamento di un treno? Non è che se ne senta parlare spessissimo, vero? Ecco: immaginate una città dove ogni settimana deraglia un tram, che concettualmente non è dissimile da un treno. Ci dev'essere qualcosa che non funziona nel materiale rotabile: anche perché un treno deraglia quando prende una curva a 180 all'ora, ma un tram quelle velocità non le immagina neppure: arriva verso i 50; 70 giusto giusto quando si lancia in via dei Rospigliosi.
Ma no, la colpa di tutti questi deragliamenti è sempre ricaduta sull'errore umano. Come se i tranvieri si fossero divertiti a stressare la manetta di comando per vedere se riuscivano a sbattere un pezzo di ferro di qualche decina di tonnellate fuori dalla propria sede; e tutto questo senza che i passeggeri se ne accorgessero. Anche un grillino capirebbe che c'è qualcosa che non funziona, e che se i mezzi si rompono, i tram escono dai binari e i motori delle filovie saltano, allora probabilmente il problema è di manutenzione.
E non è da dire che non ci siano i soldi per farla, la manutenzione. I dati di EBIT (utile prima delle imposte) parlano chiaro: 18,6 mil. nel 2007; 21,1 mil. nel 2008; 23 mil. nel 2009.
Soldi che avrebbero potuto essere utilizzati per riparare scambi vetusti, quale quello di Piazza De Angeli che per mesi (MESI) è stato rotto, obbligando il conducente a scendere a manovrarlo con il cacciavitone, proprio come si faceva quando andavo alle elementari. Soldi che invece sono andati altrove: a finanziare il Comune di Milano, che ne aveva disperato bisogno.
Vero è che l'amministrazione di Letizia Moratti non ha introdotto alcuna addizionale IRPEF; in compenso la stessa amministrazione ha talmente degradato la qualità del servizio pubblico di trasporto che una larga fetta della cittadinanza ha, semplicemente, smesso di usarlo.
Sono oramai anni che io mi muovo solo in bicicletta: e non l'ho fatto certo perché si tratta di una scelta salutistica (con l'aria che si respira...) o peggio ideologica, come quei dementi figli di papà che il giovedì sera scampanellano beati e il giorno dopo vanno a lavorare in Smart. No: io mi muovo in bicicletta perché è l'unico mezzo che mi garantisca di giungere al lavoro in un tempo ragionevole e non mi faccia rischiare di dover tornare a piedi una volta alla settimana, come mi accadeva quando andavo in metropolitana.
Purtroppo per loro, non tutti possono andare in bici: chi non ha più l'età, chi è troppo pigro, chi deve portare cose pesanti, chi abita in zone che lo costringerebbero a estenuanti sfracassamenti di emorroidi sul pavé più sconnesso del mondo. Tutti costoro o prendono il mezzo pubblico, e quindi bestemmiano con frequenza degna di miglior causa, o vanno in centro in auto (tanto l'Ecopass non lo paga praticamente più nessuno tra coloro che hanno una macchina a benzina, e pure moltissimi diesel sono ormai esenti), ingolfando una città che ha ancora una struttura viaria angusta ed è priva dei parcheggi che sarebbero necessari per affrontare un traffico così.
Ben venga, quindi, l'ennesimo fermo del metrò di questo venerdì preelettorale, che magari avrà fatto sfracassare i marroni a qualche indeciso, che tra il rischio di trovarsi in Comune un pericoloso radicale amico di froci e infedeli, e la certezza di altri cinque anni ad attendere l'ennesimo vagone fantasma, deciderà che in fondo a lui froci e infedeli danno meno fastidio del fetore di duecento corpi accatastati in un vagone passato con venti minuti di ritardo.

giovedì 26 maggio 2011

Meno tre

La città stamane non si è svegliata sotto una bianca coltre di neve.
Si è svegliata invece tappezzata di manifesti che ritraggono la coppia Letizia Moratti - Gabriele Albertini che si tengono l'un l'altro alte le braccia inneggiando alla futura vittoria.
Gabriele Albertini, ex sindaco di questa sfortunata città, è la persona che secondo quanto affermato in un'intervista da un noto filosofo, anche lui ex sindaco di una importante città del Nord, avrebbe dovuto fare il campione del centrosinistra al posto di Pisapia, perché così si sarebbe vinto al primo turno.

Questa straordinaria capacità di non farsi i cazzi propri da parte degli esponenti della cosiddetta Società Civile continua a lasciarmi basito: credo che un po' la mancanza di introspettività del filosofo possa essere dovuta alla sua fama, al fatto di essere ubiquitariamente riconosciuto come un bell'uomo, e di cultura. Forse anche al fatto che, come affermano un po' tutti, anche se nessuno che io sappia ne ha portato le prove provate, egli si faceva anche staccare dei gran pompini da una bella donna, e ricca per di più.
In questa condizione personale è comprensibile che uno perda un po' di contatto con la realtà (anche se può esser rischioso: se ti trombi la moglie di uno che va in giro con le guardie armate è comunque sempre meglio avere il sonno leggero), e quindi abbiamo già perdonato la sparata di qualche giorno fa, attribuendone la responsabilità all'acidità di stomaco generata dalla rovinosa prova del candidato proposto dal filosofo: quel Manfredi Palmeri che deve aver dilapidato cinque o sei patrimoni (tal quale l'omonimo nipote del Principe di Salina) per affiggere il suo faccione perfino nei più oscuri vicoli della città, raccattando in cambio qualche briciola di suffragi.
Mi aspetto però che, all'affacciarsi di questa nuova alleanza tra l'ex sindaco e la sindachessa uscente, il filosofo rilasci una dichiarazione pubblica. Una cosa con grandi paroloni, quali si conviene a un filosofo, ma il cui succo suoni più o meno così:
«sono un grandissimo pirla»

mercoledì 25 maggio 2011

Meno quattro

Considerato che i sondaggi che girano in giro unanimamente dicono che a Milano vincerà Pisapia e a Napoli vincerà De Magistris, e preso atto negli scorsi anni (e pure nelle scorse settimane) dell'affidabilità che hanno i sondaggi che filtrano a pochi giorni dalle elezioni, comincio a sentire un brividino in fondo alla schiena.

Scemi e d(i)ritti

Qualcuno mi ha scritto ritenendo che il mio post relativo al branco di coglioni che si è autoconvocato in Piazza del Duomo credendo di essere a Madrid e di poter cambiare il mondo a suon di cinguetii fosse un po' troppo duro.
Ora che (hat tip Tamas) ho trovato un video dell'evento, e ho potuto constatare di persona la profondità dei contenuti ivi spesi, posso fare ammenda per non aver a suo tempo invocato le miniere di sale.


(anche per la crassissima ignoranza delle più elementari regole d'ortografia e di video editing)

martedì 24 maggio 2011

Letizia Moratti risponde

Sul sito mirispondi.it cominciano ad arrivare le risposte alle domande che il popolo della Internet ha fatto a Letizia Moratti.
La sindaca deve aver capito che la strategia di far passare solo le domande agiografiche (tipo quelle di AlexMi) non paga, e ha cambiato registro, pubblicando qualche domanda vera.
Peccato che la uova strategia sia, ove possibile, ancor peggio della precedente.
Prendiamo la seguente domanda e la relativa risposta:
Vorrei una risposta SERIA sulle sue ultime promesse (abolizione ecopass, sosta gratuita, condono sulle multe prese): dove si prenderebbero introiti per compensare? Nuove Tasse?
Le tasse comunali non sono state aumentate e non aumenteranno. In cinque anni abbiamo mantenuto le tariffe dei servizi più basse d’Europa e Milano, unico Comune in Italia, non ha mai applicato l’addizionale Irpef.
Questa stessa politica verrà applicata da noi nel prossimo mandato
E' un po' come se io chiedessi qual è l'articolo del Codice Civile che regola la rappresentazione e l'esaminato mi rispondesse: "192.168.1.101".

Né sulla questione delle moschee andiamo granché meglio:
Se la moschea l’aveva già prevista, come mai gran parte della sua campagna elettorale si basa sul fatto che Pisapia vuole costruirla? non le pare un controsenso?
Dare la possibilità a tutte le religioni di avere luoghi di culto nelle varie zone della città non è lo stesso che progettare di realizzare una grande moschea.
Milano è pronta ad accogliere tutti, ma nel rispetto della propria identità.

In tema di piste ciclabili sembra che lo stagista di riferimento risenta della stanchezza e del caldo, dato che evidentemente riesce a concentrarsi esclusivamente sulle ultime quattro parole della domanda:
Le piste ciclabili sono poche e poco praticabili spesso per colpa degli automobilisti che ci parcheggiano sopra. Il Comune cosa farà nei prossimi 5 anni?
Negli ultimi tre anni abbiamo realizzato 15 km di piste ciclabili, passando da 85 km del 2006, a 100 km ed ora prevediamo di arrivare a 130 km. E’ partita la sperimentazione in zona Turro Giacosa, dei tratti ciclo/pedonali, che possono portare da casa in qualsiasi quartiere sugli assi di scorrimento verso il centro. Se i risultati della sperimentazione saranno positivi estenderemo il progetto in altri quartieri, sempre ascoltando le priorità dei cittadini.

Sul tristo tema degli zingari la demagogia mostra un po' la corda, dato che dai numeri presentati sembrerebbe che se ci sono ancora gli zingari a Milano l'unica spiegazione sia che escono dalle fottute pareti:
Perché non manda via gli zingari?
In questi anni il Comune di Milano, grazie alla Polizia Locale, ha effettuato quasi 500 sgomberi tra campi rom e case occupate abusivamente. Abbiamo smantellato il campo di Triboniano e nel solo 2010 abbiamo effettuato un intervento ogni due giorni. Il numero dei rom è calato dell’80 per cento il che significa che la strada intrapresa è quella giusta. L’obiettivo, però, è di chiudere tutti i campi nomadi abusivi.
Insomma: l'ennesimo #FAIL.

Il venticinquesimo problema di Hilbert (meno cinque)

Questa qui sopra è l'immagine che campeggia sulla home page del sito di Letizia Moratti.

Questo qui sotto è il punto 6 del programma "Contro l'inquinamento" di Letizia Moratti, comodamente rinvenibile al seguente link

Mobilità sostenibile:
a. prosecuzione delle misure strutturali per eliminare il traffico inquinante e rafforzamento delle misure di disincentivazione del traffico “normale” (Ecopass)


Questi qui sotto sono i manifesti fatti affiggere da Letizia Moratti durante la campagna per il ballottaggio.


Pochi lo sanno, ma in effetti Hilbert aveva preparato anche un venticinquesimo problema, ovvero:
«Sulla base delle osservazioni sperimentali sopra elencate, dimostrare che Letizia Moratti non è falsa e bugiarda»
Poi ritirò il problema, poco prima della pubblicazione della lista completa, perché ritenne che la sua soluzione non fosse alla portata dell'ingegno umano almeno fin verso al 2051.

aggiornamento Mi si fa notare che i problemi di Hilbert erano 23, ma secondo wikipedia ce ne fu anche un 24esimo, che non fu mai pubblicato. In effetti questo farebbe sì che il problema morattiano qui discoperto non sia il 25esimo, bensì il 24esimo a pari merito. Ma dato che del thieleiano se ne se da tempo, mentre del morattiano se ne sente parlare solo ora, credo che la definizione di 25esimo vada bene lo stesso.

Sucate!

(post politicamente scorrettissimo)

Quelli che «con quel che avrei pagato per un bilocale ho preso il villino con la tavernetta»
Quelli che «quando entro in città la mattina mi devo togliere la giacca che passata la tangenziale ci sono cinque gradi in più»
Quelli che «da quando vivo fuori città le mie bambine sono rifiorite»
Quelli che «io per rifare la carta d'identità ora ci metto cinque minuti, mica due ore come a Milano»
Quelli che «la sera come torno a casa mi si riaprono i polmoni, come fai a stare ancora a Milano?»
Quelli che «eh, da noi la sera si tiene ancora la copertina di lana, vuoi mettere?»
Quelli che «tanto al cinema ci andavo poco anche prima, e comunque con Sky chi ne sente il bisogno?»
Quelli che «ma che dici, che i milanesi vengono qui dalle mie parti per comperare all'outlet?»
Quelli che «ma no, il pane lo compri una volta alla settimana, lo metti nel congelatore e poi è come appena sfornato. E comunque vuoi mettere l'acqua che c'è qui in brianza?»
Quelli che «se ti organizzi bene con gli orari dei treni, Senate è più vicino al Duomo di Piazzale Corvetto»
Quelli che «zanzare qui in Lomellina? ma scherzi? le zanzare vere sono a Milano!»
Quelli che «guarda, io la macchina quando non la metto in garage la lascio aperta, che tanto da me non succede mai niente»
Quelli che «Giovanna per andare al liceo di Cantù deve svegliarsi alle sei e un quarto, ma non è mai morto nessuno per essersi svegliato presto»
Quelli che «certo, i suoi compagni di scuola sono un po' sparsi, ma con facebook è come se fossero sempre tutti insieme»
Quelli che «tornare a Milano? Neppure se mi regalassero la casa!»

Ecco, avete ragione su tutto. Ma quanto sucate perché questa volta paghereste, e tanto, per poter mettere quella cazzo di scheda nell'urna?

Basta bugie e false promesse

Oggi Milano è tappezzata di manifesti di Pisapia con il motto:
Basta bugie e false promesse
Non so, io non è che sia un esperto in comunicazione: ma mi pare che questa cosa così semplice smonti in un soffio una settimana di campagna della Moratti, come la casa di paglia del primo porcellino.

lunedì 23 maggio 2011

Le tecnologie utente: dall’approccio “User friendly” a quello “Human centric”

Le nuove opportunità per le aziende di accrescere la propria attrattività per i talenti delle nuove generazioni (i nativi digitali) e razionalizzare i costi

Se fino ad oggi la missione dell’azienda era quella di essere attrattiva per il proprio personale, utilizzando ed investendo in tecnologie “user friendly”, in modo da agevolare l’attività lavorativa dei propri dipendenti, oggi esistono diverse opportunità per ribaltare il concetto, consentendo all’azienda di integrare i propri sistemi e software con le tecnologie consumer di proprietà del dipendente, mobili o fisse che siano (PC, PDA o Smarthone).

Tale nuovo approccio consente d’integrare l’ambiente lavorativo con quello personale del lavoratore, contestualizzandoglielo e quindi rendendoglielo più familiare.

Questo è un passo suppletivo al “pervasive comptunig”, che si focalizzava su devices sempre connessi, portatili e disponibili, in questo caso (“human centric computing”) si parte invece dal concetto che oggi il proprio dipendente è già sostanzialmente sempre connesso e disponibile tramite le proprie tecnologie, si tratta quindi di capire come utilizzarle, consentendo di eliminare quelle fastidiose barriere tecnologiche, spesso percepite nell’utilizzo degli strumenti aziendali, rendendogli il contesto lavorativo più favorevole e la tecnologia stessa (di connessione, software o hardware che sia) più trasparente ed immediatamente fruibile.



tag: ditarubateallagricoltura

Grandi navi

Mantellini segnala un paio di discussioni su Friendfeed che hanno per oggetto lo strano incremento dei fan, dei likes e dei commenti sulla pagina Facebook di Letizia Moratti.

A me quello che stupisce non sono le cifre di cui si parla come possibile costo dell'operazione: quello che veramente mi lascia basito è che, due anni dopo la sparata di Veltroni e dei suoi 5.000 amici su Facebook, c'è ancora che crede che esista una qualche correlazione tra il successo su facebook e il successo nella gabina elettorale.

venerdì 20 maggio 2011

Essere scemi non è un diritto

C'è un branco di ragazzini dementi che ha pensato di passare una serata lontano dal Nintendo e ha creduto che insieme all'account Twitter ti diano anche un cervello pensante.
Questo gruppo di mentecatti, gente al cui confronto i grillini sono fini politologi e Mattia Calise un degno successore di Piero Calamandrei, si sono dati appuntamento in un po' di piazze italiane. Non sanno neppur loro per far cosa, ma sanno che l'hashtag è #italianrevolution.
Il problema, che ha angustiato alcuni esseri senzienti, è che l'appuntamento di Milano è stasera alle 19:30; e dato che siamo a nove giorni dai ballottaggi molti hanno creduto che questo simulacro di manifestazione potesse essere l'occasione per far degenerare la gita scolastical'happening in uno scontro con vetrine rotte e magari feriti, evento faclmente spendibile in campagna elettorale.
Tanto più che, mentre le formiche hanno questa cosa dell'intelligenza collettiva, per cui più sono e meglio si organizzano, i cretini e i grillini hanno la caratteristica della scemenza collettiva: uno di essi ragiona come un dodicenne, ma se ne metti insieme dieci a malapena arrivi alla sinderesi del treenne.
E a un treenne puoi far fare qualunque cosa.
Essere scemi non è un diritto: e pertanto se i cretini fossero stati rullati di cartoni dalla polizia, io stesso sarei accorso per dare un calcio nelle palle a qualcuno rimasto a terra e non manganellato a sufficienza. Ma in questa settimana no, non ce lo possiamo permettere.
Per fortuna ora sono più tranquillo: poco fa sono passato in Piazza del duomo e ho scoperto che i pirloni di Italian Revolution non sono neppure stati capaci di andare su Internet e scoprire che la piazza, stasera, sarà gremita da una decina di migliaia di animatori diocesani, con tanto di palco sul sagrato per le musiche e le benedizioni cardinalizie.
I dieci idioti passeranno talmente inosservati che potranno guardarsi in faccia e chiedersi, finalmente, che cazzo vogliono da loro stessi e dal mondo che ammorbano con la loro presenza.

Meno nove

A nove giorni dal ballottaggio milanese questo blog ha deciso di lanciare un servizio di pubblica utilità per coloro che abitano lontano e che non riescono ad appassionarsi a sufficienza a questo evento politico.
Sarebbe facile rammentare che a Milano sono iniziate molte (se non forse tutte) le tendenze politiche italiane, ma non sarebbe un pensiero granché originale, dato che lo dice sempre Paolo Mieli; e poi alla fin fine il napoletano potrebbe sempre dire ecchissenestrafotte?
No, noi non voliamo così alto: ci basta dare al forestiero qualche assaggio del sindaco che ha governato la città per cinque anni, certi che dopo averne assaporato la figura tutti gli italiani (da Vipiteno a Cirò; da Sauze d'Oulx a Ugento; da Aidussina a Triscina) faranno compatti il tifo contro di lei.

Nel video che segue, un primo assaggio dell'innata simpatia della signora Brichetto Arnaboldi in Moratti: un campione del suo squisito afflato umano, della sua capacità di comunicare in modo schietto e diretto, di far apprezzare i propri punti di vista, anche quando risultano differenti da quelli dell'interlocutore.

giovedì 19 maggio 2011

Non lasciamo Milano in mano a un matto che vuole riempirla di clandestini, moschee e vuole trasformarla in una zingaropoli.

Avevo molto timore della propaganda che il Partito di Berlusconi e di Bossi avrebbe messo in piedi contro Pisapia in queste due settimane di preparazione al ballottaggio.

Se i toni sono questi, e se nel week-end non assisteremo a qualche cazzata (un'occupazione di case, uno scontro di piazza, una manifestazione che finisce a schifìo) posta in essere da parte di qualche grillino eterodiretto, direi che possiamo cominciare a tirare qualche sospiro di sollievo.

Ah, dimenticavo: gli ultimi giorni di campagna hanno bisogno di fondi. Sul sito del candidato c'è una pagina che indica come effettuare dei versamenti.
Dato che Giuliano Pisapia è un signore assai benestante che riesce a vivere del suo, questi soldi dovrebbero arrivargli prima della conclusione della campagna per i ballottaggi, non dopo: ne ha bisogno per i manifesti, non per la pagnotta.
Un bonifico bancario ci mette tre giorni ad arrivare. Quindi o vi muovete tra oggi e domani, o tanto vale che ve ne state con le mani in mano; ma poi non lamentatevi!

martedì 17 maggio 2011

Un tempo per strappare e un tempo per cucire

Ora che con il ballottaggio la competizione elettorale si riduce a un ring di pugilato, attaccare l'avversario acquista lo stesso valore che diffondere il proprio programma.
Per i milanesi i cinque anni dell'amministrazione Moratti sono stati tra i peggiori che si siano mai ricordati. Dallo scandaloso scandalo dell'assunzione di una pletora di consulenti iperpagati, alla vergognosa vergogna delle ordinanze coprifuoco per la belfastizzazione della città, questa povera capitale morale ha visto in 60 mesi tante schifezze quante nei vent'anni precedenti -che pure erano stati guidati dalle destre- non si erano neppure immaginati.

Ora, a due settimane dal ballottaggio, c'è tempo per andare al di là degli slogan e cercare di documentarsi su quanto è veramente accaduto. Per farlo c'è un interessante opuscolo prodotto dal comitato Pisapia per Milano. Si tratta di una cinquantina di pagine, e senza fotografie: roba che il solo dirlo fa venire il latte alle ginocchia alla Generazione Twitter.
Ma siccome noi crediamo che Generazione Twitter sia solo una sciocca invenzione lessicale di Acquaro o Montemagno, e riteniamo che vi siano tanti (indifferentemente sedicenni o quarantaseienni) che non si fermano ai 160 caratteri degli SMS bensì vogliono poter pensare con la propria testa e avere argomenti per controbattere agli slogan beceri e alla propaganda photoshoppata, ecco che lo consigliamo.
E' una lettura interessante perfino per i non milanesi.

Perderemo

Di regola all'indomani di una consultazione elettorale tutti dicono di aver vinto: le urne non sono come le corse automobilistiche, dove è chiaro chi arriva primo e chi arriva sesto; e, peraltro, anche nella Formula 1 c'è chi ha come obiettivo quello di arrivare sesto, e se arriva quinto dice di aver vinto.
Questa volta è un po' diverso: ci sono state sonore sconfitte, talmente sonore che non è proprio possibile nasconderle: tra queste quella del candidato PD a Napoli, e della Signora Letizia Brichetto Arnaboldi in Moratti a Milano.
Ci sono poi quei candidati del Terzo Polo che certo non possono dire di aver sfondato, ma che riescono a trovare qualche giustificazione per il proprio radicamento territoriale, diciam così, solo relativo. Manfredi Palmeri a Milano ha portato a casa un risultato al limite del dignitoso, che gli consente di andare in giro a testa abbastanza alta e contrattare un'alleanza con il futuro sindaco (certo, il suo risultato appare assai meno incoraggiante se pensiamo a quello che dev'essere costata la campagna elettorale, con quello spropositato numero di manifesti per ogni dove).

Quella di salire sul carro del vincitore è un'abitudine alla quale quasi non facciamo più caso: del resto la stessa legge elettorale per le comunali lo consente e lo favorisce, l'apparentamento per il ballottaggio.
Inedito, invece, che già all'indomani del primo turno il Grande Vecchio di un partito abiuri il proprio cavallocandidato e si identifichi in quello di un altro schieramento.
E' il caso di Massimo Cacciari, burattinaio di Manfredi Palmeri, che in un'intervista rilasciata oggi al Corriere non solo fornisce utilissimi suggerimenti a Pisapia su come fare a vincere al ballottaggio (qualcuno potrebbe chiedersi con che faccia chi ha preso il 5% possa dare suggerimenti non richiesti su come fare a vincere a chi ha preso il 48%: ma chi si pone queste domande non ha mai letto una lettera di Veltroni al Corriere), ma addirittura se ne esce con una frase:
«Se il PD pensa di aver vinto, perderemo»
Ecco, io mi chiedo: perché quella prima persona plurale? Perderemo chi, Cacciari? Avete perso, o perlomeno non avete vinto. Forse vi apparenterete a Pisapia, salendo sul carro del possibile vincitore per guadagnare qualche seggio in Consiglio e qualche poltrona in giunta; ma finché non avrete proposto di apparentarvi e non sarete stati accettati continuiamo ad essere noi (quelli che hanno preso il 48% al primo turno) e voi (quelli che hanno preso il 5% al primo turno).
Noi, Voi. Pronomi personali. E' facile: lo insegnano alla terza elementare.

lunedì 16 maggio 2011

Ciccione di merda


Questo non è un post politicamewnte corretto, in quanto non si dovrebbe dire a un ciccione che è un ciccione di merda.
Ma dato che questo è quello che penso, sono disposto a ricredermi solo se il ciccione di merda ammette che suggerire ai due deficienti che lo seguono di votare il pirlagiovine Calise è stata una boiata pazzesca: una boiata degna di un ciccione di merda quale il cicione di merda è.

Potreste domandarvi che diavolo c'entra quello nella foto, ma visto che siete persone intelligenti sapete che comunque c'entra

Di Pannolimpiadi e del perché qui si cominci a pensare che il dissolversi delle nuvole talvolta sia una buona cosa

Nell'ambito della Settimana Internazionale del Pannolino lavabile 2011,
le mamme di Non Solo Ciripà,
organizzano
LE PANNOLIMPIADI

Gare aperte a tutti i genitori che utilizzano i pannolini lavabili:

IL CAMBIO PIU' VELOCE...
RITIRA E PIEGA I PANNOLINI...
STENDILI TUTTI

In palio al vincitore una wet bag.
L'incontro è ovviamanente aperto a tutti: portate un telo e la merenda.
Sarà un'occasione per i genitori di reincontrarsi e per chi volesse informazioni sui lavabili di vederli dal vivo.

Si ringrazia xkcd

mercoledì 11 maggio 2011

La toppa, il buco e il palo nel culo

"Io sono una moderata, lo sono sempre stata. Questo a differenza di Pisapia che è stato riconosciuto colpevole dalla Corte di Assise del furto di un veicolo utilizzato poi per un sequestro e il pestaggio di un giovane. L'amnistia non è assenza di responsabilità"
Questo virgolettato la conoscete già tutti, non c'è bisogno di commentarlo. Ma forse questo ancora vi manca:
"Nonostante l'amnistia concessa dalla Corte di Assise, Pisapia presentò un appello accolto dalla III Corte d'Assise d'Appello di Milano che nel 1985 lo ha assolto "per non aver commesso il fatto". "In conclusione non vi è prova - si legge nella sentenza - di una partecipazione del Pisapia, sia pure solo sotto il profilo di un concorso morale, al fatto per il quale è stata elevata a suo carico l'imputazione di furto". Dunque l'assoluzione venne solo in appello come sostenuto dalla Moratti."

martedì 10 maggio 2011

Il pesce puzza dalla vicetesta

Secondo il vicepresidente del Partito Democratico Ivan Scalfarotto, Beppe Severgnini (uno che già abbiamo perculato sulle pagine di questo blog, quindi non è che il suo interismo ci offuschi la mente) è un omofobo, dato che si dice contrario ai matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Anzi, oggettivamente omofobo, dato che (1) l'OMS non riconosce più l'omosessualità come malattia mentale; (2) uno studio dice che i figli di coppie omosessuali crescono come quelli di coppie normali*; (3) una volta l'adulterio della donna era un delitto ed esisteva il delitto d'onore.
Dobbiamo riconoscere a Scalfarotto la limpidezza delle sue argomentazioni: del resto anche io da tempo sostengo che bisognerebbe eliminare dalla città tutti i SUV in quanto (1) l'impianto fognario è carente e quando piove si formano enormi pozzanghere; (2) spesso l'aria condizionata del metrò è rotta; (3) nei bar è sempre più difficile trovare il Punt e Mes.

Ciò posto, vorrei richiamare la vostra attenzione su un passaggio del ragionamento del vicepresidente del Partito Democratico:
Lo si può pensare legittimamente (la “Legge Mancino”, infatti, punisce le opinioni razziste ma non quelle omofobiche), ma sempre omofobico resta e offensivo resta per quei milioni di cittadini e di famiglie che si sentono dire così terribili con così tanta disinvoltura da persone stimabili e rispettate come Beppe Severgnini.
I più attenti noteranno che le opinioni del Severgnini sono dichiarate offensive ma legittime in quanto la Legge Mancino punisce solo le opinioni razziste e non quelle omofobe. Ma i lettori più attenti certo rammentano che l'On. Concia propose avventatamente di allargare la copertura della Legge Mancino alle opinioni omofobe (solo successivamente fu ritenuto di introdurre la proposta di una nuova aggravante al Codice Penale, proposta che peraltro non passò).
Quindi, se l'originaria idea fosse passata, oggi il Severgnini sarebbe passibile di galera per aver ritenuto che il matrimonio tra persone dello stesso sesso non sia una buona cosa: il che ci fa capire quanto sia un bene che la proposta non sia passata e quanto sia scioccherello** il vicepresidente del Partito Democratico: una persona che, malgrado l'aggettivo "Democratico" attribuito al partito del quale è vicepresidente, non riesce proprio ad accettare che esistano persone che pensano in modo differente dal suo.




* sì, ho scritto «normali», vuol dire che sono omofobo anche io. Embe'?
** non mi sfugge che ho dato dello «scioccherello» ad un omosessuale: vuol dire che sono omofobo anche io. Embe'?

Giocare con i numeri /7

Via via che ci si avvicina alla data di celebrazione dei referendum prende corpo il partito di coloro che accusano il Governo di buttare via soldi pubblici al fine di non far raggiungere il quorum.
Recentemente sia Bersani (ad Annozero) che Michele Ainis (sul Corsera) hanno buttato lì la spaventosa cifra di 300 milioni di euro, cifra assai inferiore ai 400 milioni che circolavano lo scorso anno a cura de lavoce.info ma che ha l'incommensurabile vantaggio di esser divisibile per 60 milioni, consentendo all'editorialista di turno di sparare un mediativamente efficace «cinque euro per ciascun italiano».
Dato che siamo in vena di rivangare roba vecchia, non possiamo non richiamare alla memoria del lettore questi due post in cui dimostravamo, numeri alla mano, che la cifra che correva di bocca in bocca (all'epoca 400 milioni!) era, per dirla in termini matematici, una solenne puttanata.
Quello che mi chiedo è come mai dai 400 milioni del 2009 si sia passati ai 300 milioni del 2011: forse abbiamo vissuto un periodo di inflazione negativa? Oppure i soloni della Voce.info hanno ritenuto di espungere dal conto finale i trenta minuti di passeggiata fino al seggio?

aggiornamento Vedo che il Gilioli, peraltro, è rimasto fermo alla cifra di 400 milioni. Si vede che ha in uggia il passeggio.

E poi tiriamo a sorte per decidere chi è lo stronzo che paga il conto

La notizia è un po' vecchiotta, ma vale la pena di riprenderla, dato che il ministro della pubblica amministrazione e dell'innovazione ha tirato fuori dal suo cappellone un'altra favola edificante, quella sul WiFi per tutti nelle scuole: e sappiamo tutti che per la metà del 2012 non avremo nelle scuole un beato cazzo di niente.

Ma non è di questo che voglio parlare, bensì dell'altra sparata mediatica del ministro: quella della lotta all'assenteismo dei dipendenti pubblici. Come ben ricorderete, un paio d'anni fa il ministro stabilì che i dipendenti della P.A. (e in particolare gli insegnanti, vil razza dannata e sfaticata) fossero un branco di lazzaroni truffatori, e che dovessero essere controllati dappresso.
Così stabilì che per qualunque assenza, anche di un solo giorno a fine anno, dovesse essere inviato il medico fiscale.
Al preside del mio vecchio liceo, il Vittorio Veneto, l'altro giorno è arrivato il conto delle visite fiscali richieste in ottemperanza della normativa brunettiana: oltre mille euri. Ed è con gran gioia che ho letto qual è stata la reazione del Preside il quale, lungi dal distogliere un solo euro dei fondi già scarsissimi per il funzionamento dell'Istituto, ha detto che quelle visite se le deve pagare il Ministero, e che comunque lui non ne richiederà più neppure una finché non sarà chiarito che il medico fiscale non deve pesare sul bilancio della scuola.
Anche perché i fondi per le spese di funzionamento vengono pagati dai genitori, che versano un contributo più o meno volontario di 130 euri all'atto dell'iscrizione. Questo significa che la strombazzata campagna di Brunetta in effetti è stata pagata dalle famiglie degli studenti, ai quali questo Governo, guarda un po', è riuscito a mettere le mani in tasca anche in questo modo ultranascosto.
Un sentito ringraziamento al Preside Michele D'Elia: un po' per aver fatto emergere la cosa, ben sapendo che ora sarà messo in croce, e un po' perché con il suo comportamento fa perdurare la storica tradizione di presidi tosti e democratici del Vittorio Veneto (salva la notevole eccezione di D.S.)

lunedì 9 maggio 2011

Copia di Bici a Milano

Siamo in periodo elettorale, e un po' tutti dedicano una certa attenzione al tema della mobilità in bicicletta: dai candidati che promettono tutti di incentivare il traffico velocipedico e di costruire centinaia di chilometri di piste ciclabili, agli elettori che pretendono che l'amministrazione presti attenzione e agevolazioni per l'uso delle due ruote. Io un paio d'anni fa ho già scritto una cosa al riguardo, che ritengo ancora perfettamente attuale e quindi la ricopio paro paro.

Milano è una città piatta come una tavola da stiro, ha una topologia radiale e -eccezion fatta per qualche sporadica tromba d'aria- non soffia mai nulla più di una lieve brezzolina.
Malgrado l'iconografia di Totò e Peppino, la nebbia è un evento relativamente infrequente, e piove tutto sommato poco, nel senso che l'acqua, pur abbondante, cade per un numero di giorni limitato; vero è che a novembre o febbraio a volte non si vede il sole per tutto un mese; ma la pioggia -quella che bagna- cade solo pochi giorni.
Date queste condizioni, la città dovrebbe essere ideale per l'uso della bicicletta: un essere senziente e dotato di tutti e quattro gli arti non dovrebbe porsi nemmeno il problema di cosa preferire tra le due ruote e la costosa e imparcheggiabile macchina privata, o il ritardatario e superaffollato vagone del metrò.
Invece no, non è così: e anche quando proponi a qualcuno di provare ad andare al lavoro in bici, che ci metterebbe 15 minuti al massimo, ti guarda come se gli stessi raccontando di quella volta che ti sei violentato la nipotina di cinque anni e il suo amichetto d'asilo.
Io mi sono fatto una personalissima opinione, sul fenomeno: non è una novità, ma la espongo per rafforzare la forza della tesi.
Non c'entra una fava l'assenza di piste ciclabili: quelle meglio che non ci siano, anzi: strisce di asfalto bucherellato come la pista dell'aereoporto di Baghdad, strette come un carrugio e tracciate sulla mappa da un parkinsoniano ubriaco con curve a gomito che richiedono l'esperienza di un pilota di rally.
Non c'entra neppur tanto l'inquinamento: vero che l'aria d'inverno fa schifo, ma fa schifo anche a piedi o in autobus; e se non sei Ivan Gotti non è che andare a pedali ti faccia respirare molto di più.
No: il problema vero è la pavimentazione. Facciamo una classifica in odine di pericolosità crescente:
1) asfalto: sicuro;
2) asfalto con binari del tram: sicuro, a patto di fare un minimo di attenzione specie se piove;
3) pavé: scomodo, dannoso per la schiena, il culo e la bici; pericolosetto;
4) pavé con binari del tram: come (3), ma dieci volte più scomodo e cento volte più pericoloso. Affrontabile solo per tratti brevissimi;
5) pavé con binari del tram aperto al traffico privato: demenzialmente pericoloso.

Ora, io non nego che il pavé possa anche fare atmosfera: e infatti in Piazza del Duomo ci sta tutto: ma perché mai lasciarlo a capocchia di cane in vie come Corso Magenta o Corso di Porta Romana?
Oltretutto i anche residenti sarebbero felicissimi di avere una bella strada asfaltata, considerato che il tasso di rumorosità della via scenderebbe di molto.
Perché non pensarci?

sabato 7 maggio 2011

Responsabilità

Negli scorsi giorni il direttore di Repubblica, Ezio Mauro, ha scritto una delle peggiori pagine del giornalismo italiano.
Certo, ci sono i Sallusti e i Belpietro, lo so: ma non sarà con il benaltrismo che si può riscattare il fondo morale toccato dal giornale che si candidava a rappresentare le forze oneste e democratiche del paese.
Quando Marina Berlusconi ha accusato il gruppo De Benedetti di aver utilizzato la medesima legge per la definizione del contenzioso tributario che, nello scorso agosto, era stata sfruttata da Mondadori, ho sperato che il giorno successivo comparisse sulle pagine del foglio di centro-sinistra un articolo di scandalizzata smentita. Non solo ciò non è avvenuto, ma anzi il direttore ha rivendicato il diritto del Gruppo De Benedetti di avvalersi di una legge dello Stato, sottolinenando il fatto che l'editore si era limitato a usufruire della normativa vigente, senza contribuire a scriversela.
Rammento bene i fatti dello scorso agosto: ero in montagna, senza connessioni disponibili (proprio come oggi, tanto che questo post sarà pubblicato in serata, quando tornerò a disporre della tecnologia moderna), e mi ero appassionato alla vicenda proprio perché, per la prima volta in modo così evidente, mi ero reso conto di quanto corrivo e gesuitico potesse essere il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, e con esso il direttore, il fondatore e il collaboratore-scrittore già stipendiato da Mondadori.
Rammento in modo cristallino che la domanda delle cento pistole, nell'articolessa del Grande Vecchio e negli sproloqui del teologo di sinistra, non era: "Perché il Governo ha fatto quella legge ad personam, bensì: "Perché, se Mondadori è tanto sicura delle sue buone ragioni, non affronta con fiducia il giudizio della Cassazione?"
Bene; la non risposta di Ezio Mauro alle accuse di Marina Berlusconi conferma che il Gruppo De Benedetti era nella medesima situazione del Gruppo Mondadori, e che pertanto si trovava ad aver subito un accertamento fiscale opposto, e ad aver avuto il riconoscimento delle proprie ragioni sia in primo che in secondo grado (altrimenti la normativa in discorso non sarebbe applicabile), e che oggi -o ieri- pende(va) il ricorso per Cassazione da parte dell'Agenzia delle Entrate.
Perché De Benedetti, se era tanto sicuro delle sue buone ragioni, non ha affrontato con fiducia il giudizio della Cassazione? La risposta io la conosco bene, avendola già data ai miei lettori il 24 agosto dello scorso anno. I lettori di Repubblica, invece, non la conoscono e non la conosceranno mai: perché spiegare le ragioni di De Benedetti sarebbe anche spiegare le ragioni di Marina Berlusconi:, il che non è possibile per quel giornale che contende al Fatto Quotidiano ciascun lettore a colpi di grida e scandalismi (c'è da riconoscere che Repubblica ha anche il vantaggio competitivo delle minchiate paperinissime e/o semipornografiche pubblicate sul proprio sito internet, e dei video rubati da YouTube e rimarchiati con il proprio logo e la dicitura riproduzione riservata).
Proprio pochi giorni fa abbiamo parlato del nuovo film di Moretti, che tratta del tema della responsabilità e, come scrivevamo in chiosa, del PD. Io non sono tra quelli che vede una sostanziale identità tra Repubblica e il PD attuale, ma certo nessuno di coloro che la mattina riescono a guardarsi allo specchio serenamente potrebbe negare una qual certa contiguità tra il giornale e il partito: e pertanto abbiamo già una prima conferma del non essere andati tanto lontano dal centro del bersaglio.
La responsabilità, vedete, è una cosa quasi sempre molto complessa da trattare. Certo, ci sono casi semplici, come nel caso del rapporto tra un padre e un figlio piccolo, o un carabiniere e un fermato. In quel caso non ci sono spazi di discussione: la responsabilità dell'uno e dell'altro è piena, totale e incondizionata, dato che l'uno e l'altro esercitano un potere pieno, totale e incondizionato sui propri soggetti.
Già se andiamo ad esaminare un rapporto di lavoro le cose cambiano: nel caso della sicurezza, è di scuola il caso del lavoratore che rimuove le protezioni della macchina per poter produrre di più e meglio; o del muratore che per passare da un ponteggio all'altro stacca la corda di ritenzione per evitare di dover fare un giro lungo. E' difficilissimo stabilire quando il datore di lavoro sia connivente e quando sia vittima di tali comportamenti, dato che la verità sta, come spesso accade, un po' da ambo le parti: è ben difficile pensare che Armani, con i margini che riesce ad imporre al mercato, abbia bisogno di stressare i tempi di produzione della linea che produce le scarpe indossate da Lady Gaga o da Madonna, e quindi possiamo credere che la proprietà abbia ben poca responsabilità nella perdita del dito della lavorante; ma di contro il calzaturificio che lavora per i mercati rionali ha margini così risibili che anche un mezzo secondo di risparmio nel gesto di un cucitore può fare la differenza tra l'utile e la perdita.
Che dire poi quando parliamo del contenuto di un giornale? La responsabilità della presa in giro, consumatasi sulla vicenda Mondadori prima e De Benedetti poi, è del direttore che ha ingannato scientemente i propri lettori, o dei lettori che desiderano e anzi pretendono certi contenuti, non trovando i quali vanno a spendere diversamenrte il proprio euro in edicola?
Noi, che in gioventù abbiamo letto Lenin, pensiamo che la responsabilità sia del direttore, per un duplice ordine di motivi. Anzitutto, il giornale, specie un giornale come Repubblica, non sarà proprio un'avanguardia ma certo si è dato un ruolo di guida di una popolazione e di un elettorato. E' un ruolo pubblico e fondamentale in una democrazia, e chi decide di assumerselo dovrebbe avere la forza e la coerenza per rispettare l'etica del mestiere che si è scelto: un'etica che al primo punto, come tutte le etiche, ha il comandamento del non mentire.
In secondo luogo, perché il lettore paga il giornale per fornirgli un servizio, e questo servizio consiste proprio nell'aiutarlo a comprendere la realtà della società: una realtà troppo complessa perché una persona sola, anche di enorme cultura, possa possedere adeguati strumenti cognitivi. Ingannare il lettore vuol dire rubargli i denari spesi per l'acquisto della copia quotidiana: e al secondo punto tutte le etiche hanno proprio il non rubare.
Repubblica ha artefatto la verità: lo ha fatto l'anno scorso e lo fa oggi. Repubblica non è un imputato, che può mentire quanto vuole, bensì un quotidiano, il cui primo anche se non esclusivo dovere è quello di dire la verità.
Preferisco di gran lunga un Belpietro (o Sallusti? non ricordo) che per un mese intero apre la prima pagina con la minchiata della casa di Montecarlo, al Mauro di oggi. Perché Belpietro (o era Sallusti?) è semplicemente servo del suo padrone, mentre Mauro, oltre che servo, è stato anche bugiardo.

venerdì 6 maggio 2011

La cristallina coerenza delle proprie idee

«Il nostro gruppo usufruisce delle leggi della Repubblica italiana, diverso è costruirsi le leggi per poterne usufruire. E' una differenza che capisce chiunque, meno la signora Berlusconi. Un conto è muoversi nella legalità - ha aggiunto Mauro -, un conto è intervenire su quella legalità forzandola al punto da costruire strumenti di cui poi si usufruisce, come dimostra la legislazione ad personam, ancor più di quella ad aziendam»




segue da qui. Vedasi anche qui.

martedì 3 maggio 2011

Convergenze parallele

Quelli che danno del «complottista coglione» a chi trova strano il fatto che gli USA non abbiano prodotto uno straccio di prova -salvo la parola del loro presidente- del fatto di aver ucciso colui che cercavano di uccidere da dieci anni, sono per caso i medesimi che danno dei «servi coglioni» ai deputati che non hanno trovato strano il fatto che il nostro presidente -secondo la sua parola- ritenesse di aver a che fare con la nipote di un capo di stato straniero?

lunedì 2 maggio 2011

Una vignetta vale più di mille parole (e io non avrei né tempo e né voglia per scriverne 200)

Geek & Poke spiega quanto Sony (come del resto le altre sue colleghe) tiene ai propri clienti.

5 per mille

Giusto per scrupolo di chiarezza, dato che il precedente post potrebbe essere interpretato nel senso contrario al mio pensiero, vi segnalo che quest'anno il 5 per mille l'ho assegnato all'ANPI.
So che non serve a niente, che i soldi sono briciole e che arriveranno, se arriveranno, tra cinque anni. Comunque, nel caso, il codice fiscale è: 00776550584

Posse Comitatus

E' molto bello che ci sia chi si scandalizza perché l'America festeggia la morte del nemico pubblico n.1
Forse, però, chi oggi si scandalizza di ciò dovrebbe ripensare certe proprie posizioni in merito a Piazzale Loreto: perché la morte del nemico può essere o può non essere considerata una metodologia eticamente ammissibile di risoluzione delle controversie tra potenze, territoriali e non; ma la regola deve valere universalmente.
Stupisce anche un po' il fatto che molti che si scandalizzano ora siano gli stessi che qualche settimana fa inneggiassero alla cattura di Gheddafi, e abbiano plaudito ai bombardamenti francesi prima e di coalizione poi.

Il fatto è che i Presidenti (come pure i CLN) non è che vadano tanto per il sottile: e se c'è da eliminare un nemico lo fanno, da sempre, senza porsi troppi scrupoli.
Gli scrupoli se li pongono solo i Presidenti USA cattolici. Anzi, a pensarci meglio, se li pongono solo i Presidenti USA cattolici E televisivi.

 

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