Voi già sapete come la penso sull'istituto del referendum, per cui non vi stupirà che fino a settimana scorsa fossi pacificamente determinato a starmene a casa, domenica prossima.
Poi sono successe un bel po' di cose: la vittoria di Pisapia, De Magistris e degli altri candidati sindaco di (centro)sinistra ha dato uno scossone bello forte a Berlusconi, che questa volta ha accusato il colpo. Poi c'è stata la sentenza dell'UCR, che ha stabilito che il referendum sul nucleare si debba fare comunque, nonostante il mutamento normativo introdotto allo scopo -pacificamente dichiarato dal Governo- di impedire la consultazione.
Personalmente ho pochissimi dubbi che il referendum non raggiungerà il quorum: si tratta di un obiettivo che già in passato era diventato assai ambizioso e che, dopo l'introduzione del voto per gli italiani all'estero (che fanno alzare il quorum di circa 1,7 milioni di voti validi) considero praticamente irraggiungibile. E però la coincidenza temporale dell'incidente giapponese e la forte carica emotiva che gli italiani avvertono nei confronti del nucleare (come dimostrato dalla recente consultazione sarda) fanno ritenere che raggiungere il traguardo del 50%+1 dei voti sia assai improbabile ma non del tutto impossibile.
Ciò detto, è inutile fare tanti altri giri di parole: questi referendum non sono tanto importanti per i quesiti che vengono posti, quanto per l'atteggiamento del Governo nei loro confronti nonché per la presenza nel mazzetto di schede di una questione riguardante direttamente il premier. Sono queste due circostanze che fan sì che di fatto il raggiungimento o meno del quorum si tradurrà in un plebiscito contro o pro Silvio Berlusconi: se questi dovesse perdere anche la battaglia dell'astensione, il doppio colpo a distanza di sole due settimane dal precedente lo rintronerebbe ben bene per qualche tempo.
Inutile che vi racconti quanto la cosa possa farmi piacere: che il mio voto espresso in tema di remunerazione del capitale investito nei servizi pubblici sia inteso come consenso o dissenso alla linea del Governo è solo l'ultima delle aporie dell'istituto referendario, ma non la meno grave. Ma qui siamo stati a scuola di pragmatismo, e pur denunciando il problema, alla fin fine dobbiamo pur schierarci da qualche parte, dato che se non lo facessimo verremmo comunque arruolati d'ufficio in uno degli eserciti in campo.
Non andare a votare infatti verrebbe letto, nelle statistiche del giorno dopo, come un voto per Berlusconi; ma di contro andare a votare può essere rivendicato da Antonino Di Pietro come un voto a suo favore; e allora che fare? A quale calice avvelenato abbeverarsi?
Alla fin fine, insomma, tra Silvio e Tonino scelgo Tonino, e vado al seggio.
Vediamo ora i voti sui singoli quesiti.
Sul legittimo impedimento, che è il voto più connotato politicamente, naturalmente il voto sarà un SI. Sono consapevole che si tratta del SI di cui Di Pietro si farà più bello e tronfio, e so perfettamente che la legge in questione non solo è in scadenza, ma dopo il passaggio in Corte Costituzionale è di fatto priva di contenuto. Resta il fatto che qui si tratta di convalidare o meno tre lustri di politica personale condotta da Silvio Berlusconi al fine di perseguire il vantaggio proprio: e se si tratta di impedire a Berlusconi di farsi nuove leggi ad personam in ispregio all'art.3 della Costituzione, sono disposto pure a staccargli un pompino, a Di Pietro.
Sull'acqua, voterò SI all'abrogazione della norma che prevede l'obbligatorietà dell'assegnazione della gestione a società private: ne ho già scritto qualche tempo fa, ma in breve il fatto è che io non ho nulla contro la gestione dei privati, ma l'operatore pubblico deve poter competere con essi in condizioni di parità o addirittura di favore. Costringere le municipalizzate a diluire il capitale o a cedere la gestione è profondamente ingiusto.
Voterò NO invece al quesito sulla remunerazione del capitale investito. Dato che non ho studiato economia ma sono vent'anni che mi occupo di imprese e bilanci, so che il capitale investito va remunerato: non solo quello privato (che altrimenti non ce lo mette proprio) ma anche quello pubblico. Del resto quando comperate dei BOT pretendete le cedole, no? O li comperate a tasso zero, per fare del bene alla collettività?
Impedire la remunerazione del capitale investito nella gastione di servizi pubblici significa semplicemente che gli investimenti nel settore vengono finanziati dalla fiscalità generale, cioè dalle tasse. E francamente, parlando nella veste di colui che le paga fino all'ultimo centesimo, preferisco di gran lunga che gli investimenti nell'acquedotto campano o padovano vengano pagati da chi beve quell'acqua, che spesso le tasse manco le paga, piuttosto che da me, che ho già ho pagato per quella che bevo io. E non è questione di mancanza di solidarietà interregionale: non stiamo parlando dell'emergenza di costruire case per i terremotati: stiamo invece palrando di un servizio essenziale che deve funzionare bene a regime.
Veniamo infine al referendum sul nucleare. Qui sarebbe interessante sapere che cosa chiede il referendum nella nuova formulazione, e io non l'ho mica capito. Comunque, facendo finta che lo scopo del quesito sia di chiedermi se voglio o meno che in Italia non si costruiscano centrali nucleari a fissione, la risposta sarà SI. Ci sono vari motivi: il fatto che l'Italia è un Paese troppo fortemente antropizzato, il rischio sismico, il tema delle scorie, il pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata nei cantieri e le scarse certezze sul rispetto degli standard di sicurezza di progetto. Ma più di tutto c'è il fatto che il nucleare a fissione è una tecnologia ormai vecchia, che sarà obsoleta una volta che quelle ipotetiche centrali dovessero entrare in funzione tra una decina d'anni, per il semplice motivo che di combustibile ce n'è sempre meno, e costa sempre di più raccoglierne e arricchirne a sufficienza.
Questo per quanto riguarda i referendum nazionali. A Milano non ci facciamo mancare niente, e abbiamo altre cinque schede degne dell'Asilo Mariuccia: ma di questo perlerò un'altra volta.
Non mi torna il commento sugli italiani all'estero: votavano anche prima, solo che non lo potevano fare all'estero ma dovevano rientrare in Italia, quindi non influenzano il quorum. Anzi: lasciando da parte gli italiani che vivono vicino al confine che magari avrebbero votato comunque, dubito che Londra o da Sidney sarebbero tornati per votare, mentre potendolo fare da casa, lo fanno aumentando i voti validi.
RispondiEliminaIo farò esattamente come te, ho seguito tutti i tuoi post sull'argomento, e mi trovo perfettamente d'accordo. Magari non te ne frega una cippa, ma te lo volevo dire.
RispondiEliminala risposta sul nucleare mi sembra insufficiente e disinformata, ma il dissenso e' a monte: tra silvio e tonino meglio non votare
RispondiEliminaI cittadini italiani residenti all'estero votano dal 2001 per le elezioni politiche e per i referendum: precedentemente non votavano, salvo che fossero iscritti nell'anagrafe di un comune italiano
RispondiEliminaNon era obbligatoria l'iscrizione all'AIRE prima?
RispondiEliminaSto cercando ovunque e non trovo illuminazioni: mi confermi che la norma attuale OBBLIGA ad un ingresso del privato?
RispondiEliminaIl comma a dell'articolo 2 non prevede "società in qualunque forma", quindi anche società pubbliche tipo l'Acquedotto Pugliese?
@matteo - in effetti non è così chiaro, ma lo si evince, a quanto ho inteso io, dalla lettera e) del successivo comma 8
RispondiEliminaMi permetta di dissentire sul nucleare.
RispondiElimina"Il nucleare a fissione è una tecnologia ormai obsoleta"
Falso!
Quello che lei dice implicherebbe che la fusione sia una tecnologia che tra vent'anni funzionerà a perfezione. Invece tra vent'anni avremo sempre meno centrali a uranio e sempre più a torio, sempre meno ad acqua e sempre più a sodio liquido, ma tutte a fissione e nessuna a fusione.
mettiamola così: la tecnologia delle centrali a Torio non è esattamente "matura", tanto che ad oggi nessuno ha pensato di costruire sul suolo italiano questo tipo di impianti, che pur in teoria presenterebbero indubbi vantaggi.
RispondiEliminaQuando sarà maturata, ne riparleremo. Del resto già l'esperienza di questo referendum dimostra che le scelte referendarie possono essere riviste, a distanza di tempo e con condizioni al contorno differenti.
Non è un po' capzioso dire: l'uranio no perché è obsoleto, ma il torio nemmeno perché non è maturo?
RispondiEliminaPensavo che il suo argomento fosse, giustamente, che non stiamo investendo sulle tecnologie di punta, ma su quelle che i francesi usavano quindici anni fa.
nessuno si è soffermato, come me, sull'immagine di te e Di Pietro? ;DDD
RispondiElimina(la parola antispam è: scheda)
@barbarico re - hai (nei commenti qui uso sempre la seconda persona) perfettamente ragione, ma di ciò darò conto in un altro post.
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