giovedì 28 luglio 2011

Cortesie per gli ospiti

Sulla home page dei siti dei due principali quotidiani italiani oggi abbiamo la fortuna di trovare due articoli che ci danno un interessante spunto di riflessione.
Molti sanno quanto il nostro sistema penitenziario sia drammaticamente arretrato: un po' tutti coloro che contano in politica si scagliano contro il sovraffollamento carcerario, l'inadeguatezza delle strutture, l'impossibilità di strutturare veri percorsi di rieducazione. A parole. Perché poi, quando si tratta di agire, neppure un Papa-quasi-Santo è riuscito ad ottenere un vero indulto: e difatti la classe politica che, senza distinzione di lato dell'emiciclo, ha sempre riconosciuto in Giovanni Paolo II un faro morale è rimasta dapprima sorda alle sue invocazioni e poi ha partorito un minuscolo topolino.
Ma quali sono i motivi alla base di quest'indifferenza della politica verso l'istituzione carceraria? Solo l'ignavia di Governo e Parlamento? La paura di perdere voti dimostrandosi morbidi in fatto di sicurezza?

Probabilmente, anche in questo caso, il Parlamento non è altro che lo specchio del Paese: un Paese che ragiona con la pancia, e spesso con qualche organo che si trova in posizione successiva nel ciclo digestivo.
Si spiega così la rassegna fotografica che il Corriere ci propone al riguardo del carcere di massima sicurezza nel quale è stato rinchiuso l'attentatore di Oslo. La rassegna indulge in dettagli quali la presenza di «TV a schermo piatto» e di «mobili moderni»: particolari sottolineati in quanto evidentemente, nell'immaginario del redattore e dei suoi probabili lettori, in una galera la televisione, se proprio dev'essere presente, dovrebbe limitarsi a un vecchio Brionvega B/N; e i mobili dovrebbero venir ripescati da oscure discariche.
Impossibile poi non cogliere un velo di pruderie nella descrizione del personale di sorveglianza: «Le guardie però sono disarmate, spesso pranzano e fanno sport con i detenuti e sono per metà donne», e non occorre essere un assiduo lettore della Piccionaia per cogliere il nesso tra lo sport e il sesso delle guardie.
C'è anche una foto delle «Unità abitative dove i detenuti possono ospitare i parenti per la notte»: in pratica lì i detenuti possono trombare, come fanno i detenuti di moltissimi altri Stati europei (rammento ancor oggi lo stupore negli occhi del mio avvocato di Berlino, quando passeggiando davanti alla locale galera gli dissi che da noi i permessi per incontrare i coniugi in privato erano fantascienza).
Già, perché, come non mi stanco mai di ripetere, negli ordinamenti penitenziari del ventunesimo secolo, così come -in teoria- nel nostro, «la pena è il muro, ma solo il muro». Secondo le nostre leggi la privazione della libertà non dovrebbe comportare il soffrire il freddo, il caldo, la fame, la mancanza di cure mediche, la promiscuità, le cimici, e il sadismo di guardie e altri detenuti, l'inattività forzata e la mancanza di stimoli per trascorrere il tempo. A mio modesto parere non dovrebbe comportare neppure la forzata astinenza sessuale (ma questo nella legge non c'è).
Eppure nelle carceri italiane si soffre tutto quello, e anche altro: e la cosa viene accettata da tutti, pacificamente. Siamo in un Paese che si scandalizza perché i detenuti hanno la TV (con lo schermo piatto): perché, come dice ogni tanto qualche politico (Castelli, se ben rammento) le galere non debbono essere hotel a cinque stelle. In effetti sono d'accordo che non debbano essere luoghi dotati di terme, ristoranti sontuosi e concierges in divisa. Ma da questo alla topaia/carro bestiame vi sono mille sfumature, e chi ritiene che l'unica sfumatura possibile sia il carro bestiame probabilmente, prima ancora di non essere un buon cittadino, non è il buon cristiano che pretenderebbe di essere.  Il che mi sembra dimostrare che la maggioranza degli Italiani è composta di cattivi cittadini e di cattivi cristiani.

Probabilmente lo stesso cittadino che si è scandalizzato per la TV a schermo piatto non avrà neppure degnato di un'occhiata l'altra notizia di oggi, quella relativa agli ex criminali che si sono pentiti e che dovrebbero vivere protetti dallo Stato. Come riporta la Repubblica, il Servizio di protezione per i collaboratori di giustizia non ha un soldo, e quindi, candidamente, non paga quello che dovrebbe pagare: affitti, bollette, avvocati, diarie.
Certo, uno potrebbe anche dire che i destinatari di questi benefici in fondo sono pur sempre dei criminali e quindi che cazzo vogliono?, ma sbaglierebbe di grosso. Anzitutto perché (e questo dall'articolo di Repubblica non emerge) del programma di protezione fanno parte non solo i pentiti ma anche degli onestissimi cittadini che si sono trovati ad essere testimoni o addirittura vittime di fatti di criminalità organizzata, e per testimoniare contro i colpevoli hanno dovuto cambiare vita e identità per aver salva la pelle; in secondo luogo perché, quand'anche vi fossero solo criminali efferati, ciononostante se uno Stato (non un sedicenne in crisi ormonale: uno Stato) prende un impegno, logica e dignità vogliono che quell'impegno venga rispettato.
Invece no: il nostro Stato non ha fondi per pagare neppure chi collabora per la giustizia; figuriamoci se riuscirà mai a mettere «mobili moderni» dentro le carceri.

venerdì 22 luglio 2011

Due o tre cose che ho capito di Odifreddi

La Mondadori ha messo in linea, sul suo canale YouTube, un breve spezzone dell'incontro recentemente svoltosi tra Piergiorgio Odifreddi e alcuni selezionati membri di punta del blogocono. Non è roba lunga: quattro minuti e mezzo in tutto, per cui vale la pena di spenderci un po' del proprio tempo, anche per fare il gioco del riconoscimento facciale.

Sono sufficienti questi pochi minuti, comunque, per capire che l'ossessione del nostro divulgatore ha raggiunto livelli di tale acutezza da averlo oramai fatto scivolare in una deriva all'esito del quale approderà alla sicura boa del grillotravaglismo, vale a dire quella configurazione del pensiero splendidamente descritta dall'altro Grillo (il Marchese) con il motto «Io so' io e voi non siete un cazzo»
Riesce, il nostro, a:
(a) affermare, in ispregio alle risultanze di tutta la storiografia, cristiana e non, che non vi siano prove dell'esistenza di Gesù quale personaggio storico. Si tratta di un tema del quale ho molto dibattuto, da agnostico qual sono, e che conosco abbastanza bene. Potrei passare una parte delle vacanze estive a raccogliere una bibliografia di massima, ma dato che all'Odifreddi si crede adotterò il suo stesso modus operandi e vi dico semplicemente che da circa tre secoli oramai solo pochi stravaganti scienziati negano che vi sia stato un personaggio a nome Gesù che predicava in Galilea. In ogni caso su wikipedia, specie nella pagina inglese, trovate già una caterva di riferimenti che dovrebbero bastare a convincere chiunque non fosse irrimediabilmente in mala fede.
Salvo che per Odifreddi la prova definitiva dell'inesistenza di Gesù Cristo (sempre come personaggio storico) sia il fatto che il Papa nel suo libro non si spende a dimostrarne l'esistenza. Il che, a casa mia, è una fallacia logica grande come una casa;
(b) dimostrare di non essere ancora riuscito a capire che il credere è un atto di fede e che il capire è un atto di ragione. anche qui siamo di fronte ad una fallacia logica: nel Teorema di Pitagora non si deve credere: lo si deve capire. Si crede in ciò che non si può dimostrare; ciò che si può dimostrare lo si capisce. Non si crede nel fatto che le terra sia rotonda: lo si credeva due o tre millenni fa. Dopo Rutheford non si crede nel fatto che esistano gli atomi, ma ci credeva Democrito. Affermare che non si può credere in qualcosa che non si può dimostrare è una cialtronata (e difatti, dato che non lo ho ancora letto, io credo che il libro di Odifreddi sia una inutile raccolta di corbellerie, mentre so che i Promessi Sposi è un capolavoro);
(c) dimostrare di avere una cultura generale quantomeno zoppicante, dal momento che l'aggettivo «medievale» vicino a «San Pietro» sarebbe da matita blu perfino per un ragazzino delle medie.

Senso delle proporzioni

Ieri sono accadute alcune cose: (i) il salvataggio del debito greco, e con esso della moneta che tutti abbiamo in tasca; (ii) l'apertura di una crisi che potrebbe avere effetti dirompenti tra i due partiti che governano il Paese; (iii) la scoperta che uno dei più importanti centri di cura e ricerca italiani potrebbe essere lo snodo di un sistema di mazzette tale da far impallidire i tempi di Forlani.

Oggi l'edizione online del Corriere della Sera apre a caratteri di scatola con un servizio sui liceali che filmano le professoresse.

mercoledì 20 luglio 2011

Poi si può sempre scavare

E' inutile, ma a volte vale la pena di fare anche le cose inutili per lasciare testimonianza del proprio pensiero, sperando che un giorno il mondo migliori e venga separato il grano dal loglio.

Ecco, io penso questo:
* che pubblicare dei messaggi privati scambiati tra due amanti sia una grande porcheria;
* che il fatto che uno dei due amanti abbia ammazzato la moglie non faccia venir meno il giudizio di cui sopra;
* che il fatto che uno dei due amanti sia, in effetti, *sospettato* di aver ammazzato la moglie rende il tutto una solenne porcheria, dato che l'effetto che si ottiene è la costruzione a tavolino di un perfetto colpevole quando nessuno ha ancora stabilito se l'amante in questione abbia o meno commesso il delitto di cui lo si accusa;
* che pubblicare copincollare quei dialoghi senza preoccuparsi di fare prima un sed 's/nome cognome/iniziale_nome iniziale_cognome/g' per evitare di esporre al pubblico il nome della poveretta che si è trovata coinvolta in questa vicenda senza entrarci per un cazzo non abbia a che fare con il diritto di cronaca ma sia, invece, da pezzi di merda;
* che pubblicare le fotografie della poveretta di cui sopra non abbia per un cazzo a che fare con il diritto di cronaca ma abbia, invece, tantissimo a che fare con l'essere degli enormi pezzi di merda;
* che il giornale diretto dal signore qui sopra in effige non è l'unico foglio incartapesci che ha pubblicato quel nome e quel cognome, ma ciò, lungi dal diminuire la quantità di merda, è solo una dimostrazione della validità dell'assioma della scelta e del fatto che il paradosso di Banach-Tarski non è in effetti un paradosso, bensì solida realtà.

Dopodiché, che il signore qui sopra mi quereli pure: vorrà dire che venderò la casa e chiederò a Niccolò Ghedini di difendermi: ché lui è certo una persona migliore.

ah: i link non funzionano: servono solo a futura memoria. Tanto chi vuole arrivarci sa bene come si chiama il giornale in questione

martedì 19 luglio 2011

Vi spiego la decrescita felice

Dato che a qualche coglione (spesso qualche coglione con villa al mare, domestica filippina e tata per i bimbi) piace ogni tanto tirare fuori la decrescita felice, oggi rendo un servizio di pubblica utilità e vi spiego la decrescita felice.

Oggi: guadagnate duemila euri e siete infelici.
Domani: guadagnate millecinquecento euri e siete felici.

Che cazzo avrete da essere felici, non lo sapete: chiedetelo al coglione, che non lo so neppure io.

Psicopatologia di Ezio Mauro

Oramai non so più decidere se Ezio Mauro sia solo intellettualmente disonesto, come credevo fino a poco fa, o proprio inadeguato*.
Qui abbiamo una prima pagina di Repubblica che, a seguito delle perdite di borsa di ieri (perdite seguite ad alcuni giorni di rialzi), spara un titolone sull'inadeguatezza della manovra economica, con affianco un bell'editoriale del Direttore sulla necessità che il PresConsMin adesso si dimetta.  Qui a fianco abbiamo il titolo della Repubblica on line di oggi (si vede anche il link all'editoriale, scioccamente dimenticato lì).
Il Direttore in questione sembra una di quelle povere anime descritte da Oliver Sacks, che non riescono a ricordare nulla di quanto accaduto oltre due ore prima. Mauro sembra non ricordare (o forse non è in grado di capirlo, a causa della sua -possibile- inadeguatezza) che oggi le borse perdono, domani guadagnano, poi perdono e poi guadagnano, e così via più o meno all'infinito.
Pretendere le dimissioni di Berlusconi quando il MIB chiude per una giornata (o anche per tre o quattro giorni consecutivi) con il segno meno è, lo dico in legalese, una sesquipedale puttanata, esattamente come lo sarebbe pretendere che resti al proprio posto quando il MIB chiude con il segno più.
Peraltro la cosa sacksiana dev'essere comune tra i Direttori di De Benedetti, dato che anche Vittorio Zucconi, direttore del quotidiano on-line, casca nella stessa scempiaggine.
Certo, dopo due settimane consecutive di ribassi potremmo anche considerare che l'economia vada male e che il premier sia inadeguato, come in effetti è. Ma leggere l'inadeguatezza del premier nell'indice giornaliero di borsa è come leggere i programmi della RAI sulla lista della spesa del fruttarolo.


* lemma che viene scelto perché i venti che mi sono venuti in mente prima di esso erano troppo da querela.

martedì 12 luglio 2011

Del perché i giornalisti hanno tutti la barba



Come farebbero, la mattina, a guardarsi allo specchio?

Donna e sotto i 40 anni

Se Silvio Berlusconi avesse proposto di istituire un'Autorità per il Risanamento del Martoriato Paese, prenotando alla presidenza della medesima una figura della quale avesse taciuto il nome, indicando solo le due caratteristiche di cui al titolo di questo post (donna e sotto i 40 anni), probabilmente tutti gli organi di stampa e il mitico popolo della rete avrebbero iniziato a sbertucciarlo.
La 3M avrebbe vito l'ennesimo rilancio del giro d'affari, grazie ai massicci acquisti degli zombie di Ezio Mauro dei lettori di Repubblica. Forse ci sarebbe stato anche un ritrovo in una piaza milanese, con Serena Dandini e Lella Costa sul palco.

Maurizio Ferrera, al termine di un lungo, inutile, noiosissimo e demagogico articolo leggero come uno Scalfari d'antan (e perdipiù pesantemente sponsorizzato dall'editoriale di FdB) propone di istituire un ente inutile che dovrebbe, se ho ben letto fra le righe del fumoso pensiero del notista, togliere ai pensionati per finanziare l'invecchiamento attivo e la crescita inclusiva (qualsiasi cosa tali locuzioni significhino nell'universo semiologico parallelo abitato dal Ferrera).

Il colpo di genio (o di teatro?) dell'imbrattapagine ha luogo nella frase finale, quando nel delineare le competenze che dovrebbero avere i reggitori di quest'Idra, il Ferrera (che -forse per una svista- non abbiamo ritrovato nel borderò dei collaboratori fissi del Post, né ci risulta sedere nel consiglio comunale della nota città d'arte capoluogo di una regione rossa del centritalia) afferma che su nomi e funzioni c'è tempo per discutere, ma l'importante è che il presidente sia donna e i componenti tutti rigorosamente (rigorosamente, checazzo, sia mai che ci scappi fuori Frangetta) al di sotto dei 40 anni.

Finché ci saranno simili cialtroni a commentare l'attualità politica e l'andamento dell'economia, Berlusconi e i suoi ministri saranno certi di dormire (quando dormono!) tra due guanciali.

E' rabbia, è amore

Poi.
Poi ci sarebbe anche da fare qualche riflessione su chi vende la pelle dell'orso prima di averlo ammazzato.
Se si afferma che il PresConsMin e i suoi Responsabili sono da allontanare o da mettere sotto tutela, o magari perfino in galera perché hanno portato alla bancarotta il Paese (ammesso poi che si possa assumere un tale stato di sospensione del giudizio da ritenere possibile che il Paese dichiari fallimento dopo due giorni di mercati ballerini), allora bisogna essere altrettanto pronti ad affermare a fine settimana (quando la Borsa avrà recuperato e il differenziale di tasso con i mitici Bund tedeschi sarà rientrato nella normalità) che il PresConsMin è un Vero Salvatore Della Patria e che bisognerebbe erigere monumenti in suo onore.
Questo è ciò che richiederebbe un po' di onestà intellettuale e di visione politica che vada al di là dell'orizzonte temporale dato dal «cara, butta la pasta che arrivo».
Altrimenti si dimostra non solo di essere miopi e un po' cialtroni, ma anche di non aver mai letto un giornale degno di questo nome, e di non essersi mai accorti che le speculazioni finanziarie sono come i temporali estivi: arrivano sempre a sorpresa, fanno un po' di danni e poi se ne vanno. E, soprattutto, non stanno a guardare chi ha in quel momento in mano le chiavi di casa.

Crisi banche e borse a picco (/2)

Non è che non mi sia accorto che c'è casino, lì fuori.
E' che non ho nulla di intelligente da dire, per cui me ne sto zitto in attesa di capirci qualcosa: mi pare più dignitoso che sparare in prima pagina fotografie di impiegati in lacrime, quando la borsa perde 4 punti, e il giorno dopo fanfare e champagne quando ne recupera 4.

(per uno strano effetto di incatastamento temporale il mio blog ha pubblicato questo post tre anni fa, e addirittura ci ha aggiunto dei commenti. Saranno le tempeste elettromagnetiche.)

lunedì 11 luglio 2011

C'è crisi, c'è grande crisi /?

Che la CONSOB si riunisca di domenica per assumere una delibera per controllare le operazioni corte fa pensare che le cose non stiano andando proprio benissimo.

venerdì 8 luglio 2011

Scandali al sole

Se ho ben capito l'inchiesta dell'Espresso sulla famigerata Struttura Delta, io ora dovrei scandalizzarmi.
Dovrei scandalizzarmi perché la stessa direttrice marketing della RAI discute con il produttore di un programma di intrattenimento se sia o meno il caso di mandarlo in onda il giorno dopo la morte del Papa.
Dovrei scandalizzarmi perché la stessa direttrice marketing pensa di avvisare il Presidente del Consiglio dei Ministri (quarta carica dello Stato) del fatto che il Presidente della Repubblica (prima carica dello Stato) pensa di fare un messaggio a reti unificate.


Ma io non riesco a scandalizzarmi: e non è che abbia perso colpi, dato che per certe cose, invece, mi scandalizzo ancora.

giovedì 7 luglio 2011

Understatement

«voglia di voltare pagina e riprenderci il futuro che respiriamo adesso»
«sentivo forte l’emozione di parlare a delle persone speciali: gli innovatori d’Italia»
«cercavo un posto sicuro dove conservarli, e ho pensato che quel posto eravate voi»

mercoledì 6 luglio 2011

Della suprema importanza delle minuzie

Qui di seguito il testo della proposta di legge costituzionale dell'IDV sull'abolizione delle provincie, il cui rigetto ha suscitato uno sdegnato scandalo in blogger che contano, del calibro di Gilioli e Costa (spero che quest'ultimo non si offenda per l'accostamento).

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
Art. 1.
(Modifica della rubrica del titolo V della parte seconda della Costituzione).
1. La rubrica del titolo V della parte seconda della Costituzione è sostituita dalla seguente: «Le Regioni e i Comuni».

Art. 2.
(Modifiche all'articolo 114 della Costituzione).
1. Il primo comma dell'articolo 114 della Costituzione è sostituito dal seguente: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato».
2. Il secondo comma dell'articolo 114 della Costituzione è sostituito dal seguente: «I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione».

Art. 3.
(Modifiche all'articolo 117 della Costituzione).
1. Alla lettera p) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, la parola: «, Province» è soppressa.
2. Al terzo periodo del sesto comma dell'articolo 117 della Costituzione, le parole: «, le Province» sono soppresse.

Art. 4.
(Modifiche all'articolo 118 della Costituzione).
1. Al primo comma dell'articolo 118 della Costituzione, la parola: «Province,» è soppressa.
2. Al secondo comma dell'articolo 118 della Costituzione, le parole: «, le Province» sono soppresse.
3. Al quarto comma dell'articolo 118 della Costituzione, la parola: «, Province» è soppressa.

Art. 5.
(Modifiche all'articolo 119 della Costituzione).
1. Ai commi primo, secondo e sesto dell'articolo 119 della Costituzione, le parole: «le Province,» sono soppresse.
2. Al quarto comma dell'articolo 119 della Costituzione, le parole: «alle Province,» sono soppresse.
3. Al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione, la parola: «Province,» è soppressa.

Art. 6.
(Modifica all'articolo 120 della Costituzione).
1. Al secondo comma dell'articolo 120 della Costituzione, le parole: «, delle Province» sono soppresse.

Art. 7.
(Abrogazione del secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione).
1. Il secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione è abrogato.

Art. 8.
(Abrogazione del primo comma dell'articolo 133 della Costituzione).
1. Il primo comma dell'articolo 133 della Costituzione è abrogato.

Art. 9.
(Norme di attuazione).
1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, si provvede, con legge dello Stato, a regolare il passaggio delle funzioni delle province alle regioni o ai comuni, nonché quello dei beni di proprietà e del personale dipendente delle province medesime ai citati enti.
Bello, no? E' un vero peccato che ci sia quell'art. 9 (norme di attuazione). Uno di quegli articoli che si tende sempre a saltare, tanto che saranno mai queste «norme di attuazione»?
Perché, per chi lo sa leggere, quell'art. 9 dice che tutti gli altri articoli che lo precedono non servono proprio a un beato cazzo.

aggiornamento sempre da Gilioli apprendo che Scalfarotto si è turbato per la posizione del suo partito, e mi dico che al mondo ci sono poche certezze, o forse nessuna, tranne il fatto che Scalfarotto non ne pensi mai una giusta.

Comunicazione di servizio per l'AGCOM

Il tenutario di questo blog, essendo oramai vecchio, cinico e pragmatico, quando sente parlare di catastrofismi, censure, dittature e pensieri unici ha la medesima reazione che aveva il Dr. Goebbles.
Il tenutario di questo blog fa fatica a credere che i Poteri Forti vogliano espropriarlo del diritto di parola, che le Grandi Multinazionali vogliano controllargli la vita, che i Big Boys dell'Economia e della Politica vogliano espropriarlo.
Il tenutario di questo blog sa bene di non contare un cazzo; sa bene che la poca visibilità che si è costruito in una ventina d'anni di frequentazione della rete non ha alcuna importanza nella vita reale. Sa bene che i problemi veri sono altri: pagare le bollette, affrontare i cinque presi dal figlio a scuola, la salute della mamma oramai anziana e il fatto che non si riesce più a bere un Milano-Torino decente in tutta la città. Anche scrivere sul blog e chiacchierare sui socialcosi con quella ventina di amici, certo; e attraverso quelle conversazioni cambiare il mondo proprio come abbiamo fatto ieri sera io, Gatto e il Teto (cfr. la documentazione fotografica allegata; e se non vi siete accorti che il mondo da ieri sera è diverso, la colpa è solo vostra, che siete inguaribilmente arretrati).
Ma il tenutario di questo blog sa che tra i propri venti lettori ce ne sono un paio che invece credono che i blog contino qualcosa; che scrivere qui sopra sia un atto politico e rivoluzionario; che Twitter rovesci le dittature, Facebook elegga i presidenti delle grandi democrazie federali e la moschea di Sucate abbia contato più di due mesi di campagna elettorale nei mercati e nelle piazze.

E allora facciamo così: metto qua sotto un bel contenuto incontestabilmente piratato, del quale perfino un neonato capirebbe che è stato fatto in barba a qualunque diritto d'autore, e aspetto che l'AGCOM passi di qui e mi chiuda il blog. Anzi, dato che il blog è ospitato su server che stanno all'estero, aspetto che l'AGCOM chiuda Blogger, che ospita questo post, e Youtube, che ospita il contenuto piratato.
Scommettiamo che l'anno prossimo questo post sarà ancora qui?

martedì 5 luglio 2011

Della provvisoria esecutività delle sentenze

Ben sanno i lettori di questo blog che in passato non ci siamo fatti scrupolo di difendere norme approvate dal Governo Berlusconi e che avevano come non secondario effetto quello di favorire aziende di proprietà del PresConsMin o di suoi familiari: ben rammenteranno costoro gli articoli dello scorso agosto nei quali si dimostrava come la norma relativa alla "doppia conforme" in materia fiscale fosse cosa buona e giusta nonostante Repubblica tentasse di dimostrare il contrario. Il tempo del resto ci ha dato ragione dato che l'Editore di Repubblica, dopo averci sfracassato i marroni con la domanda «ma se Berlusconi è così certo di aver ragione, perché paga anziché attendere il giudizio della Cassazione?», ha pensato bene di risolvere il proprio contenzioso fiscale pagando anziché attendere il giudizio della Cassazione.
E' proprio per tale verginità ideologica, mi si passi il termine, che mi sento abbastanza titolato per spiegare come la nuova norma proposta dal Governo, tesa a sospendere obbligatoriamente l'efficacia esecutiva delle sentenze di primo e secondo grado, sia una schifezza.

Ammettiamo che voi abbiate venduto un carico di carbone a una compagnia di esercizio di battelli a vapore, ottenendo dal compratore l'impegno a pagare il corrispettivo dopo novanta giorni. Al termine dei novanta giorni l'armatore non vi paga e, dopo esservi arrabbiati e magari aver tentato di portare a casa i soldi con le buone, andate dal giudice.
Costui esamina le carte e, appurato che il carbone è stato regolarmente consegnato e il prezzo non è stato pagato, condanna l'armatore a pagarvi una certa somma di danaro, diciamo 1000 ducati. Una volta ottenuta la sentenza, badate bene, non avete in tasca mille ducati, bensì un pezzo di carta; però quel pezzo di carta ha un timbro e una firma che vi consentono di far vendere uno dei battelli a vapore e con esso entrare in possesso dei mille ducati; ma questa è un'ulteriore complicazione, e noi faremo finta che ottenere la sentenza equivalga ad ottenere i soldi sonanti.
Ricapitoliamo: il giudice ha visto le carte, ha visto che avete ragione, e condanna l'armatore a pagarvi mille ducati. La cosa potrebbe fermarsi qui, ma spesso così non succede. Il nostro ordinamento infatti, al pari di quasi tutti gli altri, prevede che chi viene sconfitto in giudizio possa chiedere a un giudice superiore di rivedere la sentenza, in quanto a suo parere il primo giudice non ha capito nulla. L'esercizio dell'appello, che è una facoltà di chi soccombe, è teso a garantire contro la possibilità di errori giudiziari, ma non fa venire meno il principio che sta alla base del giudicare, vale a dire il fatto che un organo dello Stato possa decidere chi ha ragioe e chi ha torto in una controversia. Il presentare appello non fa venir meno la sentenza di primo grado: semplicemente la rimette nelle mani di un altro giudice che deve verificare nuovamente i fatti di causa. Ma è il giudice di secondo grado che, se del caso, con la propria sentenza annullerà la sentenza di primo grado, non è certo la parte che ha il potere di farlo per il solo fatto di essersi appellata.
Lo stesso identico discorso vale per la sentenza di secondo grado che venga ricorsa per Cassazione: anche in tal caso sarà la Cassazione a cassare eventualmente la sentenza d'appello, ma non è che la parte privata abbia il potere di farlo per il solo fatto di aver presentato il ricorso.
Dato che però siamo uomini di mondo, sappiamo bene che nel mondo ci sono tanti malandrini e cattivi pagatori: e non è del tutto improbabile che chi dovesse vincere in un grado di giudizio, e pertanto prendere i soldi, possa poi perdere nel grado successivo dovendoli quindi restituire, il che, ahimè, non è poi così scontato che avvenga. Pertanto il codice prevede che in caso di proposizione dell'appello il giudice d'appello possa valutare la condizione delle parti e in caso di gravi e fondati motivi possa sospendere l'esecutività della sentenza di primo grado. Sarebbe una bella beffa infatti se chi vince in appello non potesse ripigliarsi i suoi soldi perché il vincitore in primo grado è sparito in Venezuela, no? Ma sarebbe altrettanto una beffa se l'appellante perdesse anche in secondo grado ma nel frattempo avesse fatto sparire tutto il patrimonio rimanendo nullatenente e senza uno straccio di bene da pignorare: il vincitore della causa, infatti, risulterebbe cornuto e mazziato.
Ecco quindi che il giudice che decide per la sospensione dell'esecutività della sentenza può imporre una cauzione, per essere sicuri che qualora il secondo giudizio dovesse confermare la sentenza precedente, il vincitore possa avere i suoi soldi. Questa cauzione può essere costituita da una fidejussione bancaria, da un pegno su titoli, da cose così: robe che restano da qualche parte al sicuro e fanno stare tranquilli sul fatto che l'importo oggetto di condanna verrà pagato. Mediaset, per dire, ha ottenuto la sospensione dell'esecutività della sentenza di primo grado ottenuta da CIR, ma ha dovuto mettere lì una bella fidejussione bancaria.
Analogo discorso vale quando una sentenza d'appello viene ricorsa per Cassazione, salvo il fatto che qui sulla sospensiva decide lo stesso giudice di secondo grado che ha pronunciato la sentenza e, soprattutto, che non bastano più gravi e fondati motivi: occorre che l'esecuzione possa produrre un danno grave e irreparabile, quale il fallimento della soccombente: e si capisce che, dato che ci sono già stati due gradi di giudizio, le maglie della rete siano qui un po' più strette.
Certo, c'è sempre la possibilità che la Cassazione ribaliti il giudizio, per carità. Ma rimettetevi nei panni del nostro venditore di carbone: avete atteso il giudizio di primo e quello di secondo grado, e nel frattempo non avete visto un ducato. Certo, sapete che da qualche parte ci sono i soldi o i titoli depositati in una banca, che garantiscono che se vincerete sarete pagati; e magari avrete iscritto anche in bilancio quelle somme, tra gli attivi. Ma nel frattempo, con che li pagate, i vostri dipendenti e i vostri fornitori? Con la fotocopia della sentenza che vi ha dato ragione? No, le fotocopie delle sentenze non si possono scambiare con il cibo e non possono essere versate al padrone di casa per la pigione: dovete necessariamente trovare i soldi, magari indebitandovi in banca. E dovete indebitarvi in banca nonostante uno o due giudici vi abbiano già dato ragione, e abbiano detto che quei soldi sono vostri.
Ecco perché la sospensione dell'esecutività, nel caso del ricorso per Cassazione, viene concessa solo in casi estremi. Credete che sia giusto cambiare questo sistema? e credete che sia giusto cambiarlo proprio quando si ha a che fare con importi molto grandi, che possono mettere in ginocchio un'impresa? Magari la CIR sopravviverà (del resto De Benedetti campa assai bene anche oggi, che di soldi non ne ha ancora visti); ma tante altre imprese che fine farebbero?

venerdì 1 luglio 2011

Resoldor

Ah, come sarebbe bello se tutti i seguaci di quegli arruffapopolo bravi a mettere in pratica l'esatto contrario di quello che dicono si prendessero un momento di pausa dalla loro viscerale schiavitù ideologica e cominciassero a riflettere.
Riflettere, ad esempio, su come sia facile, in un mondo nel quale non si riesce a discernere la differenza tra accusa e condanna , far alzare un uomo (e perfino un uomo potentissimo) da una poltrona importante.
DSK sarà colpevole o innocente? Non è questo il problema, ora. Il problema è che lui si è dichiarato innocente, non è stato condannato e ciononostante ha dovuto dimettersi e cedere il passo ad altri. Non per la propria incapacità, non per aver rubato o truffato, bensì per essere stato accusato (accusato, non condannato).
Certo, DSK è un uomo d'onore, e si è dimesso. Altri, di fronte ad accuse (accuse, non condanne) anche più pesanti hanno continuato a sedersi sempre sulla loro poltrona. Sono costoro uomini non d'onore? Forse.
Ma rammentate quando si diceva che quel tal primo ministro avrebbe dovuto dimettarsi perché le sue azioni lo hanno reso ricattabile? Ecco: come la mettiamo nel momento in cui l'onore, così malamente inteso, espone al ricatto come e forse più del reato?
Non so neppure io da che parte stia la ragione, ma è in queste occasioni che posso andar fiero per aver sempre scritto che quel tale primo ministro si deve dimettere per ciò che ha fatto al Governo, non per ciò che ha fatto nei suoi salotti.