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lunedì 1 dicembre 2008

Iva, Sky, Cavaliere

Si fa un gran parlare su giornali, televisioni e blog della questione dell'abrogazione del n.123-ter della parte III della tabella A del DPR del 26/10/1972 n. 633. Cioè, detto in parole semplici, l'IVA al 20% per la TV a pagamento.
La questione è tutt'altro che semplice, e francamente d'istinto io non so da che parte stare: come pure, per fare uno solo dei tanti esempi, Mantellini, il quale pure si trova un po' nel mezzo in quanto ritiene che questa novità rispecchi il conflitto d'interessi del Cavaliere, ma anche che l'IVA agevolata sulla TV a pagamento sia una sciocchezza.

Io vorrei limitarmi a elencare gli argomenti pro e contro, poi ciascuno tragga una conclusione.
Diciamo anzitutto che l'aliquota normale dell'IVA è il 20%, ma sono previsti tre regimi di aliquote agevolate, contenuti nella parti I, II e III della citata Tabella A: il primo regime si riferisce a prodotti agricoli e ittici, e lo saltiamo a piè pari, perché vi corrispondono una quantità di pseudo-aliquote diverse.
Il secondo regime (parte II della tabella) corrisponde all'aliquota IVA del 4%, mentre il terzo regime (parte III della tabella) corrisponde all'aliquota IVA del 10%.
Esiste infine una Tabella B contenente prodotti che, pur rientrando come genus in una delle voci della Tabella A sono considerati, quali species, prodotti di lusso; e ad essi si applica l'aliquota del 20%.

La maggior parte delle voci della Tabella A si riferiscono a prodotti alimentari, ma vi sonbo notevoli eccezioni riguardanti beni e servizi essenziali o che comunque si ritiene di dover sottoporre a trattamenti particolarmente favorevoli: così ad esempio, è fissata al 4% l'IVA sugli alimentari di prima necessità, sulla prima casa (se applicabile); sulle protesi; sulle prestazioni sanitarie ad anziani e handicappati; etc. etc.
Il regime dell'IVA al 10% si applica invece, fra l'altro, a quasi tutti gli altri alimentari; all'energia e prodotti energetici, alle auto non sopra i 2000 cc; ai farmaci; etc. etc.

Ci interessa qui, in particolare, il fatto che l'aliquota del 4% si applichi a:
18) giornali e notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri, periodici, anche in scrittura braille e su supporti audio-magnetici per non vedenti e ipovedenti, ad esclusione dei giornali e periodici pornografici e dei cataloghi diversi da quelli di informazione libraria, edizioni musicali a stampa e carte geografiche, compresi i globi stampati; carta occorrente per la stampa degli stessi e degli atti e pubblicazioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; materiale tipografico e simile attinente alle campagne elettorali se commissionato dai candidati o dalle liste degli stessi o dai partiti o dai movimenti di opinione politica;
36) canoni di abbonamento alle radiodiffusioni circolari con esclusione di quelle trasmesse in forma codificata; prestazioni di servizi delle radiodiffussioni con esclusione di quelle trasmesse in forma codificata aventi carattere prevalentemente politico, sindacale, culturale, religioso, sportivo, didattico o ricreativo effettuate ai sensi dell'art. 19, lettere b) e c), della legge 14 aprile 1975, n. 103;

E quindi evidente l'intento del legislatore fiscale di agevolare almeno uno dei settori della produzione culturale, vale a dire quello di libri, periodici e stampa in genere, e che analogo trattamento è riservato agli abbonamenti alle emissioni radiotelevisive in chiaro (e quindi di fatto solo al canone RAI).

Anche per l'aliquota del 10% sono previste delle agevolazioni di natura "culturale"; infatti si applica a:
123) spettacoli teatrali di qualsiasi tipo, compresi opere liriche, balletto, prosa, operetta, commedia musicale, rivista; concerti vocali e strumentali; attivita' circensi e dello spettacolo viaggiante, spettacoli di burattini, marionette e maschere, compresi corsi mascherati e in costume, ovunque tenuti;
Ecco che il legislatore ha inteso agevolare un altro settore, quello degli spettacoli teatrali, applicandovi l'IVA al 10%. Si noti poi che analoga agevolazione viene concessa dall'art. 6 c. 11 della L. L. 13-5-1999 n. 133 secondo cui
A decorrere dal 1° gennaio 2000, per tutti gli spettacoli cinematografici e per gli spettacoli sportivi per ingressi di prezzo fino a lire 25.000 nette, l'aliquota dell'IVA è fissata nella misura del 10 per cento.
Abbiamo quindi agevolazioni per i settori dell'editoria, del teatro, dello sport e della cinematografia: sembra quindi del tutto congruente, dal punto di vista sistematico, che nella parte III della Tabella A sia (rectius: fosse sino ad oggi) prevista l'IVA al 10% per:
123-ter) canoni di abbonamento alle radiodiffusioni circolari trasmesse in forma codificata, nonche' alla diffusione radiotelevisiva con accesso condizionato effettuata in forma digitale a mezzo di reti via cavo o via satellite ivi comprese le trasmissioni televisive punto-punto, con esclusione dei corrispettivi dovuti per la ricezione di programmi di contenuto pornografico;
Il problema, se vogliamo approfondire la cosa da un punto di vista generale, è che sia esclusa l'applicabilità dell'IVA agevolata sui prodotti musicali (cosa della quale, e giustamente, sono molti a chiedere un'applicazione); non certo che tale aliquota venga applicata alle televisioni a pagamento.

Su questo tema però si obietta (in tal senso richiamavo Mantellini, in principio) che essendo la pay-TV un lusso non necessario, è giusto che non vi si applilchi alcuna agevolazione e pertanto, prescindendo dal problema del conflitto d'interessi, bene avrebbe fatto il governo ad abrogare il n. 123-ter della tabella.
L'argomento è suggestivo, ma non mi sembra che tenga, per due motivi: il primo è che Sky può anche essere un lusso per me (e infatti non sono abbonato), che abitando in una grande città del Nord ho una discreta quantità di modi per passare le mie serate senza incollarmi al televisore; ma basta uscire di qualche decina di chilometri dalla circonvallazione, ed ecco che l'offerta culturale si riduce alle balere, Internet e Sky.
Il secondo argomento, invero più solido, emerge leggendo il contenuto della Tabella B (ricordate? sono i famosi generi di lusso:
- gioielli in platino;
- pellicce pregiate;
- spumanti e champagne;
- moto sopra 350 cc.;
- tappeti persiani.
Salvo il fatto che le moto c'entrano un po' poco, e fors'anche gli spumanti, resta il fatto che le eccezioni del lusso sono proprio eccezionali, e non mi sembra proprio che si possa affermare che l'abbonamento alla pay-TV per vedere la partita dell'Inter possa essere assimilato all'acquisto di un tappeto persiano.

In conclusione, quindi, mi sembra di poter affermare che il regime di IVA agevolata applicato a Sky fosse ben giustificato dal punto di vista sistemico, e di conseguenza non si può, sempre a mio parere, ritenere che l'abrogazione del n.123-ter sia l'abolizione di un ingiusto privilegio.
Che tale decisione sia stata assunta per far cassa è sicuro; che però tra tutte le fonti di gettito si sia andati a prendere proprio quella; bé ciò francamente appare un po' sospetto, e dà da pensare.
Anche se poi a pensar male si fa peccato, si sa.

PS: c'è un seguito: leggi anche qui

aggiornamento: come giustamente fa notare .mau., Mediaset Premium non è trasmessa via satellite o via cavo, e pertanto ad essa avrebbe dovuto anche in precedenza applicarsi l'IVA al 20%, secondo la lettera del 123-ter. In tal senso quindi la nuova norma sarebbe la perequazione dei due prodotti (digitale satellitare e digitale terrestre).
aggiornamento bis: merita anche dare un occhio al blog di cattivamaestra, che ha scovato un brano di Otto e mezzo in cui già si può cogliere un accenno di timore da parte del Cavaliere rispetto al successo di Sky

 

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