martedì 26 ottobre 2010

Signora maestra!

Su, Andrea Fossati: riconosci di aver *preso pesantemente spunto* [...] da un altro racconto, dai, che il plagio è evidente, eh.
Dal POST DI SERVIZIO di Teiluj

Solo per segnalare uno strano caso di plagio occorsomi di recente: esiste un tale di nome Andrea Fossati. Questo tale di nome Andrea Fossati ha una pagina come “scrittore” sul social network del momento, Facebook. In questa pagina, il Fossati, di nome Andrea, pubblica e vende come suo un post di questo blog, un post dunque mio. Il post in questione, dal titolo l’esecuzione, è stato rinominato dal Fossati Andrea “confessioni di una mente malata alle ore 00.13″, come mostra il documento.Venuta a conoscenza del malefatto, ho comunicato direttamente sulla suddetta pagina di scrittore del suddetto Andrea Fossati lo spiacevole equivoco, ottenendo in risposta la cancellazione del mio appunto e una limitazione a futuri accessi alla pagina incriminata.
Peccato. Mi piaceva il suo modo di scrivere così identico al mio.

Ciao, caro scrittore, Andrea Fossati.

E, nota a margine, non sta proprio bene cancellare i commenti e bloccare le persone.

(N.B. Questo post è a sua volta copiato paro paro da questo del Calamelli, ma io lo faccio solo per pigrizia e per far salire la cosa su google)

lunedì 25 ottobre 2010

La Stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi.

Articolo vigesimottavo dello Statuto Albertino. Che in fondo non era poi tanto malaccio.

(La Stampa, oggi si linka La Stampa)

giovedì 21 ottobre 2010

Invito alla lettura

Oggi vi invito alla lettura di questo splendido e originalissimo pezzo tratto dal Fatto Quotidiano.
Voi che mi leggete sovente sapete bene che Travaglio mi sta antipatico, e neppur cordialmente. E che ritengo che coloro che scrivono abitualmente su quel giornale dovrebbero andare a lavorare nelle miniere di sale per rendersi un po' utili alla società. Ma devo confessare di aver d'un tratto cambiato idea, grazie a questo articolo approfondito e documentato.
Gli autori, Maurizio Pallante e Andrea Bertaglio dei quali mi pregio di copincollare la fotografia scusandomi per il non sapere chi sia l'uno e chi l'altro, ci parlano dei centri commerciali che «crescono come funghi, e sono tutti uguali», contenendo «palme di plastica, zampilli d’acqua sincronizzati, luci e clima costanti». E gli autori fanno notare (e questa non è che la prima illuminazione fornitami dall'articolo) quanto sia più bello «fare una passeggiata al mare, in montagna, al lago o semplicemente in un parco o nel centro del proprio paese o città».
Perché, badate, al centro commerciale fa caldo d'inverno e freddo d'estate, e c'è puzza di McDonalds: e non mi spiego proprio come io, al pari di tutti coloro che vi si affollano, non ce ne siamo resi conto fino ad oggi.
«Si entra per comprare una matita e si esce con cento euro in meno», ma del pari «spesso non si trova quello che si cerca» dato che tutto, dalle pubblicità alle offerte, è «studiato a tavolino».
Ci sono i commessi, ma sono incompetenti perché non producono loro la merce che comprate, si limitano a venderla, accipicchia (confesso di avere qualche dubbio sul punto: non ho ben capito se questo significhi che da oggi porterò solo scarpe fatte a mano dal calzaturificio vigevanese o se dovrò andare in indonesia per il prossimo paio di Stan Smith, ci rifletterò sopra). Certo, ammettono gli autori, che sono persone concrete, questo dà lavoro a tanta gente, ma non trasmette loro competenze sul «saper fare». «Meglio non imparare più niente, ma avere uno straccio di stipendio per qualche mese, a quanto pare…» è l'icastico commento, che se non l'aveste capito è ironico, dato che come noto arrivare alla fine del mese non dev'essere una priorità dell'Uomo Libero.
Siamo, ahimè, quasi alla fine, ma ancora possiamo raccogliere qualche piccola illuminazione, come quella che i centri commerciali «inglobano in sé sempre più cose: centri fitness, ristoranti, sale giochi, cinema multisala e chi più ne ha più ne metta».

Ora anche voi sarete persone migliori: ringraziatemi.

mercoledì 20 ottobre 2010

Wired e' facile

In un mondo non dico più giusto, ma anche solo un po' meno presuntuoso, i signori di Wired, prima di chiedere ai parlamentari della Repubblica Italiana cosa significhi KeyNote e cosa sia iTunes, si preoccuperebbero di saper accentare correttamente la terza persona singolare del più importante verbo della lingua ufficiale della Repubblica i cui parlamentari vanno ad intervistare e che è, guarda caso, la medesima lingua nella quale è scritto il loro foglio.

martedì 19 ottobre 2010

Mangiapreti

Gran festa, oggi, per il fatto che verrà abolita l'esenzione ICI per la Chiesa. Repubblica, per dirne una, ci ha fatto un bell'articolone soddisfatto.
Come ha (tardivamente) scoperto il cronista, nello scorso agosto il Governo ha approvato un provvedimento con il quale si istituisce l'imposta municipale propria, che andrà a sostituire l'ICI. La normativa sulla nuova imposta richiama le esenzioni attualmente esistenti per l'ICI, ma con qualche eccezione.
Qui sotto vi riporto le esenzioni attualmente esistenti in tema di ICI, e in grassetto quelle che non sono state confermate dalla nuova imposta. Appongo qualche omissis al testo originale della legge ICI, che comunque potete trovare qui, ma solo al fine di rendere più scorrevole le lettura, e in corsivo riporto qualche nota esplicativa tratta da questa guida.
a) gli immobili posseduti dallo Stato, dalle regioni, dalle province, nonche' dai comuni..., dalle comunita' montane, dai consorzi fra detti enti, dalle unita' sanitarie locali, dalle istituzioni sanitarie pubbliche autonome..., dalle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali;
b) i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9 (si tratta di edifici ad uso pubblico quali stazioni, ponti, fortificazioni, fari etc.);
c) i fabbricati con destinazione ad usi culturali di cui all'articolo 5- bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni (si tratta di immobili integralmente adibiti a sedi, aperte al pubblico, di: musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche, per i quali al possessore non deriva alcun reddito dall’utilizzazione dell’immobile stesso).
  d) i fabbricati destinati esclusivamente all'esercizio del culto, purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19 della Costituzione, e le loro pertinenze (esempi di pertinenze sono: l’oratorio, l’abitazione del parroco, il cinema parrocchiale, purchè non destinato ad attività di carattere commerciale);
e) i fabbricati di proprieta' della Santa Sede indicati negli articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato lateranense, sottoscritto l'11 febbraio 1929 e reso esecutivo con legge 27 maggio 1929, n. 810;
f) i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali per i quali e' prevista l'esenzione dall'imposta locale sul reddito dei fabbricati in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;
g) i fabbricati che, dichiarati inagibili o inabitabili, sono stati recuperati al fine di essere destinati alle attivita' assistenziali di cui alla legge 5 febbraio 1992, n 104, limitatamente al periodo in cui sono adibiti direttamente allo svolgimento delle attivita' predette (Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate);
h) i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina delimitate ai sensi dell'articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984;
i) gli immobili [utilizzati da enti e privati non a fini di lucro] destinati esclusivamente allo svolgimento di attivita' assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive... nonche' delle attivita' di cui all'articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222 (quest'ultima norma si riferisce alle "attività dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana". Sono invece espressamente escluse dall'esenzione ICI, in quanto enumerate dalla lettera b) del medesimo articolo, le "di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attività commerciali o a scopo di lucro").

Dunque, con la nuova imposta i seminari e i convitti missionari gestiti dalla Chiesa pagheranno l'ICI (anzi: l'IMP), mentre le scuole private, come pure gli immobili a fini assistenziali e di beneficienza la pagavano già. In compenso pagheranno l'ICI pure tutti gli immobili adibiti a musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche etc. non a fini di lucro. Pagheranno pure l'IMP gli immobili inagibili utilizzati a fini di assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. Pagheranno pure l'IMP tutte le ONLUS che svolgono attivita' assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive.

Trovate che davvero ci sia da inalberare il gran pavese e stappare lo champagne?

Combattere lo spam in qualunque forma!

Onorevole Autorità
Garante per la protezione
dei dati personali

Reclamo ex art. 141 lett. a) del Codice in materia di protezione dei dati personali
Onorevole Autorità,
ai sensi dell'art. 141 lett. a) del Codice in materia di protezione dei dati personali Vi rappresento quanto segue.
In data 15 ottobre 2010, alle ore 19:58, sono stato disturbato nella mia tranquillità domestica in quanto ho ricevuto sul telefono fisso, al numero 02/********, una comunicazione registrata proveniente da un apparecchio automatico senza intervento di operatore che pubblicizzava l'apertura straordinaria dello "Spaccio di fabbrica Z****" di Milano.  Nel messaggio in questione non veniva precisato se il medesimo provenisse direttamente dalla Società V***** Z***** S.p.A. (apparentemente titolare dei marchi in questione), da terzi rivenditori o da altri soggetti quali agenzie di pubblicità e simili.
Non ho mai prestato alcun consenso alla ricezione di messaggi automatizzati senza intervento di operatore, né alla Società V***** Z****** S.p.A. né, a quanto mi consta, ad alcun altro operatore pubblicitario o commerciale: ritengo pertanto che quanto accaduto configuri una violazione dell'art. 130 c.1 del Codice in materia di protezione dei dati personali, ed in relazione a ciò sporgo formale reclamo a codesta Onorevole Autorità Garante, autorizzando fin d'ora, ove riteniate di dar seguito al procedimento, il controllo del traffico telefonico avvenuto sulla mia utenza nella predetta data, anche al fine di meglio individuare l'effettivo soggetto mittente del messaggio automatizzato.
Per la ricezione di eventuali comunicazioni inerenti l'eventuale prosieguo del reclamo eleggo domicilio presso la mia abitazione in(omissis).
Con ossequio, m.Fisk

Note
Ai sensi dell'art. 130 Codice Privacy,
«1. L'uso di sistemi automatizzati di chiamata senza l'intervento di un operatore per l'invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale è consentito con il consenso dell'interessato.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle comunicazioni elettroniche, effettuate per le finalità ivi indicate, mediante posta elettronica, telefax, messaggi del tipo Mms (Multimedia Messaging Service) o Sms (Short Message Service) o di altro tipo.»
L'art. 167 Codice Privacy dispone che:
«1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sè o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 18, 19, 23, 123, 126 e 130, ovvero in applicazione dell'articolo 129, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da sei a diciotto mesi o, se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione, con la reclusione da sei a ventiquattro mesi.»

lunedì 18 ottobre 2010

Servono risposte


Lo afferma il vicepresidente del PD in questa dichiarazione.

E ci ha ragione, ci ha: in effetti i suoi dieci punti erano così complessi e arzigogolati che mi fa ancor male la testa, dalla fatica che ho fatto a commentarli.

Idee chiare

“Mentre l’infermiera rumena Maricica Hahaianu, 32 anni, madre di una bambina, scivola irreversibilmente verso la morte, verso il bullo italiano Alessio Burtone, un violento con precedenti specifici, la giustizia italiana è tenera. Sta comodamente a casa sua e gli viene permesso di lanciare farneticanti messaggi di scuse. Anche i media sono clementi. Non ne conosciamo il volto e solo in pochi casi se ne dice il nome preferendo chiamarlo, in un’operazione di riduzionismo chiarissima “il ragazzo”. Se il buongiorno si vede dal mattino si sta preparando un nuovo caso di giustizia razziale in Italia. Non era andata così per l’omicidio di Vanessa Russo, una ragazza italiana uccisa preterintenzionalmente nel 2007 sempre nella metropolitana di Roma, in un’analoga lite per futili motivi, dall’immigrata romena Doina Matei. Contro di lei, una ragazza appena maggiorenne con una vita difficilissima alle spalle che l’aveva portata a prostituirsi, si abbattè una durezza ottocentesca sia mediatica che giudiziaria. Fu arrestata immediatamente e fu celermente condannata al massimo della pena, 16 anni. Contro di lei furono applicate tutte le aggravanti e non le fu riconosciuta nessuna attenuante. Tutto ciò nonostante vari testimoni confermassero la casualità dell’esito della lite e della colluttazione (la morte orribile fu prodotta dalla punta di un ombrello conficcato in un occhio) e l’autopsia di Vanessa Russo, anche lei una ragazza difficile, confermò che questa fosse sotto l’effetto congiunto di cocaina, morfina e metadone ed ebbe la peggio in una rissa della quale era corresponsabile. La condanna esemplare verso Doina, che non meritava certo un premio, era fermamente voluta da un’opinione pubblica addestrata dai media all’odio verso la “puttana romena”. Vi fu un uso chiaramente politico dell’evento, allarme sicurezza, allarme immigrazione. Si arrivò a zittire il prete al funerale che osò parlare di perdono e anche quel caso fu uno strumento per rovesciare l’effimero governo Prodi. Oggi, a parti invertite, si vede quanto avevamo ragione a denunciare tutta quella durezza come politica e razziale. Per la povera Maricica, lavoratrice e madre di una bambina piccola, non si terranno fiaccolate. Seguire da vicino il processo Burtone sarà un dovere civile.”

Il pezzo riportato qui sopra è un post di Gennaro Carotenuto, che dovreste trovare qui, se solo il sito funzionasse.
E' stato tumblerato, rebloggato, laicato e sharato da una gran quantità di gente in rete, e quindi certamente anche voi l'avrete già letto.
Io francamente non ho capito perché mai abbia avuto questo gran successo, e soprattutto non ho capito l'esortazione finale.
Il Carotenuto ci presenta un parallelo tra due casi assai simili di cronaca, uno accaduto tempo addietro avente ad oggetto l'omicidio di una ragazza italiana da parte di una giovane rumena, a seguito di una banale lite in metropolitana, e l'altro il recentissimo in cui l'omicida è un giovane italiano e l'uccisa una rumena.
Leggendo il pezzo si coglie molto bene l'opinione dell'autore, vale a dire che nel primo episodio, in ordine temporale, la rumena sia stata condannata a una pena ingiusta ed eccessiva. Si dice che la vittima era anche una un po' poco di buono, ma questo come inciso.
Per quanto riguarda il caso recente, l'autore segnala il fatto che l'aggressore è stato trattato assai meglio, sia dal punto di vista strettamente giudiziario, essendo ancora ai domiciliari, sia mediatico.

Bene: non ci vuole un genio per capire che le due cose sono del tutto incompatibili. O (aut) la giustizia ha avuto la mano troppo pesante con Doina Matei, ed allora si sta comportando correttamente con Alessio Burtone, o (aut) sta sbagliando con Alessio Burtone, ma allora ha agito bene con Doina Matei. Non si può affermare impunemente che si sta sbagliando in entrambi i casi, da un lato per eccessivo rigore e dall'altro per lassismo. E spero che nessuno possa anche solo sognarsi di pensare che se un errore per eccesso di rigore vi è stato nel primo caso, questo possa anche solo minimamente giustificare un identico errore nel caso attuale.
Non siamo spettatori di una partita di calcio fra Italia e Romania, dove l'arbitro può essersi accorto di aver concesso un rigore inesistente ed allora, per riparare il danno, ne concede un altro all'altra squadra. Qui si sta parlando di cose serie: e se Doina è stata punita eccessivamente dai giudici il rimedio consiste nel chiedere e pretendere che nei successivi gradi di giudizio questa stortura sia riparata, e nello smuovere l'opinione pubblica al fine di un'eventuale grazia una volta che la sentenza dovesse passare in giudicato.
Pretendere che un'altra persona paghi più del dovuto non solo non ha nulla di giusto, ma non costituirebbe in alcun modo una compensazione, né per Doina né per i suoi figli né per la società; e neppure per la nuova vittima. Pretendere che Burtone paghi come la Matei, una volta affermato che quest'ultima sta pagando troppo è, questo sì, razzista: perché sottintende il pensiero che i primi giudici siano stati a loro volta razzisti, e che l'unico rimedio a questa vergogna sia quello di pareggiare i conti. Sulla pelle della vittima sacrificale del momento, che sarà pure un bullo di periferia, ma ha il diritto di pagare il giusto: vale a dire per quello che ha fatto lui, non per quello che hanno fatto altri giudici.

E allora, che diavolo significa quel «Seguire da vicino il processo Burtone sarà un dovere civile»? Seguire da vicino per qual fine?

Sullo schermo!

Una delle (tante) cose che ci piacciono di Star Trek è che, quando il comandante James T. Kirk dice: «Sullo Schermo!», in effetti sullo schermo in questione si vede quello che succede dove si svolge l'azione. Non è che Kirk faccia teletrasportare una telecamera: si vede che in quel lontano futuro è stato inventato un sistema convogliatore d'onda fotonica, talché si rende possibile vedere cose remote senza apparecchi di ripresa in loco.

Abbiamo riflettuto su ciò ier sera, mentre guardavamo il TG7 di Mentana, che ci mostrava, sdegnato, i turisti confluiti in massa nel ridente paesino pugliese in visita-pellegrinaggio al garage dove si sarebbe consumato l'omicidio della povera Scazzi.
Oggi a pranzo, leggendo il Corriere, abbiamo trovato un'articolessa sullo stesso argomento: il turismo macabro, la caduta dei valori e dove andremo di questo passo, signora mia. Ovviamente l'articolessa, preziosamente arricchita da interviste ai gitanti, era contenuta in una pagina corredata di ricco apparato iconografico e schemini di ricostruzione delle tempistiche del delitto.
Abbiamo il sospetto che non siano solo il TG7 e il Corrierone ad aver preso questa deriva antinazionalpopolare, e crediamo probabile che anche gli altri organi della stampa e della televisione si dolgano per il cattivo gusto del popolo italiano, incapace ormai di passare una serena domenica al mare, ai monti o all'outlet più vicino, preferendo questo ignobile genere di sciacallaggio emotivo.
Eppure il convogliatore d'onda fotonica, a quanto mi risulta, non è stato ancora inventato. Né è stata ancora scoperta la funzione di lettura del pensiero a distanza, che consentirebbe al giornalista sdegnoso, comodamente seduto in redazione, di intervistare il macabro turista di Avetrana. Siamo nel 2010, e quelle immagini e quelle interviste ci dimosrano che davanti a quel garage non ci sono solo turisti morbosi, ma anche giornalisti professionisti.
E allora cominciamo a capire perché mai esista ancora un Ordine al quale è obbligatorio iscriversi per esercitare quella nobile professione: perché solo agli iscritti deve essere consentito piazzarsi per settimane intere davanti alle autorimesse di Avetrana, agli chalet di Cogne e ai villini di Novi Ligure, con telecamere, microfini e taccuini. Gli iscritti all'Ordine esercitano il loro altomestiere d'informare l'opinione pubblica; detengono loro il monopolio morale sul particolare macabro mentre il pubblico, dal canto suo, è una mera massa di guardoni senza un residuo di dignità e di valori.

mercoledì 13 ottobre 2010

Fuffa

A seguito delle ultime modifiche apportate alle bozze di procedure operative a Master Plan, risultano non più necessarie alcune delle attività originariamente previste a piano di lavoro, e in particolare quelle che riguardano la validazione da parte del Risk Management, l'adeguamento delle policy R.F. e l'appostazione di VAR specifici.
In fase di analisi era già stata accertata l'adeguatezza del sistema informativo legacy e quindi la non necessità di un intervento di manutenzione evolutiva dei sistemi da parte di XXXXX. Risulta pertanto non più necessario lo sfalsamento temporale delle milestones di rilascio delle due procedure, a suo tempo introdotto al fine di evitare parallelismi nella pianificazione del lavoro dell'outsourcer, il che avrebbe introdotto un fattore di rischio nei tempi di rilascio e/o di aumento di costi.

E pensare che mi pagano anche, per scrivere 'ste robe.

Armiamoci e partite

Non si dovrebbe fare della facile ironia sui morti, e neppure sui feriti gravi in coma farmacologico.
Ciò detto, tutto sommato è una fortuna che dopo il tassista milanese massacrato di botte per aver investito un cane, l'aggressione all'infermiera romena abbia avuto luogo a Roma.
Se fosse avvenuta a Milano, il vicesindaco De Corato, per coerenza con la proposta di armare i tassisti, avrebbe dovuto fornire di pistola tutti i passeggeri del metrò.
E ve l'immaginate a che prezzo sarebbe schizzato, il biglietto?

Del senno di poi

Io personalmente non so proprio chi diavolo sia quel Massimo Mauro che scrive di cose di calcio su Repubblica: mi soccorre wikipedia, secondo la quale è un ex calciatore e financo un ex deputato.
Oggi ha scritto un articolo tutto da leggere (è anche breve) lamentando che la partita di ieri non sia stata giocata, «non per il risultato ma perchè, almeno nello sport, dobbiamo difendere il valore che le regole vanno sempre rispettate e fatte rispettare» e dacché «non giocare è stata la vittoria [dei teppisti] e la sconfitta di quei quarantamila tifosi genovesi che ho visto tristemente andare via dallo stadio».
Io non so chi sia e cosa pensi, ripeto. Ma ci scommetterei una qualche decina di euri che se la partita si fosse giocata, e ci fosse scappato il morto o il ferito grave, il Mauro avrebbe scritto un articolo pressapoco così (mi sono sforzato di mantenere le zoppìe nel lessico, nella punteggiatura e nella consecutio, ma non credo di esservi riuscito appieno):

Era necessario arrenderci, la partita non doveva essere giocata: aver fatto svolgere un evento sportivo nonostante centinaia di pazzi esaltati lo volessero impedire con la forza, mi è sembrata una scelta assurda. Abbiamo visto allo stadio scene di inaudita violenza, perfino se in Italia siamo abituati a questi spettacoli. E poi dal pomeriggio non c'erano stati già incidenti nel centro della città, tra quei teppisti e la polizia, che non era riuscita a intervenire durante quel contesto e bloccare quei folli fuori dallo stadio? Per me la partita non doveva essere giocata. Il fatto di Genova mi ha ricordato quel derby Roma-Lazio dove, malgrado il barbaro assassinio di Paparelli, l'arbitro fece svolgere una gara assurda e antisportiva.
La paura non dovrebbe prendere la mano di chi deve assumere decisioni importanti: Italia-Serbia non andava giocata, e non per il risultato ma perchè, almeno nello sport, dobbiamo difendere il valore della vita, che va sempre rispettata e fatta rispettare. Non dovevamo abbassare la guardia di fronte ai teppisti: la scelta di giocare e ciò che ne è conseguito è stata la loro vittoria e la sconfitta di quei quarantamila tifosi genovesi che ho visto impauritamente andare via dallo stadio.

lunedì 11 ottobre 2010

The Great PD Swindle

La crisi nella quale naviga il Partito Democratico è talmente nera da far ritenere improbabile che il pur caparbio e concreto Bersani possa riuscire a rischiarare anche solo lievissimamente il panorama.
Certo non lo aiutano granché i dirigenti di prima fascia, quelle persone che dovrebbero collaborare con il segretario per dare una direzione a quello che sembra un vascello alla deriva.
Ogni volta che Bersani riesce a tirar fuori una cosa sensata, ecco che l'ex-segretario-della-corrente-che-non-è-una-corrente-a-lui-avversa prende carta, calamaio e pennino e ti scrive una lettera a qualche direttore di giornale o, addirittura, agli Italiani. Provocando, nella migliore delle ipotesi, ilarità e mali di ventre. E quando non è l'Uomo delle Figurine, salta sempre fuori qualche figura di secondo o terzo piano a rompere qualche uovo, perfin sodo, nel paniere.
L'impressione che ne trae l'osservatore esterno, quello che tutti i giorni si sveglia, magari ancora al buio, per andare a guadagnarsi la giornata, è che la Direzione del partito che vorrebbe andare al Governo sia molto simile al cortile di una scuola elementare all'ora della ricreazione: chi gioca alla palla, chi salta l'elestico, chi mangiucchia la merendina e chi cerca di rubare la focaccia al compagno. Anche il livello del discorrere non è molto lontano: Giacomino rimprovera a Simone di non avergli prestato la penna azzurra settimana scorsa, ed è per questo che oggi lui ha rifiutato di dargli la gomma pane. Anzi di più: Giacomino va da Carletto e gli comunica, serio, che Simone non è più suo amico e non giocheranno mai più insieme. Poi, fortunatamente, si va alla refezione e tutti fanno pace, fino all'indomani.

Ecco: in questo quadro edificante ci mancavano un po' i due vicepresidenti. Perché la Bindi, poverella, ha il suo bel daffare a rintuzzare le provocazioni di Berlusconi, e quindi la vediamo spesso in TV. Non che il rintuzzamento sia un progetto politico articolato, ma sempre meglio di niente. Dei due vicepresidenti invece sappiamo ben poco. Anzi, io che sono un ragazzo di campagna posso ammettere con candore che la Sereni manco so che faccia abbia, mentre Scalfarotto è assai più noto, dato che tutti sanno che ha abitato a Mosca e che sta con un uomo.
Sono due qualità non comunissime, in ispecie la prima, ma aspettavamo con ansia che emergesse qualche cosa in più, che giustificasse il suo essere al secondo posto nella gerarchia del secondo partito italiano: ché altrimenti avremmo potuto pensar male, immaginandoci che fosse stato messo lì solo in quanto conoscitore del russo o, peggio, in quanto omosessuale. Pensar male, dicevo, perché non è che vi siano molte alternative: e se fosse stato scelto per il russo, ciò avrebbe gettato una luce nuova o inquietante sui rapporti tra il PD e Putin, facendoci perfin sospettare che lo scandalo del lettone di Berlusconi fosse in realtà una manovra del partito d'opposizione per screditare il premier, mentre se fosse stato scelto in quanto gay, questo significherebbe che il partito che vorrebbe esser di governo sceglie i suoi vertici a seconda di dove buttano il pisello e non per le loro capacità individuali, il che non è punto bello.

Finalmente Scalfarotto ci ha dato le soddisfazioni che ci attendevamo: ci ha messo un bel po', per far bene il lavoro, ma alla fine ha partorito un programma politico, anzi un decalogo, dato che si tratta di un pensiero complesso, articolato in dieci punti.
Diciamolo pure: ci son cadute non solo le braccia, ma anche gambe, palle e globi oculari. Il problema principale della società italiana, secondo il secondo del secondo partito, è l'assenza dei diritti dell'amore: che è un'affermazione che ci saremmo attesi da Cicciolina, ai bei tempi in cui sedeva in Parlamento, e che ci ha fatto piacere solo perché ci ha riportato agli anni in cui eravamo più in forma di oggi, e saltavamo la cavallina senza preoccuparci dell'ufficio l'indomani. Non sto a tediarvi su quanto questa tematica sia scollata dalle preoccupazioni degli italiani: vi rimando ad Annarella che addirittura ha fatto un disegnino.
Voglio invece esortarvi a leggere ed assaporare i punti, uno per uno, e a rimirare la pochezza elaborativa di una persona che non è un uomo della strada, non è un tifoso da bar che sciorina la sua formazione ideale e può permettersi di sbagliare virgole, congiuntifi e perfino mettere un difensore al posto d'un centrocampista.
No: Scalfarotto è la seconda carica del secondo partito italiano. Che gli piaccia o meno, è un politico; anzi deve piacergli per forza, visto che non glielo ha mica ordinato il dottore, di accettare la vicepresidenza. E un politico deve avere perlomeno il buongusto di articolare il suo pensiero correttamente, sistematizzando i concetti e usando i termini appropriati.
Quando uno scrive «Estendere la possibilità di sposarsi a tutti i cittadini», scrive una cazzata, perché tutti i cittadini hanno il diritto di sposarsi. Probabilmente Scalfarotto ha pensato fosse più arguto scrivere così piuttosto che «consentire il matrimonio tra persone del medesimo sesso», dato che lo Stato non gli consente di sposare chi vuole lui. Ma resta una cazzata, dato che l'affermazione di Scalfarotto può essere interpretata solo da chi già sappia che Scalfarotto è omosessuale (sì, lo so, continuare a ripetere "omosessuale" ammazza il ritmo dello scritto, ma se scrivessi "frocio", parola che tutti indistintamente gli omosessuali usano per definirsi ritenendola di uso riservato esclusivamente a loro, poi mi darebbero dell'OMOFOBO).
«Riconoscere per legge le prerogative dei conviventi» è una cazzata. Perché altro sono le prerogative, altro sono i diritti. Un politico dovrebbe avere le basi del lessico e del diritto: impiegare anni per tirar fuori un programma e non farlo rileggere a qualcuno che sappia la differenza tra prerogative e diritti mostra tutta la pochezza dell'uomo.
L'«Approvazione di una legge sull’omogenitorialità» è uno dei pochi punti sensati. Io personalmente sono ferocemente contrario, ma perlomeno è un punto sul quale si può essere favorevoli o contrari senza mettersi a ridere. Puccioso peraltro il commento, laddove lo Scalfarotto crede che «questa è una di quelle leggi che un paese civile dovrebbe approvare in poche ore all’unanimità», dimostrando di avere una conoscenza dell'Italia e del mondo, come dire, vaga.
L'«estensione della legge Mancino all’omofobia e alla transfobia», oltre che farmi imparare una parola nuova, ha il vantaggio di superare l'orrenda proposta a suo tempo presentata dalla Concia. Mi preoccupa perché il mondo è pieno di deficienti che pensano che essere, putacaso, contro l'omogenitorialità sia la medesima cosa dell'essere omofobo, e quindi già vedo daventi a me lo spettro della galera, ma comunque ho fiducia nella magistratura, come Berlusconi.

Terminano qui i punti scalfarottiani che hanno un certo senso. Ora iniziano quelli dadaisti.
«Sradicare il bullismo dalle scuole». Trovatemi un partito politico che abbia nel programma l'affermazione di una cultura del bullismo nelle scuole, e vi pago una cena. Ma non è tanto questo il punto surreale, quanto che per I.S. il bullismo si eserciti solo sui giovani omosessuali. Chiunque abbia un figlio che va a scuola sa come stanno le cose; Scalfarotto no, e questo forse spiega il punto, che è stato inserito per dimostrare quanto sia necessaria la legge sull'omogenitorialità. O forse Scalfarotto riesce ad interpretare il mondo solo attraverso le lenti del suo essere e del suo vissuto, senza riuscire a fare (o meglio: senza provarsi a fare) uno sforzo di generalizzazione. Il che, per il secondo del secondo, non è proprio una bel modo di presentarsi.
«Riassegnazione anagrafica alle persone transessuali senza necessità dell’intervento chirurgico». Potremmo anche arrivare al sesso stagionale: quest'autunno-inverno va la donna, ma per la primavera-estate si prevede che torni di moda il maschio.
«Sviluppare una seria cultura contro le discriminazioni sui luoghi di lavoro». Forse Scalfarotto è stato anche in Giappone, dove prima dell'inizio del lavoro si fanno le adunate d'indottrinamento. Perché, essendo il secondo del secondo, certo sa che le leggi contro la discriminazione ci sono già: il problema sono le mentalità, non le leggi. Ma compito dello Stato è fare le leggi, non cambiare le menti. A quello pensano le chiese, non gli Stati. O perlomeno non gli stati democratici.
«Numero minimo di consiglieri d’amministrazione donne nelle aziende quotate in Borsa»: una solenne minchiata. A parte il fatto che non si vede perché riservare posti alle donne dimenticandosi di omosessuali, transessuali, negri, ebrei, obesi, ipovedenti e diabetici, resta il fatto che i componenti dei CdA sono nominati, liberamente, dalle assemblee degli azionisti. Non siamo al tempo dei Soviet, e le aziende, per quanto quotate, sono degli azionisti, non dello Stato, che non si deve impipare di cose che non gli debbono interessare.
«Riservare un periodo di astensione esclusiva dal lavoro per i padri». Un'altra di quelle cose che stanno a metà tra il dirigismo e la teocrazia, come si evince bene dalla spiega: "in questo modo il padre è effettivamente costretto a spupazzarsi il pargoletto e a diventare genitore con pari responsabilità". Costretto, già. E le frustate se non cambia bene i pannolini, a quando?
«Riaffermare la laicità dello stato con norme che ribadiscano la sua neutralità rispetto a tutte le religioni». Punto nobile, di antica tradizione. Scalfrotto deve averlo messo per arrivare a dieci, dato che fa a pugni con la sua concezione di teocrazia illuminata.

Questo il quadro della proposta. Da ridere, più che da piangere. Poi c'è la reazione dello Scalfarotto, che dopo aver pubblicato al cosa su Friendfeed ha incontrato taluno che, abbastanza pacatamente, gli ha detto che alcune cose non lo convincevano. Il problema è che Scalfarotto non si è nemmeno provato ad argomentare, non ha accettato il contradditorio, non ha accettato il fatto che possa esserci qualcuno che la pensa in modo diverso da lui: e nemmeno su tutti i punti, come me, ma perfino su uno solo.
Lo sviluppo della discussione è lì, da leggere. Ed è uno sviluppo che non dà certo l'impressione di un politico navigato, capace di difendere le proprie tesi. Speriamo non vada in televisione, che ne verrebbe fuori una ben magra figura per lui e per il suo povero partito.

martedì 5 ottobre 2010

Riviste da sala d'aspetto

Wired Italia mi è stata sui coglioni fin dal primo numero, quello con la facciona della Montalcini in copertina. Non ho mai sentito il bisogno né la curiosità di leggerla e perfino di andare sul suo sito, incompatibile con il mio browser.
Ogni tanto vedevo nelle edicole le nuove copertine: Fiorello (FIORELLO!) con l'iCoso, Baricco, Cabello... roba da parrucchiere, insomma (non a caso l'editore è Condé Nast).
Tant'è che quando, di recente, sono andato dal medico, mi sono trovato sul tavolinetto due o tre numeri della rivista, e me li sono sfogliati con lo stesso interesse appassionato con il quale sfoglio Cronaca Vera dal barbiere: e ci ho passato un'oretta buona, in mancanza di Fermoposta.
Della proposta di Nobel per la pace a Internet nemmeno parlo: non si dovrebbe mai dire che una cosa si commenta da sola se non in casi veramente eccezionali, e questo è per l'appunto uno di quei casi.
Oggi poi leggo (hat tip Mantellini) che la rivista tira fuori un titolo che preconizza la caduta del Governo, e mi dico: Ohibò, andiamo a leggere di che si tratta. Aria fritta? Magari!
Se avrete la pazienza di andarvi a leggere quell'articolo (e ho dovuto attivare Chrome per farlo), vedrete che la notizia si basa non su aria fritta, bensì sull'odore della registrazione sonora della fotografia di una stanza nella quale, tempo addietro, c'è stata una ventata di fritto che proveniva dal cortile.
Ma non è tanto il fatto che il titolo sia del tutto scollegato dall'articolo ciò che mi disturba, quanto il fatto che il livello di onfaloscopia, che già aveva raggiunto alte vette con la delirante proposta del Nobel, possa essere cresciuto al punto da far ritenere a qualcuno possibile che il Governo cada per effetto degli scontri tra maggioranza e finiani in tema di Wi-Fi: una sigla che ha un senso compiuto forse per una ventina scarsa dei mille parlamentari.

sabato 2 ottobre 2010

Due anni e rotti

E' da due anni e rotti che scrivo qui: un tempo molto breve rispetto ai molti compleanni che hanno sulle spalle la maggior parte dei blog che leggo e di cui si sente parlare in giro per la rete.
Una rete piccola piccola: un fazzolettino di territorio nel quale, per quanto riguarda il nostro Paese, vive forse qualche scarno migliaio di persone, che si suddividono in gruppuscoli con poche interazoni fra di loro. Talché alla fine questo mezzo, che in teoria ti dovrebbe mettere a contatto con il mondo intero, ti fa chiacchierare con una cerchia ristretta, da aperitivo del giovedì.
Non che sia una particolarità del mezzo "blog": valeva la stessissima cosa ai tempi di Usenet, e vale la medesimissima cosa sui cosi sociali: anche qui, indipendentemente dal numero di "amici" o "contatti", alla fin fine ci sono sempre le solite cinquanta persone che girano e con le quali si si sta reciprocamente simpatici.

Se ripenso con attenzione agli ultimi due anni mi accorgo che ci sono persone mai viste, o incontrate una sola volta, con le quali corrispondo e scambio pensieri e sesazioni molto più frequentemente di quanto non faccia con i miei due-tre migliori amici: in fondo questi li vedo solo un due-tre di volte la settimana al bar, mentre i compagnucci della Rete li sento tutti i giorni.
Arriva un momento che ti chiedi come ti comporteresti, se dovessi mettere le tue relazioni in fila indiana, in ordine d'importanza; e arriva un successivo momento in cui ti accorgi che non ci vuoi neppure pensare, perché anche se hai, fortunatamente, una vita vera, ci sono quei periodi in cui Dario è troppo preso dal lavoro, Gatto troppo reso dalla nuova fidanzata e Stefano troppo preso dai problemi che si attira addosso con maestria: e quando ti allontani dal bar ti resta la sensazione di aver buttato via il tuo tempo.

Poi arriva un altro momento: quello in cui le grane ti cadono tutte addosso, e tutte insieme. E non dico le grane da frigorifero rotto o da macchina da portare dal meccanico: parlo di grane vere, quelle che io analizzo con distacco quando capitano agli altri, individuando strategie e possibili soluzioni. Quelle che da un giorno all'altro possono cambiarti completamente la vita, e non in meglio.
Quanto una sola di queste rogne ti capita addosso, per quanto tu sia preparato ad affrontarla da un punto di vista teorico e pratico, il tuo stesso coinvolgimento personale ti impedisce di pensare e agire con lucidità: commetti cazzate che riescono a peggiorare le situazioni già compromesse per parte loro, e ogni cosa che fai o ometti è uno sbaglio.
Quando ti trovi in una di queste situazioni hai bisogno di due cose: un buon professionista che ti segua (un buon medico se sei malato, un buon fiscalista se hai problemi di tasse, un buon avvocato se sei nei guai), e un buon amico con cui confidarti. Se poi i professionisti e gli amici sono più d'uno, ben vengano.
Ecco: un paio di settimane fa mi sono accorto che non avrei potuto confidarmi con nessuno di coloro che ho incontrato qui.
In un paio di casi ciò è dovuto a un problema prettamente tecnico: ci sono cose che non è il caso di raccontare per telefono, figuriamoci se si scrivono in una mail o in un DM! Nella stragrande maggioranza dei casi, tuttavia, il problema era un altro: quello di avere dall'altra parte dello schermo delle figure, non delle persone.
Figure di cui ti accorgi di sapere pochissimo, anzi nulla.
Da qui la chiusura del blog: è vero che uno scrive anzitutto per sé stesso, ma in fondo parlare al nulla lo puoi anche fare ad alta voce sotto la doccia, e forse ti ci diverti anche di più. E poi, francamente, avevo la testa altrove.

Oggi ho nuovamente modificato il DNS, ripristinando il valore che avevo cambiato. Anche qui i motivi sono vari. Un po' alcune delle cose che non giravano le ho non dico sistemate, ma perlomeno impostate in modo da far ritenere plausibile che vadano a chiudersi minimizzando i danni e il numero di ferite da leccare.
C'è poi il fatto di aver ricevuto un numero inatteso di messaggi di vicinanza e sloidarietà. Su questi ho fatto una riflessione: è vero che dire a uno "coraggio!" o "ti sono vicino" o "se hai bisogno di qualcosa..." costa lo stesso impegno d'energia necessario per aderire a una petizione lunare su Facebook; è altrettanto vero che se avessi avuto o dovessi aver bisogno di un qualcosa di minimamente concreto, sono certo che la grande maggioranza di coloro che mi hanno offerto solidarietà sparirebbero all'istante, così come probabilmente farei io a ruoli invertiti.
Ciononostante questi segni mi hanno fatto piacere, non lo posso negare. E' stato bello riceverli, ed è stato ancor più bello riceverli da persone dalle quali non te li saresti aspettati (è la vecchia storia del figliuol prodigo: quella per cui si ammazza il vitello grasso per il figlio più stronzo).
C'è anche il fatto che, insomma, in queste due settimane le dita ogni tanto mi prudevano: c'era Veltroni che ha telefonato a Calearo e fors'anche ad Achille Serra; c'era la recita a soggetto del Governo di Santa Lucia, c'erano mille cose lette e viste di cui indignarsi.
E poi, oggi Odifreddi e Ferraris sparano le solite cazzate su Repubblica; e io non mi diverto a leggere Odifreddi se non ho un blog sottomano.