Le primarie per l’elezione del segretario nazionale richiedono nuove regole ispirate a due criteri: non devono trasformarsi in un plebiscito e non possono essere distorte da altre forze politiche.Quella che a Gilioli e a Civati sembra una sconcezza, a me sembra una banale manifestazione di buon senso.
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mercoledì 23 settembre 2009
A Cesare qual che è di Cesare
La linea di Bersani:
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venerdì 18 settembre 2009
Alle corde

Ieri sera mi sono visto Ballarò. So che sto vedendo troppa TV, di questi tempi, ma ci sono validi motivi: un po' l'interesse, perché Floris riesce sempre a tirar fuori qualcosa che vale la pena di ascoltare; un po' per par condicio, avendo assistito al monodialogo tra Vespa e Berlusconi; un po' con la segreta speranza che l'indice di ascolto della coppia Floris Bersani potesse far polpette del mezzo flop di martedì tra il giornalista-insetto e il PresConsMin (e aspettiamo quindi con un filo di speranza i dati che saranno diffusi in mattinata!)
C'era poi l'appuntamento ormai consueto su FriendFeed, che si è svolto sotto un post di Guia Soncini e che ci ha consentito di trascorrere in letizia quelle due orette.
Non che ci fossero molti altri motivi di letizia, beninteso: perché colui che oggi appare il favorito per il ruolo di futuro capo dell'opposizione è apparso bolso, stanco, confuso.
Capisco bene che uno possa aver trascorso una nottataccia: magari un incontro erotico, cui non è abituato a differenza d'altri; magari una banale gastrite. O la fatica di una giornata pesante; forse anche un paio di lineette di febbre. Sta di fatto che il Pierluigi ha fatto una magra figura: si impappinava, ciafagnava come colui che abbia indulto nei piaceri della tavola e soprattutto del fiasco, inanellava talora un'infilata di frasi fatte talché, dirimpetto a Tremoni, i due sembravano una rappresentazione off di Bouvard e Pécuchet, ma meno simpatici.
Insomma: c'erano dei momenti in cui, se Liliana mi scusa il francesismo, non si capiva un beato cazzo di ciò che voleva dire.
Speriamo si sia trattato solo di un'inciampo: perché son tempi da brividi nella schiena.
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giovedì 2 ottobre 2008
Mutui e rinegoziazioni /6
(vedi le puntate precedenti)
Avremmo dovuto parlare di Tremonti, e invece parliamo di elettrodomestici.
Non so voi, ma io credo che non ci siano poi molti beni veramente essenziali. Si può far tranquillamente a meno della televisione, del computer, del telefonino. L'auto e l'abbonamento a Sky manco ce li ho, e neppure il microonde. La lavastoviglie è una grande comodità, ma pure ho vissuto senza.
Il frigorifero è essenziale. Negli anni trenta, quando ogni casa aveva la domestica di campagna che faceva la spesa negozio per negozio, si poteva farne a meno, ma oggi non più.
Bene, immaginiamo che i comunisti siano andati al governo e nella loro infinita cattiveria abbiano deciso di ripristinare le tasse che l'attuale governo, onorando le promesse elettorali, ci ha così sensibilmente ridotto; e che istituiscano una odiosa tassa sui frigoriferi, talché il modello base costi 2.000 euri.
Ammettiamo, infine, che ci sia un negozio di frigoriferi, che vende il modello base a 2.000 euri in contanti, o a rate con 24 comode rate da 100 euri ciascuna.
Marco è un giovinetto appena andato a vivere da solo. Il suo papà è assai benestante, e gli ha dato 10.000 euri con cui dovrà comperare il frigorifero e il computer, pagarsi le vacanze, gli aperitivi e i concerti.
Nichita è un giovinetto appena andato a vivere da solo. Il suo papà è tipicamente nel ceto medio, e gli ha dato 3.000 euri con cui dovrà comperare il frigorifero e il computer, pagarsi le vacanze, gli aperitivi e i concerti.
Davide è un giovinetto appena andato a vivere da solo. Il suo papà è messo male, e con grandi sacrifici gli ha dato 500 euri per contribuire all'acquisto del frigorifero.
Bene, cosa faranno i nostri eroi? Mi sembra che saremo tutti d'accordo sul fatto che Marco sarebbe un cretino, a comprare il frigorifero a rate. E credo che converremo tutti che Davide deve fare le comode rate, anche se gli costano un bel po', perché non ha altra scelta.
La situazione di Nichita è diversa: lui deve scegliere se tirare la cinghia, vale a dire comprare a contanti il frigorifero e il computer e poi passare tutte le sere a casa a scrivere sul suo blog, oppure prendere il frigorifero a rate e con i soldi liquidi che gli sono rimasti concedersi qualche sera fuori con la sua fidanzata.
Non è che ci sia una risposta giusta: Nichita deve scegliere, e non può scegliere suo padre o l'associazione dei giovani appena usciti di casa: deve scegliere lui perché lui è quello che subirà, nel bene o nel male, le conseguenze della scelta.
Suo padre può dargli un consiglio, l'associazione pure, sulla base della loro esperienza; ma solo Nichita può sapere se preferisce spendere meno e tirare la cinghia o fare una vita meno di ristrettezze e alla fine spendere di più. Un Nichita più formica se ne starà chiuso in casa, magari sull'orlo della depressione, ma mangerà la bistecca ogni tanto; uno più cicala farà festa, e poi magari dovrà mangiar pane e cicoria, in buona compagnia.
Vi sembra che il discorso fili? A me sì.
Bene: per decidere cosa fare del mutuo, la logica è esattamente la stessa.
La famiglia Marchi guadagna 4.000 euri l'anno. Hanno un mutuo con una rata di 1.000 euro, a tasso variabile con uno spread è altino: 1,75%; nel 2006 pagavano 900 euri.
La famiglia Nichiti guadagna 2.500 euri l'anno. Hanno un mutuo con una rata di 1.000 euro, a tasso variabile, con uno spread dell'1,40%; nel 2006 pagavano 800 euri;
La famiglia Davidi guadagna 1.900 euri l'anno. Hanno un mutuo a tasso variabile: fortunatamente lo spread è basso (1,10%), ma -dato che la somma erogata è stata molto alta- con l'aumentare dei tassi la rata è molto salita: ora pagano 1.000 euri mentre nel 2006 ne pagavano solo 700.
A questo punto andate a leggervi gli articoli sulla portabilità Bersani e sulla rinegoziazione Tremonti e provate a capire cosa conviene ai Marchi e ai Davidi. Fatevi anche un'idea per quanto riguarda la famiglia Nichiti; la prossima volta (ve lo anticipo già) vedremo perché la Tremonti conviene comunque anche ai Nichiti.
(continua)
Avremmo dovuto parlare di Tremonti, e invece parliamo di elettrodomestici.
Non so voi, ma io credo che non ci siano poi molti beni veramente essenziali. Si può far tranquillamente a meno della televisione, del computer, del telefonino. L'auto e l'abbonamento a Sky manco ce li ho, e neppure il microonde. La lavastoviglie è una grande comodità, ma pure ho vissuto senza.
Il frigorifero è essenziale. Negli anni trenta, quando ogni casa aveva la domestica di campagna che faceva la spesa negozio per negozio, si poteva farne a meno, ma oggi non più.
Bene, immaginiamo che i comunisti siano andati al governo e nella loro infinita cattiveria abbiano deciso di ripristinare le tasse che l'attuale governo, onorando le promesse elettorali, ci ha così sensibilmente ridotto; e che istituiscano una odiosa tassa sui frigoriferi, talché il modello base costi 2.000 euri.
Ammettiamo, infine, che ci sia un negozio di frigoriferi, che vende il modello base a 2.000 euri in contanti, o a rate con 24 comode rate da 100 euri ciascuna.
Marco è un giovinetto appena andato a vivere da solo. Il suo papà è assai benestante, e gli ha dato 10.000 euri con cui dovrà comperare il frigorifero e il computer, pagarsi le vacanze, gli aperitivi e i concerti.
Nichita è un giovinetto appena andato a vivere da solo. Il suo papà è tipicamente nel ceto medio, e gli ha dato 3.000 euri con cui dovrà comperare il frigorifero e il computer, pagarsi le vacanze, gli aperitivi e i concerti.
Davide è un giovinetto appena andato a vivere da solo. Il suo papà è messo male, e con grandi sacrifici gli ha dato 500 euri per contribuire all'acquisto del frigorifero.
Bene, cosa faranno i nostri eroi? Mi sembra che saremo tutti d'accordo sul fatto che Marco sarebbe un cretino, a comprare il frigorifero a rate. E credo che converremo tutti che Davide deve fare le comode rate, anche se gli costano un bel po', perché non ha altra scelta.
La situazione di Nichita è diversa: lui deve scegliere se tirare la cinghia, vale a dire comprare a contanti il frigorifero e il computer e poi passare tutte le sere a casa a scrivere sul suo blog, oppure prendere il frigorifero a rate e con i soldi liquidi che gli sono rimasti concedersi qualche sera fuori con la sua fidanzata.
Non è che ci sia una risposta giusta: Nichita deve scegliere, e non può scegliere suo padre o l'associazione dei giovani appena usciti di casa: deve scegliere lui perché lui è quello che subirà, nel bene o nel male, le conseguenze della scelta.
Suo padre può dargli un consiglio, l'associazione pure, sulla base della loro esperienza; ma solo Nichita può sapere se preferisce spendere meno e tirare la cinghia o fare una vita meno di ristrettezze e alla fine spendere di più. Un Nichita più formica se ne starà chiuso in casa, magari sull'orlo della depressione, ma mangerà la bistecca ogni tanto; uno più cicala farà festa, e poi magari dovrà mangiar pane e cicoria, in buona compagnia.
Vi sembra che il discorso fili? A me sì.
Bene: per decidere cosa fare del mutuo, la logica è esattamente la stessa.
La famiglia Marchi guadagna 4.000 euri l'anno. Hanno un mutuo con una rata di 1.000 euro, a tasso variabile con uno spread è altino: 1,75%; nel 2006 pagavano 900 euri.
La famiglia Nichiti guadagna 2.500 euri l'anno. Hanno un mutuo con una rata di 1.000 euro, a tasso variabile, con uno spread dell'1,40%; nel 2006 pagavano 800 euri;
La famiglia Davidi guadagna 1.900 euri l'anno. Hanno un mutuo a tasso variabile: fortunatamente lo spread è basso (1,10%), ma -dato che la somma erogata è stata molto alta- con l'aumentare dei tassi la rata è molto salita: ora pagano 1.000 euri mentre nel 2006 ne pagavano solo 700.
A questo punto andate a leggervi gli articoli sulla portabilità Bersani e sulla rinegoziazione Tremonti e provate a capire cosa conviene ai Marchi e ai Davidi. Fatevi anche un'idea per quanto riguarda la famiglia Nichiti; la prossima volta (ve lo anticipo già) vedremo perché la Tremonti conviene comunque anche ai Nichiti.
(continua)
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mercoledì 1 ottobre 2008
Interludio /2
Ho visto per qualche momento una trasmissione su La 7, dedicata alla crisi dei mutui.
C'è Bersani, c'è Gasparri, c'è anche il pessimo Lanutti, quello a cui mi riferivo in primis quando parlavo male delle associazioni dei consumatori.
Riesco, per la seconda volta, ad apprezzare Gasparri, che difende l'accordo ABI-Tremonti mentre Bersani ripete come un disco rotto "surroga" e "portabilità". Dicevo non più tardi di ieri che queste parole sembrano diventate la panacea per tutti i mali, ed eccone la riprova.
Avrete ormai capito che io alla portabilità ci credo poco, mentre la tremontata mi piace. E non perché mi piaccia Tremonti o il Cavaliere, anzi! E non perché sia dalla parte delle banche. Dato che, come spiegherò, la tremontata alle banche non piace per niente. Ma questo è un interludio: non voglio inserirmi nella serie sui mutui ma fare solo due osservazioni laterali.
La prima: nessuno in televisione ha ancora capito che il problema non sono i mutui ma i prezzi delle case? O semplicemente non lo si vuole spiegare?
Nessun giornalista ha capito che se un appartemento di 60 metri viene venduto a 250.000 euro, e uno stipendio medio è di 1.500 euro, una volta tolti 500 euro per mangiare pane e mortadella, ci vorrebbero 21 anni solo per pagare il capitale senza interessi?
E la colpa di ciò di chi è: delle banche o delle politiche abitative degli ultimi 30 anni? Mi ricordo che quando ero piccolo c'erano le case popolari: mia nonna ci abitava, mio padre ci era vissuto: e non erano dei disgraziati, bensì gente normalissima che lavorava e studiava.
Perché oggi la casa popolare è un privilegio di chi è talmente in disgrazia da potersi conquistare il diritto di abitarci? Perché edilizia pubblica sembra ormai un sinonimo di kolchoz?
Non è forse che si punta l'attenzione sui mutui per distoglierla dal mercato abitativo e dai guasti della speculazione edilizia? Speculazione edilizia: locuzione che odora di anni '60. Ma se abitate a Milano e riflettete un attimo su parcheggi interrati, quartiere Isola, Expo, riqualificazione delle aree dismesse e via discorrendo, vi accorgete che oggi la speculazione c'è davvero, e quella di 30 anni fa era un gioco da bambini dell'oratorio. E nelle altre città, è forse diverso?
La seconda osservazione è metodologica: riguarda il fatto che la realtà è complessa. Mi sembra di aver già detto la medesima cosa riguardo ad alitalia, forse mi ripeto ma ne sento il bisogno.
Io sto consumando svariate serate a scrivere migliaia di parole per cercare di spiegare un problema e dare una chiave interpretativa utile a chi mi legge. Capisco di essere noioso e talvolta pedante, ma vi assicuro che sto semplificando moltissimo, al limite del travisamento: più corto o più semplice non potrei perché non ne sarei capace e non sarei obiettivo.
Mi rendo conto benissimo che talvolta sono troppo involuto, uso termini complessi, salto passaggi logici che dò per scontati: perché non ho tempo a sufficienza, ma anche perché non posso trattare i miei pochi lettori come dei cretini. Poi vedo i dibattiti in televisione e vedo che il pubblico è trattato peggio che all'asilo infantile.
Questo da un lato mi disgusta, ma allo stesso tempo mi rendo conto che non si può chiedere a una persona normale di interessarsi di tutto e di approfondire tutto: io per esempio non mi interesso minimamente al delitto di Perugia, che probabilmente è fondamentale per altri; e quindi mi chiedo se abbia senso il mio lavoro.
Comunque ormai siamo alla fine: tra poco avrò raccontato tutto quello che so sulle rinegoziazioni, e ognuno sarà libero di scegliere il da farsi con la propria testa.
C'è Bersani, c'è Gasparri, c'è anche il pessimo Lanutti, quello a cui mi riferivo in primis quando parlavo male delle associazioni dei consumatori.
Riesco, per la seconda volta, ad apprezzare Gasparri, che difende l'accordo ABI-Tremonti mentre Bersani ripete come un disco rotto "surroga" e "portabilità". Dicevo non più tardi di ieri che queste parole sembrano diventate la panacea per tutti i mali, ed eccone la riprova.
Avrete ormai capito che io alla portabilità ci credo poco, mentre la tremontata mi piace. E non perché mi piaccia Tremonti o il Cavaliere, anzi! E non perché sia dalla parte delle banche. Dato che, come spiegherò, la tremontata alle banche non piace per niente. Ma questo è un interludio: non voglio inserirmi nella serie sui mutui ma fare solo due osservazioni laterali.
La prima: nessuno in televisione ha ancora capito che il problema non sono i mutui ma i prezzi delle case? O semplicemente non lo si vuole spiegare?
Nessun giornalista ha capito che se un appartemento di 60 metri viene venduto a 250.000 euro, e uno stipendio medio è di 1.500 euro, una volta tolti 500 euro per mangiare pane e mortadella, ci vorrebbero 21 anni solo per pagare il capitale senza interessi?
E la colpa di ciò di chi è: delle banche o delle politiche abitative degli ultimi 30 anni? Mi ricordo che quando ero piccolo c'erano le case popolari: mia nonna ci abitava, mio padre ci era vissuto: e non erano dei disgraziati, bensì gente normalissima che lavorava e studiava.
Perché oggi la casa popolare è un privilegio di chi è talmente in disgrazia da potersi conquistare il diritto di abitarci? Perché edilizia pubblica sembra ormai un sinonimo di kolchoz?
Non è forse che si punta l'attenzione sui mutui per distoglierla dal mercato abitativo e dai guasti della speculazione edilizia? Speculazione edilizia: locuzione che odora di anni '60. Ma se abitate a Milano e riflettete un attimo su parcheggi interrati, quartiere Isola, Expo, riqualificazione delle aree dismesse e via discorrendo, vi accorgete che oggi la speculazione c'è davvero, e quella di 30 anni fa era un gioco da bambini dell'oratorio. E nelle altre città, è forse diverso?
La seconda osservazione è metodologica: riguarda il fatto che la realtà è complessa. Mi sembra di aver già detto la medesima cosa riguardo ad alitalia, forse mi ripeto ma ne sento il bisogno.
Io sto consumando svariate serate a scrivere migliaia di parole per cercare di spiegare un problema e dare una chiave interpretativa utile a chi mi legge. Capisco di essere noioso e talvolta pedante, ma vi assicuro che sto semplificando moltissimo, al limite del travisamento: più corto o più semplice non potrei perché non ne sarei capace e non sarei obiettivo.
Mi rendo conto benissimo che talvolta sono troppo involuto, uso termini complessi, salto passaggi logici che dò per scontati: perché non ho tempo a sufficienza, ma anche perché non posso trattare i miei pochi lettori come dei cretini. Poi vedo i dibattiti in televisione e vedo che il pubblico è trattato peggio che all'asilo infantile.
Questo da un lato mi disgusta, ma allo stesso tempo mi rendo conto che non si può chiedere a una persona normale di interessarsi di tutto e di approfondire tutto: io per esempio non mi interesso minimamente al delitto di Perugia, che probabilmente è fondamentale per altri; e quindi mi chiedo se abbia senso il mio lavoro.
Comunque ormai siamo alla fine: tra poco avrò raccontato tutto quello che so sulle rinegoziazioni, e ognuno sarà libero di scegliere il da farsi con la propria testa.
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