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giovedì 10 maggio 2012

Giocare con i numeri: il femminicidio

Allora: c'è questa signora qui, che si chiama Rashida Manjoo, che un giorno si sveglia e dice una puttanata. Solo che essendo "relatrice speciale delle Nazioni Unite" le genti si bevono la puttanata, e la rigirano in giro.
Diciamolo chiaro: l'avere a che fare con le Nazioni Unite non ha mai impedito di dire puttanate, come ben dimostra l'esempio di quella associazione che voleva abolire Dante dalle scuole perché antisemita. Quindi, anche chi lavora o comunque ha qualche tipo di relazioni con l'ONU può dire cose senza senso.
Cosa dice la signora Manjoo? Dice, almeno a voler dar retta ai virgolettati che si trovano in rete, che "La prima causa in Italia per la morte di giovani donne tra 16 e 44 anni è il femminicidio".
Si tratta di una vecchia leggenda metropolitana, che pur essendo vecchia continua a circolare e viver di vita propria, come le scie chimiche, il signoraggio e le strampalate invenzioni di BeppeGrillo(tm). Chi volesse documentarsi un po' sulla storia dela bufala può andare a leggere qui, da un nuovo amico che si è ripercorso faticosamente tutta la storia. Noi, che siamo assai più pigri del nostro amico, proveremo a smontare la cosa usando semplicemente un po' di buon senso.

Partiamo da quel cassonetto di luoghi comuni che è il blog "27esima ora" del Corriere, e in particolare da questo articolo della signora Spinelli, che rifrigge in olio esausto la solita formula (peraltro spendendosi con quasi 4.000 parole: si vede che aveva finito il bucato e non aveva ancora da preparar cena).
Se avete la pazienza di cercare, vedrete che la didatta all'inizio ci racconta che «la prima causa di uccisione nel Mondo delle donne tra i 16 e i 44 anni è l’omicidio (da parte di persone conosciute)» (avrete notato dei lievi cambiamenti rispetto alla formula canonica: fate finta di niente e poi ci torneremo sopra), e un certo punto ci dice che «nel 2010 su 151 omicidi di donne 127 erano femmicidi»
Dunque avremmo 127 femminicidi, e questi femminicidi sarebbero la prima causa di morte (assumendo che l'Italia sia paragonabile al resto del mondo, ma le suffragette peninsulari dicono che qui si stia ancora peggio, per cui è un'approssimazione che possiamo permetterci).
Ora, io spero caldamente che nessuno di voi cinque lettori abbia mai avuto a che fare con un reparto di oncologia, ma se vi è capitato di entrarci alla Befana, potete essere stracerti che in quel momento tra i malati in cura c'era almeno una donna, nella fascia di età di cui stiamo parlando, che non avrebbe mai mangiato il successivo panettone. E dato che in ciascuna provincia italiana ci sono almeno due reparti di oncologia (vabbè, magari non a Isernia e nel Medio Campidano, ma Milano e Roma compensano con gli interessi), ecco che in un anno normale ci sono almeno duecento donne tra i 16 e i 44 anni che crepano di cancro.
Tumore batte femminicidio.

Ora, torniamo alla nostra Spinelli che, probabilmente mentre cercava l'apriscatole per apprestarsi alla preparazione della pasta al tonno per il marito, questo dubbio deve esserserlo fatto venire, e deciso che qualcosa non le quadrava. Se effettivamente per la prima causa di morte muoiono cento e qualche donna all'anno, le donne italiane sono meglio di Wonder Woman.
E infatti la Spinelli corregge il tiro, e parla di "prima causa di uccisione", come a voler sottintendere -ma senza il coraggio di dirlo apertamente- che si tratta di morti non naturali ma violente. Il che sposta un pochino i termini del problema.

Orbene, è fatto notorio che in Italia muoiano ogni anno circa 6.000 persone quali vittime della strada: che è effettivamente un morire violento. E' presumibile che la fascia di età tra 16 e 44 anni sia quella in cui si guida e si viaggia di più, e che quindi le vittime in tale range anagrafico siano la metà del totale. Ma ammettiamo pure che vi siano legioni di attempate zitelle che amano suicidarsi scontrando tra loro le proprie utilitarie, e che quindi nella fascia di età le vittime siano 1.500: la metà della metà del totale.
Di queste 1.500 persone, la metà dovrebbero essere donne. Diciamo pure che in effetti le donne guidano meno, grazie al maschilismo imperante nella nostra società, e che quindi le vittime siano la metà della metà. Oh!, dimenticavo: le donne sono notoriamente più prudenti, e quindi dimezziamo un'altra volta.
Un ottavo di 1.500 fa 187, e sfido chiunque a dire che in Italia non muoiano ogni anno almeno 187 donne tra 16 e 44 anni sulle strade.
Viabilità batte femminicidio.

Quindi, avendo escluso le cause naturali e quelle violente ma colpose, non ci resta che ritenere che "uccisione" deve essere inteso come "omicidio", e pertanto la frase «la prima causa di uccisione nel Mondo delle donne tra i 16 e i 44 anni è l’omicidio» debba essere così interpretata: «la prima causa di omicidio nel Mondo delle donne tra i 16 e i 44 anni è l’omicidio». Che sarebbe una bella tautologia, se non ci fosse poi quella parentesi: (da parte di persone conosciute).
Il problema è che (salvo nei peggiori sobborghi di Caracas o di Lagos, o in occasione di rivolte popolari e attentati terroristici), statisticamente la massima parte degli omicidi sono proprio effettuati da persone che conoscevano la vittima. Non sono molti i killer professionali, e non sono molti coloro che sono così scomodi che si arruola un killer per farli fuori. E in Italia non sono neppure molte le rapine che finiscono con il morto, badate.
In tutti gli altri casi, l'omicida conosce la vittima, e pertanto la bella frase della Spinelli ci dice semplicemente che, per nostra fortuna, l'Italia non è un sobborgo né di Lagos né di Caracas.

giovedì 17 giugno 2010

7 milioni e mezzo (giocare con i numeri /6)

Trovate l'inghippo contenuto nelle due proposizioni che seguono.

"Ah, Lei vorrebbe un aumento? Dunque, vediamo un po' quanto in effetti Lei lavori. Un anno è composto di 365 giorni. Lei dorme otto ore al giorno, vale a dire 122 giorni in un anno: restano 243 giorni. Lei inoltre gode di otto ore di tempo libero ogni giorno: sono altri 122 giorni, e quindi ne restano 121 per il lavoro. Lei inoltre non lavora per 52 domeniche all'anno, e quindi restano 69 giorni. E' in libertà mezza giornata ogni sabato: fanno 26 giorni all'anno e quindi ne restano 43 per il lavoro. Gode inoltre di quattro settimane di ferie pagate, cioè 28 giorni che vanno ulteriormente sottratti, facendone restare 15. Se poi mi toglie Natale, S.Stefano, Capodanno, il 25 aprile e il primo maggio... facciamo otto giorni, via. Quanti ne restano? sette?
E NON SI VERGOGNA A CHIEDERMI UN AUMENTO SE LAVORA SI' E NO UNA SETTIMANA ALL'ANNO???"


"Ci sono in italia circa 150 mila telefoni sotto controllo: considerando 50 persone per ogni telefono, vengono fuori così 7 milioni e mezzo di persone che possono essere ascoltate. Questa non è vera democrazia, è una cosa che non tolleriamo più"

giovedì 10 settembre 2009

Giocare con i numeri 1i

Più di un anno fa inauguravo una rubrica, «Giocare con i numeri» che mi ha dato grandi soddisfazioni.
Nella prima puntata (che in effetti era una ur-puntata, in quanto priva delle analisi che successivamente ho sviluppato) dichiaravo quanto poco credessi ai dati sbandierati dal ministrino dell'innovazione e dalla P.A. in merito alla lotta all'assenteismo.
Oggi un articolo sull'Espresso dimostra, cifre alla mano, che anche in quell'occasione, sulla scorta del mero fiuto, ci avevo visto giusto.
Non che fosse difficile, intendiamoci!

giovedì 18 giugno 2009

Giocare con i numeri (fuori serie)

Mi sono perso qualcosa io, o la Confindustria che oggi dice che l'economia comincerà a riprendersi debolmente nel 2010 è retta dalla stessa signora che due mesi fa diceva che l'economia avrebbe cominciato a riprendersi a luglio di quest'anno?
Ed è possibile che i quotidiani che riportano questa notizia oggi non si ricordino proprio per nulla di quanto scrivevano ieri sul medesimo tema, e non scrivano l'unico commento scrivibile, vale a dire che in Confindustria non sanno che pesci prendere e sparano numeri a caso esattamente come chiunque altro?

sabato 13 giugno 2009

I referendum costano 22,5 milioni (giochiamo con i numeri)

Un sentito grazie a .mau., che ha richiamato all'attenzione il fatto che la legge preveda i rimborsi elettorali anche per i comitati promotori di iniziative referendarie, nella misura oggi fissata in un euro per ciascuna firma validamente raccolta, fino a concorrenza di 500.000 firme (quindi euri) per consultazione.

Ciò mi ha dato lo spunto per fare alcuni calcoli matematici: non volendo inventare nulla, prendo i dati necessari da siti di economisti importanti e stimati, quali quello de lavoce.info, che a suo tempo aveva stimato il costo del rinvio dei referendum in ben 400 milioni di euri (ne parlavo anche qui).
Il comitato promotore ha depositato in Cassazione nel 2007, al termine della campagna di raccolta, circa 820.000 firme per ciascuno dei quesiti proposti.
Il tempo medio impiegato per andare a firmare può essere stimato in circa 30 minuti: in effetti sarebbe assai maggiore, dato che il numero di banchetti di raccolta è significativamente inferiore a quello dei seggi elettorali, ma prendiamo per buono il dato degli economisti de Lavoce.info.
Ne consegue che, partendo da un costo orario di 3,15 euri per ciascuna mezz'ora, il relativo costo per la collettività ammonta a 2,58 milioni (vi prego di notare che il fatto che l'andare a firmare sia un atto volontario non incide minimamente sul fatto che tale atto abbia un costo: stiamo parlando di costi oggettivi! del resto, altrimenti i signori de lavoce, che sono molto più bravi di me, quando hanno fatto le loro stime avrebbero dovuto tener conto di ciò nei loro calcolo, scorporando perlomeno la quota -sia pur ipotetica- di coloro che avrebbero deciso di astenersi, o addirittura di tutti coloro che ritenevano sbagliato mischiare referendum ed europee, per non parlare degli anziani che non vedono l'ora di andare a votare per riempire la giornata).

Vi sono poi i banchetti di raccolta.
Ipotizziamo quattro banchetti per ciascun capoluogo di provincia (ovviamente Milano si compenserà con Isernia): 400 banchetti; e un banchetto ogni trenta comuni per i restanti 8000 comuni circa: altri 270 banchetti per un totale di 670 banchetti.
Per i 90 giorni di durata della campagna di raccolta firme, sono 60.300 banchetti/giorno.
Ammettendo che a ciascun banchetto, funzionante per dieci ore, siedano da due a tre attivisti (diciamo 2,5 per banchetto) abbiamo 150.000 attivisti/giorno, il valore del cui tempo (valutato 6,3 euri/ora) è pari a 63 euri per giornata di dieci ore, per un totale di 9.5 milioni di euri.

Ma la raccolta di firme coinvolge anche gli enti territoriali: in particolare ciascun Comune deve mettere a disposizione il segretario comunale per raccogliere e autenticare le firme di chi desiderasse sottoscrivere la proposta. Non è chissà che lavoro, ma un minimo di organizzazione deve esserci: raccolta della modulistica, predisposizione di locali, orari...
Diciamo che ciò impegni ciascun comune per trenta minuti al giorno (che mi sembra proprio il minimo minimo, tra segretario, usceri e altri addetti): su 8000 comuni fanno 4000 ore/giorno, pari a 500 giornate lavorative/giorno; che per 90 giorni sono 45.000 giornate lavorative (queste -badate bene- pagate dal contribuente), pari a sei milioni di euri, alla tariffa di 102 euri/giorno (qui si tratta di giorni lavorativi, non di tempo libero; e lavoce.info stima in 102 euri il costo della giornata lavorativa media).

Ci sono poi i magistrati di Cassazione che formano l'Ufficio Centrale per il referendum, composto da tutti i presidenti di sezione; i giudici della Corte costituzonale; i presidenti della repubblica, del Senato e della Camera, nonché tutte le relative segreterie e cancellerie, che devono attivarsi. tutta gente ben pagata, fra l'altro. Facciamo un forfait e diciamo che questo scherzo viene a costare solo un milioncino, ok?

Quanto alle schede elettorali, ne vengono stampate circa 50 milioni a quesito, e pertanto 150 milioni. A 0.026 euri/scheda, prezzo determinato dalla commissione Tariffe del MEF, vengono 3,9 milioni tondi tondi.

Tralasciamo il resto, e scopriamo che Guzzetta e Mariotto Segni ci sono costati, con la loro iniziativa, 22,5 milioni e rotti di euri: dato che vi apparirà un'enormità, ma del tutto in linea -e anzi prudente- rispetto a quello de lavoce.info che ha infiammato per mesi il dibattito politico.
Ora, dato che questi signori ci sono già costati tanto, e considerato con quale puntigliosa attenzione hanno sempre detto che sarebbe stato immorale sprecare tanti soldi in un momento di crisi come questo, immagino che converranno con me sul fatto che il rimborso elettorale di 1,5 milioni di euri (vale a dire un euro per 500.000 firme per tre quesiti) sarebbe proprio indecente.
E pertanto, invito tutti coloro che abbiano a cuore il bene del paese a disertare le urne, affinché il quorum non venda raggiunto e i rimborsi elettorali non siano erogati.

martedì 28 aprile 2009

Numeri al lotto (giocare con i numeri /5)



Non intendo spendere una parola per commentare il merito della notizia, che è di quelle che si commentano da sole (qui a fianco vedete i lanci di Corriere e Repubblica e potete capire di che si tratti: per i non lombardi, offro una chiave di lettura ulteriore facendo notare che la nostra Regione offre fior di quattrini alle famiglie che mandano i figli nelle scuole private, in nome della libertà di scelta sull'educazione dei figli: ma non dà da mangiare ai bambini nelle scuole pubbliche).

No, quello su cui desidero richiamare l'attenzione è il fatto che i due articoli parlano della stessa stessissima notizia, ma tra di essi non c'è un solo numero che corrisponda.
Per Repubblica i bimbi a digiuno sono 22, mentre per il Corriere sono 34; per quest'ultimo tuttavia le famiglie morose sono 432, che per Repubblica diventano 1.027. Perlomeno sul nome della ditta appaltatrice, Dussman Service, c'è concordia; ma per il Corriere il credito di quest'ultima è di 78mila euri, mentre per Repubblica di soli 28mila.
Notevole, no?

lunedì 27 aprile 2009

50.000 dollari (giocare con i numeri /4)

Punto Informatico oggi riporta un rapporto del Ponemon Institute secondo cui la perdita di un laptop aziendale ha un costo valutabile in 50.000 dollari.
Punto informatico in realtà linka un articolo di Ars Technica il quale dimostra che tali cifre sono una puttanata, dato che su una marea di casi il costo subito è quello dell'hardware (e spesso neanche quello, dato che spesso le macchine sono assicurate). mentre in alcuni rari casi sono stati subiti effettivamente gravi danni per la compromissione delle informazioni contenute nelle macchine smarrite.
Leggendo il rapporto, redatto secondo la nota metodologia "medione del pollo", i 50.000 dollari di costo sono perlopiù riconducibili proprio alla compromissione di dati (ben 40.000 dollari circa); e la crittografia dei dati consentirebbe di risparmiare ben 20.000 dollari.
La chicca più bella è che il costo per lo smarrimento di un laptop backuppato è quasi il doppio rispetto a quello di un laptop non backuppato: e qui il rapporto si arrampica su vetri insaponati cercando di spiegare questa cazzata questo dato controintuitivo argomentando che l'esistenza di un backup consente di rilevare costi che altrimenti non sarebbero stati rilevati; e credetemi se vi dico che perfino io, che sono abituato a vedere i dati "controintuitivi" che escono fuori dai principi contabili internazionali, fatico non poco ad accettare l'ipotesi che perdere l'unica copia dei dati sia più conveniente rispetto a perdere una delle copie degli stessi.

Come vedete dal titolo, questa è la quarta puntata di Giocare con i numeri: una serie che ha avuto un discreto successo in passato, e che è ora di nobilitare con una dichiarazione di metodo.
I numeri non sono molto diversi dalla televisione: se sentite il vostro apparecchio di radiodiffusione dire che a Londra sono atterrati i marziani, non dovete crederci solo perché "l'ha detto la televisione". Allo stesso modo, quando sentite qualcuno che tira fuori un dato che vi sembra assurdo, non dovete pensare che il fatto che ci siano lì vicino delle cifre lo rende di per sé stesso credibile.
Le cifre sono come le parole: possono dire la verità o mentire, a seconda di chi le utilizza. Ma, a differenza delle parole, i numeri hanno una propria aura di affidabilità che per istinto confondiamo con un'oggettività in realtà del tutto inesistente. E' per questo che il pensiero critico è ancor più necessario quando l'interlocutore snocciola delle cifre: perché il dubitare è il primo passo che deve essere fatto prima di approfondire la metodologia utilizzata per produrle, quelle cifre, e così facendo scoprire che talvolta il nostro interlocutore non è un saggio, bensì un furfante o un allocco.
I più affezionati lettori sanno bene quanto me la sono presa con la fola dei 400 milioni: non tanto perché qualcuno cercasse di portar acqua al proprio mulino, bensì per la rapidità con cui una simile bufala si è propagata e in poco tempo è divenuta verità oggettiva, al di là di qualunque senso comune; spero tanto che anche attraverso questi esempi (certo anche in futuro non ne mancherà, di materiale!) possa dare una minuscola briciola di contributo perché ciascuno di noi aumenti il spirito critico e, con tal mezzo, divenga un cittadino migliore.
(lo so, quest'ultima riga è anch'essa una presuntuosa sciocchezza, ma ho calcolato che non lo è del tutto: solo al 97,26%)

giovedì 16 aprile 2009

2,5 milioni (giocare con i numeri /3)

Il Corriere lancia la notizia di uno studio prodotto da McAfee e ICF (lo dovreste trovare qui) in base al quale lo spam mondiale consumerebbe la stessa quantità di energia di 2,5 milioni di abitazioni (che a un tratto nell'articolo diventano poi autovetture).
Ora, 33 miliardi di chilowattora sono un po' tantini, pur considerando che di spam ce n'è proprio tanto: andiamo a leggere il report.
Vediamo subito un'affermazione interessante:
A year’s email at a typical medium-size business uses 50,000 KWh; more than one fifth of that annual use can be associated with spam
Ma non viene in alcun modo dimostrato che se lo spam cessase, sarebbe possibile scalare il sistema in modo da fargli assorbire meno energia. E, per inciso, ho anche qualche dubbio sul fatto che un sistema di e-mail in una media impresa possa assorbire 6 KW (pari a 50.000 KWh/anno): o ci mettiamo anche dentro i PC (e sicuramente andiamo ben al di sopra) o, anche a voler mettere due server dedicati, uno storage con replica e un apparato di rete, a quella cifra non ci si arriva.
Ma il bello deve venire:
Much of the energy consumption associated with spam (80 percent) comes from end-users deleting spam and searching for legitimate email (false positives).
Dunque, cos'è l'80% di quei 33 Terawatt imputabili allo spam? Nient'altro che l'energia consumata dagli utenti mentre controllano lo spam.
Le emissioni di CO2 che vengono attribuite allo spam dal report nient'altro sono che il respiro di coloro che stanno seduti davanti al computer e perdono tempo con lo spam, calcolate sulla base di tre secondi a messaggio:
It takes an average of three seconds for a user to view and delete a spam message. Although spam flters block approximately 80 percent of spam before it reaches the user, the massive quantities of email spam and the increasing ingenuity of spammers leave a large number of spam messages in end-user inboxes. Approximately 104 billion user hours per year go to reading and manually deleting spam.
Certo, se lo spam non ci fosse potrebbero dedicarsi ad altro, ma siamo proprio certi che smetterebbero di respirare? Io non credo proprio; e quindi l'articolo altro non è che una bufala bella e buona, sponsorizzato da un'azienda che vende sistemi antispam.

Se poi il titolo questo post vi ricorda stranamente altri articoli simili che ho scritto in passato, credete che non s'è fatto apposta.

mercoledì 4 marzo 2009

400 milioni (giocare con i numeri /2)

Chi ha letto un po' di mie note sa che vedo il referendum elettorale proposto da Mariotto Segni & Complici come il fumo negli occhi; e non a caso parlo di fumo, dal momento che ritengo che questo, come quelli che lo hanno preceduto, sia un modo di appellarsi demagogicamente ai più bassi istinti antipolitici dei cittadini al fine di ottenere esattamente il contrario di quanto sbandierato. La vittoria dei sì a questi referendum porterebbe la nostra democrazia costituzionale e parlamentare ad essere mero ostaggio delle segreterie di due partiti, e ciò, si badi, indipendentemente dal ripristino del voto di preferenza.
Ma non intendo entrare nel merito, qui: lo scrivo solo per essere certo che si sia capito che sono di parte.

Voglio invece esaminare questa cifra che viene, nuovamente uso il termine, sbandierata dal comitato promotore.
400 milioni di euro
Questo numero esce da un editoriale de lavoce.info ed è stato ripreso da vari stimati blogghér forse un po' troppo acriticamente.

Ribadisco che si tratta di un'analisi di parte, dato che per me si potrebbe buttar via anche un miliardo per salvare la Costituzione: e questo discorso dovrebbe essere condiviso anche da chi vi giuri sopra. Rilevo, inoltre, che lo stimolo all'economia è fatto anche di deficit spending e forse buttare un po' di soldi in periodo di crisi serve anche per il famoso rilancio dei consumi. Questo solo per dire che io non avrei problemi a spendere 400 milioni, se non lo si fosse capito.

Ma vediamo ora un po' questo benedetto articolo e scopriamo come sono composti, questi 400 milioni.
Anzitutto viene fatta una suddivisione tra costi diretti e costi indiretti: vediamo pertanto dapprima i
Costi diretti
- 74,5 milioni di Euro per il personale ai seggi;
- 63,5 milioni di euro per il personale di pubblica sicurezza;
- 13,5 milioni per prestazioni straordinarie del personale dei Ministeri;
-  5,0 milioni tra trasporto schede e cancelleria;
-  7,2 milioni per noleggio strutture e organizzazione;
- varie altre voci non dettagliate per un totale di 165 milioni.
Prendendo però una frase detta da Maroni in una conferenza stampa in relazione a una stima del possibile risparmio ottenuto abbinando amministrative ed europee, valutato 150 milioni, e dividendo tale cifra per due terzi in quanto le amministrative interesserebbero solo due terzi dell'elettorato, si giunge ad affermare che il risparmio discendente dall'accorpamento del referendum ammonterebbe a 225 milioni, cifra che lavoce (bontà sua) media con i 165 milioni per ottenere un dato, relativo ai costi diretti di 195 milioni.
Ora, converrete che utilizzare quale elemento di calcolo frasi buttate lì nelle conferenze stampa non è proprio il modo migliore di procedere scientificamente. Io quindi prendo a base i 165 milioni, che sono documentati, e osservo che:
1) vi sono ricompresi quasi 65 milioni di costo del personale di PS che, come evidente, sarebbe comunque pagato, in quanto già dipendente dell'Amministrazione. Si può discutere sul fatto che sia o meno opportuno distogliere i poliziotti dal sorvegliare le strade della città, ma non si può dire che quei 65 milioni siano un costo aggiuntivo: questi sono trucchetti da Beppegrillo(tm).
2) i restanti 100 milioni sembrano essere spese vere e proprie; ma si tende sempre a dimenticare che quando è lo Stato, a spendere i soldi, per calcolare correttamente i costi bisogna depurare gli stessi dell'aliquota fiscale: è vero che strutturalmente le tasse vanno da un'altra parte, ma -dal punto di vista del contribuente che si lamenta- se Maroni trasferisce una parte di fondi a Tremonti, per me che pago le tasse si tratta di un mero trasferimento senza alcun effetto sui conti pubblici.
Calcoliamo che una parte dei compensi al personale di seggio sarà soggetta a ritenuta d'acconto e una parte sarà tassata all'aliquota marginale applicata a ciascun dichiarante; per quanto riguarda le retribuzioni per straordinari poi sono sottoposte anche al prelievo previdenziale, per cui una parte di trasferimenti va all'INPS. Le spese vive invece andranno a incrementare il reddito d'esercizio dei fornitori, e saranno tassate all'IRES. Tutto ciò considerato, calcoliamo una ripresa fiscale del 30% e diciamo quindi che i nostri 100 milioni sono diventati 70 milioni.

Costi indiretti
Ma la parte più Travagliata(tm) è sicuramente quella relativa ai costi indiretti, che sono (udite udite):
- 127 milioni di euro, pari al costo di trenta minuti di tempo libero di ciascuno dei 40 milioni di elettori;
- 37 milioni di euro pari al costo sostenuto da un milione di famiglie per la tata del bambino che frequenterebbe le elementari ma il lunedì non potrà andare a scuola: il tutto nel presupposto, evidentemente falso, che *tutte* le elementari restino chiuse e che il 33% delle famiglie debba prendere una tata (che poi dove diavolo si troveranno un milione di tate mi incuriosirebbe di saperlo);
- 37 milioni pari al costo sostenuto dal Paese per la mancata ricchezza prodotta dal personale impegnato ai seggi (calcolato in 100 euro/persona). Viene dato atto per onestà intellettuale che molti scrutatori sono studenti e quindi tale costo consiste nella mera impossibilità di studiare o andare a lezione, ma si afferma apoditticamente che "il personale coinvolto nelle operazioni di voto ha generalmente una produttività più alta della media, quindi le due fonti di distorsione tendono a compensarsi". Il che dimostra che, oltre che in malafede, l'estensore della nota non ha mai visto un seggio.
La conclusione, che virgoletto, è "Si giunge così ad una stima dei costi indiretti pari a circa 201 milioni di euro. Tra costi diretti e indiretti si giunge così a un costo complessivo per la collettività di circa 400 milioni di euro."

La mia conclusione è che il costo è di settanta milioni di euro. Che non sono bruscolini, intendiamoci; ma sono tutt'altra cosa.

Aggiornamento Rectoscopy mi fa notare che i compensi ai componenti delle sezioni elettorali sarebbero esentasse: in tal caso il "costo" (rammentiamoci sempre che di trasferimenti alla fin fine si tratta) salirebbe a 90 milioni. Io me la ricordavo diversamente, dall'ultima volta che ho preso parte alle operazioni di seggio, ma è doveroso verificare.

Aggiornamento /2 Ha ragione rectoscopy: secondo la L. 21/3/1990 n. 53 i compensi elettorali costituiscono rimborso spese non assoggettato a ritenuta fiscale.

giovedì 7 agosto 2008

Giocare con i numeri

Una delle (poche) cose che so fare veramente bene è di giocare con i numeri per far dir loro tutto e il contrario di tutto.

Datemi una base di dati, una tesi da dimostrare, e io faccio dire a quei dati che la tesi è vera; e poi gli faccio dire anche l'esatto contrario.

E' per questo che quando il ministro Brunetta si vanda di aver ottenuto una la riduzione del 37% dell'assenteismo mi fa sorridere, e pagherei qualche centesimo per avere i dati grezzi su cui si basa quell'indicatore.


 

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