lunedì 28 febbraio 2011

Cane morde uomo


Alessandro Sala è un giornalista del Corriere della Sera, che è il principale quotidiano italiano. Probabilmente, con i tempi che corrono, non sarà un assunto: avrà un contratto alla Caruso, quei contratti che dopo un po' ti fanno uscire di testa.
Il Sala scrive articoli su vari temi: principalmente di animali (cani, perlopiù) e roba di internet e tecnologia. A volte gli riesce il colpo gobbo, ed allora riesce a parlare di animali E di internet nello stesso pezzo.
Probabilmente il protagonista della nostra storia la sera va a casa, si stappa una birra, e pensa esattamente quello che penso io quando torno a casa e mi verso un bicchiere di Frascati: «è uno sporco lavoro ma qualcuno lo deve pur fare».
Io non conosco granché il mondo del giornalismo: non so se questi collaboratori siano pagati un tanto al mese, oppure un tanto a pezzo. O, come Balzac o il Piccolo Scrivano Fiorentino, un tot a riga. Personalmente spero per lui che sia pagato a parola, o addirittura a singolo carattere, che tanto oggidì è facile contarli: basta premere un tasto.
Perché ciò, l'esser pagato a parola o a carattere, potrebbe in qualche modo giustificare le 700 parole e i 4.300 caratteri impiegati per dar conto del fatto che su Facebook ci sono i troll. Vedete? io ho detto «Su Facebook ci sono i troll»: 6 parole, 27 caratteri, spazi compresi.
Il Sala no: il Sala nel suo (per dir così) articolo ce ne dice i nomi, ci racconta i contenuti, ci conta i membri dei gruppi. Ci rassicura sul fatto che al cattivo gusto non c'è limite, e per rassicurarci del suo buon gusto ci riporta letteralmente quelle buone cose di pessimo gusto, come se avesse il dubbio che il lettore non possa fidarsi della sua parola.
E così via, di citazione in virgolettato, eccolo arrivare alle 700 parole e ai 4.300 caratteri. E speriamo che De Bortoli si accorga che sono tutti copincollati, e glieli paghi la metà della metà.

venerdì 25 febbraio 2011

Notizie che lo furono


Navigando il web alla ricerca di notizie fresche per riempire il colonnino infame, oggi Repubblica ha scovato un sito fresco fresco sugli effetti della droga.
Su opera Opera 11 non funziona granché bene: sarà forse che è ottimizzato per Internet Explorer 4.

La mia Vittoria per un Regno


Dopo tutto il puttanaio montato dalla Confindustria, dalla Lega, dalla Gelmini, da Larussa e da un po' tutti quanti, alla fin fine il Governo, come a tutti noto, ha proclamato festivo il giorno del 17 marzo, accioché tutti gli itsaliani possano festeggiare serenamente e degnamente l'Unità d'Italia.
Il DL. 22/2/2011 n.5 recita infatti:
Articolo 1
1. Limitatamente all’anno 2011, il giorno 17 marzo e’ considerato giorno festivo ai sensi degli articoli 2 e 4 della legge 27 maggio 1949, n. 260.
Bello, no? Però c'è anche il comma 2:
2. Al fine di evitare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e delle imprese private, derivanti da quanto disposto nel comma 1, per il solo anno 2011 gli effetti economici e gli istituti giuridici e contrattuali previsti per la festivita’ soppressa del 4 novembre non si applicano a tale ricorrenza ma, in sostituzione, alla festa nazionale per il 150° anniversario dell’Unita’ d’Italia proclamata per il 17 marzo 2011.
Quindi, in sintesi: il 17 marzo si sta a casa, ma la ex-festività del 4 novembre (quella che consente al lavoratore di farsi un giorno a casa quando crede, o in alternativa di farsi pagare la giornata a fine anno) salta.
E così sono tutti contenti: i Larussa, le Marcegaglie, magari perfino la Lega, chissà.
Resta fuori solo la Gelmini, dato che gli studenti non vengono pagati e il 4 novembre sarebbero andati comunque a scuola: ma credo proprio che il giorno sarà recuperato, altrimenti per gli insegnanti sarebbe una scampagnata gratuita.

giovedì 24 febbraio 2011

Parole ben dette

Dal Corriere:
Successivamente il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha chiesto che venga posto fine alla «violenza mostruosa» in corso in Libia. La repressione in corso il Libia «viola le leggi internazionali» ed è contraria ai diritti umani ha aggiunto il presidente Usa per il quale «i diritti umani non sono negoziabili». Obama avrebbe dato ordine al proprio consiglio di sicurezza di studiare una serie di opzioni per affrontare la crisi. «Condanniamo fortemente l'uso della violenza in Libia - ha detto Obama -. Il bagno di sangue è mostruoso, ed è inaccettabile. Queste azioni violano le norme internazionali e ogni standard di normale decenza»

Similes cum similibus

Il mio post di ieri riguardante l'affaire Pisapia ha raccolto alcuni commenti.
Tra questi, uno che conclude così:
Piasapia non c'entra, pero' similes cum similibus
e che costituisce la miglior dimostrazione della tesi che propugnavo.

mercoledì 23 febbraio 2011

Error 404

C'è su Repubblica un pezzo di Arturo Di Corinto, il cui scopo è, in buona sostanza, quello di far riflettere il lettore su quanto sia bravo e preparato il giornalista estensore, quanti termini tecnici egli conosca e quanto sarebbe bello masticare un po' di tutte quelle cose strane e vagamente inquietanti: come non rimanere affascinati quando scopriamo che «In Bahrein, Yemen, Siria, ma anche in altri stati spopola un software per Windows e Linux, semplice da usare, tutto italiano, che consente la creazione di "siti web", al di fuori del web, portali con forum e blog che non necessitano di alcun server centrale - il portale si propaga in peer to peer (p2p) e si duplica integralmente nel computer di ogni singolo nodo collegato»?
In effetti devono essere proprio dei cattivoni questi governanti che mettono in piedi una serie di tecniche censorie, che il nostro giornalista enumera una per una: «Error, conditio, votum, cognatio, crimen. Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas»*.
E che scandalo scoprire che non c'è solo la Libia, l'Egitto e l'Iran, dato che «più di 36 paesi filtrano a vario livello contenuti politici, siti religiosi, pornografia, gioco d'azzardo»: dei veri illiberali.
Peccato che il Di Corinto si sia dimenticato di dire che lo fa anche il Governo italiano: il pezzo sarebbe stato perfetto.



* accipicchia, ho sbagliato il copincollo. La citazione corretta era: «il blocco degli indirizzi Ip, delle Url tramite un proxy server, la manomissioni del DNS (il sistema che ci fa trovare gli indirizzi dei siti), azioni che inibiscono l'accesso a specifiche pagine web, interi domini (.org., .com, .ly, etc), o indirizzi specifici. L'installazione di filtri all'interno del computer degli utenti, il blocco delle keyword che impedisce l'accesso a siti che hanno certe parole nel nome o impediscono ai motori di ricerca di visualizzarle sulla base di blacklist di parole scottanti»

Sudditanza culturale

Non ho votato alle primarie per il candidato sindaco milanese, per l'ottimo motivo che io non voto alle primarie. Se fossi stato costretto, avrei certo votato Onida, dato che Boeri era un parto di quella stessa società civile che ci ha somministrato pillole di questurini e confindustriali, senza nemmeno indorarcele, e Pisapia mi sembrava, e tuttora mi sembra, un po' troppo "molle" per combattere la battaglia contro la Moratti.
Ciò non toglie che, una volta ritrovatomi Pisapia come candidato, ho iniziato a farmelo piacere, e pensavo che con tutta probabilità al momento giusto l'avrei pure votato.
Poi è venuto il bailamme* degli affitti del Pio Albergo Trivulzio, e si è scoperto che Pisapia ha una fidanzata, e che quella fidanzata conduce in affitto un appartamento del Pio Albergo Trivulzio: un appartamento locato 23 anni e un marito fa.
Il Pisapia, che evidentemente non legge Wolfstep, avrebbe dovuto rispondere: «Embè?» e invece si è scusato per aver commesso una leggerezza, rafforzandomi nell'opinione che sia troppo molle per affrontare la campagna elettorale ma, allo stesso tempo, convincendomi che sia una persona perbene: una persona che si scusa per qualcosa che non ha commesso né agevolato ma che, semplicemente, lo ha sfiorato.
Poniamo il caso che la macchina che a momenti mi tirava sotto, l'altro giorno, domani andasse a sbattere contro un muro e il guidatore dovesse morire tra atroci dolori: io stapperei una bottiglia, mentre Pisapia probabilmente si sentirebbe colpevole; e non esito ad ammettere che, se così fosse, lui sarebbe una persona migliore di me.

La questione dell'appartamento comunque avrebbe potuto finir lì, con una scusa di troppo, se non fosse immediatamente partito il riflesso condizionato grillopietrista di tanta parte della sinistra italiana: quella sinistra per la quale un indagato è un condannato in via definitiva; un condannato che abbia scontato la propria pena, indipendentemente dal reato commesso, è marchiato d'infamia a vita e, via via allontanandosi dai principi della logica elementare, arriva a far sì che una sola chiacchiera sia sufficiente a fare del chiacchierato un sospettato, e quindi un indagato, e quindi un imputato, e quindi un condannato, e quindi un condannato in via definitiva, e quindi un reietto della società e della politica.
Certo, non eravamo arrivati ad estendere l'infamia ai discendenti fino alla settima generazione e ai fidanzati, ma niente paura abbiamo ora superato anche questa barriera.
Siamo giunti, inseguendo le urla sguaiate di comici, guitti ed ex fascisti, a trasformare uno stato di diritto in una repubblica della prima pietra nella quale, però, metà degli scribi e i farisei se ne strafotte, dell'indicazione di Gesù, e tira macigni mentre s'incula un bambino, incurante della contraddizion che nol consentirebbe.
Già solo per questo bisognerebbe prendere il promotore di Washball ed appenderlo per i piedi, non bastasse tutto il resto che ha fatto.
Badate, il problema non è che con il dare addosso a Pisapia da parte di chi dovrebbe sostenerlo rischiamo di perdere l'ennesima volta le elezioni milanesi: io sono già intimamente convinto che a Milano, per almeno altri vent'anni, non ci sia proprio verso di avere un governante non di destra. Il problema vero è che abbiamo (rectius: molti di noi hanno) interiorizzato un modello di politica che fa a pugni con i valori che dovremmo inseguire e che è intrinsecamente, immancabilmente e ubiquitariamente perdente. Il modello che ci hanno trasmesso i Grillo, i Veltroni**, i Di Pietro, prevede che si guardi alla persona anziché al programma; all'estensione dell'alleanza anziché alla coerenza delle idee; al filato della sciarpa anziché al discorso pronunciato. Portato al naturale estremo, il modello imposto dai Travagli e dai Barbacetti lascia spazio all'agire politico solamente a dei perfetti deficienti decerebrati: dato che solo un deficiente decerebrato può essere arrivato a diciott'anni senza commettere né un reato né un illecito***. E dato che l'essere eletti non è come il ragno di Peter Parker, non possiamo certo aspettarci che il decerebrato di turno una volta insediato divenga di colpo un raffinato genio della politica, un Bartlet, un Lyman, una Gardner: si limiterà ad essere un burattino nelle mani dell'imbonitore capo, magari proprio quello che ha affermato che non scenderà mai in politica in quanto già condannato in via definitiva.
Tutto ciò, intendiamoci, quando le cose vanno bene. Quando le cose vanno male il coglione comincia a guardarsi intorno, si accorge che le poltrone comode sono comode, tira fuori quel grano di furbizia che qualunque pirla ha in sé e al momento buono manda affanculo l'imbonitore e si fa pagare il mutuo della casa da qualcun altro.
Questo per quanto riguarda la sinistra. Per quanto riguarda la destra, il problema non si pone: chi viene beccato con le mani nel sacco dichiara candidamente che non sa chi gli avesse pagato la casa dove abita: e i suoi elettori gli danno ragione e s'indignano che una spiegazione così logica possa venir messa in dubbio dagli avversari del Partito dell'Invidia e dell'Odio.

Il Pisapia, quando si è scusato per il fatto che la sua attuale fidanzata ventitrè anni e un marito fa ha locato un appartamento e ha pagato sempre il canone, dev'essere rimasto vittima di questo riflesso travaglista. Io spero che abbia uno scatto d'orgoglio e mandi a cagare tutti coloro che, da destra o da sinistra, bivaccano sulla sua cazzata (e, nel caso ci fossero dei dubbi, la cazzata è stata lo scusarzi, non lo scegliersi una fidanzata con casa in affitto).
Spero, soprattutto, che tutti noi si riesca ad uscire dal tunnel di questo giustizialismo da quattro soldi bucati, utile solo a conferire potere e contributi a tribuni che non sarebbero degni di occupare un posticino neppure allo Speaker's Corner: gente che non ha una sola idea su come far andare avanti un Paese ma, di contro, sa benissimo come catturare popolarità e riciclarsi da una stagione all'altra, presentandosi da vent'anni come la novità del momento.



* questo blog si pregia di non utilizzare la desinenza -poli, eccezion fatta per i post che trattino di giuochi di società e di archeologia etrusca
** magari stavolta un po' meno, ma lui comunque deve rispondere anche dell'esser nato e quindi non potevamo non citarlo
*** Si rammenta che fumare una canna è un illecito amministrativo ex art. 75 L.309/90; tornare a casa ubriachi lo è ex art.688 c.p. e inveire contro la Divinità lo è ex art.724 c.p. Pisciare contro un albero invece è un vero e proprio reato, p.e p. dall' art. 726 c.p.

martedì 22 febbraio 2011

Della Tempestività fatta Carne

La Chiesa, vedete, non si muove sui nostri frettolosi tempi terreni, bensì su quelli, incommensurabilmente più dilatati, dell'Eterno.
Solo persone intimamente disordinate e vittime del relativismo culturale imperante in questa nostra trista epoca potrebbero alzare il proprio sopracciglio, probabilmente olezzante di zolfo, e ritenere un po' tardiva la condanna del Cardinal Bagnasco.

Relativismo culturale

Coloro che in questi giorni si scagliano contro il Ministro degli Esteri per la propria pochezza nell'affrontare i fatti di Libia, e confidano che, all'esito delle note vicende giudiziarie, il governo Berlusconi sia scalzato via e sostituito non già da vecchi babbioni rivenienti dall'apparato del PCI bensì da una nuova generazione di giovani circaquarantenni di centro e di sinistra, avranno certo avuto un sobbalzo d'orgoglio leggendo la lucida analisi fatta da uno dei loro leader designati: un pezzo di rara profondità che consente a tutti noi, preoccupati sia per i libici che -soprattutto- per noi stessi, di capire cosa stia effettivamente succedendo e in che direzione un governo saldo dovrebbe agire.

lunedì 21 febbraio 2011

Prima pensare, poi agire.

Mi è più facile scriverlo oggi, dato che il cattivo di turno è Gheddafi: una persona verso la quale è arduo trovare delle ragioni di solidarietà.
Certo, è facile solidarizzare con chi si oppone a un regime assolutista e dittatoriale che, a quanto si dice, si sarebbe macchiato di delitti al limite del genocidio. E tanti guru della rete hanno il riflesso condizionato per il quale chiunque vada in piazza ed abbia un account su Twitter è buono a prescindere, se non altro perché moderno e digitale.
Tuttavia, prima di plaudere alla nuova rivoluzione libica, suggerirei di leggere il testo dell'intervento televisivo del figlio di Gheddafi: perché come sempre il punto non è di fare le rivoluzioni, bensì di avere un'idea precisa del perché si debbano fare, e quale assetto ne debba uscire.
«There are groups that have formed a government in Benghazi and groups that have set up an Islamic emirate in Baida ... and another person who declared himself to be the ruler of the Islamic Republic of Darna.
They now want to transform Libya into a group of [Islamic] emirates – small states – and even [cause] separatism. They have a plot. Unfortunately, our brother Arabs [allowed] their media, their stations and the inflammatory coverage.»

«"Do you expect the Libyans, if partition occurs or if a civil war occurs ... to reach an agreement on how to share oil within a week, a month, two or three years?
This oil will be burned by thugs, criminals, gangs and tribes, and there will be major and bloody conflicts over it; and in the end no Libyan will end up with this oil, because it is in the central and southern parts of Libya, in the middle of the desert. Three quarters of our population are based in the western area.»
Non è detto che tifare per l'anarchia sia più nobile che tifare per la dittatura.

Meglio tardi che mai


Dopo averci pensato su tutta la mattinata, quelli di Repubblica hanno finalmente deciso qual è la notizia principale tra:
A) una mezza rivoluzione (o magari una rivoluzione vera e propria) in un paese che è a un tiro di schioppo dalle nostre coste, è il principale fornitore energetico ed è partner finanziario di primissimo piano dell'Italia, e
B) un pazzo che ha sfondato una vetrina di un aereoporto credendo di essere inseguito dagli alieni

domenica 20 febbraio 2011

Montesqundari

Segnalo questo lucidissimo post di Francesco Cundari (una delle poche persone con cui, prima ancora di leggere il titolo del pezzo, so già che sarò d'accordo a prescindere). Lo segnalo non tanto per il tema in sé, peraltro -come sempre- centrato, quanto per il fatto che, a partire dalla sua riflessione, si può capire meglio come i sistemi costituzionali moderni si reggano su un delicatissimo equilibrio: nel quale basta spostare una sola carta per far cadere l'intero castello.
Il nostro disgraziato Paese, so di ripetermi sempre come i vecchi che danno da mangiare ai piccioni sulle panchine, è nello stato in cui è anche (e per me soprattutto) per il forzato inserimento di un sistema rappresentativo maggioritario (e, aggiungo, spiccatamente maggioritario) in un contesto di regole pensato per un sistema elettorale spiccatamente ed estremisticamente proporzionale.
Aver seguito Mariotto Segni e Giacinto Pannella nei loro deliri americaneggianti, dopo la prima tangentopoli, è stato un errore condiviso da tutti, salvo qualche ininfluente e isolata minoranza che già allora prevedeva il futuro disastro, sia pur non dell'ampiezza poi avveratasi.
Insistere ancora oggi sul tema del bipolarismo ha senso solo a patto di importare, insieme alla legge elettorale, anche la Costituzione dei paesi bipolari: e per chi lo voglia davvero fare non c'è che l'imbarazzo della scelta.
Chi predica "PRIMARIE", "BIPOLARISMO", "MAGGIORITARIO", "UNINOMINALE" dovrebbe avere il coraggio di aggiungere la firma di Madison in calce ad una nuova carta costituzionale che preveda il diritto alla felicità, la discrezionalità dell'azione penale, la libertà di stampa e perfino una norma, destinata ad essere poi abrogata, sul divieto di vendere alcoolici.
Empirsi la bocca di parole vuote, senza valorizzarle in un cotesto nelle quali dette parole abbiano il loro senso proprio, è una cialtronata in grado di sopravvivere solo grazie ad una stampa capace solo di amplificare gli slogan di quella o questa parte politica: una stampa che ha rinunciato al proprio mestiere, che dovrebbe essere informare i cittadini e consentir loro di ragionare con la propria testa.

sabato 19 febbraio 2011

Tadini*, tua moglie sta scopando!

"Saranno necessari i due terzi dei componenti per abrogare le leggi in modo da evitare che si ripetano le situazioni oggi, quando il Parlamento discute una legge, la approva e se non piace ai magistrati di sinistra, la impugnano davanti alla Consulta che, essendo costituita in prevalenza da giudici che provengono dalla sinistra, la abroga anche se è una legge giusta e giustissima"
Il concetto di giustizia che Silvio Berlusconi ha in testa più o meno lo conoscevamo, ma dopo la sortita di oggi ci è più chiaro.
Per usare una similitudine calcistica, è un po' come dire che la squadra in testa al campionato ha diritto a scegliere i due guardialinee, anche fra i propri dirigenti. E quando gioca in casa le ammonizioni ai calciatori della squadra ospite valgono come rossi, beninteso.

* Cesare

venerdì 18 febbraio 2011

Per una grande alleanza vedo bene Giorgio La Malfa

Poche cose sono per me più noiose del dibattito su primarie sì e primarie no.
Tra quelle poche cose, rientra sicuramente il totonomine sulla scelta del leader che dovrebbe portare la coalizione di centro-sinistra alla vittoria: tema che solo in parte è collegato al precedente, dal momento che la celebrazione delle primarie deresponsabilizza per un certo verso gli apparati di partito.
L'impressione di questi giorni è che la linea maggioritaria all'interno del PD sia quella di ammettere, finalmente, che le primarie non sono la panacea a tutti i mali: ed è una strada obbligata nel momento in cui si sia superata la strategia veltroniana dello splendido isolamento e ci si metta a ragionare in termini di coalizione eterogenea tra forze che delle primarie non vogliono manco sentir parlare.
Nasce quindi il tema della scelta del leader, posto sul tavolo sia da Prodi che da Vendola, con il loro appoggio* a Rosy Bindi.

Ora, non è che con lo spostare il discorso dal metodo (le primarie) al merito (il nome) cambi granché: siamo sempre nel solco del veltronismo populista, quello che se ne frega del cosa fare per concentrare l'attenzione sul chi nominare, come se potesse esistere in questo sfortunato paese un erede al Trono di Francia che, una volta unto con il sacro nella Cattedrale di Reims, possa imporre le mani al Paese e guarirlo così dalla scrofola delle proprie magagne economiche, istituzionali, sociali.
Fortunatamente nell'attuale PD c'è ancora qualche persona di buon senso, a partire dal Segretario che, come riporta Repubblica, ha dichiarato: «Prima costruiamo la coalizione, prima ancora arriviamo alle elezioni anticipate. Dopo sceglieremo chi saprà interpretare meglio il progetto»; e pure il Grande Vecchio, che ha detto: «Naturalmente, visto che si parla di grande coalizione, il candidato deve essere concordato e non imposto» Ed è ben triste constatare che tali ovvietà debbano essere espresse e riportate dai giornali: di questo passo mi aspetterei che tra qualche giorno in Italia venisse data come notizia straordinaria il fatto che il sole, dopo esser tramontato, è sorto di nuovo in cielo il mattino seguente.
Purtroppo oggi Bersani e d'Alema si sono dovuti ridurre a esprimere tali banalità: non per dare aria alla bocca, ma, ahinoi, per il fatto che nell'accozzaglia di partito nel quale militano vi sono personaggi che sembra non abbiano ancora imparato l'ABC del buonsenso.
Tra questi, come ovvio, è in prima fila il pattuglione veltroniano. Stranamente il loro capobastone (che doveva essere impegnato, credo, a una presentazione del proprio romanzo di formazione nella ridente cittadina di San Benedetto del Tronto) si è dimenticato di vergare una livida lettera al direttore di qualche giornale nazionale, ma la sua momentanea distrazione non è stata certo un problema. Dal momento che le idee cattive, come la gramigna, infestano le menti con una rapidità che le piante utili non riescono a sostenere, ecco che in suo luogo è uscita immediatamente l'amica di una vita, la Melandri la quale, candidamente, se n'è uscita con la seguente esternazione:
«Per una grande alleanza vedo bene Mario Monti. Bindi non può federare un' alleanza da Vendola al Terzo polo».
Mario Monti.
Io non starò a parlare di Mario Monti, che credo sia abbastanza conosciuto da chiunque legga questo blog; e comunque chi non lo conoscesse può sbirciare su Wikipedia**.
Non starò nemmeno a chiedermi quale sia il processo mentale che porta una persona raziocinante ad associare il nome "Mario Monti" a "coalizione di centro-sinistra" senza l'immediata comparsa dello striscione "SEI SU SCHERZI A PARTE!" alle spalle dell'intervistatore: una volta accertato che l'esternante non è un essere raziocinante (o perlomeno che non lo è nell'accezione di "raziocinante" che comunemente applichiamo all'insieme degli animali vertebrati, perché se invece andiamo dalle parti dei gasteropodi probabilmente le due cose sono compatibili), ecco che tutto trova una sua logica spiegazione.
Quello che vorrei chiedere, alla Signora Melandri, è un'altra cosa: come ha fatto a tirare fuori il nome di Mario Monti? Ci ha ragionato sopra, oppure ha messo in un cappello tutti i nomi di coloro che abbiano ricoperto qualche carica importante, e poi ha estratto il primo bigliettino? Perché in quest'ultimo caso, allora Monti vale quanto chiunque altro, è la semplice sorte ad aver deciso, e qundi siamo tutti tranquilli: in fondo il caso è un criterio per la scelta di un leader valido almeno tanto quanto le primarie.
Ma se, come temo, ci ha ragionato un po' su, allora, mi chiedo, perché Mario Monti sì e Giorgio La Malfa no? Quali sono le caratteristiche dell'uno che lo rendano preferibile rispetto all'altro?
Qualcosa mi dice che non riceverò mai una risposta adeguata.





* Qui dovrei spendere qualche riga su come sia possibile che Prodi e Vendola, due fautori a oltranza delle primarie, abbiano entrambi speso parole per la designazione di un possibile leader di coalizione: il che è esattamente il contrario del far scegliere il leader alla "gente": ma dato che non riesco a trovare una spiegazione, certo per essere la mia capacità di discernimento molto più limitata di quanto ritengano quelle stesse persone che mi considerano poco meno di un mezzo deficiente, mi taccio.
** fra l'altro, essendo io impedito a scrivere su Wikipedia, potete anche stare tranquilli che non sono andato a modificare in peggio la voce che lo riguarda per amore della mia tesi.

mercoledì 16 febbraio 2011

Cenere alla cenere

Emergo per qualche secondo da giornate particolarmente intense per commentare ciò che oramai tutti sanno, vale a dire il rinvio a giudizio del Presidente del Consiglio.
Chi legge abitualmente questo blog sa bene che io ho affermato molte volte che per il reato di concussione la competenza ad effettuare le indagini sarebbe stata del Tribunale dei Ministri e non della Procura: tesi propugnata dalla difesa di Berlusconi e che è stata rigettata dalla GIP.
Non sarebbe la prima volta che mi cospargo il capo di cenere per aver sbagliato delle previsioni, e del resto fa parte del gioco, dato che il diritto non è una scienza certa. Tuttavia questa volta non lo faccio.
Certo, la GIP si sarà studiata molto bene la giurisprudenza e la dottrina, impiegandoci certo molto tempo più di quanto ne abbia speso io per leggermi qualche riga e qualche massima. Ma anche i GIP possono sbagliare, e nell'attesa di leggere -forse- le motivazioni, e comunque fino alla decisione della Cassazione, che certo dovrà prima o poi pronunciarsi anche sul punto specifico, io resto pur sempre intimamente convinto che la decisione corretta avrebbe dovuto essere un'altra.

Venendo per un attimo al tema del paventato conflitto di attribuzione da parte della Camera avanti la Corte Costituzionale (per sollevare il quale, sia detto per inciso, non serve mica la maggioranza assoluta di 316 voti bensì la maggioranza semplice), si tratterebbe di una manovra campata in aria, come quasi sempre succede quando un organo del Legislativo solleva il conflitto rispetto ad atti della Magistratura (il caso Englaro dovrebbe far rammentare qualcosa).

lunedì 14 febbraio 2011

Trova l'intruso

«Per interrompere la legislatura occorre che il presidente Napolitano consulti sia i presidenti delle Camere che il presidente del Consiglio, cioè Silvio Berlusconi. Quando successe per Ciampi lui allora acconsentì, questo non è il nostro caso perché il governo è nella pienezza delle sue funzioni» (dal Corriere)

«La Costituzione comunque prevede che senza una formale crisi di governo per interrompere anticipatamente una legislatura occorre che il presidente della Repubblica consulti sia i presidenti delle Camere che il presidente del Consiglio, cioè Silvio Berlusconi» (da Repubblica)

«senza una formale crisi del Governo per interrompere anticipatamente la legislatura occorre che il presidente della Repubblica consulti i presidenti delle Camere e il Presidente del Consiglio» (dal Giornale)

«Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse» (dalla Costituzione)

giovedì 10 febbraio 2011

CYaltroni

Ci sono periodi in cui scrivo poco: il motivo è che mi sembra di vivere in una bolla, immerso in un mare di cretini. Mi guardo in giro e non vedo uno spiraglio di luce.
Quando succede così, a vent'anni si è convinti di essere nella ragione, e che tutti gli altri siano cretini, punto. A quarant'anni e passa ti viene il dubbio che in effetti tu stia commettendo lo stesso errore di Tolomeo; che, insomma, in effetti il cretino sia uno solo: tu; e gli altri le persone normali. E allora fai un po' di esame di coscienza, cerchi di capire dove sbagli, quali sono le ragioni altrui e se sia davvero lecito considerarle inferiori alle ragioni tue.

Sulla questione del 17 marzo e della relativa festa una tantum io questo esame di coscienza me lo sono fatto: ho cercato di capire le ragioni di chi, al governo, prima l'ha indetta e poi la vorrebbe disdire; di chi propone di festeggiare lavorando, sul modello del 1° maggio nella Romania di Ceausescu o, non molto più indietro nel tempo, dell'Arbeit macht frei; di chi ritiene che la "settima economia del mondo" riceverebbe una botta dalla quale non riuscirebbe a sollevarsi nella sventurata eventualità che si dovesse stare in vacanza; di chi, semplicemente, ritiene di non voler festeggiare una cosa nella quale non crede, quale l'unità d'Italia, ma ciononostante si bea di sedere nel parlamento e nel governo di quell'Italia che si rifiuta di riconoscere.
Ci ho provato, e alla fine non sono riuscito a trovare una spiegazione diversa da:
"sono tutti una massa di cYaltroni"

venerdì 4 febbraio 2011

Se questo è un clown

Ogni giorno ci lamentiamo, giustamente, che l'attuale Presidente del Consiglio dei Ministri sia, per dirla spiccia, un po' facilone nella scelta delle amicizie, e non sempre del tutto sincero.
Tendiamo a dimenticare, tuttavia, che all'attuale Presidente del Consiglio dei Ministri dobbiamo essere, ogni giorno, grati. Profondamente grati.
Oggi ad esempio io, che non sono certo religioso, ho pensato di fare un salto qua dietro, alla Basilica di San Carlo, e accendere un cero per impetrare grazie e salute sul capo dell'attuale Presidente del Consiglio dei Ministri: perchè Lui, vincendo a man bassa le elezioni, ha scongiurato la pur remotissima possibilità che divenisse Presidente del Consiglio dei Ministri colui che ha scritto questa cosa:
Maria Schneider era bellissima. Di una bellezza assai rara. Era sfrontata, con il suo corpo rassicurante. Era angelica, con quello sguardo da adolescente impertinente. La sua sensualità era moderna, un impasto di solitudine e nevrosi. Era, esteticamente, figlia del ‘68 e della rivoluzione femminista. Era una ragazza del suo tempo. Un tempo giovane, per la vecchia Europa. Ci pensavo guardando in queste ore le immagini delle rivolte nel Nord Africa. In piazza sono tutti giovani, segno di società dinamiche. Ma, in piazza, sono tutti uomini. Indice di comunità che negano diritti fondamentali e protagonismo alle donne.
In Ultimo tango a Parigi la Schneider era un personaggio vitale e malinconico. Nelle sue ultime fotografie era rimasta, mi pare, una grande malinconia. Quel film, che l’ha resa famosa, rimane nella coscienza di tutti come un passaggio, narrativo e di costume, nella storia del cinema del dopoguerra. Per questo, quando all’Unità inaugurammo la stagione delle videocassette allegate ai giornali, lo scegliemmo per cominciare questa esperienza.
Pensare oggi che Ultimo tango a Parigi fu sequestrato e bruciato, che fu fatto un rogo di quella pellicola, che le fiamme divorarono i mitici cappotti di Marlon Brando e di Maria Schneider, la colonna sonora di Gato Barbieri e la nevrosi di Jean-Pierre Léaud; pensare, oggi, che tutto questo è successo nel paese in cui viviamo fa, insieme, sorridere e intristire.

martedì 1 febbraio 2011

Qu'est-ce que le PD?

«Le primarie sono l’unica caratteristica identitaria del PD. Di per sé sono solo uno strumento, una regola per prendere alcune decisioni in merito alle candidature. Tuttavia, sono state sempre caricate, da tutti i dirigenti da Bindi, a Bersani, a Veltroni, a D’Alema, di significati superiori: democrazia, partecipazione, popolo, in opposizione al leaderismo dispotico del centrodestra. Tra l’altro, varie centinaia di migliaia di persone sono state convinte della genuinità di quel messaggio. Senza le primarie, come si riconosce l’identità del PD?»

«Senza la certezza di quel che accade, le regole diventano semplicemente arbitrio. In un contesto realmente competitivo, dove consultazioni e regole sono costanti, prevedibili, e sempre uguali, al netto di regolamenti violati per i quali devono esistere apposite commissioni, non ce la si può prendere se partecipano i cinesi o i nazisti dell’Illinois: il risultato è il risultato. Se invece, finite le primarie si può serenamente dichiarare di annullarne l’esito, si certifica l’inesistenza di un sistema di regole prevedibili, e si manifesta il cul de sac di un partito identitario a cui nuoce la caratteristica stessa della propria identità.
La prevalenza della “ragione politica” sulle regole è una caratteristica naturale di un partito identitario, o un piccolo partito. Ma quando l’identità è fondata sulle regole, la ragione politica diventa indistinguibile dall’arbitrio e, comprensibilmente, i più “identitari” tra i competitor, come nel caso di Cozzolino, si incazzano.»

«La storia ha ampiamente dimostrato che qualsiasi persona mediocre è in grado di conquistare il potere, ma la statura del vero leader la si misura nel momento in cui lo lascia.»*
Un paio di brani dell'interessante post di Marco Simoni sul Post.

* vabbe', questo lo sapete perché sta qui.

Che post d'Egitto

Mi si chiede di scrivere qualcosa su ciò che accade in Tunisia ed Egitto, o perlomeno di dire perché non scriva nulla al riguardo.
Rispondo citando Wolfstep: non tanto per tutta l'analisi, che non so neppur dire se e quanto condivida, bensì per il primo capoverso:
Da due giorni mi chiedono per email di commentare quanto successo in Tunisia ed Egitto. Cosa che ho evitato di fare, dal momento che in entrambi i casi e' filtrato assai poco in occidente. Se dovessi dare un giudizio di qualita' ai mass-media occidentali per come hanno seguito le crisi, per come le hanno spiegate e per come hanno informato, direi che siamo sottozero. Se fossi un paranoico paragonerei quel che si dice in questo momento con quello che si diceva in Inghilterra ed Austria durante la rivoluzione francese. Niente. Meglio non propagare certe idee.