martedì 29 dicembre 2009

Tempo di bilanci

Dato che tra poco andrò ai monti, questo post dovrebbe essere l'occasione per formulare gli auguri di buon anno. I buoni propositi li ho già fatti insieme agli auguri di Natale, e quindi potrebbe essere morta lì.
Prendo però spunto dall'ultimo post di Galatea per scrivere due righe sul senso del tenere un blog: mi sembra utile, specie in questo periodo di stanca.

E' evidente (o almeno è evidente a me) che vi sono molte persone che scrivono per trarre un vantaggio pratico di qualche tipo: c'è chi infarcisce la propria casa di inguardabili banner e adsense (e mi piacerebbe sapere quanto poi in effetti costoro riescano a portare a casa, alla fine del mese); c'è chi fa mestieri inerenti alla comunicazione, alla rete o alla tecnologia in senso lato, e vuole in tal modo guadagnare in autorevolezza; c'è chi vuole, semplicemente, far sì che il proprio nome circoli di bocca in bocca e di tastiera in tastiera.
E' di questi che mi sembra parli Galatea: e certo si tratta di una fetta importante del blogocono, ma non esaustiva.
Ci sono infatti coloro che scrivono principalmente per loro stessi: hanno una passionaccia per la collezione di francobolli della Guinea Orientale e desiderano far conoscere al mondo intero tutte le caratteristiche della dentellatura dell'emissione 1974, come questa fosse la cosa più importante del mondo (e per loro in effetti lo è): costoro potranno avere un traffico limitato a pochi contatti alla settimana o perfino al mese, ma non sarà certo per tale motivo che abdicheranno alla loro passione e smetteranno di scrivere: dato che scrivono principalmente per sé medesimi, e solo in seconda istanza per farsi leggere, essi continueranno imperterriti a pubblicare notizie e informazioni sugli argomenti che stanno loro a cuore.
Certo, sapere di avere un certo pubblico fa piacere a chiunque, ma è tutto una questione di piani e di priorità: ciascuno deve saper riconoscere le proprie.

A me scrivere qui è servito a chiarirmi le idee cento e più volte su argomenti di cui conoscevo gli elementi costitutivi ma che non avevo ancora analizzato: ho la fortuna di possedere alcune competenze tecniche che possono risultare di interesse generale e quindi mi sono conquistato un certo numero di lettori, per dir così, affezionati; ciononostante l'obiettivo che mi pongo è sempre quello di chiarire anzitutto a me stesso, e poi se possibile anche agli altri, le cose.
Poi, mi piace cazzeggiare, e quindi racconto anche della piadina che ho mangiato, per quanto queste sciocchezze tendano a spostarsi sempre più sul social network, dato che si tratta di roba senza futuro alcuno (quello della piadina, ad esempio, l'ho postato qui solo perché qui potevo grassettare).
Trovo quindi che il frequentare un social network abbia sì l'effetto di sfoltire il numero di post, ma allo stesso tempo dovrebbe migliorare la qualità dei medesimi. Tendenzialmente, infatti, qui dovrei o vorrei scrivere solo cose che lette tra un mese possano ancora avere un qualche senso (ma non è detto che vi riesca).
Il diradarsi dei post, insomma, non va visto, a mio parere, come la prima avvisaglia dell'estinzione dei blog amatoriali, ma anzi come un risorgere dei medesimi a nuova vita, dopo un bel po' di tempo in cui "blog" richiamava alla mente quasi solo diari adolescenziali, cuori spezzati e "K" a profusione.
Credo, insomma, che le risorse disponibili si stiano stratificando in livelli ben distinti d'impegno e consapevolezza, un po' come un'emulsione di acqua e olio che, lasciata lì a riposare, in poco tempo si separa in due strati.
In tale quadro il blog costituirà lo stato "nobile" della rete; ma è necessario chiarire che quel "nobile" resterà sempre riferito all'impegno e alla dedizione del tenutario, non alla sua capacità di portare contenuti sensati. Nessuno impedirà agli idioti di bloggare fiumi di sciocchezze sull'invasione degli alieni, sul signoraggio, sul falso sbarco dell'Apollo 11 e via discorrendo, e starà pur sempre al buonsenso e alla capacità critica di chi legge di elaborare le informazioni e decidere a quali e a chi dare fiducia e a quali e a chi negarla. Credo che comunque i blog si contraddistingueranno sempre più per l'originalità dei contenuti (geniali o cretini che siano), dal momento che chi non avrà nulla da dire ma vorrà solo creare un po' di rumore preferirà dirigersi verso altri lidi, dai quali riceverà un ritormo assai più gratificante al suo borbottìo.

E con ciò, tanti auguri di buon 2010 a tutti.

SMS (Save My Soul)

Evento: ingestione di agente tossico.
Luogo dell'evento: Bar Vecchia Milano
Specie di agente tossico: piadina bisunta con prosciutto crudo, fontina, carciofini e melenzane grigliate.
Data inizio evento: 29 dec 2009 13:00 CET
Data fine evento: 29 dec 2009 13:15 CET
Data termine digestione (forecast): 29 jan 2010 13:15 CET

Siamo la coppia più ??? del mondo


Questo scorcio di 2009 continua a riservare sorprese. Mentre negli affari personali le cose vanno a gonfie vele, da un punto di vista generale si vedono sempre più segni di un'imminente fine del mondo contro la quale sarebbe vano qualunque tentativo di resistenza.
Da qui il relativo silenzio del blog: ogni volta che mi viene in mente che potrei scriverci qualcosa, dopo pochi secondi le buone intenzioni sono vinte dalla pulsione a coltivare il mio giardinetto.

E a proposito di giardini, non può stupire che in questo clima di fine millennio (per quanto in effetti ci troviamo all'inizio del secolo, non alla fine) facciano la loro comparsa sugli schermi televisivi nientepopodimeno che Luca Sardella e Janira Majello, indimenticati protagonisti di Verdemattina, della Vecchia Fattoria e di tanti altri programmi enogastrobotanici.
Poco da dire su Mister CappelloMonello, mentre Miss Sorriso ha turbato i sogni di molti adolescenti e anche di qualche ragazzo un po' più grandicello, con il suo inimitabile e indecodificabile accento.
Ci viene spontaneo chiederci se i due, inseparabili sullo schermo, facciano coppia fissa anche nella vita; se abbiano magari coltivato dei bambini; se abitino in una fattoria, come viene spontaneo pensare, o al contrario in un lussuoso appartamento ai Parioli rallegrato da piante finte e fiori di carta.
Soprattutto, ci viene spontaneo di chiederci: «ma chi sono coloro che compereranno l'Agenda 2010 di Luca e Janira con i consigli per vivere in armonia con la natura»?

lunedì 28 dicembre 2009

C'è da riempir le pagine


Per quanto mi sforzi, non riesco proprio a comprendere il senso del mettere sulla home page di Corriere.it il lancio di un articolo dove si racconta che una mamma ha donato un rene al figlio che ne aveva bisogno. Ci sono i nomi dei medici, l'età della mamma e del figlio, il fatto che gli interventi sono in realtà due (uno per l'espianto e uno per l'impianto), e un po' di pubblicità all'ospedale delle Molinette di Torino.
Sembrerebbe la solita marchetta, se non fosse che stiamo parlando di un ospedale pibblico. Si trattasse della Stampa, la cosa sarebbe forse anche comprensibile, per quanto di operazioni così nel solo 2009 lo stesso ospedale ne abbia fatte sette (dato riportato nello stesso articolo).
L'unica spiegazione plausibile è che l'articolista non sapesse proprio come passare altrimenti la giornata.

giovedì 24 dicembre 2009

Auguri

Questo dicembre che volge al termine è stato un mese un po' strano: sono stato preso da un monte di cose mie che mi hanno tenuto lontano dallo scrivere sciocchezze sul blog.
Ne ho scritto invece moltissime, di sciocchezze, sul socialcoso (sì, insomma: Friendfeed): un grande spreco di impegno e di tasti anche se, ad essere onesto, non posso dire che sia stato tutto tempo buttato.

Tra i buoni propositi quindi c'è quello di tornare a scrivere qualcosa che valga la pena di conservare, nei limiti delle mie capacità. A proposito di capacità, l'aver scritto uno dei Post sotto l'Albero mi ha fatto capire che la narrativa non è proprio nelle mie corde: ho fatto una fatica bestiale a rendere vagamente leggibile qualcosa che all'inizio era men che pessimo.
Altro buon proposito per il 2010 è quello di perdere un po' di peso e soprattutto di bere un po' meno: cose evidentemente tra loro collegate. Quello di smettere di bere così tanto è un proposito che mi propongo tutte le mattine che seguono una serata con gli amici, ma devo confessare che quando sono tornato a casa ieri sera avevo un po' pena per me stesso, e quindi, dato che oggi è la vigilia di Natale e il mal di testa non mi è ancora completamente passato, mi piace vedere il tutto come un'occasione per farmi una promessa un po' più solenne.
Ci sarebbe anche il proposito di diventare un po' più responsabile e magari più serio. Potrei ad esempio smettere di prendere il lavoro come un gioco; ma dato che quello che faccio è apprezzato così com'è, in effetti non credo che questo proposito si realizzerà, almeno a breve.
Potrei anche smettere di correre dietro alle donne, di innamorarmi e disinnamorarmi seguendo la frequenza dei cicli lunari e trovarmi una volta per tutte una fidanzata vera e propria con cui costruire qualcosa anziché limitarmi a spassarmela; ma temo che anche questo non succederà tanto facilmente, e che quindi anche nel 2010 continuerò ad essere, in buona sostanza, il solito cretino, con un anno in più sulle spalle.

Vedremo tra un anno cosa sarà successo: nel frattempo, tanti auguri a tutti.

giovedì 17 dicembre 2009

Impareranno mai?

Ho ricevuto un altro SMS pubblicitario (per i lettori non affezionati, rimando qui, qui e qui per far capire quanto queste cose mi infastidiscano).
Ho quindi scritto una letterina.
Spettabile
Servizio clienti $compagnia_telefonica
fax xxxxxxxxx

e p.c. Onorevole Autorità Garante per la protezione dei dati personali
fax yyyyyyyyy

Reclamo - messaggi pubblicitari indesiderati

Egregi signori,
in data odierna, mentre riflettevo sul problema della costruzione delle strutture narrative trattato dal Manzoni nella Lettre à M. C.*** sur l'unité de temps et de lieu dans la tragedie, sono stato distratto nei miei studi dalla ricezione sul mio cellulare di un SMS, che qui integralmente ritrascrivo.
"$compagnia_telefonica presenta la super offerta di Natale. Rispondi SI a questo sms per risparmiare fino a 276 euro in 6 mesi. La promozione Scade il 21/12/2009"
Tale messaggio riveniva dal numero +39xxxxxxxxx e, come confermatomi da un operatore del vostro servizio clienti, è stato effettivamente inviato dalla vostra società.
Non desidero qui soffermarmi sulla povertà lessicale del cosiddetto messaggio, che tale si può definire solo per grazia di una momentanea sospensione del giudizio dacché, come appare evidente anche al lettore meno smaliziato, il medesimo non veicola alcun contenuto.
Credete davvero che un soggetto senziente potrebbe accettare la vostra offerta dando fiducia alla promessa di risparmio ivi contenuta? Io non riesco a capacitarmene. Questo messaggio, che nel suo perentorio irrompere nel turbare la mia tranquillità posso senza dubbio definire villano, potrebbe essere accolto solo da un cliente un po' troppo affezionato che, avendo letto compulsivamente i Pensieri di Pascal, abbia perso il lume della ragione e confonda la Vostra società con il Sommo Bene.
Chiunque altro di fronte a un contenuto così povero di informazioni non potrebbe far altro che cancellare quelle vane parole e tornare al proprio operoso studio. Io, invece, ho interrotto lo studio e intrapreso la scrittura di questa lettera per esternare il mio sdegno.
Non riesco a capacitarmi di come abbiate mai potuto anche solo pensare di avere il diritto di disturbare la mia quiete per mandarmi non già un'offerta, bensì il simulacro della medesima. Non intendo neppure affrontare il tema dell'ingannevolezza di quanto da voi proposto: mi è sufficiente riflettere sul fatto che il supposto risparmio da voi ventilato equivale a quanto io spenda di telefono nel medesimo periodo, per capire che o voi siete diventati un Ente di beneficienza o qualcosa non quadra nella vostra proposta.
Mi indigno, invece, per il fatto che vi siate permessi di utilizzare il mio telefono cellulare in ispregio, prima ancora che alle norme a tutela della riservatezza e della tranquillità dei cittadini, alle regole più elementari della buona creanza.
Vi diffido pertanto dal disturbarmi nuovamente telefonandomi o inviandomi messaggi di qualunque tipo. Qualora proprio vogliate regalarmi dei danari, fate una donazione anonima ad un'istituzione benefica a vostra scelta, senza interessarmi al riguardo né chiedere il mio assenso o la mia approvazione. Qualora intendeste invece propormi vantaggiose offerte commerciali, sappiate che la mia fiducia in esse è pari a quella che Otello riponeva in Desdemona all'esito dei cattivi consigli di Iago: e non è detto che io, come Otello, abbia ragione nel dubitare di voi; ma ciononostante non solo respingerò le vostre profferte, ma mi adopererò per salvaguardare il mio riposo e la mia concentrazione dalle vostre pratiche commerciali invasive e ineducate.
Distinti saluti.

mercoledì 16 dicembre 2009

Il bidone della pattumiera

C'è questo post di Luca Lani (hat tip Annarella) che spiega come e perché il web stia diventando un gran puttanaio, in cui gli articoli di qualità sono pochi, quelli di scarsa qualità tanti e le copie scopiazzate degli articoli di bassa qualità la grande maggioranza.
Colpa di Google, afferma il Lani, il quale cita anche un ulteriore pezzo sulla frustrazione di chi cerca una recensione su di un oggetto in rete, e trova quasi solo spam.
La tesi infatti è che, dato che Google non fa alcuna differenza tra notizia originale buona, notizia cattiva e notizia copiata, sia molto più conveniente produrre schifezze a basso costo che merce pregiata, dato che per l'utente finale la cacca e la panna montata hanno la stessa visibilità.

Contemporaneamente, assistiamo ad un levare di scudi per la decisione che qualcuno di Google avrebbe preso di censurare le fotografie di Berlusconi ferito al volto (uso il condizionale perché la mia religione impedisce di cercare foto di Presidenti del Consiglio in carica feriti al volto, e quindi non so se ciò sia proprio vero, e il verbo "censurare" lo metto in corsivo acciocché ciascuno possa sostituirlo con quanto meglio gli aggrada).

Caratteristica comune ai due temi sopra accennati è che in entrambi i casi si opera una confusione tra Google e Internet: ragionata e argomentata nel primo esempio, dato che gli autori citati sanno di cosa stanno parlando ma guardano all'effetto sul consumatore finale, meno smaliziato; istintiva nel secondo caso, in cui le accuse di censura arrivano dal basso.
La mia personale opinione è perfin banale, ma dato che l'attualità italiana non offre spunti di conversazione di levatura tale da dedicar loro di tre minuti del mio tempo, ho pensato di esprimerla lo stesso, per riempire una paginetta.
C'era un tempo in cui cercare le cose in rete era un'arte. Arte in senso proprio: tutti erano capaci di scrivere una parola su Altavista, ma più difficile era trovare qualcosa che parlasse proprio di quanto si cercava, e più difficile ancora valutare l'affidabilità di quanto rinvenuto.
Poi è arrivato Google, e tutto è divenuto più semplice: è come se ci avessero messo il servosterzo.
Io, che come prima macchina ho avuto una 127, ho imparato a parcheggiare senza il servosterzo, e ora quando guido la vecchia Twingo di mia madre -che il servosterzo non ce l'ha- parcheggio sempre malvolentieri, dato che si fa fatica: ma ci riesco. Chi ha imparato a guidare con il servosterzo, invece, trova impossibile parcheggiare senza quell'ausilio meccanico. Lo stesso, detto fra noi, vale per il condizionatore, che io ho tenuto rigorosamente spento anche quel giovedì in cui attraversavo la Sardegna in fiamme, con il termometro esterno che segnava 46 gradi, e ripercorrevo la strada che tante volte avevo fatto, quasi con lo stesso caldo, nella 124 di mio padre.

Ma torniamo alla rete: io non so se Google stia o meno diventando inaffidabile, se soffra di un momentaneo squilibrio di crescita o se sia avviato alla decadenza per gigantismo sulla falsariga dell'Impero Romano.
Credo però che il fatto di dover ragionare sulla qualità dei contenuti che ci vengono sottoposti, e quindi di imparare (o re-imparare) a distinguere tra verità e corbellerie, tra interventi originali e idee bizzarre e astruse, non possa che fare del bene agli utenti ed in ultima analisi anche alla rete stessa.
Se oggi il concetto stesso di "ricerca scolastica" si confonde con "ricerca su Google di una articolo copincollabile", allora la presenza in rete di tanta fuffa forse farà sì che lo studente di turno sia costretto a porsi il problema dell'attendibilità di ciò che copincolla; e così facendo sarà costretto a prendere conoscenza dell'argomento studiato.
Del pari, chi sarà riuscito a costruirsi una patente di credibilità, per aver scritto nel corso del tempo cose costantemente sensate e anche modestamente originali, dovrà per forza di cose vedere questa sua fatica premiata, acquisendo una credibilità maggiore rispetto a quella di chi si limita a tumblare ossessivamente cose altrui (che è una pratica non disdicevole, per carità; ma che certo non comporta un gran sacrificio di tempo e neuroni).

In conclusione: io non sono certo che Google stia diventando un bidone della pattumiera con dentro anche qualche portafogli smarrito; ma se così fosse, comunque la cosa non mi preoccupa perché confido che anche in futuro sarò in grado di distinguere i portafogli pieni dalla carta del formaggio; e che coloro che adesso non lo sanno fare dovranno giocoforza imparare a farlo, e alla fine ne saranno contenti.

Casini

Si diceva un tempo che una persona normale a vent'anni non può che essere comunista (o fascista) e a quarant'anni non può che diventare democristiana.
Massima che aveva un suo senso compiuto, se solo rammento le facce e i discorsi di quei due tipi al liceo, l'uno dei quali rappresentava i "giovani socialdemocratici" e l'altro la "gioventù liberale".
Io, ad esser sincero, i quarant'anni li ho passati, e intimamente mi sento ancora comunista.

Però, ogni volta che vedo Casini e che lui non si mette a parlare di vita e d'aborto, accidenti, non riesco a far altro che dargli ragione.

domenica 13 dicembre 2009

Il Post sotto l'albero 2009

Ogni tanto penso che diventiamo adulti solo per per poter giocare seriamente, perché c’è un gusto tutto particolare nel fare i cialtroni in giacca e cravatta. E’ per quello che ogni anno inizia un minuetto fatto di inviti, di solleciti, di sms, di autocandidature, di c’è-ancora-posto e quando-è-la-scadenza-per-la-consegna, di suppliche e lamentele e tutto il resto: per mettere insieme questa cosa che – forse – avrete il coraggio e la tempra di leggere fino in fondo. E’ un lavoraccio, che però vale la pena fare, vale la pena mettere in piedi un teatrino che coinvolge decine di trenta-quaranta-cinquantenni se in una sera di dicembre arriva una mail che dice “grazie per avermi fatto scrivere dopo dieci anni”. Il PslA è un regalo di regali, si fa il proprio e se ne ricevono molti altri in cambio: quando lo si riceve si sorride, si fa un inchino, gli si dà un’occhiata: a volte lo si legge, a volte no, a volte lo si ricicla e lo si fa avere al vicino noioso o all’amica con la quale si vuole fare bella figura. Il PslA ha una sola, vera, grande dote: è gratuito; e in tempi di crisi, buttala via.
Quella qui sopra è la prefazione di Sir Squonk al Post sotto l'Albero (o PslA) 2009.
Che è una cosa da blogger, fatta da blogger, letta da blogger e che non ha alcun senso fuori dal mondo dei blogger, in teoria: e quindi parlarne qui non dovrebbe avere del pari alcun senso, dato che ci conosciamo ormai tutti a menadito e tutti sappiamo che il PslA è uscito, anche quest'anno.
Però questa è la teoria, mentre la pratica dice che il PslA è una gran bella cosa, che riesce a sposare lo spirito natalizio del donare qualcosa con la pulsione all'autoaffermazione che sotto sotto cova in chiunque si prenda la briga di mettere in piazza i propri pensieri. E, sarà perché è Natale, sarà perché l'artefice è una persona buona, sarà perché qualcuno sa scrivere proprio bene e chi non sa scrivere comunque si è sforzato: insomma, questo matrimonio partorisce qualcosa a cui voler bene anche prima di aver iniziato a leggerlo.
Qui trovate il Post sotto l'Albero 2009. C'è anche un pezzo che ho scritto io, lungo perché purtropo io so scrivere solo così, e che spero non annoierà troppo il lettore di passaggio.

lunedì 7 dicembre 2009

Metriche trascendentali

Della bizzarra banda di elboniani cui hanno affidato il doppiaggio italiano di West Wing abbiamo detto abbastanza. a volte perfino abbiamo esagerato, addossando a loro colpe che in effetti sono solo il portato del nostro culturame borghese: come nel pippone a suo tempo affastellato per spiegare come si ordina un Martini degno di questo nome.

Qui, però, la cosa è differente. Il Presidente degli Stati Uniti viene eletto per quattro anni. Lo sanno anche i sassi. Lo sanno le troie, lo sanno i lenoni i cazzi lo sanno, lo sanno i coglioni!*. Lo sa anche chi ha creato la serie, dato che la campagna per rielezione avviene, to', proprio alla quarta serie annuale, il che dovrà pur avere un senso, o no?

E allora, razza di elboniani, come diavolo vi è venuto in mente di doppiare «Four more years! Four more years!» con «Altri otto anni! Altri otto anni»?

*trattasi di citazione colta, beninteso.

sabato 5 dicembre 2009

Serie TV

Di certo Jed Bartlet, con la sua infinita cultura, conosce bene la Lettre à M. C*** sur l'unité de temps et de lieu dans la tragedie.
Non mi stupirei che la conoscesse anche Aaron Sorkin, per quanto non ne sia certo.

La Lettre tuttavia è molto importante per capire perché sia sbagliato considerare le serie televisive come materiale di serie B, buone al più per il facile sollazzo di qualche casalinga frustrata o di una classe di impiegati priva degli strumenti culturali per un intrattenimento più alto e troppo pigra per andare al cinema.
Dopo tanti anni di immaginario visivo, abbiamo perso l'innocenza, quella che ci faceva restare a bocca aperta davanti alla mummia della mamma di Norman: ormai ci servono personaggi veri, con le sfumature, le incertezze e le testardaggini di tutti noi. anzi, meglio: vogliamo persone, e non più personaggi.
Non vogliamo più racconti, ma romanzi: pretendiamo i romanzi di Dumas, di Hugo: ma senza la voglia e la pazienza per leggerli. Il cinema, le due o le tre ore del cinema, sono il racconto; le serie sono i romanzi d'oggi: e questo è il motivo per cui avranno sempre più autorevolezza, negli anni che verranno.

Appendice

Io non so se quei due occhi troppo espressivi che parlavano un accento del sud leggano queste pagine, ma forse è arrivato il momento di chiedere loro scusa per ciò che ho fatto, e per ciò che non ho fatto.

Anniversari

Proprio in questi giorni sono trent'anni giusti che mi innamoro. Mi era capitato anche alle medie e persino alle elementari di avere una qualche attrazione per una compagna di classe, e magari di desiderare di sposarla: ma l'innamoramento, quello fisico che comporta tutte quelle implicazioni che oggi do per scontate, lo sperimentai per la prima volta trent'anni fa.
Sono certo della data perché era il 1979: facevo la prima; sono anche certo del mese, vale a dire a metà tra novembre e dicembre, dato che quello è il periodo in cui si fanno le occupazioni: a gennaio infatti si avvicinava la fine del quadrimestre, e c'erano altre priorità che salvare il mondo.
Io ero un ragazzino un po' timido e di nessuna esperienza, e partecipavo a una cosa più grande di me (credo, ricostruendo a posteriori, che c'entrasse il ministro Valitutti quale causa efficiente: di certo non avevo idea del perché fosse giusto o sbagliato ciò che propugnava, e non mi interessava).
Lei si chiamava Caterina: era bionda, aveva i capelli corti, molto magra e dalla pelle molto chiara, un naso un po' aquilino e degli occhi azzurro-verdi, penetranti. Portava una giacca di renna, con le frange, un saffi (o come diavolo si chiamava, quella roba che portavano tutte, al tempo). Col senno di poi potrei dire che era emaciata e che non aveva scelto un buon deodorante: ma quando lei durante un collettivo si sdraiò sulle mie ginocchia, e cominciò ad accarezzarmi, non ci feci caso.
Mi innamorai, perdutamente come ci si innamora a quattordici anni: e la cosa durò settimane, benché lei già dopo un paio di giorni avesse smesso di sdraiarmisi in grembo e di accarezzarmi.
Con il tempo mi innamorai in un'infinità di modi: m'innamorai di un paio di occhi bistrati e di un nasino lentigginoso; di due labbra rosse e carnose sotto due zigomi pieni; della posizione un po' reclinata di una testa e di un sorriso imbronciato; di una posizione yoga su di una spiaggia greca; di due occhi troppo espressivi che parlavano un accento del sud; di una caricatura di Marilyn Monroe; di un profumo maschile sotto una cascata di ricci neri e di un'infinità di altre cose prive di senso, come privo di senso è in fondo l'innamorarsi.
Alcuni, di questi innamoramenti, sono stati ricambiati, per un giorno o per anni; altri si sono esauriti per consunzione, non ricevendo sufficiente alimento. Col tempo ho imparato a riconoscere i sintomi, a prevenire le situazioni più assurdamente strampalate limitandomi a cascare in quelle semplicemente strampalate.
E ho imparato anche ad essere duro fuori, sapendo che non avrei mai potuto esserlo dentro: a fingere, a dissimulare, a fare agli altri quel che non avrei voluto avessero fatto a me.

Sono passati trent'anni. La differenza rispetto ad allora è che oggi so scegliere quando ne valga la pena e quando no: ma quando ne vale la pena, abbasso tutti gli scudi e torno quel ragazzino nell'aula magna, con il piumino rosso e il cuore che batteva forte.