Nello stesso articolo:
«forse antrace»
«allerta antrace»
«All'interno c'era della polvere, probabilmente antrace»
«Sono in corso verifiche per accertare con esattezza se si tratti di antrace»
«Non sembrava né borotalco né farina»
Il tutto a ridosso del carnevale. Ai miei tempi si comperavano le fialette puzzolenti e la polvere pruriginosa, a carnevale.
lunedì 31 gennaio 2011
Fact cieching
«Prendi i batteri e mettili in un videogioco con tanto di joystick per il controllo. L' idea è venuta ai ricercatori di Stanford che con batteri unicellulari hanno creato otto videogiochi molto semplici, del genere in voga negli anni Ottanta. I «giochi biotici», come li chiamano loro, permettono agli individui, ricercatori e non, di interagire realmente con gli organismi viventi attraverso la gestione di processi biologici. Come funzionano? I parameci (protozoi molto usati in biologia) nuotano in una camera liquida sulla quale è puntata una videocamera che invia le immagini a un monitor. Qui, sullo schermo, le immagini dei microrganismi in movimento vengono unite alla tecnologia. Un microprocessore segue il movimento dei parameci e mantiene il punteggio.»Questo articolo comparso sul Corriere, e che io riproduco anche se sotto c'è scritto "riproduzione riservata" merita di spendere dieci minuti dell'intervallo per il pranzo.
In primo luogo, perché quanto a senso generale non si capisce un cazzo, ma proprio un cazzo un cazzo un cazzo.
Poi per il fatto che ci sono delle espressioni che sembrano fatte apposta per stupire il lettore, e che invece gli fanno cascare le palle. Le immagini che vengono unite alla tecnologia, ad esempio: mi piacerebbe che l'autrice mi spiegasse sotto l'effetto di quali funghi allucinogeni si riesca ad unire immagini e tecnologia, e darmi una rappresentazione anche sommaria di quale aborto venga fuori. Quanto al microprocessore che segue il movimento e mantiene il punteggio, dev'essere un po' come faceva Filini a casa del Cavalier Conte Diego Catellani: e pertanto siamo certi che Motorola avrà prodotto un chip con le lenti spesse.
A parte ciò, è interessante notare che i parameci sono, come la stessa autrice del pezzo riferisce, dei protozoi*; e i protozoi sono degli organismi unicellulari eucarioti laddove, di contro, i batteri sono organismi procarioti.
Eucarioti e Procarioti sono un po' come interisti e milanisti: o si è l'uno o si è l'altro: non è come, chessò, Milan e Palermo, che uno le può tifare entrambe salvo che nello scontro diretto. O sei eucariota o sei procariota, non ci son cazzi. E quindi se sei un paramecio, non sei un batterio, rassegnati.
Chissenefrega, direte voi. Ma se una giornalista ha la laurea in chimica e il master in comunicazione scientifica, la differenza dovrebbe conoscerla. Salvo che non si sia confusa per aver mangiato troppe arance anticancro.
* che poi anche la classificazione dei Protozoi è roba superata: ma passi, non facciamo la punta agli stronzi.
Poi non dite che non vi avevo avvertito
«Contrariamente alle ipotesi della vigilia, la consigliera del Pdl non si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Assistita dall'avvocato Daria Pesce, ha risposto a tutte le domande dei pm della procura»
Contrariamente alle ipotesi della vigilia?!?
Contrariamente alle ipotesi della vigilia?!?
domenica 30 gennaio 2011
L'Apocalisse
Dato che il prossimo 2 febbraio finiranno tutti gli indirizzi internet, volevo portarmi avanti e salutare gli amici.
Mi sta un po' sul cazzo il fatto che accadrà alle 4 del mattino, dato che io sono un tipo che non può fare a meno delle sue otto ore di sonno: vorrà dire che mi perderò lo spettacolo.
Del resto non si può essere sempre fortunati, come l'altra volta che è finito il mondo: rammentate? aerei caduti, treni deragliati, navi affondate. Era una decina di anni fa, e successe a mezzanotte: ma io non ero ancora andato a dormire dato che era capodanno.
Mi sta un po' sul cazzo il fatto che accadrà alle 4 del mattino, dato che io sono un tipo che non può fare a meno delle sue otto ore di sonno: vorrà dire che mi perderò lo spettacolo.
Del resto non si può essere sempre fortunati, come l'altra volta che è finito il mondo: rammentate? aerei caduti, treni deragliati, navi affondate. Era una decina di anni fa, e successe a mezzanotte: ma io non ero ancora andato a dormire dato che era capodanno.
sabato 29 gennaio 2011
Metilparaben, esci da quel corpo!
L'Innominabile ha scritto l'ennesima lettera. oramai non fa nemmeno finda di dare un senso alle sue lettere: si limita a buttar giù sostantivi, aggettivi e avverbi, rispettando con cura le regole della sintassi. Ogni tanto butta lì anche il nome di qualche sconosciuto che ha scritto un libro, o qualche località d'Italia più o meno sperduta.
giovedì 27 gennaio 2011
La svolta?
Qualche giorno fa, commentando gli articoli di Colaprico e d'Avanzo, avevo segnalato una notevole inesattezza. I due cronisti di Repubblica infatti avevano fatto una confusione tra i due commi dell'art. 600-bis c.p.
Il secondo, per il quale è indagato Berlusconi, punisce gli atti sessuali con prostitute minorenni mentre il primo, per il quale è indagata la Minetti, punisce l'induzione alla prostituzione di una minorenne.
Per reato di cui al secondo comma non si applica, contrariamente a quanto riportato da Rep., l'art. 4-bis dell'Ordinamento penitenziario, che limita la concessione di benefici (affidamento in prova ai servizi sociali, semilibertà, lavoro all'esterno etc.) ai soli detenuti che collaborino con la giustizia. Qualora per avventura Berlusconi fosse condannato (e la pena non potrebbe essere superiore a tre anni) quindi non si farebbe comunque un giorno di galera.
Da quanto emerge nel nuovo giro di intercettazioni, tuttavia, si sta delineando una situazione che rischia, questa volta sì, di essere assai pericolosa per il PresConsMin. Nicole Minetti, infatti, è indagata proprio ai sensi dell'art. 600-bis comma primo, che prevede una pena da sei a dodici anni. La Minetti avrà tanti difetti, ma non è certo scema, e a quanto pare ha perfettamente capito che, quand'anche fosse condannata con tutte le possibili attenuanti, rischia davvero di farsi un bel periodo di galera, stante la lettera della legge. Salvo che non collabori con i magistrati.
E se la Minetti decidesse di cominciare a vuotare il sacco, credo proprio che di pistole fumanti ed esplodenti ne verrebbero fuori a iosa; e chissà che non possano venire in ballo rivelazioni anche sui dodici e passa chili di cocaina che, di riffa o di raffa, sembrano pure riconducibili al suo entourage.
Insomma: la cosa si sta facendo molto molto seria per B.: e certo non l'ha tranquillizzato il fatto che la Minetti non sia intervenuta alla riunione che, sempre secondo le ultime intercettazioni, sarebbe stata convocata ad Arcore dopo l'invio del primo faldone alla Camera. Ciò, fra l'altro potrebbe spiegare anche l'assurda telefonata fatta a Gad Lerner: che voleva essere una difesa della pupilla ma che, dati i toni e il coinvolgimento emotivo di Berlusconi, ha avuto un effetto del tutto controproducente.
Il secondo, per il quale è indagato Berlusconi, punisce gli atti sessuali con prostitute minorenni mentre il primo, per il quale è indagata la Minetti, punisce l'induzione alla prostituzione di una minorenne.
Per reato di cui al secondo comma non si applica, contrariamente a quanto riportato da Rep., l'art. 4-bis dell'Ordinamento penitenziario, che limita la concessione di benefici (affidamento in prova ai servizi sociali, semilibertà, lavoro all'esterno etc.) ai soli detenuti che collaborino con la giustizia. Qualora per avventura Berlusconi fosse condannato (e la pena non potrebbe essere superiore a tre anni) quindi non si farebbe comunque un giorno di galera.
Da quanto emerge nel nuovo giro di intercettazioni, tuttavia, si sta delineando una situazione che rischia, questa volta sì, di essere assai pericolosa per il PresConsMin. Nicole Minetti, infatti, è indagata proprio ai sensi dell'art. 600-bis comma primo, che prevede una pena da sei a dodici anni. La Minetti avrà tanti difetti, ma non è certo scema, e a quanto pare ha perfettamente capito che, quand'anche fosse condannata con tutte le possibili attenuanti, rischia davvero di farsi un bel periodo di galera, stante la lettera della legge. Salvo che non collabori con i magistrati.
E se la Minetti decidesse di cominciare a vuotare il sacco, credo proprio che di pistole fumanti ed esplodenti ne verrebbero fuori a iosa; e chissà che non possano venire in ballo rivelazioni anche sui dodici e passa chili di cocaina che, di riffa o di raffa, sembrano pure riconducibili al suo entourage.
Insomma: la cosa si sta facendo molto molto seria per B.: e certo non l'ha tranquillizzato il fatto che la Minetti non sia intervenuta alla riunione che, sempre secondo le ultime intercettazioni, sarebbe stata convocata ad Arcore dopo l'invio del primo faldone alla Camera. Ciò, fra l'altro potrebbe spiegare anche l'assurda telefonata fatta a Gad Lerner: che voleva essere una difesa della pupilla ma che, dati i toni e il coinvolgimento emotivo di Berlusconi, ha avuto un effetto del tutto controproducente.
mercoledì 26 gennaio 2011
La coerenza delle proprie idee
Vero è che Pippo Civati e Matteo Renzi da un po' di tempo non vanno più d'amore e d'accordo come quando sembravano due gemelli siamesi dietro allo stesso Mac; ma ciascuno di noi ricorda quei giorni felici, con i due rottamatori che sembravano dover diventare l'uno il presidente e l'alto il segretario del Partito Democratico; e dato che andavano così d'accordo l'un con l'altro, eravamo tutti certi che per non farsi reciprocamente torto si sarebbero scambiati i ruoli a giorni alterni.
Triste ricordare il tempo felice nella miseria: ma noi abbiamo memoria lunga.
Ricordiamo bene, ad esempio, che quando Matteo Renzi vinse le primarie a Firenze lo fece con l'appoggio determinante degli elettori di centrodestra: e non fu un caso, bensì una scelta programmatica.
Non rammentiamo, invece, che allora il giovane Civati si sia scagliato contro colui che presto sarebbe divenuto suo sodale; forse la nostra memoria è corta, ma consideriamo più probabile che in effetti egli non si sia proprio scagliato per nulla.
Ed è per questo che oggi, leggendo quel che Civati ha scritto sul Post a proposito di Cozzolino, abbiamo fatto qualche riflessione tra noi e noi; e ci siamo riconfermati nella nostra impressione: che questo Civati sia un gran cialtrone.
Triste ricordare il tempo felice nella miseria: ma noi abbiamo memoria lunga.
Ricordiamo bene, ad esempio, che quando Matteo Renzi vinse le primarie a Firenze lo fece con l'appoggio determinante degli elettori di centrodestra: e non fu un caso, bensì una scelta programmatica.
Non rammentiamo, invece, che allora il giovane Civati si sia scagliato contro colui che presto sarebbe divenuto suo sodale; forse la nostra memoria è corta, ma consideriamo più probabile che in effetti egli non si sia proprio scagliato per nulla.
Ed è per questo che oggi, leggendo quel che Civati ha scritto sul Post a proposito di Cozzolino, abbiamo fatto qualche riflessione tra noi e noi; e ci siamo riconfermati nella nostra impressione: che questo Civati sia un gran cialtrone.
martedì 25 gennaio 2011
Consolazioni
Una delle più gran consolazioni di questa vita è l'amicizia; e una delle consolazioni dell'amicizia è quell'avere a cui narrare un fatto curioso o condividere un sondaggio.
Quanto a fatti curiosi, al tempo d'oggi ne accadono ogni giorno: e perfino quando, certo non tra molto, il pivello dovesse precarizzarsi, pivellizzando così la precaria resa inamovibile dalla sindrome di Tourette che l'affligge e dal buon cuore del signor Ferruccio, siamo certi che le cronache politiche ci darebbero comunque spunti d'interesse.
Quanto al condividere un sondaggio, è da tempo che in ufficio ci facciamo scrupolo di rispondere a quelli proposti da Il Giornale: sono infatti pezzi graziosissimi nella loro costruzione, direttamente mediata dal famoso motto fordista "chiedetela del colore che preferite, purché sia nero" o dal più prosaico "sei scemo o mangi i sassi?".
Penso di far cosa gradita a condividerne un paio con voi, giusto per farvi ammirare lo stile della casa.
Quanto a fatti curiosi, al tempo d'oggi ne accadono ogni giorno: e perfino quando, certo non tra molto, il pivello dovesse precarizzarsi, pivellizzando così la precaria resa inamovibile dalla sindrome di Tourette che l'affligge e dal buon cuore del signor Ferruccio, siamo certi che le cronache politiche ci darebbero comunque spunti d'interesse.
Quanto al condividere un sondaggio, è da tempo che in ufficio ci facciamo scrupolo di rispondere a quelli proposti da Il Giornale: sono infatti pezzi graziosissimi nella loro costruzione, direttamente mediata dal famoso motto fordista "chiedetela del colore che preferite, purché sia nero" o dal più prosaico "sei scemo o mangi i sassi?".
Penso di far cosa gradita a condividerne un paio con voi, giusto per farvi ammirare lo stile della casa.
Il quizzone di NNSA /2
Se si va avanti così tra poco a casa nostra comanderanno loro e si faranno le leggi che vogliono.E qualcuno - aggiunge - pensa pure di dargli il voto
Pure i cinesi erano in coda. Se c´è una sola ombra, meglio intervenire subito
La bandiera cinese su Via Sarpi è una sfida che raccoglieremo: mai più bandiere etniche straniere sul sacro suolo della nostra patria
Il candidato, senza rivolgersi al Grande Oracolo della Rete, attribuisca ciascuna dichiarazione al politico che la ha pronunciata.
Prolegomeni sulla superiorità del metodo deduttivo in politologia
(premessa maggiore) - Tutte le volte che d'Avanzo ha scritto un decalogo B. l'ha sfangata in scioltezza;
(premessa minore) - Anche questa volta d'Avanzo ha scritto un decalogo;
(conclusione) - Anche questa volta B. la sfangherà in scioltezza.
(premessa minore) - Anche questa volta d'Avanzo ha scritto un decalogo;
(conclusione) - Anche questa volta B. la sfangherà in scioltezza.
lunedì 24 gennaio 2011
Uccidete la democrazia!
Come tutti ben ricordano, nel 2006 la coalizione guidata da Romano Prodi vinse le elezioni, ma giusto di un pelo: al punto che la maggioranza in Senato era garantita da una graziosa signora allora non ancora centenaria.
Poco tempo dopo, Enrico Deaglio (giornalista per molti versi non disprezzabile) si laciò cascare in una delle più ridicole bufale che la storia del nostro giornalismo rammenti: quella secondo cui il voto sarebbe stato falsificato da sistematici brogli compiuti attribuendo alla coalizione di destra molte delle schede lasciate bianche*.
Molti elettori dell'Unione (o come diavolo si chiamava) credettero in quella fola: rammento una sera in cui cercavo di spiegare a una tavolata di una quindicina di conoscenti che la ricostruzione era una colossale minchiata: ma costoro, tutta gente di livello, credevano a Deaglio e non a me: non solo perché lui era lui e io non ero un cazzo, ma soprattutto perché «Berlusconi sarebbe capace di tutto pur di mettercelo in culo».
Attorno a quella stessa tavola si è parlato molto di primarie: e non ho mai mancato di rappresentare il mio disprezzo per un sistema che consente a quelli che pensano nero di scegliere il campione di chi pensa bianco: un po' come se l'amministratore del mio condominio potesse essere scelto da chi un un determinato giorno va a fare la spesa all'Esselunga vicino casa. Mi fu replicato, varie volte, che quando si vota alle primarie "si sottoscrive un documento con cui si attesta la propria adesione agli ideali del PD". E 'STI CAZZI!
Le stesse persone che ritenevano Berlusconi capace di porre in essere una colossale truffa informatica per falsificare il risultato del voto politico, malgrado tutti i complessi controlli che comporta la macchina elettorale e che coinvolgono polizia, carabinieri, Tribunali, Corti d'Appello, Cassazione e Ministero dell'Interno; quelle stesse persone riescono impunemente a credere che la firma di un pezzo di carta igienica sia sufficiente a garantire la regolarità di un voto che non viene controllato da quel fottio di apparato, basandosi invece su di un'organizzazione talmente flebile** da aver molto da invidiare, quanto a sicurezza, alla punzonatura dei partecipanti alla Coppa Cobram.
Bene: oggi il PD si risveglia e scopre che ci sono persone brutte e cattive che si approfittano di quel meccanismo del cazzo: e si stupisce. Mi piacerebbe irridere, ma dato che oggi mi sento buono darò invece ai suoi dirigenti qualche utile consiglio, frutto della mia ultraquarantennale esperienza in questo mondo, che ho scoperto non essere perfetto fin da quando alcuni compagni di classe mi hanno rubato le figurine Panini (si vede che Veltroni era raccomandato, e non gliele toccavano mai):
* se andate in stazione, sarebbe meglio tenere la valigia vicino a voi invece di lasciarla in un cantuccio mentre andate al ristoro per un panino;
* quando parcheggiate l'automobile in istrada, non lasciate le chiavi nel quadro: stanno meglio nella vostra tasca;
* è Ferragosto e voi, che abitate al primo piano, andate in vacanza per una settimana: sarebbe opportuno chiudere le finestre e bloccare le tapparelle, specie delle finestre che danno sul cortile;
* siete proprio sicuri che quel signore venuto a casa vostra per verificare se le banconote che avete nel cassetto sono vere o false sia davvero un funzionario della Banca d'Italia?
* a supporto di tale strampalata tesi fu anche portata la dimostrazione di un informatico americano che diede una dimostrazione pratica di come oh!!!, somma sorpresa si possono cambiare dei dati in un database. Deaglio non fece il minimo sforzo per documentarsi, e questa è una irredimibile macchia sul suo curriculum: chiunque abbia fatto lo scrutatore o il segretario di seggio sa bene che i verbali sono cartacei; e per un giornalista degno di questo nome sarebbe bastato uno sguardo alla carta geografica per verificare che l'Italia non è l'America, ed è da idioti pensare che quel che si fa in America sia fatto, paro paro, in Italia.
Ma forse Deaglio aveva telefonato a Veltroni.
** Leggera: come il partito che l'ha inventata
Poco tempo dopo, Enrico Deaglio (giornalista per molti versi non disprezzabile) si laciò cascare in una delle più ridicole bufale che la storia del nostro giornalismo rammenti: quella secondo cui il voto sarebbe stato falsificato da sistematici brogli compiuti attribuendo alla coalizione di destra molte delle schede lasciate bianche*.
Molti elettori dell'Unione (o come diavolo si chiamava) credettero in quella fola: rammento una sera in cui cercavo di spiegare a una tavolata di una quindicina di conoscenti che la ricostruzione era una colossale minchiata: ma costoro, tutta gente di livello, credevano a Deaglio e non a me: non solo perché lui era lui e io non ero un cazzo, ma soprattutto perché «Berlusconi sarebbe capace di tutto pur di mettercelo in culo».
Attorno a quella stessa tavola si è parlato molto di primarie: e non ho mai mancato di rappresentare il mio disprezzo per un sistema che consente a quelli che pensano nero di scegliere il campione di chi pensa bianco: un po' come se l'amministratore del mio condominio potesse essere scelto da chi un un determinato giorno va a fare la spesa all'Esselunga vicino casa. Mi fu replicato, varie volte, che quando si vota alle primarie "si sottoscrive un documento con cui si attesta la propria adesione agli ideali del PD". E 'STI CAZZI!
Le stesse persone che ritenevano Berlusconi capace di porre in essere una colossale truffa informatica per falsificare il risultato del voto politico, malgrado tutti i complessi controlli che comporta la macchina elettorale e che coinvolgono polizia, carabinieri, Tribunali, Corti d'Appello, Cassazione e Ministero dell'Interno; quelle stesse persone riescono impunemente a credere che la firma di un pezzo di carta igienica sia sufficiente a garantire la regolarità di un voto che non viene controllato da quel fottio di apparato, basandosi invece su di un'organizzazione talmente flebile** da aver molto da invidiare, quanto a sicurezza, alla punzonatura dei partecipanti alla Coppa Cobram.
Bene: oggi il PD si risveglia e scopre che ci sono persone brutte e cattive che si approfittano di quel meccanismo del cazzo: e si stupisce. Mi piacerebbe irridere, ma dato che oggi mi sento buono darò invece ai suoi dirigenti qualche utile consiglio, frutto della mia ultraquarantennale esperienza in questo mondo, che ho scoperto non essere perfetto fin da quando alcuni compagni di classe mi hanno rubato le figurine Panini (si vede che Veltroni era raccomandato, e non gliele toccavano mai):
* se andate in stazione, sarebbe meglio tenere la valigia vicino a voi invece di lasciarla in un cantuccio mentre andate al ristoro per un panino;
* quando parcheggiate l'automobile in istrada, non lasciate le chiavi nel quadro: stanno meglio nella vostra tasca;
* è Ferragosto e voi, che abitate al primo piano, andate in vacanza per una settimana: sarebbe opportuno chiudere le finestre e bloccare le tapparelle, specie delle finestre che danno sul cortile;
* siete proprio sicuri che quel signore venuto a casa vostra per verificare se le banconote che avete nel cassetto sono vere o false sia davvero un funzionario della Banca d'Italia?
* a supporto di tale strampalata tesi fu anche portata la dimostrazione di un informatico americano che diede una dimostrazione pratica di come oh!!!, somma sorpresa si possono cambiare dei dati in un database. Deaglio non fece il minimo sforzo per documentarsi, e questa è una irredimibile macchia sul suo curriculum: chiunque abbia fatto lo scrutatore o il segretario di seggio sa bene che i verbali sono cartacei; e per un giornalista degno di questo nome sarebbe bastato uno sguardo alla carta geografica per verificare che l'Italia non è l'America, ed è da idioti pensare che quel che si fa in America sia fatto, paro paro, in Italia.
Ma forse Deaglio aveva telefonato a Veltroni.
** Leggera: come il partito che l'ha inventata
domenica 23 gennaio 2011
Primarie dei cachi
"Abbiamo avuto modo di verificare che in alcuni seggi a Scampia, a Barra e nel quartiere San Carlo all'Arena personaggi estranei al Partito democratico condizionano il voto portando a votare persone in cambio di banconote"Dunque, prima si inventano le primarie perché laggente, e bisogna essere vicini all'elettore, e il congresso è vecchiume, e il partito dev'essere leggero, e vorrei mica che il candidato lo scelga solo chi ha la tessere, e che democrazia sarebbe, e facciamole addirittura per legge, 'ste primarie.
Poi, guarda un po', a Napoli ti va a votare gente "estranea al Partito Democratico". E allora non è che uno si renda conto che la cagata è a prescindere, no. Si grida all'illecito, alla grave irregolarità.
Ma guarda un po': fai i gazebo perché ci possano andare cani e porci; e quando, oh! sorpresa, ti si appalesa qualche porco, ti stupisci. Sì, sto parlando proprio a te: cretino.
sabato 22 gennaio 2011
Roma per Toma
In questo post la prendo un po' alla lontana, visto che è sabato.
Come (pochi) sanno, qualche anno fa le banche e le società quotate hanno dovuto cominciare a redigere i bilanci secondo la nuova normativa IAS. In quel tempo io ero responsabile della conversione contabile al nuovo sistema, e dovetti affrontare, come si può ben immaginare, una certa qual serie di problemi.
Tra questi c'era il fatto che la banca per la quale lavoro doveva adeguarsi, in molte materie, alle specifiche della capogruppo: perché fino ad allora talvolta noi adottavamo certe soluzioni e loro delle altre, ma da lì in poi ciò non sarebbe più stato possibile.
In certi casi noi ritenevamo che le nostre soluzioni fossero le uniche possibili, alla luce delle disposizioni vigenti: e rammento perfettamente che in un'occasione il Gran Capo a Dodici Stelle Della Contabilità e Bilancio del Gruppo Bancario mi fece pervenire una nota nella quale illustrava, virgolettando gli articoli del Codice, come e qualmente avessimo torto.
Vedete, per fare il giurista uno deve conoscere il senso generale del Codice Civile, e sapere come trovare la norma che serve, quando serve; ma non è che si debbano conoscere tutti gli articoli a memoria. E quindi leggendo quei virgolettati, le prime volte impallidii e mi chiesi come fosse stato possibile che fino ad allora avessimo agito in un certo modo, dato che il Codice diceva esplicitamente che quello che facevamo era vietato.
Il fatto è che quel signore lì, nella sua nota, aveva riportato il testo degli articoli che ci interessavano, ma qua e là aveva aggiunto qualche avverbio, cambiato qualche congiunzione o addirittura mutato il soggetto.
E così l'art. 1194 c.c., che recita "Il debitore non può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli interessi e alle spese, senza il consenso del creditore." era divenuto, nel virgolettato del Gran Capo, "Il creditore non può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli interessi e alle spese."
E' da allora che mi faccio scrupolo, ogni volta che vedo dei virgolettati, di andare a verificare di persona.
Giovedi scorso l'iscritto all'Ordine dei giornalisti Marco Travaglio*, che notoriamente è sempre obiettivo e sincero, aveva incentrato il suo pistolotto sul fatto che "il Tribunale dei Ministri, per legge, giudica i reati dei ministri del Governo nell'esercizio delle funzioni e connessi all'interesse dello Stato" ma, purtroppo per lui, la parte che ho riportato in corsivo è una mera invenzione del noto imbrattacarte, dato che né la Costituzione, né alcuna altra legge né, infine, la giurisprudenza, riportano quel concetto. Diciamo che Travaglio ha voluto infiocchettare ad uso dei telespettatori: i quali, purtroppo per lui, spesso si abbeverano acriticamente a tale fonte del sapere.
Oggi poi Repubblica propone ai lettori un articolo nel quale spiega perché la Procura di Milano ha ragione, e Berlusconi torto, nell'affermare che la competenza per il reato di concussione del quale è accusato il PresConsMin sia del giudice ordinario e non già del cosiddetto "Tribunale dei Ministri". Secondo Repubblica, la sera del 27 maggio il Cavaliere avrebbe abusato della sua qualità (qualità, non funzione) di Presidente del Consiglio nell'intervenire sui funzionari della Questura: e pertanto il suo non sarebbe un reato "ministeriale" in quanto, sempre secondo il noto tabloid, ben due sentenze di Cassazione affermano che "i reati ministeriali sono solo quelli commessi dai ministri nell'esercizio delle loro funzioni".
Purtroppo le cose stanno in modo assai diverso da come pretenderebbero Travaglio e Repubblica, e ve lo vado a spiegare, se avete avuto la pazienza di giungere fin qui.
Secondo le due sentenze che cita Repubblica, "si è sempre affermato che con l'espressione "esercizio delle funzioni", il legislatore ha inteso far riferimento alla competenza funzionale dell'autore del fatto, sicché il rapporto di strumentale connessione sussiste tutte le volte in cui l'atto o la condotta siano comunque riferibili alla competenza funzionale del soggetto. Da ciò discende che, così come il nesso di mera occasionalità con l'esercizio delle funzioni non può essere equiparato ad un rapporto di oggettiva connessione, altrettanto arbitrario sarebbe arricchire quel rapporto di ulteriori elementi qualificanti, come l'abuso dei poteri o delle funzioni, o la violazione dei doveri di ufficio, non richiesti dalla legge, ne' suggeriti da una corretta interpretazione".
Insomma, vedete bene che, se proprio si vuol fare il campionato del tiramento di giacchette, tutti possono vincere il premio, dato che la Cassazione dice che il reato ministeriale deve essere semplicemente "connesso" alla competenza funzionale ma non necessariamente comportare l'"abuso" delle funzioni medesime: che è un po' una notte in cui tutti i gatti sono bigi, salvo che per i cronisti di Repubblica, che devono essere abituati alla logica binaria e non conoscono le sfumature di grigio (Travaglio non lo citiamo neppure, ché abbiamo fatto colazione da poco).
Siamo quindi daccapo, ad affermare che non vi sono certezze e che quindi Ghedini può aver ragione ma anche torto? No.
No perché, e questo è il punto qualificante, l'accusa mossa dalla Procura nei confronti di Berlusconi non è di corruzione, come nei due casi segnalati, bensì di concussione. La corruzione è un reato che può essere commesso da qualunque privato cittadino e quindi può benissimo essere compiuta da una persona che rivesta per qualche motivo la qualifica di pubblico ufficiale, ma senza alcuna connessione con tale sua qualità.
La concussione invece è un reato proprio, che è necessariamente connesso con la qualifica di Pubblico Ufficiale: e quindi se questa è l'accusa, automaticamente ne discende la connessione e, di conseguenza, in base alle sentenze richiamate, l'attrazione della competenza in capo al "Tribunale dei Ministri".
Ci si potrebbe chiedere allora perché la Procura, che certo qualche ragionamento deve averlo fatto al riguardo, abbia formulato l'accusa di concussione anziché corruzione: in tal modo si sarebbe potuto dire che B. agì quale privato cittadino, con buona pace della competenza del giudice ordinario. Ma ciò non era possibile, in quanto per la corruzione occorre che il corruttore dia o prometta qualcosa, il che non fu; mentre per aversi concussione basta che il concussore, forte del suo ruolo, incuta timore nel concusso.
* francamente non me la sento di definirlo "giornalista", dato che ne conosco qualcuno che sa fare quel mestiere con etica professionale
Come (pochi) sanno, qualche anno fa le banche e le società quotate hanno dovuto cominciare a redigere i bilanci secondo la nuova normativa IAS. In quel tempo io ero responsabile della conversione contabile al nuovo sistema, e dovetti affrontare, come si può ben immaginare, una certa qual serie di problemi.
Tra questi c'era il fatto che la banca per la quale lavoro doveva adeguarsi, in molte materie, alle specifiche della capogruppo: perché fino ad allora talvolta noi adottavamo certe soluzioni e loro delle altre, ma da lì in poi ciò non sarebbe più stato possibile.
In certi casi noi ritenevamo che le nostre soluzioni fossero le uniche possibili, alla luce delle disposizioni vigenti: e rammento perfettamente che in un'occasione il Gran Capo a Dodici Stelle Della Contabilità e Bilancio del Gruppo Bancario mi fece pervenire una nota nella quale illustrava, virgolettando gli articoli del Codice, come e qualmente avessimo torto.
Vedete, per fare il giurista uno deve conoscere il senso generale del Codice Civile, e sapere come trovare la norma che serve, quando serve; ma non è che si debbano conoscere tutti gli articoli a memoria. E quindi leggendo quei virgolettati, le prime volte impallidii e mi chiesi come fosse stato possibile che fino ad allora avessimo agito in un certo modo, dato che il Codice diceva esplicitamente che quello che facevamo era vietato.
Il fatto è che quel signore lì, nella sua nota, aveva riportato il testo degli articoli che ci interessavano, ma qua e là aveva aggiunto qualche avverbio, cambiato qualche congiunzione o addirittura mutato il soggetto.
E così l'art. 1194 c.c., che recita "Il debitore non può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli interessi e alle spese, senza il consenso del creditore." era divenuto, nel virgolettato del Gran Capo, "Il creditore non può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli interessi e alle spese."
E' da allora che mi faccio scrupolo, ogni volta che vedo dei virgolettati, di andare a verificare di persona.
Giovedi scorso l'iscritto all'Ordine dei giornalisti Marco Travaglio*, che notoriamente è sempre obiettivo e sincero, aveva incentrato il suo pistolotto sul fatto che "il Tribunale dei Ministri, per legge, giudica i reati dei ministri del Governo nell'esercizio delle funzioni e connessi all'interesse dello Stato" ma, purtroppo per lui, la parte che ho riportato in corsivo è una mera invenzione del noto imbrattacarte, dato che né la Costituzione, né alcuna altra legge né, infine, la giurisprudenza, riportano quel concetto. Diciamo che Travaglio ha voluto infiocchettare ad uso dei telespettatori: i quali, purtroppo per lui, spesso si abbeverano acriticamente a tale fonte del sapere.
Oggi poi Repubblica propone ai lettori un articolo nel quale spiega perché la Procura di Milano ha ragione, e Berlusconi torto, nell'affermare che la competenza per il reato di concussione del quale è accusato il PresConsMin sia del giudice ordinario e non già del cosiddetto "Tribunale dei Ministri". Secondo Repubblica, la sera del 27 maggio il Cavaliere avrebbe abusato della sua qualità (qualità, non funzione) di Presidente del Consiglio nell'intervenire sui funzionari della Questura: e pertanto il suo non sarebbe un reato "ministeriale" in quanto, sempre secondo il noto tabloid, ben due sentenze di Cassazione affermano che "i reati ministeriali sono solo quelli commessi dai ministri nell'esercizio delle loro funzioni".
Purtroppo le cose stanno in modo assai diverso da come pretenderebbero Travaglio e Repubblica, e ve lo vado a spiegare, se avete avuto la pazienza di giungere fin qui.
Secondo le due sentenze che cita Repubblica, "si è sempre affermato che con l'espressione "esercizio delle funzioni", il legislatore ha inteso far riferimento alla competenza funzionale dell'autore del fatto, sicché il rapporto di strumentale connessione sussiste tutte le volte in cui l'atto o la condotta siano comunque riferibili alla competenza funzionale del soggetto. Da ciò discende che, così come il nesso di mera occasionalità con l'esercizio delle funzioni non può essere equiparato ad un rapporto di oggettiva connessione, altrettanto arbitrario sarebbe arricchire quel rapporto di ulteriori elementi qualificanti, come l'abuso dei poteri o delle funzioni, o la violazione dei doveri di ufficio, non richiesti dalla legge, ne' suggeriti da una corretta interpretazione".
Insomma, vedete bene che, se proprio si vuol fare il campionato del tiramento di giacchette, tutti possono vincere il premio, dato che la Cassazione dice che il reato ministeriale deve essere semplicemente "connesso" alla competenza funzionale ma non necessariamente comportare l'"abuso" delle funzioni medesime: che è un po' una notte in cui tutti i gatti sono bigi, salvo che per i cronisti di Repubblica, che devono essere abituati alla logica binaria e non conoscono le sfumature di grigio (Travaglio non lo citiamo neppure, ché abbiamo fatto colazione da poco).
Siamo quindi daccapo, ad affermare che non vi sono certezze e che quindi Ghedini può aver ragione ma anche torto? No.
No perché, e questo è il punto qualificante, l'accusa mossa dalla Procura nei confronti di Berlusconi non è di corruzione, come nei due casi segnalati, bensì di concussione. La corruzione è un reato che può essere commesso da qualunque privato cittadino e quindi può benissimo essere compiuta da una persona che rivesta per qualche motivo la qualifica di pubblico ufficiale, ma senza alcuna connessione con tale sua qualità.
La concussione invece è un reato proprio, che è necessariamente connesso con la qualifica di Pubblico Ufficiale: e quindi se questa è l'accusa, automaticamente ne discende la connessione e, di conseguenza, in base alle sentenze richiamate, l'attrazione della competenza in capo al "Tribunale dei Ministri".
Ci si potrebbe chiedere allora perché la Procura, che certo qualche ragionamento deve averlo fatto al riguardo, abbia formulato l'accusa di concussione anziché corruzione: in tal modo si sarebbe potuto dire che B. agì quale privato cittadino, con buona pace della competenza del giudice ordinario. Ma ciò non era possibile, in quanto per la corruzione occorre che il corruttore dia o prometta qualcosa, il che non fu; mentre per aversi concussione basta che il concussore, forte del suo ruolo, incuta timore nel concusso.
* francamente non me la sento di definirlo "giornalista", dato che ne conosco qualcuno che sa fare quel mestiere con etica professionale
venerdì 21 gennaio 2011
Be bold
Ovvero: come stroncare uno scambio di mail arrivato al quarantesimo messaggio (il quale quarantesimo messaggio naturalmente riporta integralmente l'intero testo dei trentanove messaggi precedenti) ed avente l'unico scopo di fissare una noiosa riunione.
«Direi che prima di fissare la data dovremmo vedere se per allora potrò riuscire a fare il lavoro: e non posso sapere se vi riuscirò fino a quando non avrò ricevuto i dati, i quali dovranno essermi inviati da colui al quale debbo richiederli, cosa che non mi sarà possibile finché qualcuno di voi spettabili colleghi non avrà fatto lo sforzo di comunicarmene il nome.»
«Direi che prima di fissare la data dovremmo vedere se per allora potrò riuscire a fare il lavoro: e non posso sapere se vi riuscirò fino a quando non avrò ricevuto i dati, i quali dovranno essermi inviati da colui al quale debbo richiederli, cosa che non mi sarà possibile finché qualcuno di voi spettabili colleghi non avrà fatto lo sforzo di comunicarmene il nome.»
Un distaccato commento
Dato che Dagospia avanza l'ipotesi che a questo punto B. possa essere incriminato ai sensi dell'art. 600-ter c.p. (per aver organizzato spettacoli pornografici con minori), sono andato a leggermi il commentario, dove ho trovato questa simpatica notarella:
«In realtà, chiudendo un occhio sull'ormai commovente disinvoltura con cui il moderno legislatore conduce la sua annosa campagna nei confronti della sintassi elementare, per tacere del consolidato ostracismo alla tecnica di redazione delle fattispecie penali, l'ermeneutica suggerisce che anche alla fattispecie del delitto p.e p. dal primo co. siano bastevoli conoscenza e volontà degli elementi che la norma descrive»
«In realtà, chiudendo un occhio sull'ormai commovente disinvoltura con cui il moderno legislatore conduce la sua annosa campagna nei confronti della sintassi elementare, per tacere del consolidato ostracismo alla tecnica di redazione delle fattispecie penali, l'ermeneutica suggerisce che anche alla fattispecie del delitto p.e p. dal primo co. siano bastevoli conoscenza e volontà degli elementi che la norma descrive»
giovedì 20 gennaio 2011
Non si finisce ma d'imparare
Mi turbo scoprendo solo oggi che per consolidato orientamento giurisprudenziale l'ipoteca giudiziale iscritta in forza di decreto ingiuntivo opposto non è opponibile alla massa dei creditori se il fallimento viene dichiarato prima della definizione del giudizio di opposizione.
Dignità
Ieri ho ripreso, senza commenti, un comunicato delle donne del PD che blaterava* di dignità femminile e dimissioni del presidente del consiglio.
Per come l'ho letto io, quel comunicato pretendeva le dimissioni di B. sulla base di due motivi, equipotenti: (i) la mancanza di una sua etica pubblica e (ii) il suo disprezzo per le donne e la figura femminile.
Si tratta di una cazzata* talmente sesquipedale* che mi è venuto da chiedermi quale sia la compagnia* di giro* d'avanspettacolo* che scriva quei testi**: il malaffare di quasi vent'anni di berlusconismo viene messo sullo stesso piano, morale e politico, del fatto che B. vada a troie. Roba che dimostra una carenza di senso del ridicolo e di capacità di vedere al di là del proprio utero degne di una talpa isterectomizzata.
Altri amici socialcosisti non l'hanno vista nel mio stesso modo, ed è nato un interessante dibattito proprio sul tema della dignità femminile e del suo rapporto con quanto emerso in questi giorni: non sto a riassumerlo, anche perché non mi permetterei di sunteggiare e probabilmente travisare le opinioni altrui, e vi rimando al thread, che è pubblico.
Qui vorrei però sviluppare un pochino l'argomento: in fondo il blog è fatto proprio per esprimere opinioni un po' più meditate**** e svilupparle in uno spazio un po' maggiore: perché il mondo è complesso e non ci sta tutto in una pagina A4.
Uno dei riflessi condizionati che si portano dietro coloro che sono e perfino che sono stati di sinistra, specie se di una certa età, è che la donna è bella e giusta mentre l'uomo è brutto e malvagio. Certo, le cose non venivano dette proprio così, crudamente: c'erano i discorsi della debolezza sociale, dell'emancipazione, del lavoro di cura, dello sfruttamento domestico, della titolarità del reddito e delle decisioni di spesa e d'investimento; ma alla fine, scavando fino in fondo, il risultato era sempre che il maschio è uno stronzo, con la notevole eccezione dei compagni presenti, eccezione spiegata dal fatto che costoro, per loro fortuna erano "vicini all'universo femminile".
E quando abbiamo scoperto con stupore che c'era anche un fottìo di stronze, la cosa è stata liquidata con la spiegazione che si trattava di donne che inseguivano modelli maschili. Come vedete si tratta di un sistema totalmente autoreferenziale e tautologico, e perciostesso consistente: se l'attribuzione del genere ha luogo non sulla base di considerazioni anatomiche bensì di qualità etiche, è chiaro che poi esisterà una correlazione perfetta tra generi ed etiche, dato che sono due semi che esprimono il medesimo concetto.
Quel comunicato delle donne del PD, sempre secondo il mio punto di vista, è direttamente figlio di quell'ideologia: quella per cui tutto il mondo debba essere visto con il filtro polarizzante del genere cui si appartiene, purché tale genere sia quello con le puppe.
E invece le cose non stanno così: ci sono al mondo tanti stronzi e approfittatori quante stronze e approfittatrici: bisogna farsene una ragione e ammettere che la donna non è portatrice di qualità morali ed etiche più spiccate rispetto all'uomo; che l'etica è distribuita prescindendo dalle gonadi.
Una volta accettato questo punto di vista, possiamo accettare il fatto che con i suoi comportamenti B. non abbia mancato di rispetto alla dignità femminile, bensì alla dignità dell'uomo in genere e, se proprio vogliamo andare a spaccare il capello in quattro, più precisamente alla dignità maschile: dato che le azioni che venivano poste in essere dai vari B, Fede e Mora gettano discredito in primo luogo su loro stessi e, per estensione, sul genere cui essi appartengono.
Certo che anche le donne hanno buone ragioni per sentirsi offese ma, e questo è il punto, da chi sono state offese? L'offesa viene da chi sceglie tra venti manze, ne saggia le polpe con dito esperto e seleziona alla fine la sua compagna per la notte, esattamente come il bravo massaio che al mercato scruta l'occhio dei branzini per acquistare il più fresco e sodo? O non viene forse da chi ha scientemente deciso di partecipare a quello squallido mercato, ben sapendo che alla fine comunque ne sarebbe uscita con una busta più o meno gonfia?
Perché, e spero che chiunque abbia l'onestà intellettuale di ammetterlo, i branzini non hanno scelto loro di essere lì; le bianche tratte non avevano scelto loro di essere condotte avanti il sultano; ma le ragazze di Arcore non solo hanno scelto loro di percorrere quella strada; ma hanno anche combattuto contro delle rivali per arrivarvi.
Intendiamoci -ed è un punto che ci tengo a chiarire- io non ho alcun pregiudizio nei confronti di chi decide di vendere la propria fregna anziché le proprie braccia o la propria capacità di analisi. Credo che chiunque abbia diritto di scegliere se fare la puttana, l'operaia alla FIAT, l'attrice porno o la sistemista UNIX. Se c'è una cosa che imputo alle Arcorine non è di averla data via per danaro, bensì di essere andate a elemosinare di darla via. Per come la vedo io, se una decide di fare le marchette è solo un problema suo: in fondo, come dice Claudia Cardinale a Cheyenne, basta un bagno caldo per tornare come nuova, e certo è un mestiere più conveniente (e fors'anche meno defatigante) che stare in catena con due cacciaviti a vibrazione ad avvitare scocche.
L'operaia FIAT perde dignità a stare in lastratura? non credo proprio: e pertanto non ne perde la marchettara. Ma che dire, se l'operaia andasse a lavorare le sue otto ore e alla fine giornata si presentasse a Marchionne, con il cappello in mano, attendendo una busta nella quale potrebbero esserci 20, 50 o 100 euri? Ecco: la dignità sta proprio lì: nella differenza tra un corrispettivo e un'elemosina.
Fare un pompino per 50 euri, o assemblare un fanale per 1.300 euri al mese è una cosa. Fare un pompino o assemblare un fanale per farsi benvolere e sperare nella banconota di premio è un'altra cosa. Pretty Woman si regge tutto sulla scena dei tremila dollari: perché lei avrebbe sì accettato per 2000, ma ne intasca 3000: perché sta lavorando e ha contrattato la propria paga.
Lavare i vetri delle macchine in un autosalone è una cosa; lavare i vetri delle macchine ai semafori è un'altra cosa. Che può avere la dignità della sopravvivenza, se sei un polacco appena giunto in Italia all'inizio degli anni '90, e vuoi trovare un modo per mangiare senza rubare, ma che non è dignitoso né accettabile se invece il tuo progetto di vita è quello di conquistare quel semaforo e farne il tuo luogo lavoro per vent'anni. Umberto D. ci ha insegnato che chiedere l'elemosina nel momento dell'assoluto bisogno non solo non fa perdere, ma anzi fa guadagnare in dignità; chiedere l'elemosina perché non si ha tempo e voglia di andare a cercarsi un lavoro onesto è un'altra cosa.
E chiedere l'elemosina facendosi tastare il culo è, secondo il mio spassionato parere, un po' meno dignitoso che farlo lavando vetri agli incroci.
Se le cose stanno così (e per me stanno così), allora l'artefice della perdita di dignità dell'universo femminile non va cercato tanto nel Drago, come la stampa ha ribattezzato B., bensì in coloro che, in piena consapevolezza di ciò che stavano andando a fare, ha accettato di andare in quella casa e sottostare a quei rituali, non in forza di un accordo, bensì sperando nella magnanimità e generosità del potente.
Sono quelle ragazze che hanno gettato merda sulle donne, ed è ben comprensibile che altre donne, chiuse nel loro piccolo mondo fermo a quarant'anni fa, che non ammette che nella donna possa esserci un po' di male o perlomeno un po' di merda, non riescono ad accettare la realtà: e attribuiscono a Berlusconi la colpa non solo dei mali del Paese, ma anche dello schifo che provano nei confronti di quelle ragazze.
* qui non siamo su wikipedia, e questo è il _mio_ punto di vista. Nei commenti avete tutto il diritto di esprimere il vostro.
** fate pure conto che da qui in avanti sia tutto asteriscato, così allungo la vita della tastiera e risparmio entropia.
**** LOL
Per come l'ho letto io, quel comunicato pretendeva le dimissioni di B. sulla base di due motivi, equipotenti: (i) la mancanza di una sua etica pubblica e (ii) il suo disprezzo per le donne e la figura femminile.
Si tratta di una cazzata* talmente sesquipedale* che mi è venuto da chiedermi quale sia la compagnia* di giro* d'avanspettacolo* che scriva quei testi**: il malaffare di quasi vent'anni di berlusconismo viene messo sullo stesso piano, morale e politico, del fatto che B. vada a troie. Roba che dimostra una carenza di senso del ridicolo e di capacità di vedere al di là del proprio utero degne di una talpa isterectomizzata.
Altri amici socialcosisti non l'hanno vista nel mio stesso modo, ed è nato un interessante dibattito proprio sul tema della dignità femminile e del suo rapporto con quanto emerso in questi giorni: non sto a riassumerlo, anche perché non mi permetterei di sunteggiare e probabilmente travisare le opinioni altrui, e vi rimando al thread, che è pubblico.
Qui vorrei però sviluppare un pochino l'argomento: in fondo il blog è fatto proprio per esprimere opinioni un po' più meditate**** e svilupparle in uno spazio un po' maggiore: perché il mondo è complesso e non ci sta tutto in una pagina A4.
Uno dei riflessi condizionati che si portano dietro coloro che sono e perfino che sono stati di sinistra, specie se di una certa età, è che la donna è bella e giusta mentre l'uomo è brutto e malvagio. Certo, le cose non venivano dette proprio così, crudamente: c'erano i discorsi della debolezza sociale, dell'emancipazione, del lavoro di cura, dello sfruttamento domestico, della titolarità del reddito e delle decisioni di spesa e d'investimento; ma alla fine, scavando fino in fondo, il risultato era sempre che il maschio è uno stronzo, con la notevole eccezione dei compagni presenti, eccezione spiegata dal fatto che costoro, per loro fortuna erano "vicini all'universo femminile".
E quando abbiamo scoperto con stupore che c'era anche un fottìo di stronze, la cosa è stata liquidata con la spiegazione che si trattava di donne che inseguivano modelli maschili. Come vedete si tratta di un sistema totalmente autoreferenziale e tautologico, e perciostesso consistente: se l'attribuzione del genere ha luogo non sulla base di considerazioni anatomiche bensì di qualità etiche, è chiaro che poi esisterà una correlazione perfetta tra generi ed etiche, dato che sono due semi che esprimono il medesimo concetto.
Quel comunicato delle donne del PD, sempre secondo il mio punto di vista, è direttamente figlio di quell'ideologia: quella per cui tutto il mondo debba essere visto con il filtro polarizzante del genere cui si appartiene, purché tale genere sia quello con le puppe.
E invece le cose non stanno così: ci sono al mondo tanti stronzi e approfittatori quante stronze e approfittatrici: bisogna farsene una ragione e ammettere che la donna non è portatrice di qualità morali ed etiche più spiccate rispetto all'uomo; che l'etica è distribuita prescindendo dalle gonadi.
Una volta accettato questo punto di vista, possiamo accettare il fatto che con i suoi comportamenti B. non abbia mancato di rispetto alla dignità femminile, bensì alla dignità dell'uomo in genere e, se proprio vogliamo andare a spaccare il capello in quattro, più precisamente alla dignità maschile: dato che le azioni che venivano poste in essere dai vari B, Fede e Mora gettano discredito in primo luogo su loro stessi e, per estensione, sul genere cui essi appartengono.
Certo che anche le donne hanno buone ragioni per sentirsi offese ma, e questo è il punto, da chi sono state offese? L'offesa viene da chi sceglie tra venti manze, ne saggia le polpe con dito esperto e seleziona alla fine la sua compagna per la notte, esattamente come il bravo massaio che al mercato scruta l'occhio dei branzini per acquistare il più fresco e sodo? O non viene forse da chi ha scientemente deciso di partecipare a quello squallido mercato, ben sapendo che alla fine comunque ne sarebbe uscita con una busta più o meno gonfia?
Perché, e spero che chiunque abbia l'onestà intellettuale di ammetterlo, i branzini non hanno scelto loro di essere lì; le bianche tratte non avevano scelto loro di essere condotte avanti il sultano; ma le ragazze di Arcore non solo hanno scelto loro di percorrere quella strada; ma hanno anche combattuto contro delle rivali per arrivarvi.
Intendiamoci -ed è un punto che ci tengo a chiarire- io non ho alcun pregiudizio nei confronti di chi decide di vendere la propria fregna anziché le proprie braccia o la propria capacità di analisi. Credo che chiunque abbia diritto di scegliere se fare la puttana, l'operaia alla FIAT, l'attrice porno o la sistemista UNIX. Se c'è una cosa che imputo alle Arcorine non è di averla data via per danaro, bensì di essere andate a elemosinare di darla via. Per come la vedo io, se una decide di fare le marchette è solo un problema suo: in fondo, come dice Claudia Cardinale a Cheyenne, basta un bagno caldo per tornare come nuova, e certo è un mestiere più conveniente (e fors'anche meno defatigante) che stare in catena con due cacciaviti a vibrazione ad avvitare scocche.
L'operaia FIAT perde dignità a stare in lastratura? non credo proprio: e pertanto non ne perde la marchettara. Ma che dire, se l'operaia andasse a lavorare le sue otto ore e alla fine giornata si presentasse a Marchionne, con il cappello in mano, attendendo una busta nella quale potrebbero esserci 20, 50 o 100 euri? Ecco: la dignità sta proprio lì: nella differenza tra un corrispettivo e un'elemosina.
Fare un pompino per 50 euri, o assemblare un fanale per 1.300 euri al mese è una cosa. Fare un pompino o assemblare un fanale per farsi benvolere e sperare nella banconota di premio è un'altra cosa. Pretty Woman si regge tutto sulla scena dei tremila dollari: perché lei avrebbe sì accettato per 2000, ma ne intasca 3000: perché sta lavorando e ha contrattato la propria paga.
Lavare i vetri delle macchine in un autosalone è una cosa; lavare i vetri delle macchine ai semafori è un'altra cosa. Che può avere la dignità della sopravvivenza, se sei un polacco appena giunto in Italia all'inizio degli anni '90, e vuoi trovare un modo per mangiare senza rubare, ma che non è dignitoso né accettabile se invece il tuo progetto di vita è quello di conquistare quel semaforo e farne il tuo luogo lavoro per vent'anni. Umberto D. ci ha insegnato che chiedere l'elemosina nel momento dell'assoluto bisogno non solo non fa perdere, ma anzi fa guadagnare in dignità; chiedere l'elemosina perché non si ha tempo e voglia di andare a cercarsi un lavoro onesto è un'altra cosa.
E chiedere l'elemosina facendosi tastare il culo è, secondo il mio spassionato parere, un po' meno dignitoso che farlo lavando vetri agli incroci.
Se le cose stanno così (e per me stanno così), allora l'artefice della perdita di dignità dell'universo femminile non va cercato tanto nel Drago, come la stampa ha ribattezzato B., bensì in coloro che, in piena consapevolezza di ciò che stavano andando a fare, ha accettato di andare in quella casa e sottostare a quei rituali, non in forza di un accordo, bensì sperando nella magnanimità e generosità del potente.
Sono quelle ragazze che hanno gettato merda sulle donne, ed è ben comprensibile che altre donne, chiuse nel loro piccolo mondo fermo a quarant'anni fa, che non ammette che nella donna possa esserci un po' di male o perlomeno un po' di merda, non riescono ad accettare la realtà: e attribuiscono a Berlusconi la colpa non solo dei mali del Paese, ma anche dello schifo che provano nei confronti di quelle ragazze.
* qui non siamo su wikipedia, e questo è il _mio_ punto di vista. Nei commenti avete tutto il diritto di esprimere il vostro.
** fate pure conto che da qui in avanti sia tutto asteriscato, così allungo la vita della tastiera e risparmio entropia.
**** LOL
mercoledì 19 gennaio 2011
Finalmente la spallata definitiva
E ora Berlusconi non può che dimettersi! Fossi in Ghedini, comincerei a preparare le valigie.
«Il PD promuove oggi alle 17,30 un sit-in di mobilitazione davanti a Palazzo Chigi (lato Galleria Alberto Sordi) per esigere il rispetto della dignità femminile e le dimissioni del presidente del consiglio. Invitiamo tutte le donne e tutti gli uomini a mobilitarsi e a partecipare alla nostra azione di protesta per esprimere il dissenso verso un premier che non ha alcun rispetto dell’etica pubblica e dimostra il suo disprezzo per le donne, svilendo la figura femminile. Le donne non sono disposte ad accettarlo. Mentre le donne italiane studiano, lavorano, si impegnano per tenere in equilibrio impegni professionali e famiglia, il messaggio che Berlusconi propone alle nuove generazioni con il suo esempio è devastante. Le donne, le ragazze di questo Paese, sono invece talento, lavoro, fatica, bellezza, cuore, passione, dignità e serietà. Il premier ci deve rispettare.»(dal sito del piddì)
Note sparse sulle rogne del PresConsMin
Un po' tutti ormai sono in possesso di una copia del PDF contenente l'intera documentazione trasmessa alla Camera dalla Procura di Milano. Al di là del contenuto, a tratti spassoso e a tratti meno interessante dell'elenco del telefono di Latina, questo documento stimola anzitutto una domanda: da dove viene?
Ci sono, a quanto vedo leggendo qua e là, due correnti di pensiero: quella che pretende sia uscito dalla Procura e quella che, al contrario, vorrebbe che la pubblicazione sia un colpo di Ghedini per sputtanare la Procura stessa e invalidare tutto il procedimento.
A favore della prima versione, il fatto che il PDF sarebbe stato prodotto nel 2010 (ma tutti sappiamo che non è certo difficile modificare le proprietà di un file per fargli dire cose non vere); a favore della seconda il fatto che il file sia finito nella mani di Dagospia, che non è un classico canale della magistratura e che, al contrario, è assai più vicino al capo del Governo.
Probabilmente la verità non la sapremo mai, ma vale la pena di fare qualche riflessione, non foss'altro perché la ricerca di una risposta al quesito è l'occasione di sviluppare qualche ragionamento che potrebbe risultare di un qualche interesse.
Come spesso succede nella vita, le risposte semplici sono più attendibili di quelle complicate (non è certo un pensiero nuovo; e oggi mi sono anche fatto la barba): e pertanto proviamo a vedere il cui prodest?, espressione in latinorum che piace tanto ai legulei e che significa, banalmente, «chi se ne avvantaggia?»
Per capirlo, dobbiamo andare un po' a fondo nelle accuse sollevate nei confronti del PCM: vi racconto come la vedo, con la necessaria premessa che si tratta di idee buttate giù così, alla buona. Non è un parere legale che leggerete, insomma, bensì dei pensieri sviluppati in bicicletta.
Parliamo anzitutto del reato p. e p. dall'art. 600-bis c.2 e 81 cpv. (Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 5.164., continuato).
Per affermare la responsabilità penale del PCM bisogna provare tutte quanto segue, vale a dire che:
A) B. abbia fatto sesso (più volte, stante il richiamo all'81 cpv.) con la minorenne Ruby;
B) prima di far sesso, B. fosse consapevole della minore età di questa;
C) Ruby sia stata pagata;
D) prima di far sesso, B. fosse consapevole che Ruby era stata pagata o sarebbe stata pagata;
E) Ruby sia stata pagata per fare sesso.
Già la prima prova non è per nulla facile: è vero che ci sono un fottìo di intercettazioni che parlano di rapporti sessuali tra B. e Ruby, ma si tratta di conversazioni tra terzi, o al limite di Ruby con terzi. Non ci sono, né potranno mai esserci, in quanto inutilizzabili ai fini del procedimento stante la qualità di parlamentare del PCM, intercettazioni intercorse tra B. e Ruby.
Ora, io posso parlare per la categoria dei maschi ultraquarantenni assidui frequentatori di bar, ma credo che quanto vado ad affermare possa essere tranquillamente esteso alla femmine ventenni un po' mignotte, e sostengo che non c'è un solo dei miei amici che almeno una volta non si sia vantato di essersi scopato una che non gliel'ha data (come, del resto, non ce n'è uno solo che non abbia almeno una volta negato di essersi scopato un cesso che, invece, si era ingroppato di gusto). Pertanto quelle intercettazioni lasciano, tutto sommato, il tempo che trovano.
Quanto alla minore età di Ruby, è evidente che B. ne era consapevole a partire dalla notte in questura, ma anche qui è ben difficile raccogliere una prova schiacciante del fatto che lo fosse prima, quando cioè avrebbe fatto sesso.
Probabilmente attraverso ricostruzioni di movimenti bancari e intercettazioni non sarà difficile dimostrare che Ruby abbia ricevuto soldi, e si può anche pensare che sia sufficiente la prova di averli ricevuti da persone dipendenti da B. per affermare che questi li abbiano corrisposti su suo mandato o, perlomeno, che egli non poteva non sapere ma, attenzione, c'è quel maledetto punto E), che non è una ripetizone scappatami nella fretta.
Ruby, infatti, deve essere stata pagata da B. per fare sesso con lui. E dato che dalle intercettazioni risulta chiaramente che B. pagava tutte coloro che si fermavano a cena, e perfino quelle che schifate rimanevano sul divano, ecco dimostrato che quei soldi venivano dati per il tempo speso con lui, non per fare sesso. Ricordate quanto emerse con la storia della D'Addario? Le ragazze arrivavano a Palazzo Grazioli, cantavano con Apicella, vedevano i filmini e ascoltavano le barzellette. E ricevevano la busta. Certo, chi passava la notte riceveva una busta più grossa; ma passava anche più tempo; in ogni caso la condizione per ricevere la busta NON era quella di farsi toccare il culo.
Quand'anche le cose dovessero mettersi male, quindi, la difesa di B. avrà buon gioco nel dimostrare che B. pagava tutte; e quindi non pagava "per compiere atti sessuali". In altre parole: Ruby, di fatto, gliele dava gratis, o per riconoscenza, o per fascino, o per quello che volete voi.
Veniamo all'altro capo d'indagine, costituito dal 317 e 61 n.2 c.p. (Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. aggravato dalla circostanza di aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato).
Anzitutto, chiariamo che la figura di reato non dipende dal fatto che sussista il precedente reato di cui al 600-bis. Aver agito per occultare un altro reato è infatti un'aggravente, non un elemento costitutivo della concussione, che sussisterebbe anche qualora il rapporto tra B. e Ruby fosse riconosciuto del tutto lecito. Venendo alla figura di reato principale, vero è che la concussione è stata pensata per tutt'altra ipotesi (in poche parole, il pubblico funzionario che pretende la mazzetta per darti la concessione) ma, pur stiracchiando un po' la lettera del codice, il reato ci potrebbe anche stare.
C'è però un ma grande come una casa: il fatto che la concussione è un reato proprio: vale a dire un reato che può essere commesso solo da un pubblico ufficiale, non da un privato.
La qualità di pubblico ufficiale non è un marchio che uno si porta addosso: vige tempo per tempo. Il finanziere che entra in un negozio in divisa, sfoglia i registri contabili mormorando "uuuuhhh" e poi si porta via una camicia ammiccando certo commette una concussione; ma il notaio che entra e chiede uno sconto dicendo "sa, sono un notaio" certo non commette alcunché di illecito, dato che il commerciante non ha nulla da temere dal notaio.
Orbene, noi sappiamo che B. ha telefonato in questura per far liberare Ruby (l'ha ammesso egli stesso), ma non possediamo le registrazioni delle telefonate. In ogni caso vi sono due possibilità:
* B. ha scoperto che il funzionario di turno era di provata fede rossonera, e ha promesso di comperare un attaccante svedese in cambio del rilascio di Ruby;
* B. non è riuscito a scoprire la fede calcistica del medesimo e, sperando che egli leggesse i giornali e sapesse che lui è il Presidente del Consiglio, ha confidato nel fatto che tale qualità avesse fatto provare all'interlocutore un certo sentimento di soggezione.
Nel primo caso, non staremmo parlando di concussione bensì di corruzione (che però è l'art. 319 cp, non il 316); nel secondo caso, B. ha agito in qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri. Ma se ha agito quale PCM, la competenza a giudicarlo è del Tribunale dei Ministri (il che, per inciso, risolverebbe il tema della competenza territoriale della Procura, dato che comunque sarebbe quella di Milano quand'anche il reato fosse considerato commesso in Arcore- art. 6 L.Cost. 1/1989) ma, soprattutto, occorrerebbe l'autorizzazione a procedere della Camera.
Già, proprio quell'autorizzazione a procedere che per i parlamentari non esiste più, ma esiste ancora per i Ministri per reati commessi nell'esercizio delle funzioni. Ma tale autorizzazone non è stata neppur chiesta, e ciò va ad inficiare tutto il procedimento, ivi compresa anche la richiesta di perquisizione dello studio del ragionier Spinelli.
Insomma: dal punto di vista strettamente giudiziario, tutta questa vicenda mi sembra destinata a far la fine della bolla di sapone. E sottolineo che parlo dal punto di vista squisitamente giudiziario. Diverso è l'effetto politico di questo disgustoso verminaio, a seguito del quale anche i fedeli di vecchia data hanno, loro malgrado, scoperto che razza d'uomo sia Berlusconi.
Se tutto ciò è vero, mi sentirei di eslcudere che il perfido Ghedini abbia potuto inventarsi di far circolare le carte dell'inchiesta: sarebbe stata una mossa astuta qualora la situazione giudiziaria fosse disperata, e questa fosse l'unica possibilità di scampare la galera, ma abbiam ben visto che non è così, e il danno d'immagine risulta infinitamente superiore al rischio reale di una condanna penale.
Quindi, se non è stato Ghedini o uno dei suoi, non è che restino molte possibilità: bisogna per forza pensare che il famigerato file venga dalla Procura stessa.
Ci sono, a quanto vedo leggendo qua e là, due correnti di pensiero: quella che pretende sia uscito dalla Procura e quella che, al contrario, vorrebbe che la pubblicazione sia un colpo di Ghedini per sputtanare la Procura stessa e invalidare tutto il procedimento.
A favore della prima versione, il fatto che il PDF sarebbe stato prodotto nel 2010 (ma tutti sappiamo che non è certo difficile modificare le proprietà di un file per fargli dire cose non vere); a favore della seconda il fatto che il file sia finito nella mani di Dagospia, che non è un classico canale della magistratura e che, al contrario, è assai più vicino al capo del Governo.
Probabilmente la verità non la sapremo mai, ma vale la pena di fare qualche riflessione, non foss'altro perché la ricerca di una risposta al quesito è l'occasione di sviluppare qualche ragionamento che potrebbe risultare di un qualche interesse.
Come spesso succede nella vita, le risposte semplici sono più attendibili di quelle complicate (non è certo un pensiero nuovo; e oggi mi sono anche fatto la barba): e pertanto proviamo a vedere il cui prodest?, espressione in latinorum che piace tanto ai legulei e che significa, banalmente, «chi se ne avvantaggia?»
Per capirlo, dobbiamo andare un po' a fondo nelle accuse sollevate nei confronti del PCM: vi racconto come la vedo, con la necessaria premessa che si tratta di idee buttate giù così, alla buona. Non è un parere legale che leggerete, insomma, bensì dei pensieri sviluppati in bicicletta.
Parliamo anzitutto del reato p. e p. dall'art. 600-bis c.2 e 81 cpv. (Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 5.164., continuato).
Per affermare la responsabilità penale del PCM bisogna provare tutte quanto segue, vale a dire che:
A) B. abbia fatto sesso (più volte, stante il richiamo all'81 cpv.) con la minorenne Ruby;
B) prima di far sesso, B. fosse consapevole della minore età di questa;
C) Ruby sia stata pagata;
D) prima di far sesso, B. fosse consapevole che Ruby era stata pagata o sarebbe stata pagata;
E) Ruby sia stata pagata per fare sesso.
Già la prima prova non è per nulla facile: è vero che ci sono un fottìo di intercettazioni che parlano di rapporti sessuali tra B. e Ruby, ma si tratta di conversazioni tra terzi, o al limite di Ruby con terzi. Non ci sono, né potranno mai esserci, in quanto inutilizzabili ai fini del procedimento stante la qualità di parlamentare del PCM, intercettazioni intercorse tra B. e Ruby.
Ora, io posso parlare per la categoria dei maschi ultraquarantenni assidui frequentatori di bar, ma credo che quanto vado ad affermare possa essere tranquillamente esteso alla femmine ventenni un po' mignotte, e sostengo che non c'è un solo dei miei amici che almeno una volta non si sia vantato di essersi scopato una che non gliel'ha data (come, del resto, non ce n'è uno solo che non abbia almeno una volta negato di essersi scopato un cesso che, invece, si era ingroppato di gusto). Pertanto quelle intercettazioni lasciano, tutto sommato, il tempo che trovano.
Quanto alla minore età di Ruby, è evidente che B. ne era consapevole a partire dalla notte in questura, ma anche qui è ben difficile raccogliere una prova schiacciante del fatto che lo fosse prima, quando cioè avrebbe fatto sesso.
Probabilmente attraverso ricostruzioni di movimenti bancari e intercettazioni non sarà difficile dimostrare che Ruby abbia ricevuto soldi, e si può anche pensare che sia sufficiente la prova di averli ricevuti da persone dipendenti da B. per affermare che questi li abbiano corrisposti su suo mandato o, perlomeno, che egli non poteva non sapere ma, attenzione, c'è quel maledetto punto E), che non è una ripetizone scappatami nella fretta.
Ruby, infatti, deve essere stata pagata da B. per fare sesso con lui. E dato che dalle intercettazioni risulta chiaramente che B. pagava tutte coloro che si fermavano a cena, e perfino quelle che schifate rimanevano sul divano, ecco dimostrato che quei soldi venivano dati per il tempo speso con lui, non per fare sesso. Ricordate quanto emerse con la storia della D'Addario? Le ragazze arrivavano a Palazzo Grazioli, cantavano con Apicella, vedevano i filmini e ascoltavano le barzellette. E ricevevano la busta. Certo, chi passava la notte riceveva una busta più grossa; ma passava anche più tempo; in ogni caso la condizione per ricevere la busta NON era quella di farsi toccare il culo.
Quand'anche le cose dovessero mettersi male, quindi, la difesa di B. avrà buon gioco nel dimostrare che B. pagava tutte; e quindi non pagava "per compiere atti sessuali". In altre parole: Ruby, di fatto, gliele dava gratis, o per riconoscenza, o per fascino, o per quello che volete voi.
Veniamo all'altro capo d'indagine, costituito dal 317 e 61 n.2 c.p. (Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. aggravato dalla circostanza di aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato).
Anzitutto, chiariamo che la figura di reato non dipende dal fatto che sussista il precedente reato di cui al 600-bis. Aver agito per occultare un altro reato è infatti un'aggravente, non un elemento costitutivo della concussione, che sussisterebbe anche qualora il rapporto tra B. e Ruby fosse riconosciuto del tutto lecito. Venendo alla figura di reato principale, vero è che la concussione è stata pensata per tutt'altra ipotesi (in poche parole, il pubblico funzionario che pretende la mazzetta per darti la concessione) ma, pur stiracchiando un po' la lettera del codice, il reato ci potrebbe anche stare.
C'è però un ma grande come una casa: il fatto che la concussione è un reato proprio: vale a dire un reato che può essere commesso solo da un pubblico ufficiale, non da un privato.
La qualità di pubblico ufficiale non è un marchio che uno si porta addosso: vige tempo per tempo. Il finanziere che entra in un negozio in divisa, sfoglia i registri contabili mormorando "uuuuhhh" e poi si porta via una camicia ammiccando certo commette una concussione; ma il notaio che entra e chiede uno sconto dicendo "sa, sono un notaio" certo non commette alcunché di illecito, dato che il commerciante non ha nulla da temere dal notaio.
Orbene, noi sappiamo che B. ha telefonato in questura per far liberare Ruby (l'ha ammesso egli stesso), ma non possediamo le registrazioni delle telefonate. In ogni caso vi sono due possibilità:
* B. ha scoperto che il funzionario di turno era di provata fede rossonera, e ha promesso di comperare un attaccante svedese in cambio del rilascio di Ruby;
* B. non è riuscito a scoprire la fede calcistica del medesimo e, sperando che egli leggesse i giornali e sapesse che lui è il Presidente del Consiglio, ha confidato nel fatto che tale qualità avesse fatto provare all'interlocutore un certo sentimento di soggezione.
Nel primo caso, non staremmo parlando di concussione bensì di corruzione (che però è l'art. 319 cp, non il 316); nel secondo caso, B. ha agito in qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri. Ma se ha agito quale PCM, la competenza a giudicarlo è del Tribunale dei Ministri (il che, per inciso, risolverebbe il tema della competenza territoriale della Procura, dato che comunque sarebbe quella di Milano quand'anche il reato fosse considerato commesso in Arcore- art. 6 L.Cost. 1/1989) ma, soprattutto, occorrerebbe l'autorizzazione a procedere della Camera.
Già, proprio quell'autorizzazione a procedere che per i parlamentari non esiste più, ma esiste ancora per i Ministri per reati commessi nell'esercizio delle funzioni. Ma tale autorizzazone non è stata neppur chiesta, e ciò va ad inficiare tutto il procedimento, ivi compresa anche la richiesta di perquisizione dello studio del ragionier Spinelli.
Insomma: dal punto di vista strettamente giudiziario, tutta questa vicenda mi sembra destinata a far la fine della bolla di sapone. E sottolineo che parlo dal punto di vista squisitamente giudiziario. Diverso è l'effetto politico di questo disgustoso verminaio, a seguito del quale anche i fedeli di vecchia data hanno, loro malgrado, scoperto che razza d'uomo sia Berlusconi.
Se tutto ciò è vero, mi sentirei di eslcudere che il perfido Ghedini abbia potuto inventarsi di far circolare le carte dell'inchiesta: sarebbe stata una mossa astuta qualora la situazione giudiziaria fosse disperata, e questa fosse l'unica possibilità di scampare la galera, ma abbiam ben visto che non è così, e il danno d'immagine risulta infinitamente superiore al rischio reale di una condanna penale.
Quindi, se non è stato Ghedini o uno dei suoi, non è che restino molte possibilità: bisogna per forza pensare che il famigerato file venga dalla Procura stessa.
martedì 18 gennaio 2011
Specchi e saponi
Di tutta la trista vicenda riguardante il nostro Presidente del Consiglio una delle cose che mi è rimasta impressa, pur se indubbiamente minore, è l'intervista a Francesca Pascale, una delle possibili "fidanzate" di Berlusconi.
Il punto non è ciò che dice o non dice: è, invece, il disperato tentativo di arrampicarsi sugli specchi.
La Pascale sembra, in quest'intervista, il palo di una rapina andata male, che è stato catturato separatamente dagli altri membri della banda e non sa quale sia la versione che hanno impapocchiato i suoi complici: e quindi non può affermare ma neppure può negare, perché qualunque affermazione o negazione rischierebbe di fargli ricadere addosso tutta la colpa, o di mandare al gabbio gli altri.
Questa povera donna, talmente fedele a Berlusconi da esser stata indicata dalla stampa come una delle sua possibili fidanzate, sicuramente avrà cercato di contattare il suo idolo, perfin pronta ad avallare tutte le più bizzarre ipotesi.
Avrà trovato il telefono spento? Berlusconi l'avrà forse lasciata in attesa? Avrà chiesto a Ghedini qual era la pretendente più presentabile? Non lo sappiamo.
Certo è che la Pascale è rimasta lì, con un palmo di naso, in attesa di uno squillo del cellulare che le dicesse «sì» o «no». E quando il telefono ha squillato, dall'altro capo dell'etere c'era il giornalista del Corriere, povera lei.
lunedì 17 gennaio 2011
Il quizzone di NNSA
Significa che chiunque – cittadino comune, genio oIl candidato ha tre tentativi per riconoscere l'autore. Faccia conto che il telefonino gli è* stato sequestrato e quindi non può googlare.
statista – aspiri a capire quel che gli occorre per vive-
re o per vincere, o a realizzare una scoperta o un’ope-
ra d’arte, o a individuare su quali cammini dovrà indi-
rizzare la collettività, dovrà mirare alla comprensio-
ne, non ai vantaggi che da essa gli possono derivare,
perché altrimenti starà mirando a un bersaglio diver-
so, e quello giusto gli sfuggirà.
Comprensione per giungere alla quale bisogna segui-
re una speciale pista che richiede il giusto animo, che
a sua volta richiede generosità e onestà intellettuale,
sapendo però che non bastano, perché una delle for-
me di disonestà più perniciose e diffuse è quella dei
troppi ‘volenterosi’ che occupano ‘onestamente’ i ruo-
li senza avere le qualità per farlo.
Formule positive mai praticate dall’uomo, sicché a
Roma, a Gaza, a Londra, a New York, ovunque, le per-
sone, i politici, gli scienziati, i filosofi, ricominciano
ogni mattina come se fosse il primo mattino del mon-
do a dire e a fare con lo stesso tono e negli stessi modi
le cose che da sempre non hanno mai dato luogo alla
soluzione di pressoché nulla.
* - per davvero!
Esperimenti di diritto del lavoro comparato
«Contratto collettivo con efficacia generale - Il contratto collettivo stipulato dalla coalizione che abbia conseguito la maggioranza dei consensi nell’ultima consultazione in seno alla stessa azienda o unità produttiva per la costituzione della rappresentanza sindacale di cui all’articolo 2068 e che comprenda almeno una associazione sindacale rappresentata in aziende dislocate in almeno tre regioni diverse è efficace nei confronti di tutti i dipendenti di una azienda o unità produttiva anche in deroga a contratti collettivi applicabili di livello superiore, o comunque a contratti stipulati da altre associazioni.»
«Il sindacato legalmente riconosciuto (...) ha il diritto di rappresentare legalmente tutta la categoria di datori di lavoro o di lavoratori per cui è costituito, di tutelarne, di fronte allo Stato o alle altre associazioni professionali, gli interessi, di stipulare contratti collettivi di lavoro obbligatori per tutti gli appartenenti alla categoria, di imporre loro contributi e di esercitare rispetto ad esso funzioni delegate di interesse pubblico.»
Il candidato riconosca a occhio le fonti citate.
«Il sindacato legalmente riconosciuto (...) ha il diritto di rappresentare legalmente tutta la categoria di datori di lavoro o di lavoratori per cui è costituito, di tutelarne, di fronte allo Stato o alle altre associazioni professionali, gli interessi, di stipulare contratti collettivi di lavoro obbligatori per tutti gli appartenenti alla categoria, di imporre loro contributi e di esercitare rispetto ad esso funzioni delegate di interesse pubblico.»
Il candidato riconosca a occhio le fonti citate.
domenica 16 gennaio 2011
Il magico mondo dei numeri
C'è su Repubblica un lungo articolo di Colaprico e D'Avanzo, i quali spiegano perché l'ultima imputazione a carico di Berlusconi è assai pericolosa.
"Anche se il reato che gli viene contestato ha come pena massima tre anni. È vero, in Italia, nessuno entra davvero in una cella per una condanna così mite. C'è un ma." Infatti tra i reati che vengono contestati a Berlusconi c'è il "Favoreggiamento della prostituzione minorile, secondo comma dell'articolo 600 bis", che prevede una pena sino a tre anni. Tre anni non se li fa nessuno in Italia (infatti è il limite per l'affidamento ai servizi sociali) ma, come dicono i due giornalisti, c'è un ma.
"Qualche sciocco ironizza sull'esiguità della pena, come se la limitatezza della sanzione rendesse trascurabile il reato, e quindi imperdonabile l'iniziativa della procura di Milano. Quello sciocco ignora che, se dovesse volgere al peggio, non ci possono più essere scappatoie per il capo del governo, perché in questo caso non esiste la discrezionalità dei giudici. Anche se dovesse essere condannato (per dire) a una settimana di reclusione, a due giorni di carcere, nessun cavillo o prodigalità potrebbe impedire che quella settimana, quei due giorni, Silvio Berlusconi li sconti davvero". Questo perché (cito sempre l'articolo) " Lo dice - e la procura milanese lo sa bene - l'articolo 4 bis del nuovo ordinamento penitenziario. Leggiamolo: "Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti. 1. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione (...) possono essere concessi ai detenuti e internati per i delitti commessi per finalità di terrorismo, di mafia, per i responsabili di reati di cui agli articoli 600, 600 bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 601, 602... solo nei casi in cui tali detenuti collaborino con la giustizia".
Quello sciocco che ironizza sull'esiguità della pena sarà anche sciocco, ma sa contare. E vede che Berlusconi è indagato per il 600-bis SECONDO comma, mentre i benefici sono preclusi ai condannati per il 600-bis PRIMO comma.
E si sente un po' meno sciocco.
"Anche se il reato che gli viene contestato ha come pena massima tre anni. È vero, in Italia, nessuno entra davvero in una cella per una condanna così mite. C'è un ma." Infatti tra i reati che vengono contestati a Berlusconi c'è il "Favoreggiamento della prostituzione minorile, secondo comma dell'articolo 600 bis", che prevede una pena sino a tre anni. Tre anni non se li fa nessuno in Italia (infatti è il limite per l'affidamento ai servizi sociali) ma, come dicono i due giornalisti, c'è un ma.
"Qualche sciocco ironizza sull'esiguità della pena, come se la limitatezza della sanzione rendesse trascurabile il reato, e quindi imperdonabile l'iniziativa della procura di Milano. Quello sciocco ignora che, se dovesse volgere al peggio, non ci possono più essere scappatoie per il capo del governo, perché in questo caso non esiste la discrezionalità dei giudici. Anche se dovesse essere condannato (per dire) a una settimana di reclusione, a due giorni di carcere, nessun cavillo o prodigalità potrebbe impedire che quella settimana, quei due giorni, Silvio Berlusconi li sconti davvero". Questo perché (cito sempre l'articolo) " Lo dice - e la procura milanese lo sa bene - l'articolo 4 bis del nuovo ordinamento penitenziario. Leggiamolo: "Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti. 1. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione (...) possono essere concessi ai detenuti e internati per i delitti commessi per finalità di terrorismo, di mafia, per i responsabili di reati di cui agli articoli 600, 600 bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 601, 602... solo nei casi in cui tali detenuti collaborino con la giustizia".
Quello sciocco che ironizza sull'esiguità della pena sarà anche sciocco, ma sa contare. E vede che Berlusconi è indagato per il 600-bis SECONDO comma, mentre i benefici sono preclusi ai condannati per il 600-bis PRIMO comma.
E si sente un po' meno sciocco.
sabato 15 gennaio 2011
Pillole di scienza /reprise
Stamattina sulla prima pagina (la PRIMA PAGINA) del Corriere della Sera, quello di carta, c'è un articolo che spiega anche a chi non ha la internet, e quindi non ha potuto leggere quello comparso ieri sull'edizione online, che le costellazioni si spostano nel tempo, e che i segni zodiacali non si trovano dove effettivamente per l'astrologia su suppone che siano.
Il signore qui a fianco si chiama Ipparco di Nicea. E' quello che ha scoperto questo fatto straordinario, che, come ricordavamo ieri, ha anche un nome ben preciso: si chiama precessione degli equinozi.
Ma la cosa più straordinaria non è la precessione in sé: la cosa veramente incredibile è che Ipparco visse nel secondo secolo avanti Cristo. Il Corriere della sera ha pubblicato in prima pagina (in PRIMA PAGINA) una notizia vecchia di 22 secoli e rotti.
Update: mi si fa notare che il Corsera la notizina l'aveva già pubblicata quindici anni fa
Il signore qui a fianco si chiama Ipparco di Nicea. E' quello che ha scoperto questo fatto straordinario, che, come ricordavamo ieri, ha anche un nome ben preciso: si chiama precessione degli equinozi.
Ma la cosa più straordinaria non è la precessione in sé: la cosa veramente incredibile è che Ipparco visse nel secondo secolo avanti Cristo. Il Corriere della sera ha pubblicato in prima pagina (in PRIMA PAGINA) una notizia vecchia di 22 secoli e rotti.
Update: mi si fa notare che il Corsera la notizina l'aveva già pubblicata quindici anni fa
venerdì 14 gennaio 2011
Pillole di scienza
Il Corriere della Sera, nella persona del giornalista Francesco Tortora, ha scoperto la precessione degli equinozi.
Ma non sa che si chiama così
Ma non sa che si chiama così
Istituzioni di economia aziendale
Si è parlato più volte in questi giorni del fatto che Sergio Marchionne guadagni un po' più di 1.000 volte un dipendente medio della FIAT.
Si tratta di un rilievo abbastanza populista: vero è che con i soldi che guadagna Marchionne si potrebbero pagare i salari interi a un bel po' di operai cassintegrati; vero è anche, tuttavia, che molti di quegli stessi operai fanno sacrifici per fare l'abbonamento a Sky e vedersi il Milan o la Inter: e ben sappiamo che persino quando tali squadre incontrano squadrette di fondo classifica l'ammontare degli stipendi di chi sgambetta in campo è tale da far impallidire non solo i cassintegrati medesimi, ma perfino lo stesso Marchionne.
Ciò detto, è di contro pure vero che FIAT non macina utili a strafottere e impiega al 100% le proprie forze produttive: sopravvive, un po' grazie alla cassa integrazione (cioè grazie a soldi pubblici) e un po' riducendo di cinque o dieci minuti per turno la pausa piscio. Insomma: la verità sta, come spesso, nel mezzo.
L'articolo di Mucchetti, sopra linkato, è stato commentato pure da un autorevole esponente del Partito Democratico: purtroppo nell'ambito di una conversazione privata, il che mi impedisce di fare il nome dell'autore (che comunque ha la barba):
La faccio breve e semplifico al massimo il funzionamento dell'economia di un'impresa: c'è un signore che ha in tasca un milioncino e decide di mettersi a produrre viti, ma non vuole muovere un dito; che fa dunque?
Con quei soldi compra le sue macchine (il tornio, le trafile, il sadiocosa), prende un amministratore delegato che sbrigherà tutte le rogne, un paio di operai, una signora in amministrazione, e parte; o meglio fa partire il proprio A.D.
Alla fine dell'anno si aspetta che quel milioncino abbia fruttato un po', ma non solo quanto gli avrebbe fruttato comprare un buono del tesoro tedesco, bensì di più: perché comprando un BOT sta tranquillo e non rischia praticamente nulla, mentre con una fabbrica di viti il rischio di non guadagnare o addirittura di perdere tutto il capitale è bello concreto: senza parlare della rottura di coglioni dei pranzi di lavoro con l'A.D.
Chi investe nel capitale di un'impresa quindi si attende un certo rendimento: e pertanto perché l'azionista sia soddisfatto non basta che l'impresa abbia un utile (chiamiamolo ROI, per usare un termine tecnico): è anche necessario che quanto alla fine dell'anno torna in tasca all'azionista (chiamiamolo ROE, per usare un altro termine tecnico)corrisponda a una percentuale adeguata del valore delle azioni.
Abbiamo ipotizzato che il nostro azionista non faccia nulla: che abbia delegato tutto a un amministratore: quindi l'unica sua fatica sarà quella di colloquiare con questa figura e incassare i dividendi a fine anno. Ma se a fine anno il nostro azionista porta a casa un risicato 0,5%, l'istinto immediato sarà quello di mandar tutto a cagare e investire in un bel BOT o Bund, che rende di più e fa preoccupare e faticare di meno: ed è per questo che l'azionista di un'aziendina di quel genere pretenderà di ricevere almeno, diciamo, l'8% perché il gioco valga la candela.
L'amministratore delegato questa cosa la sa benissimo: e sa anche che l'azionista scontento ha due strade: liquidare l'azienda o liquidare l'A.D.: in entrambi gli scenari, lui ci rimette il posto, e pertanto farà di tutto per assicurare al proprio azionista un adeguato rendimento delle sue azioni.
Se avete seguito fin qui, vi sarete accorti di una cosa: che per valutare la posizione dell'amministratore nei confronti dell'azionista non ha alcuna rilevanza il fatto che lo stipendio dell'A.D. venga pagato dall'impresa o dall'azionista: perché alla fine a quest'ultimo deve rimanere in tasca il famoso 8%, e a nulla rileva il fatto che vengano pagati meno dividendi (nel caso in cui l'A.D. sia pagato dall'impresa) o più dividendi una fetta dei quali va all'A.D. (nel caso in cui l'A.D. sia pagato dall'azionista).
E' quindi semplicemente falso che il tema dello stipendio di Marchionne sia una questione di interesse solo per la famiglia Agnelli, e che il suo compenso non vada a scapito degli stipendi pagati alle maestranze: perché quando andiamo a fare i conti di fine anno vediamo che per assicurare agli azionisti un ROE adeguato bisogna che da qualche parte quei soldi che vanno in tasca a Marchionne vengano fuori: ad esempio, chessò, lesinando sui salari.
Si tratta di un rilievo abbastanza populista: vero è che con i soldi che guadagna Marchionne si potrebbero pagare i salari interi a un bel po' di operai cassintegrati; vero è anche, tuttavia, che molti di quegli stessi operai fanno sacrifici per fare l'abbonamento a Sky e vedersi il Milan o la Inter: e ben sappiamo che persino quando tali squadre incontrano squadrette di fondo classifica l'ammontare degli stipendi di chi sgambetta in campo è tale da far impallidire non solo i cassintegrati medesimi, ma perfino lo stesso Marchionne.
Ciò detto, è di contro pure vero che FIAT non macina utili a strafottere e impiega al 100% le proprie forze produttive: sopravvive, un po' grazie alla cassa integrazione (cioè grazie a soldi pubblici) e un po' riducendo di cinque o dieci minuti per turno la pausa piscio. Insomma: la verità sta, come spesso, nel mezzo.
L'articolo di Mucchetti, sopra linkato, è stato commentato pure da un autorevole esponente del Partito Democratico: purtroppo nell'ambito di una conversazione privata, il che mi impedisce di fare il nome dell'autore (che comunque ha la barba):
Trovo argomentazioni e calcoli di Muchetti viziati da pregiudizio. Il confronto non è sensato perchè la gran parte del valore sono stock options etc (203 mio secondo il mio calcolo di sabato scorso). E il valore di queste dipende dall'andamento delle borse in generale: il settore auto nel mondo dai minimi del marzo 09 ha guadagnato 245% . Se lo stesso calcolo fosse stato fatto due anni fa , Marchionne avrebbe guadagnato rispetto ai dipendenti una frazione delle mille volte. Inoltre le stock options non aumentano i costi di Fiat nè riducono il margine sulle auto che vende; le pagano gli altri azionisti trattandosi di un trasferimento dagli altri azionisti a Marchionne. Sono dunque affari esclusivamente degli azionisti, in particolare degli Agnelli, i quali avendo guadagnato con Marchionne miliardi, trovano conveniente dare una parte dei loro guadagni a Marchionne (se dà le dimissioni il giorno dopo ci perderebbero molto più dei 200 milioni di opzioni).Sono argomentazioni che mi aspetterei venire dalla penna di Ostellino o Giannino, non da un esponente vicinissimo al segretario del PD: e perdipiù sono argomentazioni fallaci.
E il valore delle opzioni non è a scapito degli stipendi pagati. E' come il compenso di una star del cinema, che fa aumentare il botteghino o del campione di calcio: nessuno protesta perchè in questo modo paga di più il prezzo del biglietto o l'abbonamento alla tv a pagamento etc.
La faccio breve e semplifico al massimo il funzionamento dell'economia di un'impresa: c'è un signore che ha in tasca un milioncino e decide di mettersi a produrre viti, ma non vuole muovere un dito; che fa dunque?
Con quei soldi compra le sue macchine (il tornio, le trafile, il sadiocosa), prende un amministratore delegato che sbrigherà tutte le rogne, un paio di operai, una signora in amministrazione, e parte; o meglio fa partire il proprio A.D.
Alla fine dell'anno si aspetta che quel milioncino abbia fruttato un po', ma non solo quanto gli avrebbe fruttato comprare un buono del tesoro tedesco, bensì di più: perché comprando un BOT sta tranquillo e non rischia praticamente nulla, mentre con una fabbrica di viti il rischio di non guadagnare o addirittura di perdere tutto il capitale è bello concreto: senza parlare della rottura di coglioni dei pranzi di lavoro con l'A.D.
Chi investe nel capitale di un'impresa quindi si attende un certo rendimento: e pertanto perché l'azionista sia soddisfatto non basta che l'impresa abbia un utile (chiamiamolo ROI, per usare un termine tecnico): è anche necessario che quanto alla fine dell'anno torna in tasca all'azionista (chiamiamolo ROE, per usare un altro termine tecnico)corrisponda a una percentuale adeguata del valore delle azioni.
Abbiamo ipotizzato che il nostro azionista non faccia nulla: che abbia delegato tutto a un amministratore: quindi l'unica sua fatica sarà quella di colloquiare con questa figura e incassare i dividendi a fine anno. Ma se a fine anno il nostro azionista porta a casa un risicato 0,5%, l'istinto immediato sarà quello di mandar tutto a cagare e investire in un bel BOT o Bund, che rende di più e fa preoccupare e faticare di meno: ed è per questo che l'azionista di un'aziendina di quel genere pretenderà di ricevere almeno, diciamo, l'8% perché il gioco valga la candela.
L'amministratore delegato questa cosa la sa benissimo: e sa anche che l'azionista scontento ha due strade: liquidare l'azienda o liquidare l'A.D.: in entrambi gli scenari, lui ci rimette il posto, e pertanto farà di tutto per assicurare al proprio azionista un adeguato rendimento delle sue azioni.
Se avete seguito fin qui, vi sarete accorti di una cosa: che per valutare la posizione dell'amministratore nei confronti dell'azionista non ha alcuna rilevanza il fatto che lo stipendio dell'A.D. venga pagato dall'impresa o dall'azionista: perché alla fine a quest'ultimo deve rimanere in tasca il famoso 8%, e a nulla rileva il fatto che vengano pagati meno dividendi (nel caso in cui l'A.D. sia pagato dall'impresa) o più dividendi una fetta dei quali va all'A.D. (nel caso in cui l'A.D. sia pagato dall'azionista).
E' quindi semplicemente falso che il tema dello stipendio di Marchionne sia una questione di interesse solo per la famiglia Agnelli, e che il suo compenso non vada a scapito degli stipendi pagati alle maestranze: perché quando andiamo a fare i conti di fine anno vediamo che per assicurare agli azionisti un ROE adeguato bisogna che da qualche parte quei soldi che vanno in tasca a Marchionne vengano fuori: ad esempio, chessò, lesinando sui salari.
giovedì 13 gennaio 2011
Patto tra produttori
«il Pd è il partito del lavoro, dell'Italia che produce ed è del tutto naturale che si siano nelle liste lavoratori insieme ad imprenditori. È lo specchio di quel patto tra produttori che proponiamo per tenere insieme crescita ed equità. Vogliamo mettere l'acceleratore sulla crescita, perché questa è la garanzia per una buona occupazione, per la tutela dei lavoratori e per la redistribuzione. Dai prefetti che lottano contro la mafia agli imprenditori come Matteo Colaninno, agli artigiani come Giancarlo Sangalli, ai rappresentanti del mondo cattolico come Sarubbi: è il segno di un forte rinnovamento, portiamo forze ed energie nuove in Parlamento»Con queste premesse era inevitabile che dal partito fondato dalla Bocca Inutilmente Faconda si levassero perlopiù voci favorevoli all'accordo di Mirafiori o silenzi chiassosi quanto l'annuale congresso dei campanari.
Dico subito che mi reputo fortunato a non dover andare a votare: e non solo perché in tal caso la mia vita sarebbe scandita da otto o dieci ore di fatica e sudore, con trapani, verniciatori e secondi contati per pisciare: ma
Probabilmente, ho concluso a pranzo con il mio amico e collega Italo, voteremmo "SI'", autoassolvendoci per aver agito in stato di necessità: come se l'avessimo fatto con una pistola alla tempia, insomma.
Questo perché, in quanto lavoratori salariati e tenutari di famiglie da mantenere, non avremmo potuto permetterci il rischio che Marchionne tiri giù la saracinesca: e ciò pur consapevoli che l'accordo di Mirafiori è di fatto un atto a titolo gratuito, in cui si cedono diritti in cambio non di impegni, bensì di vaghe promesse.
Non avremmo potuto contare neppure sul sindacato, che si è diviso con una frattura che molto difficilmente potrà essere sanata in futuro, e che ha dimostrato, dall'una e dall'altra parte, di non aver saputo fare gli interessi dei lavoratori. Già, perché i lavoratori hanno tutti i medesimi interessi, indipendentemente dalla sigla stampata sulla tessera: e non essere riusciti a trovare un ragionevole compromesso (in presenza di istanze che si possono considerare più o meno radicali, ma certo non velleitarie né assurde) dimostra che le sigle non hanno fatto fronte unico bensì hanno guardato, anzitutto, alla coltivazione del proprio orticello costituito da iscritti e spazi di visibilità e agibilità.
I sindacati, tutti i sindacati coinvolti, hanno insomma fatto un lavoro politico. E sapete bene che io non credo ci sia nulla di male nella politica: ma questa lavora con altri strumenti. Nell'agire politico è normale che di fronte ad interessi contrapposti si vada alla conta, e il 51% vinca (qualunque cosa ciò significhi, alla luce dell'insegnamento di Condorcet). Nell'agire sindacale, al contrario, è normale che all'interno dei singoli fronti si mantenga l'unità e si lavori su soluzioni di compromesso che, pur senza raggiungere un astratto ottimo paretiano, siano perlomeno masticabili da tutti i rappresentati, salvo forse qualche frangia estrema.
In sintesi: in politica basta il 51% per aver ragione; in sindacalese bisognerebbe raggiungere perlomeno l'80% o il 75%. Fare sindacato con il 51% di consensi tra i rappresentati è, per dirla in termini tecnici, una porcheria: e lo penso senza sapere ancora se domani quel 51% sarà raggiunto dalla FIOM o dalla FIM.
Già questo avrebbe consentito al PD di dire la propria: perché quando il sindacato si politicizza, non si vede perché mai un partito politico non dovrebbe intervenire, in ispecie quando quel partito pretende di rappresentare i lavoratori (come il vecchio DS) o addirittura i "produttori".
Ma vi era una ragione in più per intervenire: per quanto l'accordo di Mirafiori incida su diritti contrattuali e non sulle leggi vigenti (la FIAT non è ancora una Camera, né Marchionne ha un seggio in Parlamento), ciononostante il modello che si va ad imporre stravolge di fatto il sistema giuslavoristico vigente; e va incidere in materie di diritti della persona che, pur discendendo da norme pattizie, hanno un'indubbia rilevanza di ordine pubblico e perfino costituzionale.
Poteva dire la propria il PD: e invece ha lasciato parlare Ichino e Chiamparino. E Renzi.
* no, "soprattutto" è uno scherzo
Straccia volant
Nella fiera delle meschinerie c'è sempre spazio per un nuovo baraccone.
Ciwati boit du calva.
Renzi attacca il blog di Gad Lerner. "Ciascuno ha suoi giudizi e pregiudizi, come quelli di Gad Lerner. Sul sito di Lerner ci sono commenti di chi scrive 'Renzi=Lando Conti' e lui non dice nulla. Lando Conti era il sindaco di Firenze ucciso dalle Br. Niente polemiche, Gad: solo tutto il mio disgusto". Così scrive sul suo muro di Facebook inviando un post. E più avanti: "Non ho verità in tasca - sottolinea Renzi -: ma più che con la Fiom sto con il governo Obama che scommette e investe sulla sfida di Marchionne. Reazionario anche Barack?".L'articolo completo, se avete cuore, è qui.
Ciwati boit du calva.
mercoledì 12 gennaio 2011
Falsche Bewegung
Che Matteo Renzi fosse un cretino lo sapevamo da tempo: e le dichiarazioni sulla Fiat lo riconfermano non tanto per il merito (il sì, il no), quanto per l'infantile sicumera con la quale l'ex capo scout si è schierato: su un tema riguardo al quale, ne sono certo, nessuno degli attori può vantare certezze al 100%.
Il tormento che stanno attraversando gli operai, gli impiegati, i sindacalisti dell'una e dell'altra sigla, e probabilmente lo stesso Marchionne, sembra inafferrabile da parte di questo giovane uomo, che nascendo da famiglia agiata ed entrando in politica presto ha avuto la fortuna di non aver mai lavorato in vita sua.
La certezza autistica, l'egoriferimento, la coazione a primeggiare dovunque e una patologica mancanza del senso delle proporzioni del Renzi lo accumunano assai da vicino a quell'altro esponente del PD il cui nome cerchiamo di far comparire il meno possibile su queste pagine, per mantenere loro un minimo di dignità e compostezza.
E così, come l'Innominabile continua persino oggi a ritenere di essere stato l'unico a vedere la Via Giusta, tetragono alle lezioni che le mille sconfitte subite avrebbero dovuto impartirgli (salve le notevoli eccezioni del Trentino e delle Presidenziali americane), il Renzi, autonominatosi depositario delle Verità e del Radioso Futuro, crede di aver la legittimazione ad esprimere qualunque opinione gli salti per il capo.
Questi personaggi mi ricordano dappresso lo Zio Paperone: che può permettersi di combinare qualunque affare gli passi per il capo, dato che l'infallibile fiuto per gli affari e la Numero Uno comunque faranno sì che l'esito sia positivo: ma i Renzi e gli Innominabili non avendo mai lavorato in vita loro non possono essersi guadagnati una Numero Uno con il sudore della fronte, e quanto al fiuto per la politica il loro naso soffre dei rigori invernali.
Così, cialtroni come sono, quando la sicumera fa loro sparare cagate troppo grosse, tornano sui propri passi. L'uno, negando di aver mai preteso quel congresso che aveva preteso fino a 15 minuti prima; l'altro, credo che tra poco lo sentiremo in tal senso, si inventerà certamente di essere stato fraiteso: e non sarebbe certo il primo.
Il tormento che stanno attraversando gli operai, gli impiegati, i sindacalisti dell'una e dell'altra sigla, e probabilmente lo stesso Marchionne, sembra inafferrabile da parte di questo giovane uomo, che nascendo da famiglia agiata ed entrando in politica presto ha avuto la fortuna di non aver mai lavorato in vita sua.
La certezza autistica, l'egoriferimento, la coazione a primeggiare dovunque e una patologica mancanza del senso delle proporzioni del Renzi lo accumunano assai da vicino a quell'altro esponente del PD il cui nome cerchiamo di far comparire il meno possibile su queste pagine, per mantenere loro un minimo di dignità e compostezza.
E così, come l'Innominabile continua persino oggi a ritenere di essere stato l'unico a vedere la Via Giusta, tetragono alle lezioni che le mille sconfitte subite avrebbero dovuto impartirgli (salve le notevoli eccezioni del Trentino e delle Presidenziali americane), il Renzi, autonominatosi depositario delle Verità e del Radioso Futuro, crede di aver la legittimazione ad esprimere qualunque opinione gli salti per il capo.
Questi personaggi mi ricordano dappresso lo Zio Paperone: che può permettersi di combinare qualunque affare gli passi per il capo, dato che l'infallibile fiuto per gli affari e la Numero Uno comunque faranno sì che l'esito sia positivo: ma i Renzi e gli Innominabili non avendo mai lavorato in vita loro non possono essersi guadagnati una Numero Uno con il sudore della fronte, e quanto al fiuto per la politica il loro naso soffre dei rigori invernali.
Così, cialtroni come sono, quando la sicumera fa loro sparare cagate troppo grosse, tornano sui propri passi. L'uno, negando di aver mai preteso quel congresso che aveva preteso fino a 15 minuti prima; l'altro, credo che tra poco lo sentiremo in tal senso, si inventerà certamente di essere stato fraiteso: e non sarebbe certo il primo.
martedì 11 gennaio 2011
Si sis affinis
educazióne s. f. [dal lat. educatio -onis, der. di educare: v. educare]. – 1. In generale, l’attività, l’opera, e anche il risultato di educare, o di educarsi, come sviluppo di facoltà e attitudini, come affinamento della sensibilità, come correzione del comportamento, come trasmissione e acquisizione di elementi culturali, estetici, morali.Il problema, vedete, non è nel fatto che la Santa Sede ritenga, nel 2011, che le genti debbano essere tenute nell'ignoranza.
educare v. tr. [dal lat. educare, intens. di educĕre «trarre fuori, allevare», comp. di e- e ducĕre «trarre, condurre»]. – 1. In generale, promuovere con l’insegnamento e con l’esempio lo sviluppo delle facoltà intellettuali, estetiche, e delle qualità morali di una persona, spec. di giovane età.
Il problema, quello vero, è che quando il Papa tira fuori dallo zucchetto affermazioni come quelle esternate ieri, di quelle venga dato conto dai giornali e dalle televisioni.
Paradossalmente per Borghezio la cosa è un pelo più semplice da comprendere: a quel che dice Borghezio non crede nessuno: non solo non ci credono i leghisti, ma perfino lo stesso Borghezio, che è ben consapevole di guadagnarsi lo stipendio facendo il clown: in guisa che le sue esternazioni possono tranquillamente essere archiviate alla voce "umorismo surreale e freddure sconce".
Con il Papa è diverso: perché i suoi messaggi devono essere vagliati uno ad uno, e il cronista dovrebbe preoccuparsi di censurare solo quelli eticamente inaccettabili per chiunque non viva un una teocrazia fondamentalista.
Ma vagliare costa fatica, e comporta l'assunzione di qualche responsabilità. Allora meglio passare tutto indistintamente: anche quando in redazione dovrebbe rivoltarsi la tastiera dalla vergogna.
domenica 9 gennaio 2011
Il rosso e il nero
Nel lungo elenco di aporie e contraddizioni che il cosiddetto caso Battisti ha portato alla luce in queste setimane emerge, per la rilevanza istituzionale del dichiarante e per la lucidità dell'analisi, quanto affermato ieri dal Presidente della Repubblica il quale, secondo quanto concordemente riportato dalla stampa, ha affermato che "non siamo riusciti a far comprendere anche a Paesi amici vicini e lontani cosa abbia significato per noi quella vicenda del terrorismo e quale forza straordinaria sia servita per batterlo. Forse è mancato qualcosa nella nostra cultura e nella politica, qualcosa in grado di trasmettere alle nuove generazioni cosa accadde davvero in quegli anni tormentosi".
E' un'affermazione vera solo in parte. Vero è che sia occorsa una straordinaria forza per battere il terrorismo, e probabilmente vero pure è che le nuove generazioni non sappiano, oggi, cosa effettivamente allora sia successo. Meno vero, a mio parere, che paesi amici vicini e lontani non abbiano compreso: nel caso del Brasile invece sembra che la comprensione sia stata piena.
La chiave di tutto è in quell'aggettivo, "straordinaria". Personalmente, una volta raggiunta l'età della ragione e superata la fascinazione adolescenziale per il mito della rivoluzione, non ho mai pensato per un solo momento che lo Stato non dovessere combattare il terrorismo, di qualunque colore esso fosse. C'era una guerra, sia pur di bassa intensità, e in guerra non si va tanto per il sottile.
Di qui, con la maturità d'oggi, posso avallare la legislazione emergenziale, le storture della legge sui pentiti (quella che consentiva a chiunque avesse ammazzato anche un mezzo plotone di uscir presto di galera, a patto di mandarvi dentro qualcun altro al posto suo) e perfino lo stiracchiamento giurisprudenziale del vecchio codice fascista, con particolare riferimento all'art. 110 del medesimo, quello sul concorso di persone nel reato.
In quegli anni era possibile essere condannati all'ergastolo non già per aver partecipato a un commando omicida; non già per averne fatto il palo o aver procurato le armi o anche solo la Giulietta per la fuga; non già per aver promosso l'azione o averla caldeggiata, ma perfino per aver partecipato a una riunione in cui se ne discuteva e non aver espresso chiaramente il proprio dissenso.
Tempi duri, leggi dure. E funzionarono. Ma l'idea stessa di giustizia impone che, una volta finita l'emergenza, si rivedano anche le condanne che in forza della necessità di combatterla sono state comminate.
Fu così, del resto, all'uscita del dopoguerra, quando, instaurata e resa solida la legalità repubblicana, fu consentito anche a coloro che facevano parte del regime caduto di tornare a partecipare alla vita pubblica.
Il caso Battisti si inquadra (almeno a quanto ne ho capito) esattamente in quella logica emergenziale: condanne comminate a titolo di concorso morale o, nel caso in cui l'accusa sia quella di aver avuto un ruolo attivo nell'azione, esclusivamente sulla base della parola di un pentito che in altre occasioni aveva dimostrato di cadere d'abitudine in profonde contraddizioni.
Quelle condanne, come moltissime altre, sono riuscite a farci uscire da anni buissimi: ma erano giustificate in quel contesto, non più nel contesto attuale nel quale l'emergenza non esiste più né è neppure ipotizzabile possa tornare.
Questo, ritengo, sia stato perfettamente compreso da Lula. Quei tribunali che hanno condannato Battisti lo hanno fatto esercitando una forza "straordinaria": e quelle condanne sono pertanto condanne "straordinarie": che non perciò solo possono essere definite ingiuste, ma che meriterebbero, per essere accettate oggi, di essere perlomeno riconsiderate al fine di accertare se Battisti sia chiamato a pagare per azioni che ha commesso o per essersi invece trovato a vivere in tempi particolarmente duri e spietati, dall'una e dall'altra parte della barricata.
Si tratta del banale principio per cui ciascuno è tenuto a pagare i propri sbagli: principio che è vero non solo quando il vero colpevole è un'altra persona, ma anche quando è un intero periodo storico.
E' un'affermazione vera solo in parte. Vero è che sia occorsa una straordinaria forza per battere il terrorismo, e probabilmente vero pure è che le nuove generazioni non sappiano, oggi, cosa effettivamente allora sia successo. Meno vero, a mio parere, che paesi amici vicini e lontani non abbiano compreso: nel caso del Brasile invece sembra che la comprensione sia stata piena.
La chiave di tutto è in quell'aggettivo, "straordinaria". Personalmente, una volta raggiunta l'età della ragione e superata la fascinazione adolescenziale per il mito della rivoluzione, non ho mai pensato per un solo momento che lo Stato non dovessere combattare il terrorismo, di qualunque colore esso fosse. C'era una guerra, sia pur di bassa intensità, e in guerra non si va tanto per il sottile.
Di qui, con la maturità d'oggi, posso avallare la legislazione emergenziale, le storture della legge sui pentiti (quella che consentiva a chiunque avesse ammazzato anche un mezzo plotone di uscir presto di galera, a patto di mandarvi dentro qualcun altro al posto suo) e perfino lo stiracchiamento giurisprudenziale del vecchio codice fascista, con particolare riferimento all'art. 110 del medesimo, quello sul concorso di persone nel reato.
In quegli anni era possibile essere condannati all'ergastolo non già per aver partecipato a un commando omicida; non già per averne fatto il palo o aver procurato le armi o anche solo la Giulietta per la fuga; non già per aver promosso l'azione o averla caldeggiata, ma perfino per aver partecipato a una riunione in cui se ne discuteva e non aver espresso chiaramente il proprio dissenso.
Tempi duri, leggi dure. E funzionarono. Ma l'idea stessa di giustizia impone che, una volta finita l'emergenza, si rivedano anche le condanne che in forza della necessità di combatterla sono state comminate.
Fu così, del resto, all'uscita del dopoguerra, quando, instaurata e resa solida la legalità repubblicana, fu consentito anche a coloro che facevano parte del regime caduto di tornare a partecipare alla vita pubblica.
Il caso Battisti si inquadra (almeno a quanto ne ho capito) esattamente in quella logica emergenziale: condanne comminate a titolo di concorso morale o, nel caso in cui l'accusa sia quella di aver avuto un ruolo attivo nell'azione, esclusivamente sulla base della parola di un pentito che in altre occasioni aveva dimostrato di cadere d'abitudine in profonde contraddizioni.
Quelle condanne, come moltissime altre, sono riuscite a farci uscire da anni buissimi: ma erano giustificate in quel contesto, non più nel contesto attuale nel quale l'emergenza non esiste più né è neppure ipotizzabile possa tornare.
Questo, ritengo, sia stato perfettamente compreso da Lula. Quei tribunali che hanno condannato Battisti lo hanno fatto esercitando una forza "straordinaria": e quelle condanne sono pertanto condanne "straordinarie": che non perciò solo possono essere definite ingiuste, ma che meriterebbero, per essere accettate oggi, di essere perlomeno riconsiderate al fine di accertare se Battisti sia chiamato a pagare per azioni che ha commesso o per essersi invece trovato a vivere in tempi particolarmente duri e spietati, dall'una e dall'altra parte della barricata.
Si tratta del banale principio per cui ciascuno è tenuto a pagare i propri sbagli: principio che è vero non solo quando il vero colpevole è un'altra persona, ma anche quando è un intero periodo storico.
mercoledì 5 gennaio 2011
Telepass
Ho fatto il telepass. Che mi costa una quindicina di euri all'anno, e ciò è una rapina; ma visto che stasera vado ai monti, e poi domenica torno giù dai mondi, ci sarà una fila incredibile per la strada, sarò nervoso e stanco, trovo che tale prezzo sia congruo rispetto al vieppiù di incazzatura che mi prenderei al casello dell'autostrada.
E' comunque vergognoso che, all'alba del terzo millennio, noi si sia ancora schiavi di queste tecnologie a carbonella. In fondo non ci vorrebbe nulla a far transitare la macchina dal casello, farne riprendere le terga da una telecamera, leggere la targa tramite un sistema di riconoscimento caratteri, collegarsi all'archivio della motorizzazione, estrarre glil identificativi del proprietario del veicolo, collegare il codice fiscale all'anagrafe tributaria, estrarne i dati del conto corrente ed addebitare il pedaggio sul medesimo.
Si risparmierebbero anche un bel po' di batterie, con buona pace della salute del pianeta.
E' comunque vergognoso che, all'alba del terzo millennio, noi si sia ancora schiavi di queste tecnologie a carbonella. In fondo non ci vorrebbe nulla a far transitare la macchina dal casello, farne riprendere le terga da una telecamera, leggere la targa tramite un sistema di riconoscimento caratteri, collegarsi all'archivio della motorizzazione, estrarre glil identificativi del proprietario del veicolo, collegare il codice fiscale all'anagrafe tributaria, estrarne i dati del conto corrente ed addebitare il pedaggio sul medesimo.
Si risparmierebbero anche un bel po' di batterie, con buona pace della salute del pianeta.
martedì 4 gennaio 2011
Zuccopycat
Io ci ho questa bizzarra simpatia per Vittorio Zucconi, che mi comporta prese in giro da parte di amici e fidanzate.
Ho addirittura dei suoi libri in casa, e il sabato la prima cosa che leggo su D è la sua rubrica: sono malato, ma considerato che ci sono altri che violentano le bambine, in fondo in fondo trovo che il mio vizio sia abbastanza innocuo per la società.
Poi ci ho questo odio per le primarie, e non solo perché piacciono tanto a Renzi e Civati: chi mi legge da un po' di tempo sa che si tratta di un odio razionale e argomentato, che dura da sempre con discreta coerenza.
Tutta questa premessa perché questo primo post dell'anno parla male di Zucconi e bene delle primarie; ma non è che mi sia preso una botta in testa: semplicemente quando ci vuole ci vuole.
Afferma, Zucconi, che con le primarie o si afferma il candidato più d'apparato che ci sia, o vince un outsider ma, in tal caso,«si afferma (schema Vendola) qualcuno che piace moltissimo a pochi e pochissimo a molti, quasi sempre garantendo la sconfitta nelle sole elezioni che contano, quelle generali, a meno che gli avversari facciano la cortesia di dividersi i voti, come avvenne per Vendola in Puglia (Poli Bortone)».
Ora, quella riportata non è un'asserzione contestabile: è semplicemente una castroneria: e né Zucconi né i pochi lettori di questo blog hanno certo bisogno di link per rammentare quante volte i candidati usciti dalle primarie e non d'apparato hanno vinto alle elezioni generali: a cominciare da Vendola, che ha avuto successo due (DUE) volte, per arrivare giù giù, scavando scavando, fino a Matteo Renzi (to'!).
Ci sono tanti nomi usciti dalle primarie che hanno vinto le elezioni, e tanti nomi che le hanno perse: il che dovrebbe essere la miglior dimostrazione che, se lo scopo delle primarie fosse quello di vincere le elezioni, allora sarebbero lo strumento sbagliato. e del resto chi pensasse che le primarie servano a vincere le elezioni farebbe bene a confrontarsi con la realtà degli USA (specie se cittadino di costà), laddove alle elezioni generali si scontrano due candidati ambedue usciti proprio dalle primarie, che evidentemente non possono sedere entrambi dietro la Resolute Desk.
Ho addirittura dei suoi libri in casa, e il sabato la prima cosa che leggo su D è la sua rubrica: sono malato, ma considerato che ci sono altri che violentano le bambine, in fondo in fondo trovo che il mio vizio sia abbastanza innocuo per la società.
Poi ci ho questo odio per le primarie, e non solo perché piacciono tanto a Renzi e Civati: chi mi legge da un po' di tempo sa che si tratta di un odio razionale e argomentato, che dura da sempre con discreta coerenza.
Tutta questa premessa perché questo primo post dell'anno parla male di Zucconi e bene delle primarie; ma non è che mi sia preso una botta in testa: semplicemente quando ci vuole ci vuole.
Afferma, Zucconi, che con le primarie o si afferma il candidato più d'apparato che ci sia, o vince un outsider ma, in tal caso,«si afferma (schema Vendola) qualcuno che piace moltissimo a pochi e pochissimo a molti, quasi sempre garantendo la sconfitta nelle sole elezioni che contano, quelle generali, a meno che gli avversari facciano la cortesia di dividersi i voti, come avvenne per Vendola in Puglia (Poli Bortone)».
Ora, quella riportata non è un'asserzione contestabile: è semplicemente una castroneria: e né Zucconi né i pochi lettori di questo blog hanno certo bisogno di link per rammentare quante volte i candidati usciti dalle primarie e non d'apparato hanno vinto alle elezioni generali: a cominciare da Vendola, che ha avuto successo due (DUE) volte, per arrivare giù giù, scavando scavando, fino a Matteo Renzi (to'!).
Ci sono tanti nomi usciti dalle primarie che hanno vinto le elezioni, e tanti nomi che le hanno perse: il che dovrebbe essere la miglior dimostrazione che, se lo scopo delle primarie fosse quello di vincere le elezioni, allora sarebbero lo strumento sbagliato. e del resto chi pensasse che le primarie servano a vincere le elezioni farebbe bene a confrontarsi con la realtà degli USA (specie se cittadino di costà), laddove alle elezioni generali si scontrano due candidati ambedue usciti proprio dalle primarie, che evidentemente non possono sedere entrambi dietro la Resolute Desk.