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martedì 2 novembre 2010

Il Bersaglio

«Milano Ristorazione spedita con termos e banchetti fuori dai camposanti nei giorni dedicati ai defunti. Tre dipendenti ad ogni postazione per l'offerta di te o caffé caldi con gli auguri del sindaco uscente»
«Per la cerimonia di domani sarà rimossa la rete messa a protezione dell'intonaco del soffitto che si sta sbriciolando.»
A volte le attinenze che ti forniscono la chiave di lettura della città dove vivi ti si presentano così, da sole.

lunedì 2 agosto 2010

Regolamento di polizia urbana del Comune di Milano

Come oramai universalmente noto, l'art. 87 del Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Milano prescrive:
Iscrizioni sulle insegne, vetrine, ecc.
E’ vietata qualunque esposizione d’insegne, vetrine, cartelli, frontoni, ditte e pubblicità d’ogni specie, senza l’approvazione dell’Autorità Comunale. Le leggende devono essere in corretta lingua italiana. Si può tuttavia aggiungere la traduzione in lingua straniera purché in caratteri meno appariscenti.
Saranno tollerati per la durata non superiore a tre mesi i cartelli provvisori in carta o tela.
Il vicesindaco De Corato giustamente richiama all'ordine e al rispetto delle leggi: ne abbiamo parlato negli scorsi post.
Credo sia il caso di passare in rassegna altre disposizioni neglette, per rinfrescare la memoria ai concittadini che troppo spesso violano inconsapevolmente le leggi che regolano la vita nella nostra operosa città.

Art. 23. Rotolamento o trascico d’oggetti.
E’ vietato sugli spazi pubblici far rotolare o trascinare botti, cerchioni, ruote ed oggetti pesanti.

Art. 74. Atti contro la decenza. - luoghi di decenza.
In qualsiasi luogo pubblico è vietato soddisfare alle naturali occorrenze fuori degli appositi manufatti. E’ vietato imbrattare, in qualsiasi modo, guastare le latrine e gli orinatoi pubblici e gli oggetti che vi si trovano.
E’ pure vietato allontanarsi dai camerini delle latrine e dagli orinatoi senza aver rimessi gli abiti completamente in ordine.

Art. 80 - Operazioni vietate nei luoghi pubblici.
Nei luoghi pubblici è vietato:
a) pascere o far pascolare animali, domarli, addestrarli, ungerli, strigliarli, tosarli e ferrarli;
b) pulire i veicoli, i finimenti e gli utensili di stalla e rimessa;
c) pigiare uva;
d) gettare o abbandonare materia in stato di combustione;
e) esporre e trasportare ferri taglienti, vetri ed oggetti pericolosi senza le necessarie cautele

Art. 114. Vendita con ceste.
I venditori ambulanti con ceste, cassette e simili non possono deporre le medesime sul suolo, che pel tempo necessario all’atto della singola vendita.

Art. 120. Carretta.
La carretta deve essere delle dimensioni stabilite dall’Autorità Comunale, ben verniciata da potersi lavare e mantenuta con la massima pulizia, al concessionario è fatto obbligo, quando attenda alla vendita di derrate alimentari, di procedere ad accurata lavatura della carretta, ciascun giorno prima di cominciare la vendita.
I generi alimentari dovranno, durante l’esercizio del commercio, essere difesi da un velo.

Particolarmente pregnanti ho trovato le disposizioni contenute nell'articolo che segue:
134. Suonatori ambulanti.
L’uso dei piani a cilindro e d’altri strumenti musicali è limitato alle ore 9 alle ore 20 dal 1° novembre a 1° marzo, e dalle ore 8 alle ore 21 dal 2 marzo al 31 ottobre.
Ai suonatori ambulanti di piano a cilindro è inibito di suonare e di fermarsi:
a) nelle zone comprese nel limite segnato dall’anello della nuova circonvallazione del piano d’ampliamento, costituito dai viali Umbria, Piceno, dei Mille, Abruzzi, Brianza, Marche, Jenner, Caracciolo, Ruggero di Lauria, Buonarroti, Elba, Vesuvio, Bergognone, Tibaldi, Toscana ed Isonzo, nonché nelle vicinanze d’ospedali, case di cura, cliniche ed istituti d’educazione che si trovino in località esterne alla nuova circonvallazione;
b) in tutte le vie, i corsi e le piazze percorse da tranvie.
E’ pure fatto divieto di sostare suonando ai crocevia e sbocchi di vie e in ogni località ove si verificasse uno straordinario concorso.
E’ in ogni caso fatto divieto di sostare suonando in qualsiasi località abitata, per un periodo di tempo superiore ai 10 minuti.

Buona convivenza a tutti!

venerdì 11 giugno 2010

Poveraccismi

Quei poveri cristi che abitano nelle case popolari di via Dessiè sono riusciti a tenere per anni in ostaggio una città che pretendeva di essere la più europea delle metropoli italiane.
Colpa di chi ha dato loro ascolto anzichè ignorarli, come si fa con le zanzare; e colpa anche di coloro che pensano che il legame con il territorio e le politiche "dal basso" abbiano un ritorno in termini elettorali.
Non si può nemmeno voler loro troppo male: in fondo la maggior parte di loro vivono in buchi scomodi come le case di ringhiera d'inizio '900 e senza il loro fascino.
Una modesta proposta: deportiamoli tutti in Corso Como, e finiamola lì.

mercoledì 18 novembre 2009

BikeMi proroga

Carissimo Marco,
sei stato fra i primi iscritti al progetto BikeMi e pertanto t'informiamo che il tuo abbonamento annuale è quasi terminato.
La scadenza è prevista per il 03/12/2009.
Per ringraziarti del supporto e della tempestività abbiamo però deciso di posticipare la scadenza al giorno 17/01/2010.
Così facendo potrai usufruire della proroga gratuita del servizio per tutto il periodo festivo aiutando anche a decongestionare il traffico particolarmente intenso in quel periodo.
Ti invieremo a breve una comunicazione con la procedura da seguire per rinnovare il tuo abbonamento a partire dal 18 gennaio 2010.
Restiamo a tua completa disposizione cogliamo l'occasione per porgerti i nostri più cordiali saluti .
Customer Care BikeMi
BikeMi è gestito da ATM e da ClearChannel: una paludata, elefantiaca azienda pubblica permeata di clientelarismo e una società privata che vende spazi pubblicitari. L'una guarda alla gestione del potere come un ministero sovietico d'epoca brezneviana, e lo sanno bene coloro che abitano in questa citta dove gli incidenti e i disservizi dovuti all'obsolescenza del materiale e alla massimizzazione del profitto d'esercizio sono sempre più frequenti; l'altra guarda, come è giusto che sia, a fare utili.
Soci che si sono guardati in cagnesco, in questi mesi, anche perché il Comune di Milano -vale a dire il papà di ATM- non ha rispettato con rigore e puntualità gli impegni assunti.

Il regalare (perché di puro e semplice regalo, si tratta) un mese e mezzo d'abbonamento ad un servizio che non conosce la minima crisi mi sembra un ottimo segno: non mi chiedono di rinnovare fin d'ora, non mi chiedono neanche di compilare un questionario: mi regalano 45 giorni senza chiedermi nulla in cambio.
Mi incuriosisce solo una cosa: a chi è venuta, l'idea?

Milano Si-Cura

Domani parte una tre giorni di incontri che rischiano di essere molto interessanti; e allo stesso tempo noiosi e tristi come si addice alle cose serie.
Io ne ho sentito parlare giovedì scorso; e se non fossi stato costretto a stare ad assistervi, a quella presentazione, certo per mia scelta non vi avrei presenziato e non ne sarei rimasto entusiasta.
In effetti sia il tema che il contorno sono lontani assai dai miei interessi e dalle mie simpatie: ma questo post oltre che fornire una segnalazione è anche l'ammissione che il pregiudizio è sempre in agguato, anche in chi crede di essere aperto a tutto.

Parliamo della Casa della Carità, cioè di un'istituzione fondata da Carlo Maria Martini, già arcivescovo di Milano, per dare accoglienza alle persone in situazioni di disagio. Fin qui niente di nuovo, ma questa Casa cerca di fornire accoglienza di qualità: niente a che vedere con i dormitori quindi, bensì più con le case dello studente, per dire. Ed è un'istituzione ecclesiastica dove ci sono i crocefissi, ci mancherebbe, ma nessuno chiede a nessuno di farsi i segni della croce o di partecipare alla messa quale corrispettivo del letto e del pasto. E le famiglie possono stare unite: anche le coppie, non solo la mamma con i figlioletti; nella stessa stanza.

Questa Casa della Carità ha organizzato una tre giorni di incontri dal titolo "Milano si-cura" e dal sottotitolo "dialoghi di riconciliazione": in apparenza (e volutamente) catechetico, quest'ultimo; ma in realtà la riconciliazione di cui si parla è quella della città invisibile con quella rutilante, e viceversa. Non c'è storia invece su quel si-cura, che vuole trasformare l'ansia di esclusione e controllo sociale che permea questa città nel suo contrario; e qui si potrebbero dire tante belle cose sul senso di Responsabilità; sulla Carità intesa in senso non paternalistico bensì di prossimità verso l'altro; sulla natura del patto di Cittadinanza.
Insomma: il programma è qui, ciascuno ne faccia quel che ne vuol fare.

sabato 14 novembre 2009

La Belle et le Bad Boy

Ci sono quelle mattine, che nel dormiveglia cominci ad avvertire dapprima nell'inconscio, e poi ahimè con piena coscienza, una sensazione che sale dallo stomaco, si intensifica, diviene un odore e infine un sapore. Sa di <LongIsland-MilanoTorino-Cosmopolitan-WhiteLady-Martini-Martini-Martini-Birretta[Birretta? Birretta! Doh!]-GewurtzTraminer-Gavi-Lambrusco[con la frittura, il Lambrusco, già]-Teroldego-Moscato-Sambuchino[Averna, what else?]-Fernettino-Fernettino-Sambuchino-Grappino-Limoncello[e dillo, che sei un cretino!]-MississippiMule-Stinger-Birretta[Doh!]>
E ad ogni nuova vampata di quella sensazione, tu rammenti ciascuno dei bicchieri, ciascuno dei sorsi, ciascuna goccia di ciascun sorso; ti penti, ti insulti e prometti di non farlo più, maimaimaimai più.
Poi monta il mal di testa: prendi un Brufen: ormai hai imparato la lezione. I sintomi passano e dopo una ventina di minuti, bel bello, riesci ad alzarti portandoti dentro solo il divertimento della sera prima, in una giornata che volge al bello.

Ci sono quelle altre mattine, che nel dormiveglia cominci ad avvertire dapprima un senso di vago disagio, come se avessi una sensazione di aver fatto qualcosa di male, ma non sai bene cosa possa mai essere, quella sciocchezza che hai commesso, finché i contorni del problema cominciano a delineartisi con più chiarezza, e rammenti di aver scritto delle cose, provocando e rispondendo a provocazioni.
E ti ripassa nella memoria ciascuna frase, ciascuna proposizione e ciascuna parola; ti penti, t'insulti, ti dai del cretino.
Vai a rileggere poi, abbattuto, e ti rendi conto di quanto tu possa essere apparso idiota e fanfarone; e inetto nel non cogliere significati e nel non riuscirne a trasmetterne.
Ti rendi conto che forse forse sarebbe ora che ti comperassi uno di quei manuali galanti per facilitare il dialogo tra gli uomini e le donne d'oggi: tipo quello della Blasi*, per dire (certo, anche la Soncini* ha scritto qualcosa, ma quello è un'altro campionato, e non potrai mai arrivare a capirci dentro nulla: è troppo intelligente e sofisticato per te, che sei un ragazzo di campagna ed ogni tanto sbagli gli apostrofi** e scrivi faccine :-((()
Ti rileggi, ti turbi, ti penti, ti maledici. Poi a un tratto, verso il fondo, trovi scritto «ok, andata»: ti accorgi che per quanto banale, scontato e presuntuoso tu sia stato, alla fine le cose non sono andate per niente male, anzi! E se ti rileggi una seconda volta ti convinci anche che prima di arrivarci, a quell'«ok, andata» che hai anelato e per il quale hai speso le tue energie, sei anche riuscito a segnare un paio di punticini, assolvendo un compito tutt'altro che banale con un'interlocutrice mille volte più smaliziata di te, che ora ti senti un po' meno ragazzo di campagna (ma lo sei, rammentalo sempre: non montarti la testa!)
Ti viene in mente di rileggere un pensiero che avevi scritto poche ore prima e concludi, sbalordito, che ogni tanto ci pigli. Sei ancora un discreto giocatore, ti hanno ammesso al tavolo; ora devi vincere.
La giornata volge al bello.

* nessuna scrittrice è stata maltrattata nella produzione di questo post.
** fa pendant con «un'altro campionato». spiegare le battute, uff.

venerdì 13 novembre 2009

In città è un'altra cosa

Certo, la provincia è autentica: le persone sono vere, esprimono la voglia di divertirsi, di bere, di scopare: in concreto.

Qui no: tutto è coperto da una patina di ottone dorato, tutto è regolato, i sentimenti nascosti. Le forme hanno la meglio.
La gente crede che questa in questa città si sia ciò che si appare; si ribella, resiste, e poi cede alla logica della forma: c'è chi si adegua e c'è chi si estrania, con ciò adeguandosi pure lui, in fondo.
Ti chiedi perché tu ci stia, perché non te ne vada altrove, cosa diavolo ti leghi a questa fogna: una fogna dalla quale non riesci a distaccarti.
Finché non ti capitano quelle serate che ti ricordano quello che sai e che spesso -o sempre- dimentichi: non è vero, che in questa città sei ciò che appari.
Per capirla, questa città, devi renderti conto che qui tu sei ciò che potresti essere: che anche quando in qualunque altro posto saresti abbastanza vecchio e bolso da non poterti aspettare più nulla dalla vita, qui -se lo vuoi- hai ancora una vita davanti.
E puoi farne ciò che vuoi. Tu.

lunedì 9 novembre 2009

In provincia è un'altra cosa

Sì, certo, Milano. La metropoli, le opportunità, la vita culturale. I salotti, i teatri, i cinemà. I bar patinati, le fighe che non te le danno e che poi però te la vorrebbero dare quando non gliela chiedi e magari manco più t'interessa.
Gli eventi interessanti, quelli a cui non puoi non partecipare e non partecipi e quelli a cui non dovresti partecipare, e ti ci trovi in mezzo.
Una città, insomma.

Però: il gusto di andare in un bar di periferia, con un congelatore zeppo fino all'orlo di birre gelate, una band che suona del buon (IL buon) vecchio rock, il barman che ti abbraccia stritolandoti e salta di là dal bancone quando ti vede entrare; il pavimento masarento sul quale rotolano le ragazze tiratissime da fighe che arrivano alla fine della serata con le calze smagliate; Mirko che dietro il bancone si toglie gli occhiali e l'orologio per scatenare i suoi centoventi chili contro un avventore reso particolarmente molesto dal vino e dai cori da stadio. I vetri spaccati, i mozziconi; gli abbracci di saluto e i baci sulla bocca.
In provincia è un'altra cosa.

venerdì 23 ottobre 2009

Piove, ATM ladra

Totentanz racconta una sua piccola disavventura con il metrò di Francoforte, e di come l'efficienza tedesca risolva certe situazioni.
Ieri e l'altro ieri a Milano pioveva, e quindi ho dovuto prendere il metrò per andare al lavoro. Per dare un'idea della frequenza con la quale me ne servo, considerate che l'altro ieri ho utilizzato l'ultima corsa del "carnet" (vale a dire un biglietto valido dieci corse), il cui primo viaggio era stato timbrato il 14 luglio.
Su quattro corse, due andate e due ritorni, due si sono svolte in condizioni tutto sommato umane (vale a dire stipato come un pesce in barile); una si è svolta in condizioni umane solo dopo aver fatto passare tre treni non quali non era umanamente possibile salire, e una mi ha visto salire sul convoglio ed aspettare una dozzina di minuti prima della sua partenza; alla stazione di San Babila verso le 18:30: chi ha i necessari riferimenti spazio-temporali potrà ben capire come si sia svolto il viaggio.

Non mi stupisco tanto del fatto che ci sia così tanta gente che accetta di passare ogni giorno della settimana un paio di mezz'orette in queste condizioni (per non dire poi dei pendolari: ma in fondo loro se lo sono scelti di star fuori città, e indiscutibilmente godono di una serie di vantaggi che ripagano dello stress del viaggio mattutino e serotino): anch'io l'ho fatto per tanti anni e non mi lamentavo.
Mi rendo però conto che oggi anche un solo giorno di utilizzo del mezzo pubblico mi comporta una grande dose di stress, tanto che quanto la notte sento la pioggia tamburellare fuori dalla finestra provo angoscia per il successivo risveglio: e mi chiedo se sia io ad essere cambiato, in questi ultimi tre-quattro anni, abbassando di molto l'asticella del mio livello di sopportazione; o se sia anche il servizio pubblico molto peggiorato rispetto a prima.

mercoledì 23 settembre 2009

Teniamo la destra!

Conoscete tutti la colonna di destra di Repubblica e sapete tutti quali nefandezze e corbellerie si nascondano tra un paio di tette e un paio di chiappe.
Oggi, invece, c'à anche una piccola perla: un articolo sul Negroni, che spiega che nel medesimo ci vuole il Carpano.
Oramai dovunque i barman ci sbattono dentro il Martini Rosso che, passatemi il lieve eufemismo, dà al Negroni uno spiccato retrogusto di topo morto. E ciò è un problema, ma non insormontabile, se solo potessi chiedere di fartelo come si deve e non come i giovinastri pensano che vada fatto.
Il problema vero è il 95% dei barman pensano che Carpano sia una marca di biciclette, o frigoriferi; e se pronunci la locuzione "Punt e Mes" ti guardano con compassione, e chiedono se ce la fai a tornare alla Baggina a piedi, o vuoi che ti chiamino un tassì.

Quindici fermate

Visto che nei giorni scorsi ho parlato di West Wing, tanto vale che racconti come ho conosciuto la fortunata serie.
Diciamo anzitutto che tra tutti i mille problemi che i traduttori italiani le hanno creato, la scelta del titolo riveste un'importanza non secondaria. West Wing - tutti gli uomini del Presidente fa schifo, puramente e semplicemente; ma non è questo il punto: è proprio che per le serie non ci faccio, come dire, una malattia. Certo, è un argomento che ho visto tornare a più riprese nelle chiacchiere in rete, e quasi sempre in toni elogiativi, ma ciò non è bastato a farmene interessare.

Io abito a un paio di centinaia di passi dalla Baggina, storica e benemerita istituzione milanese fondata nei tempi in cui Giorgio Washington era ancora un suddito di Sua Maestà Britannica Re Giorgio III, e il secondo articolo della Costituzione degli Stati Uniti ancora nella penna di Madison. Un ulteriore paio di centinaia di passi più in là abitava una storica e benemerita esponente della blogosfera italiana la quale, a seguito dell'impacchettamento della casa e di tutta una serie di motivi ampiamente descritti sui suoi blog, ha recentemente deciso di cambiare aria, rendendo tutti i lettori partecipi delle sue vicissitudini (dico questo solo per chiarire che non sto certo rivelando chissà quale segreto!)
Alla fine Aurelia (useremo un nome di fantasia, per rendere del tutto impossibile al lettore il capire a chi ci riferiamo) ha trovato casa: come ovvio non ne conosco l'indirizzo, ma ho capito che la nuova abitazione si trova a una quindicina di fermate circa del metrò rispetto alla precedente.
Ora, quindici fermate possono sembrare un'inezia per chi ogni giorno si fa trenta chilometri di macchina o magari un'ora di treno per andare al lavoro; e così trasferirsi in un altro quartiere appare persino banale, per chi vive in questo grande mondo globalizzato di manager che si svegliano a Mosca, pranzano a Londra e vanno a teatro la sera a New York.
Sta di fatto che i milanesi, che pur si vantano d'essere i più metropolitani tra gli italiani, hanno in realtà un fondo di provincialismo duro a togliersi come la crosta di un arrosto attaccato alla casseruola.
Io, per dire, piuttosto che spostarmi dal mio quartiere per l'Isola, Città Studi o Niguarda, preferirei abitare a Lione, a Saragozza o a Düsseldorf (e notate che non ho detto Parigi, Madrid o Berlino, ché: -"bella forza", mi avreste risposto!)
Mia sorella, per dire ancor più, ha vissuto in Oregon, a San Diego e a Lecce: ma quando si è trattato di tornare a Milano ha preso casa in via Forze Armate, pur lavorando ad Agrate: e se andate su Google Maps capirete che non sembra un'idea furbissima, a prima vista. Il mio più caro amico ha abitato in Mongolia per un paio d'annetti, ma non riusciva a sopportare quei tre-quattro anni che ha dovuto trascorrere dalle parti di piazzale Loreto.
Non so se Aurelia condivida questo modo di sentire: magari le liquiderebbe come sciocchezze, dato che forse il modo di pensare mio e dei miei amici è vecchio e sorpassato. Tuttavia, non foss'altro per il gran parlare che ella aveva fatto del suo trasloco, e per la vicinanza che si crea d'istinto con persone di cui si sa vita morte e miracoli pur non avendole mai viste di persona, non potevo non soffermarmi a pensare a quel trasferimento con un velato senso di compassione, nel senso squisitamente etimologico del termine, quel paio di volte che nelle mie passeggiate serali d'agosto passavo sotto quella casa tutta imbacuccata e ormai vuota.
E' così che un giorno su FF vedo comparire questa riga: "casa è dove risuona, enfin, la sigla di West Wing"; e mi dico: accipicchia, se la sigla di questa trasmissione è capace di far sentire a casa chi è andato ad abitare dall'altra parte del mondo conosciuto, a quindici fermate di metrò, tra i leoni, insomma; allora dev'esserci proprio qualcosa di buono.
E quindi sono arrivato a casa, ho preso il Mulo e ho iniziato a farlo lavorare un po'; e così adesso ho finito la seconda serie, e mi accingo alla terza.

lunedì 31 agosto 2009

Caffè, listini, sconti.

Un mio precedente post prendeva spunto dalla polemica di fin'estate sui bar che truffano gli stranieri per dimostrare che, listini alla mano, la truffa agli stranieri proprio non c'era, dato che almeno uno dei locali accusati aveva praticato ai sedicenti turisti i prezzi di listino.
Ne è nata una serie di commenti, qui e in altri luoghi che hanno dato spazio alla cosa, talché credo sia opportuno un piccolo approfondimento, anche alla luce dell'ultimo dei commenti che ho ricevuto, nel quale si dà conto di un locale veneto che ha istituzionalizzato lo sconto agli italiani.
Il tema, lo dico subito, è tutt'altro che semplice da dipanare: si tratta di una di quelle questioni dove ci sono dei bianchi, dei neri, e un'infinità di sfumature di grigio che rendono impossibile dire se una certa tonalità sia più prossima al bianco o al nero.

Sono partito dal concetto che il commerciante è libero di praticare i prezzi che più gli aggradano, con il limite che non può praticare prezzi superiori a quelli di listino: ciò costituisce anzitutto un principio di diritto civile (artt. 1336 c.c.) e, successivamente, di diritto penale (art. 640 c.p.)
E' vero che a Milano si usa poco, ma in altri luoghi (chessò: Lucca) è perfettamente normale andare a comperare un paio di scarpe da 10 euri (non cento né mille: dieci) e chiedere lo sconticino; credo nessuno di voi possa ritenere che il negoziante non abbia il diritto di praticarlo.
Come pure sappiamo che ci sono i voli last minute e gli alberghi convenzionati. Personalmente io non ho mai (ma dico mai) pagato per una camera d'albergo il prezzo esposto al pubblico: e non solo quando ho viaggiato per lavoro, ma anche quando sono arrivato da solo privatamente in una città sconosciuta verso sera: basta chiedere e la riduzione è praticamente automatica (seppur magari di piccola misura).
Si può contestare il fatto che altro è il praticare lo sconto a chi lo chiede, e altro farlo in funzione della sua faccia: ma non mi sembra sia questo il punto, non foss'altro per il fatto che chiunque ha interesse ad ottenere uno sconto e si può dire che sia una specie di richiesta implicita: chi mai può avere interesse a pagare di più una cosa che può pagare di meno?

Passin passino, però, arriviamo al punto di cui al commento che citavo all'inizio: quello del caffè che istituzionalizza lo sconto agli italiani, scrivendolo a chiare lettere sul listino. Non so se la cosa sia vera, né se sia legale, in quanto non sono certo che un esercizio pubblico possa formulare listini differenziati: certo mi ricorda molto da vicino i tempi lontani in cui andavo in Romania, laddove istituzionalmente (e in modo del tutto trasparente) agli stranieri veniva praticato un prezzo e agli indigeni un prezzo di un ordine di grandezza inferiore per gli stessi servizi: il che era ben giustificato dalla differenza tra i redditi pro-capite.
Ma qui siamo in Italia (e del resto anche in Romania tale pratica non esiste più da lunga pezza). Indipendentemente dalla legalità o meno della cosa, mi sembra il problema sia di opportunità e di presentabilità.
Anzitutto, altro è praticare degli sconti e altro differenziare i listini: questa seconda pratica mi sembra molto più antipatica della prima, e se fossi un turista mi farebbe rivoltare gli zebedei (in quanto praticata in un paese che pretende di essere una potenza mondiale: ché se fosse praticata un Moldavia mi sembrerebbe, invece, quasi ovvia, e mi stupirei del conbtrario).
Ma, soprattutto, il listino differenziato, o lo sconto così largamente istituzionalizzato, non ha proprio alcuna ragion d'essere che non sia un velato sciovinismo (non si tratta di razzismo, badate). Il Caffè di via Mercanti che pratica lo sconto all'(apparente) impiegato lo fa perché quel signore può diventare un cliente abituale (cosa che con i prezzi del listino ufficiale al pubblico è tutt'altro che probabile): e il Caffè ha bisogno di clienti abituali, dato che di mesi nell'anno ce ne sono dodici, molti dei quali poveri di turisti ma ricchi di conti da pagare.
Se lo sconto viene praticato non solo all'apparente impiegato bensì anche al siciliano in visita al Duomo, la cosa diventa però priva di senso, dato che è molto più probabile che tra i clienti si ripresenti il luganese piuttosto che il palermitano, non foss'altro perché questi abita venti volte più distante del primo.
Quindi direi che il criterio che dovrebbe fare la differenza per giudicare -non tanto della legittimità quanto- dell'opportunità di questa pratica commerciale è proprio l'esistenza in capo al gestore dell'interesse ad assicurarsi, almeno in via potenziale, un nuovo cliente abituale. Dove tale interesse non è ravvisabile, credo che la pratica dell'andar fuori listino sia censurabile, mentre negli altri casi non vi vedo nulla da ridire.

mercoledì 26 agosto 2009

Terra Mia

Come ben sapete, qui si farebbero anche le marchette, però nessuno viene a proporcele. Pertanto, se vi dico che da Terra Mia (via Sebenico, 24, zona Isola) si mangia un porcetto gustosissimo e cotto alla perfezione, tenetelo per vero. Se poi ci mettessero le patate al forno invece di quelle fritte, meriterebbero un premio.

Ieri però, appena qualche piano più sopra, ho trascorso una serata piacevolissima gustando una cena di pesce deliziosa: ma non era un locale pubblico bensì la casa di una blogger alla quale volevo lasciare quest'attestato di stima.

Il caffè di via dei Mercanti

Ci sono anime belle le quali credono che la stampa professionale non abbia più ragion d'essere, atteso che ora il web duepuntozero consente di creare le notizie dal basso senza il filtro dei perfidi editori. Costoro dovrebbero riflettere sul fatto che ad agosto, quando i quotidiani si riempiono di puttanate, le reti sociali sono altrettanto piene di puttanate, perlopiù le medesime proposte dalla stampa "vera".
Tra queste spicca, almeno per me, la polemica che più estiva non si potrebbe sugli scontrini dei bar milanesi: credo sappiate tutti benissimo di che si tratta, ma metto un link e un'immagine giusto perché tra due giorni nessuno si ricorderà più di questa cazzata.
La questione è questa: sembra che ci siano dei bar che a seconda dell'aspetto ti fanno pagare più (se sembri un turista) o meno (se sembri un impiegato milanese): e ciò è fonte di grande scandalo.
Allora: la prima cosa è di capire se il bar ha caricato indebitamente il "turista" e fatto il prezzo di listino al "milanese", o al contrario ha applicato al "turista" il prezzo pieno e ridotto arbitrariamente il medesimo al "milanese". Poc'anzi sono andato in via dei Mercanti (che da qui non è un gran viaggio) e mi sono guardato il listino dei prezzi: cosa tutt'altro che difficile, dato che sta esposto lì fuori ed è grande come un letto a due piazze, o poco meno. Mi sono così accertato che effettivamente il panino che costa meno viene via a sei euri, e la bottiglietta d'acqua a tre euri e mezzo.
Prezzi pazzeschi (più il secondo che che il primo): ma o decidiamo di richiamare in carica Ferrer e il vicario di provvisione, o accettiamo il fatto che siamo in un'economia di libero mercato. Vi sembra scandaloso chiedere tre euri e mezzo per mezzo litro d'acqua? A me sembra più scandaloso spendere una milionata di vecchie lire per un telefonino che fa anche il computer ma su cui non puoi mettere i programmi che ti pare: ognuno ha le sue manie, e il mondo è bello perché vario.
Sta di fatto che a cinquanta metri da quel bar c'è una fontanella di acqua fresca e gratuita, e che se uno ha bisogno di un telefono che si limiti a telefonare, ce n'è in giro a venti euri, e funzionano benissimo; se poi vuoi fare il figo con gli amici, o sederti a rinfrescarti sotto uno dei più antichi monumenti della città, libero di farlo, ma non lamentarti.
Quindi: lo scontrino caro è corretto; e questo è un punto fondamentale, dacché il gestore sarebbe un vero furfante, se mettesse in vendita un panino a cinque euri e poi per isbaglio ne battesse sei.
Resta il fatto che al "milanese" i prezzi sono stati dimezzati. Ciò deve scandalizzarci? Io non sono minimamente turbato.
Il fatto è che nei bar dove vado a ristorarmi tra la fine del lavoro e l'ora di cena, io pago sempre meno del prezzo di listino: ed è una cosa del tutto naturale.
Quando entro per la prima volta in un nuovo bar e decido che quel posto diventerà il mio posto per l'aperitivo (succederà una volta ogni cinque anni, suppergiù): in quel momento il barista ha vinto un terno secco al lotto: perché si è assicurato una fonte sicura, continuativa e abbondante di guadagni rappresentati dallo smodato numero di consumazioni che di lì in poi verranno ordinate da me e quei pochi amici con cui mi accompagno. Ed è del tutto naturale che il gestore, dopo aver acceso un cero a San Medardo, protettore dei baristi, cerchi di ingraziarsi tale manna dal cielo proponendo a me e ai miei accoliti condizioni di favore: è il commercio, nulla più.
Conta qualcosa il fatto che "il mio barista" mi conosca benissimo e mi chiami la mattina di Natale per farmi gli auguri, mentre il gestore di Via Mercanti non conosca l'avventore bensì lo fiuti dall'aspetto? No, non conta per nulla. Sarebbe inammissibile se l'impiegato dell'anagrafe potesse decidere autonomamente se fare lo sconto sui bolli per la carta d'identità, o se il vigile potesse fare lo sconto sulla contravvenzione alle belle figliole; ma il barista, se decide di far pagare meno, ci mette solo e unicamente del suo: perché è un commerciante, non un sovkhozniko: e finché non truffa il prossimo caricando consumazioni farlocche o mettendo il dito sul piatto della bilancia, è libero di far ciò che più gli aggrada.

Aggiornamento: tanto per dare alla comunità un servizio degno di questo nome, ho fatto anche due foto ai listini: giusto per capire quanto sono visibili anche ad un presbite miope ed astigmatico. Le foto fanno schifo, ma io il telefonino ce l'ho per telefonare...


lunedì 3 agosto 2009

Minzolinismo

Non è particolarmente originare sparlare del TG1 diretto da Minzolini; ma visto che ieri mi sono visto l'edizione delle 13:30, dopo tanto tempo che non lo facevo, ho potuto notare un paio di chicche.

In apertura i titoli parlano delle "polemiche dopo il caos sul passante di Mestre appena inaugurato": e la cosa mi ha lasciato un po' perplesso, dato che poteva sentirsi una velatissima critica al governo o comunque a qualche potere.
Tale mio sbalordimento è stato di breve durata, e sono stato subito rincuorato. Il primo servizio, infatti, dava conto di come la situazone fosse assolutamente normale, la strada bella e tutti fossero contenti. "Automobilisti sorridenti e rilassati", quelli intervistati, che hanno scelto di fare una "partenza intelligente"; "traffico scorrevole anche dove le tre corsie si immettono nelle due dell'A4". E così è chiaro all'ascoltatore che la colpa di chi si è trovato in coda per ore è di chi si è trovato in coda per ore, ché se fosse stato "intelligente" non ci si sarebbe mica trovato.

Qualora il messaggio non fosse stato sufficientemente chiaro, arriva il secondo servizio, dal lancio significativissimo: "Esodo con disagi anche all'estero", che ci racconta che in Austria la coda è arrivata a 35 Km, e che problemi hanno si sono anche verificati nella civilissima Svizzera e in Germania (per colpa dei cantieri che colà non vengono rimossi). Un micidiale uno-due che fa apparire il nostro paese come un bengodi.

Un bel po' più in là, un servizietto servizio per glorificare la sindaca di Milano e la sua ordinanza antialcolica. Qui si parla della mitica quattordicenne trovata ubriaca e multata, la quale secondo il TG avrebbe "sfiorato il coma etilico" (il TG3 della sera è giunto a dire che i vigili le hanno salvato la vita in quanto era già in coma etilico!).
Il fatto è che nel servizio si dice anche "nel sangue un tasso alcolemico quattro volte il limite consentito": e a quanto mi risulta vi è un limite consentito per mettersi alla guida ma non certo per passeggiare a piedi: salvo che il nostro Dipartimento per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio non abbia già in mente di inasprire le norme, imponendo il test alcolemico anche ai comuni pedoni. Un simile provvedimento sarebbe anche l'occasione per impedire la trista piaga del sesso orale tra coniugi.

giovedì 2 luglio 2009

Una città un po' più europea

BikeMi, il servizio di noleggio di biciclette milanese, da sabato prossimo sarà attivo fino alle due di notte. Tutti i giorni, fino al 31 ottobre.
Dopodiché si valuterà se rendere l'estensione di orario permanente, anche sulla base degli utilizzi.
Questa è un'ottima cosa, non c'è bisogno di spiegare il perché; mi disturba un po' il fatto che l'estensione notturna oltre il 31 ottobre sarà determinata "sulla base degli utilizzi": confido comunque che gli utilizzi medesimi saranno tanti e che in questa città si possa finalmente andare al cinema (se ne resterà qualcuno in centro) anche con questo mezzo.
Saranno un paio di mesi ormai che non faccio un noleggio, dato che sono sempre in giro con la mia fida: ma sapere che al bisogno c'è l'opportunità di usare BikeMi dà una certa tranquillità; e consente, quando arrivano amici da fuori, di non dover per forza prendere la macchina.

venerdì 26 giugno 2009

Pangloss (buone notizie /3)

Un'interessante intervista del Corriere a Filippo Penati.
Voi direte: e che, è una buona notizia, questa? Essì, e ve lo dimostro.
L'intervista chiude con la seguente domanda:

Sarà Filippo Penati il candidato sindaco a Milano per il 2011?
«Io vedo il mio ruolo qui e credo di poter dare un contributo, poi si vedrà come. Ma è il principio che deve essere chiaro: abbiamo dimostrato che si può vincere, cerchiamo di non arretrare».

Ci sono ben due motivi per considerare questa una buona notizia.
Il primo, che una candidatura che comincia a circolare con tale anticipo è praticamente bruciata già in partenza, e se ciò e vero vi sono buone possibilità che Penati non abbia a veder stampato il suo nome su una scheda elettorale (salvo che lo imbarchi in corsa il Carroccio, chissà).
Il secondo, che qualora il precedente punto si dimostrasse falso, e quindi il Penati dovesse per avventura presentarsi come candidato alla poltrona di Sindaco di Milano, ciò sarebbe nella più ortodossa tradizione dei candidati del centrosinistra in questa sfortunata città: una conferma che il mondo non ha ancora cambiato direzione.
E' una cosa che dà un senso di fiducia: direi di continuità tra il passato e il presente.

Insomma: sia che Penati si presenti, sia che non si presenti, c'è almeno un motivo di gioire: siete convinti ora che viviamo nel migliore dei mondi possibili?

venerdì 5 giugno 2009

Ville sparse e biancheggianti sul pendio


Vi comunico in modo più o meno ufficiale che, malgrado le previsioni del tempo siano tutt'altro che buone, il sottoscritto ha deciso di prendersi un giorno di ferie, dato che lunedì le scuole sono chiuse. Doman pomeriggio si recherà ai monti con figlioletto, cucinerà qualche manicaretto, farà qualche passeggiata e un paio di partitelle a Subbuteo. Il ritorno in città è previsto due giorni dopo, in serata.
Capite bene che questa decisione comporta la mia assenza dalla metropoli per tutta la giornata di domenica e per parte del lunedì, perlomeno fino ad oltre le ore 15.

Per quanto riguarda l'Ente Territoriale Inutile non ho mai avuto alcun dubbio (salvo, per un secondo, quando ho letto la provocazione di .mau. sulla lista "NO BOX"): i non milanesi faranno fatica a seguirmi, ma per i concittadini posso dire che quando la nostra sindachessa ha detto di votare per "Guido Penati" ha espresso con candore una profonda verità: l'indistinguibilità dei due candidati l'uno dall'altro.
E quando due candidati sono indistinguibili (ovviamente dal lato del peggio), a quel punto preferisco che vinca quello della parte peggiore: perlomeno appare chiaro che si tratta di un avversario contro il quale combattere.

Qualche dubbio, lo confesso, l'ho avuto per il Parlamento Europeo. Ho già espresso in precedenza la mia convinzione che sia un altro ente di nessuna utilità pratica e neppur teorica, ma è vero che questa consultazione ha anzitutto un significato in ambito nazionale.
Sono stato quindi tentato fino a poco fa di tracciare la croce sul simbolo di Sinistra e Libertà; poi ho letto un post di Suzukimaruti che in un passaggio dice:
La lista peggiore è un cartello elettorale che si chiama Sinistra e Libertà ed è capeggiata dal politico più sopravvalutato della storia italiana, cioè Nichi Vendola: si tratta di un curioso agglomerato fatto da ex rifondatori bertinottiani, gli apprezzatissimi (…) Verdi di Pecoraro Scanio - pare tutti e quattro - i socialisti liberal di Boselli e gli ex diessini ritardati (quelli che si sono accorti nel 2007 che non gli era piaciuta la svolta della Bolognina di Occhetto nel 1991) di Sinistra Democratica. Sono talmente divisi e inconciliabili, animati solo da un astio delirante verso il PD e verso Rifondazione, da non essere assolutamente in grado di produrre un programma comune. Ma fortunatamente non ci hanno nemmeno provato: il loro unico selling point politico è “noi siamo quelli immediatamente più a sinistra del PD: ci votate?”.
E mi sono accorto che forse esagera un po', ma in fondo in fondo quello che dice è vero.

E quindi, oggi pomeriggio controllo l'olio e le gomme, senza rimpianti.

martedì 21 aprile 2009

Buone notizie (BikeMi)

Mi ha scritto BikeMi, dicendomi che durante il Salone del mobile l'orario di apertura del servizio verrà prolungato dalle 23 alle 2 di notte.
E' una buona notizia in quanto qualcosa si muove, e sicuramente l'esito della sperimentazione avrà influenza sull'eventuale decisione di estendere l'orario notturno, in futuro (perlomeno nei week-end).
Resta il problema di chi pagherà tutto ciò: ancora ClearChannel non mi sembra abbia potuto installare nessuna "speciale", e quindi -per quanto ne ho capito- sta gestendo i costi d'esercizio in conto delle penali che incasserà dal Comune.
L'estensione notturna del servizio dovrebbe essere oggetto di una ulteriore convenzione con il comune stesso, ma mi sembra difficile che le trattative possano avanzare finché almeno l'oggetto dei contratti di base (la concessione degli spazi publicitari, per l'appunto) non sarà onorato.
Salvo che ClearChannel abbia fatto i suoi conti e visto che forse forse potrebbe convenire essere pagata in conto penali anziché dover piazzare le speciali alla clientela, compito tanto più difficile considerata la crisi economica.
Arriveremmo così -è fantapolitica, ma la butto lì comunque- a gestire il servizio a carico della fiscalità generale, vale a dire esattamente quanto propugnavo cinque mesi fa, sulla base del fatto che il bike sharing fa bene alla città e ai cittadini che la vivono. Il problema è che a carico della fiscalità generale ci sarebbero non solo i costi vivi, ma anche i profitti di ClearChannel: un po' la dinamica che abbiamo visto per gli USA, dove i contribuenti americani pagano per salvare AIG che fa fare profitti a Goldman Sachs.

lunedì 16 marzo 2009

Treni in orario


Nel precedente post si accennava con una nota di rimpianto al fatto che qualche anno fa i treni arrivassero in orario e i sospetti fossero allontanati di torno senza tanti se e ma da donnicciole.
Tornando per un attimo al primo dei due punti, val la pena di raccontare che sabato sono andato al Museo della Scienza e della Tecnica (lo so, ora si chiama "della scienza e della tecnologia", e sarà anche più giusto; ma io continuo a chiamare "15" il tram che passa sotto casa mia, per cui...)
Con i due bimbi che mi accompagnavano abbiamo anche partecipato a una drammatizzazione teatrale, con due attori che, l'uno fingendosi un viaggiatore e l'altro un fuochista, raccontavano la storia della Locomotiva 691, una delle più belle macchine a vapore della storia del trasporto su ferro in Italia (questo almeno era ciò che affermavano; non ho termini di confronto ma in effetti si tratta di un bestione veramente affascinante.

A un certo punto dal valigino di uno degli attori è venuta anche fuori la copia di un orario ferroviario dell'epoca. Ebbene, la locomotiva era in esercizio sulla tratta Milano-Venezia: partenza alle 8:18 e arrivo a S.Lucia alle 11:16, compresa una sosta per "fare acqua" dalle parti di Verona.
Volendo andare a Venezia oggi, in Eurostar, Trenitalia offre il treno 9707 che parte da Milano Centrale alle 8:05 e arriva a S.Lucia alle 10:40. Impiega 2 ore e trentacinque minuti: ventitrè minuti meno della vaporiera: ma non si ferma per l'acqua.

In settant'anni abbiamo guadagnato ventitrè minuti sul viaggio: circa un minuto ogni tre anni. Non so se ci sia una morale dietro a tutto ciò, e non so neppure se questo possa essere un argomento a favore o contro l'alta velocità: ciascuno è libero di interpretarlo come crede.

 

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