martedì 3 febbraio 2009

L'inizio della fine

Sia chiaro: quella che segue è una pura considerazione che viene dalla pancia. Non ho alcuna argomentazione razionale né sono in grado di giustificare in alcun modo questa sensazione.
Ciononostante, ho come la sicurezza che la posizione di Veltroni sulla soglia di sbarramento alle elezioni europee segni l'inizio della fine.
L'uomo ha passato momenti ben tristi, non c'è bisogno di ricordarli qui. Ma in tutti i casi sembrava che potesse venire un deus ex machina (magari nella forma di un bel coccolone all'amicoavversario preferito) a rovesciare la situazione.
Con questo atto, invece, Veltroni ha bruciato il Bounty, e non può più tornare indietro. Quand'anche l'età o gli acciacchi eliminassero dalla scena il Cavaliere e si ripresentasse una infinitesima possibilità di mettere in piedi una coalizione di centro-sinistra, il pegno richiesto sarebbe la sua testa servita su di un piatto d'argento.
Salvo che qualcuno non sia così ingenuo da credere che il Partito Democratico, da solo, abbia la pur minima possibilità di vincere le elezioni prima del prossimo perielio della Cometa di Halley

lunedì 2 febbraio 2009

Il 24esimo problema di Hilbert

Qualcuno sarà mai in grado di spiegare come questo

possa andare d'accordo con questo?


Stampa

Chi segue queste brevi note sa che io ho un rapporto un po' conflittuale con la stampa e i giornalisti*.
Fin da piccolino, peraltro, ho sempre vissuto nella convinzione che La Stampa, quella dell'Avvocato, fosse un giornale serio. Dell'Avvocato, certo, e torinese: per cui non ho mai sentito il bisogno di leggerla per confermare tale mio sentito dire.
Ho iniziato a compulsarla sul web quando ho scoperto (grazie .mau.!) che i torinesi veri la chiamano La Busiarda, il che non depone molto a suo favore ma mi ha incuriosito.

Poi ho scoperto le gallerie fotografiche. In questo preciso momento il paludato giornale propone queste po' po' di gallerie:

Per quanto sia questo un campo in cui ciascuno ha le sue opinioni, penso di poter affermare senza troppo sforzo che il quotidiano fondato nel 1867 con il nome di Gazzetta Piemontese non sta cercando di far concorrenza a Insieme sul Due o La Vita in Diretta, fondamentali appuntamenti di approfondimento per fruire dei quali i possessori di apparecchi atti alla ricezione di radiodiffusioni pagano il canone Rai.
No, la mia impressione è che La Stampa si stia proponendo di seguire il modello de Le Ore, che partì come rotocalco di attualità e approfondimento per finire negli spogliatoi delle palestre liceali, come molti di noi ben sanno.

*dovrei peraltro dar conto, uno di questi giorni, di un'interessantissima conversazione avuta nottetempo con due giornalisti, di quelli veri, che mi introdussero nei segreti della professione e del come e perché il loro mondo stia andando a rotoli e loro siano i primi a dolersene

Provincialismi

Lo so, sono terribilmente provinciale, ma mi chiedo perché mai dalle parti del vertice del blogocono italiano ci si debba preoccupare tanto del giorno della marmotta quando qui da noi abbiamo i giorni della merla e la Candelora.

Arinevica

A Milano nevica; e tanto anche.
Scommettiamo che tra un po' il cittadino comincerà a lamentarsi perché non può andare a scuola in skateboard, o si bagna le scarpine di Prada, o scivola con la macchina sulla rampa del parcheggio?
E che le edizioni locali dei principali quotidiani stampati o radiodiffusi gli daranno spazio?

venerdì 30 gennaio 2009

Passaggio all'Euro


Sembra che il titolista del Corriere della Sera abbia ancora dei problemi a ragionare in Euro anziché in Lire.

Lezioni italoamericane - la cauzione /1

Appassionati di cinema e semplici spettatori occasionali ricorderanno sicuramente la scena di North by Nortwest (Intrigo internazionale) in cui Cary Grant, completamente ubriaco per essere stato costretto a scolarsi una bottiglia di Bourbon, viene arrestato dalla polizia e telefona alla madre mettendo in scena una spassosa conversazione. Verso la fine (al minuto 1:25 del video linkato) Grant pronuncia la fatidica frase: You get my lawyer right away and come and bail me out.
E' questo solo uno delle migliaia di esempi con i quali in Italia ci siamo avvicinati all'istituto del rilascio su cauzione, talmente tipico del diritto anglo-americano che non solo qualunque cittadino di laggiù lo conosce, ma (e ciò emerge chiaramente anche dallo stralcio di conversazione sopra riportata) lo esercita come un vero e proprio diritto.
Credo sia noto anche al cittadino medio che, se si viene arrestati in Italia, ci si rivolge all'avvocato sperando che riesca ad inventarsi qualcosa per essere tirati fuori; ma non c'è proprio verso di metter mano al portafoglio e uscire. Negli USA, e in generale nei paesi di Common law, le cose funzionano al contrario. A prima vista potrebbe sembrare un'indegna sperequazione tra persone abbienti e disagiate, ma sarebbe un'interpretazione semplicistica: vediamo perché.

L'istituto della cauzione nel diritto inglese è antichissimo, e per comprenderne la nascita dobbiamo risalire fino alle origini del sistema di Common law.
La conquista dell'Inghilterra da parte dei Normanni, che ebbe luogo nel 1066, non comportò il rovesciamento del sofisticato sistema amministrativo anglo-sassone, basato su di un sistema di signorie locali che avevano il proprio fulcro nelle contee (termine generico italiano che traduce, sia pure approssivamente, i concetti, peraltrro tra loro non del tutto coincidenti, di shire, county e earldom, e che può corrispondere a una nostra provincia).
Le contee (che di regola coincidevano con gli shires ma potevano talora comprenderne più d'uno) erano rette da un signorotto (Count o Earl) e ciascuno shire amministrato da un ufficiale detto shire reeve o sheriff, che aveva anche il compito di amministrare la giustizia in nome del signore locale, secondo le usanze locali.
Ciascun suddito era pertanto sottoposto al potere del signore e dei suoi ufficiali, primo tra tutti lo sceriffo, che poteva eseritare il proprio potere di fatto nella maniera più arbitraria.
Ne conseguiva che un suddito poteva essere sottoposto a qualunque vessazione, stante il potere dei signori e dei loro emissari di imprigionare chichessia (per crimini o per debiti) e con tale strumento impadronirsi di beni e utilità (in pratica arrivando al sequestro di persona); e ciò del tutto legittimamente, dato che tale potere perteneva, almeno formalmente, ai signori in questione.

Senza arrivare a tali distorsioni, in ogni caso anche la pur semplice disparità di comportamenti tra una signoria e l'altra era in sé inaccettabile, dal punto di vista della Corona. Ciò in quanto tali atti comportavano una "grave turbativa della pace del regno", della quale il Re era custode supremo (The king is the fountain of justice, and the supreme conservator of the peace of the realm. Egli pertanto, poteva avocare a sé (o più propriamente alla propria Court of King's Bench qualunque giudizio. Il mezzo tecnico per fare ciò era l'emissione di un ordine scritto (detto brevis in latino e writ in inglese), con il quale si ordinava al signore locale di condurre davanti al King's Bench il prigioniero perché fosse giudicato.

Con il tempo i writ, originariamente in forma libera, furono standardizzati, assumendo una forma per ciascun possibile rimedio dell'ordinamento finché, con le Provisions of Oxford del 1258, vennero "congelati" i possibili tipi di writ (che divennero quindi degli "stamponi") e conseguentemente le possibili azioni esperibili.
Nel XIII secolo quindi si stabilizzò la formula con la quale il Re, chiamando avanti a sé i priglionieri, li sottraeva al giudizio delle signorie locali:
Præcipimus tibi quod corpus Walteri Earl militis in prisona nostra sub custodia tua detentum, ut dicitur, una cum causa detentionis suæ, quocumque nomine praedictus Walterus censeatur in eadem, Habeas corpus ad subjiciendum et recipiendum ea quae curia nostra de eo ad tunc et ibidem ordinare constingant in hac parte, et haec nullatenus omittas periculo incumbendo: et habeas ibi hoc breve
E' questo il writ of Habeas corpus [ad subjiciendum]; la forma più comune del writ, che poteva anche avere sfumature diverse quali: habeas corpus ad respondenum, ad testicficandum, ad satisfaciendum, ad prosquendum, and ad faciendum et recipiendum, ad deliberandum at recipiendum.

(continua)

giovedì 29 gennaio 2009

Un cordiale vaffanculo a... /3

...alla piattaforma di editing di Blogger, che mi ha tirato fuori uno strano codice di errore e si è mangiata un post che mi era costato due giorni di lavoro.
E adesso, quando mi torna, la voglia?

Bastardate

Tanto perché resti scritto:
l'accordo per la soglia di sbarramento alle elezioni europee è una vera bastardata. Veltroni, sapendo che il risultato sarà disastroso, cerca di recuperare parte dei voti di sinistra eliminando tutto ciò che c'è più a sinistra del centro.
E valga il vero: si può essere d'accordo o meno sul fatto che alle elezioni politiche serva una legge elettorale che eviti la frammentazione, perché i piccoli partiti sono fonte di instabilità governativa (io personalmente considero anche questa una mera petizione di principio indimostrata: ma riconosco che è un'opinione con delle argomentazioni).
Per le istituzioni europee invece il ragionamento non vale una cicca in quanto:
  1. la Commissione europea non è sottoposta al vincolo fiduciario verso il Parlamento se non all'atto del suo insediamento;
  2. il Parlamento non ha il potere né di iniziativa legislativa né di discussione dei progetti di legge, limitandosi a ratificarne il testo approvato in sede di Consiglio

Quindi, quando Franceschini viene a dire che gli Italiani non vogliono la frammentazione, anzitutto dice una cosa non provata; e in secondo luogo sfrutta capziosamente l'ignoranza del cittadino comune sui meccanismi di funzionamento delle istituzioni che è chiamato a votare.

Ma la cosa più grave ancora è un'altra: appare chiarissimo che quello che ha da guadagnare è in primo luogo Veltroni (che un nuovo fiasco spazzerebbe via), e in secondo luogo il PD.
A Berlusconi, in fondo, lo sbarramento interessa poco: i suoi concorrenti sono Lega, UDC e ex-AN: vale a dire soggetti tranquillamente sopra la soglia di sbarramento o addirittura imbarcati sulla propria carrozza: non sarà certo il mazzetto di voti di Santanché, Storace e Rauti a cambiare gli equilibri di potere.
Ben diversa la galassia dei partitini di sinistra che, tralasciato ogni apprezzamento sulla litigiosità da capponi, costituiscono comunque un significativo serbatoio di voti intercettabili dal PD (infatti, partendo dal presupposto che ormai IDV abbia raggiunto in Abruzzo il suo livello di massimo splendore raccogliendo tutti gli incazzati, resta ancora il mare magnum degli elettori di sinistra più moderati di Di Pietro).
Berlusconi, quindi, sta facendo un grosso favore a Veltroni: un vero regalo. Ma i regali prima o poi si ricambiano: e quale sarà la contropartita? Può essere che Berlusconi si accontenti di consolidare l'assetto attuale per assicurarsi il Quirinale tra qualche anno; ma il 2013 è lontano, e nel frattempo sicuramente andrà a bussare a danari.
La (mia!) conclusione è questa: Walter Veltroni sta scientemente consegnando per l'ennesima volta a Berlusconi le chiavi della propria permanenza al potere, assicurandogli il passaggio da Palazzo Chigi al Quirinale nella primavera del 2013 o anche prima, considerato che Napolitano non è più proprio un giovinotto. E tutto questo per salvarsi il culo.

mercoledì 28 gennaio 2009

Ditate

Punto Informatico riporta la notizia dell'avvenuta concessione ad Apple del brevetto per l'interfaccia multitouch. Citando l'articolo, il brevetto coprirebbe "un metodo da utilizzare con un device informatico che abbia un display touch screen, in grado di riconoscere ed associare a particolari azioni il tocco di uno o più dita".
Avrebbe subito fatto seguito la dichiarazione di uno dei massimi dirigenti in questi termini: "Non tollereremo il fatto di vedere violata la nostra proprietà intellettuale e assicuro che utilizzeremo tutte le armi a nostra disposizione per evitare che ciò accada". E' chiaro che i bersagli immediati di questi attacchi sono Google/Android, Palm (ammesso che possa un giorno ridiventare bersaglio di qualcosa, e qui lo si spera vivamente) e più in generale tutto il mercato degli "oggetti informatici".
Tralasciando per un attimo la questione sui criteri seguiti dal Patent Office nel convalidare le richieste di brevetto, spostiamo l'attenzione sul contenuto di questa "invenzione".
Più che una replica dell'annosa querelle SCO/IBM-Novell-Linux, che fortunatamente ha portato all'apertura di un Chapter 11 in capo a SCO, a me questo brevetto sembra un tipico caso di Patent trolling il cui puro scopo è quello di assicurare una posizione dominante e/o assicurare un (ingiusto) vantaggio competitivo verso la concorrenza, come nel caso British Telecom vs. Prodigy, laddove BT pretendeva di avere il brevetto sul concetto di hyperlink (e quindi di fatto sull'intero web), per non parlare della famigerata Law Firm Niro & Scavone.

Già, ma questo brevetto l'ha ottenuto Apple, e Apple è buona, innovativa, tecnologica, bianca, e tutti tifano per lei e per il suo comandante supremo, accendendo se necessario ceri per assicurarne lunghi anni di permanenza con noi.
Io credo da anni il contrario: penso a Redmond si siano fatti degli sforzi per andare verso un diverso modello di business (sforzi che tuttavia appaiono minuscoli, appesantiti come sono da quel 90% di quota di mercato che fa sì che qualunque azione appaia comunque monopolista), viceversa a Cupertino non solo non si sia fatto alcun tentativo, ma si siano indirizzate tutte le energie verso una maggiore blindatura e controllo del proprio contenuto tecnologico innovativo, cedendo solo in casi (quali il recente abbandono del DRM sulla piattaforma iTunes, peraltro sostituito dal watermarking in cui non era proprio possibile andare avanti su quella strada).
Spero che converremo tutti sul fatto che AppStore non serve a garantire la qualità del prodotto bensì il controllo sugli sviluppatori, e che il modello di commercializzazione dell'iPhone SIMlockato grida vendetta per chiunque abbia a cuore il concetto "se compro un oggetto gli faccio fare quello che voglio io, e non quello che vuole chi me lo ha venduto".
Quand'è che cominceremo a dedicare un centesimo delle energie che spendiamo contro Gates e Ballmer per parlare con senso critico anche di Steve Jobs?

martedì 27 gennaio 2009

Perseverare è diabolico


Ricorderete che alcuni esponenti del Governo avevano avuto la brillante idea di suggerire agli atleti italiani di non partecipare alla cerimonia di apertura dei giochi olimpici.
Fortunatamente si trattava di una tale cretinata da non essere presa sul serio da nessuno, fatta eccezione per i proponenti.
Sembrava che la cosa potesse servire da lezione, ma evidentemente la realtà supera sempre la fantasia: e così Alfredo Mantica, il nostro sottosegretario agli Esteri, si inventa che la Nazionale potrebbe saltare la partita con il Brasile, il prossimo 10 febbraio, per ripicca contro la decisione di non estradare Cesare Battisti.
Con quella faccia può dire ciò che vuole.

Lezioni italoamericane

Titolo pretenziosissimo, in questo post, per inaugurare una serie di articoli, che scriverò compatibilmente con il mio tempo e la mia voglia (il che vuol dire che questo potrebbe anche essere l'ultimo, oltre che il primo) e dedicati all'illustrazione comparatistica di alcuni istituti giuridici italiani e anglo-americani.
In soldoni ciò vuol dire: prendiamo una "cosa", vediamo come viene trattata in Italia e come la stessa "cosa" (o quanto vi sia di simile) viene trattata nei paesi di Common law, e in particolare negli USA.

Si tratta di un'idea che avevo "in canna" già da qualche tempo, che era stata stimolata da un insieme di fattori: prima di tutto il fastidio nel vedere che i media nostrani spesso fanno fatica a spiegare -se non ignorano del tutto- i fondamenti del nostro sistema di regole civili.
Ne è un esempio l'utilizzo del termine "bancarotta" al posto di "fallimento" (sul tema vi ho già intrattenuto) e, proprio in questi giorni, le polemiche sull'utilizzo delle misure cautelari e più in genere sul ruolo dei giudici. Su tali ultime questioni poi, è gravissimo notare che l'ignoranza, vera o simulata che sia, non si limita al mondo del cattivo giornalismo, bensì investe appieno la classe politica che le leggi è chiamata a farle, e proprio per questo dovrebbe anzitutto conoscerle.
Perché il taglio comparatistico, e perché la focalizzazione sugli USA? Perché, se ci pensate un attimo, l'italiano medio, anche significativamente istruito ma che non abbia una specifica preparazione giuridica, conosce molto meglio il diritto vigente negli USA che quello italiano.
Tutti sanno che negli USA c'è la sedia elettrica e l'iniezione letale, mentre in Italia no. Tutti sanno anche che negli USA se si viene arrestati il poliziotto deve leggere i tuoi diritti; che se cerchi di fuggire ti spara; che si va davanti al giudice che decide la cauzione che talvolta è ridicolmente alta; che al processo c'è la giuria di dodici persone che deve decidere se sei colpevole o innocente e che gli avvocati dicono "obiezione!" e il giudice approva o respinge. Quanti sanno se queste cose ci sono in Italia o ce ne sono di diverse?
Se doveste venire arrestati a Milano o a Napoli anziché a Detroit o Chicago, avete diritto di fare una telefonata? Quando sarà deciso se potrete uscire su cauzione? Sono domande a cui molti sono in grado di rispondere, ma molti altri no.
Se prendiamo questo post di Esiliogiapponese potete vedere chiaramente come l'autore del pezzo originale (un canadese) ritenesse che la procedura giapponese fosse identica a quella americana; e tale opinione gli è rimasta in buona parte anche al termine della disavventura subita, dimostrando di aver capito ben poco del paese in cui vive.

Dopo questa lunga premessa avrei voluto affrontare il tema delle misure cautelari, ma mi manca il tempo e il post risulterebbe veramente troppo lungo. Tornerò quindi in argomento, e per ora mi limito a richiamare questo lucidissimo articolo del Corrierone che spiega cos'è la carcerazione preventiva e quando debba essere disposta. Prossimamente ne parleremo più in dettaglio e vedremo come funziona il sistema della "cauzione" negli USA.

lunedì 26 gennaio 2009

Dei testi delle canzoni

Io ho un grave difetto congenito che mi impedisce di capire i testi delle canzoni. Non sto scherzando: è proprio che non riesco a sentire la musica e capire cosa dice chi ci parla sotto: mi distraggo. Mi sento molto simile a Gerald Ford, che secondo Lyndon B. Johnson non era in grado di mangiare chewing-gum e camminare allo stesso tempo.
Dico di più: io non riesco nemmeno a leggere i versi. Quando vedo un testo con degli a capo lo salto a pié pari. Ci sono dei gialli dove a un certo punto compare una filastrocca che magari dà la chiave per capire tutto. Io la salto: non riesco a leggerla.
Insomma: io e i versi siamo su pianeti diversi. Tanto leggo la prosa quanto rifiuto quelle frasette corte corte e pretenziose. Certo, questo non agevola moltissimo il rapporto con la signora con la quale mi accompagno, che fa la poetessa; ma in fondo non è che si basi sull'intellettualità, quindi...

Tutta questa premessa per dire che a me delle canzoni di Povia e di Gino Paoli, quand'anche le dovessi sentire, tutto quello che resterà in testa sarà il ritornello più o meno orecchiabile, che potrei canticchiare sotto la doccia facendo "zum zum tarattatattà" inventando le note (non so neppure distinguere un Sol da un Diesis).
Non vi sarebbe quindi alcun motivo per parlare di questi due distillati della cultura Made in Italy, se non fosse che il Blogocono(tm) -almeno quello che io seguo- in questi giorni ha espresso con veemenza le proprie idee sui due artisti.
Per quanto ho letto io (ammetto che potrebbe essere una fotografia parziale del fenomeno) le considerazioni che vanno per la maggiore sono:
  • Povia è un poco di buono perché pensa che i gay siano malati da guarire: è gravissimo che la sua canzone venga cantata / bisogna impedirlo a qualunque costo / bisogna fare le barricate e bruciare il teatro Ariston
  • Paoli viene indegnamente / ingiustamente attaccato dalla triade Mussolini-Carlucci-Moige: è inammissimile una tale limitazione alla libertà di parola / dell'artista / della poesia.

  • Mi sembra che tutti i miei 25 lettori possano concordare sul fatto che un essere, umano o animale che sia, che viene attaccato dalla sullodata triade non possa che meritare, aprioristicamente, tutta la nostra stima. E quindi Gino Paoli è il nostro eroe, per quanto antipatico possa starci.
    Ma, francamente, non mi sembra che la posizione del povero Povia sia granché differente. La sua colpa è, mi sembra, quella di essere attaccato dall'Arcigay anziché dal Moige; ma credo che se vogliamo difendere il diritto di parola, questo debba valere per tutti e non solo per coloro che sono attaccati dai nostri nemici o difesi dai nostri amici o da coloro che sentiamo più ideologicamente vicini: in questo modo si arriva a difendere (o viceversa a condannare) una causa solo perché viene sposata da Santoro; si giudica il giudizio o il giudice, e non il merito delle cose.
    Oltretutto questa cosa di Povia mi è ancora più oscura, dal momento che, a quanto ho visto spendendo 30 secondi su internet (ché tanti ne meritava, non uno di più), sembrerebbe che il testo di questa benedetta canzone non sia stato ancora reso pubblico: per cui coloro che lo criticano criticherebbero qualcosa che non conoscono.

    giovedì 22 gennaio 2009

    Questioni di principio

    Ci sono due ambiti nei quali si fa la politica che conta, quella che fa la storia: gli affari esteri e la garanzia delle libertà individuali.
    Il partito democratico ha dimostrato per l'ennesima volta di non riuscire a trovare una linea comune su una questione fondamentale, quale quella del diritto a vivere e morire come meglio si crede.
    Certo, ci sono stati temi affrontati con piglio decisionista e sui quali si sono raggiunti risultati di valore: la commissione di vigilanza RAI, ad esempio, laddove la ferma opposizione del PD è riuscita ad allontanare Villari. O il federalismo fiscale, dove il PD ha nientepopodimeno che ottenuto un grande successo accordandosi con la maggioranza per l'astensione.

    Su altri temi le cose non vanno così bene. Io ormai non ho più tanta voglia di scrivere: mi sembra un esercizio inutilmente sterile criticare un morto che cammina. Mi limito a linkare un articolo del Corriere che racconta lo stato della discussione nell'ex maggior-partito-riformista (sotto il 23% questa definizione non calza più).
    Linko anche un articolo de L'Occidentale: è vero che si tratta di una testata sostanzialmente inqualificabile, ma potrei sottoscrivere riga per riga quanto scrive l'autrice.

    I morti potrebbero essere non più di 500 o 600.

    Lorenzo Cremonesi ci dà una bella notizia.
    In verità il loro numero appare molto più basso dei quasi 1.300 morti [...] I morti potrebbero essere non più di 500 o 600
    Dormirò sereno, dandomi del pirla per essermi indignato un pochino, quando i morti avevano superato il migliaio; ora per fortuna tutto torna nel rassicurante alveo della normalità.
    Mezzo migliaio di morti meritano al più un'alzata di sopracciglia, e per quel centinaio che balla mi sono ispirato al mio salumaio di fiducia "c'è un mezz'etto in più, che faccio, lascio?"

    Comunicazione di servizio

    Dato che, come taluni dei miei più affezionati lettori sanno, nell'impossibilità di bruciare la mia persona è stato dato alle fiamme il mio giubbotto di pelle primaverile, oggi ne ho comprato un altro da Conbipel.
    Chi lo doveva sapere, lo sappia.

    Un cordiale vaffanculo a... /2


    ...ai 46 stronzissimi residenti del quartiere di San Siro (nel quale fra l'altro abito io medesimo).

    Un paese normale /5

    Il Cardinale di Torino Poletto, lo stesso che dice che non bisogna rovinare la skyline della città con minareti.
    La sottosegretaria al Welfare Eugenia Roccella, secondo la quale la Regione Piemonte «incontrerà gravi difficoltà, e soprattutto problemi procedurali, nel provare ad applicare le procedure indicate dal decreto della Corte d’Appello» sulla sospensione dell’alimentazione a Eluana Englaro.
    Il Ministro del Welfare Sacconi, che con un atto di indirizzo amministrativo ha statuito che "Interrompere nutrizione e idratazione delle persone in stato vegetativo persistente non è legale per le strutture pubbliche e private del servizio sanitario nazionale".

    Tutte queste persone, in un paese normale come gli USA, ad esempio (non voglio dire "civile", dato che laggiù friggono anche i minorenni), sarebbero incriminate per oltraggio alla corte e rinchiuse in cella finché non la piantassero di agire al fine di impedire l'esecuzione di una sentenza passata in giudicato.

    mercoledì 21 gennaio 2009

    Commissione di Vigilanza

    L'avvenuto scioglimento della Commissione Parlamentare di Vigilanza non significa che il problema sia stato risolto.
    Non tanto per il fatto che Villari, ineffabile, abbia convocato comunque la Commissione ormai inesistente per venerdì prossimo (il che apparirebbe un preoccupante sintomo di autismo, ma non lo si può dire in quanto il segretario del partito che fu di Villari si comporta esattissimamente allo stesso modo), quanto per il fatto che adesso bisognerà costituire una nuova commissione.
    Buon senso e carità vorrebbero che la lezione sia servita e che non si debba ripetere la medesima trafila: nomina di nuovi commissari, battaglia su quale sia il partito di minoranza al quale debba andare la presidenza, individuazione del candidato, ostruzionismo della maggioranza e così via.
    Sarebbe del tutto illogico che un ceto politico così screditato -da ambo le parti- rimettesse in piazza le stesse baruffe chiozzotte.
    Talmente illogico e lunare che potrebba anche riaccadere.

    Trilioni di negri

    Gilioli ha scritto una cosa sulla quale non sono d'accordo.
    Niente di male, per carità, ma vediamo il punto.
    Nigger in inglese americano è un insulto. Non è questione di political correctness: è proprio che si tratta della parola con la quale erano designati gli schiavi negri, sottolineandone lo status di inferiorità sociale e giuridica per motivi razziali. Proprio per tale motivo, fin dal XIX secolo a tale lemma sono stati affiancati i termini "colored" e "black". che indicano persone di pelle permanentemente pigmentata da un punto di vista di mera constatazione biologica, senza connotazione dispregiativa (sul punto si veda il lungo e interessante articolo su en-wiki).
    In italiano esiste il termine negro, la cui unica colpa è quello di essere un falso amico del termine inglese. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che durante il ventennio l'Italia, in quanto potenza coloniale (sic!) aveva territori d'oltremare popolati da negri che nelle veline di regime erano trattati come persone di rango inferiore; ma chi afferma che per tal motivo si dovrebbe dismettere il termine negro e utilizzare solo nero mette una toppa peggiore del buco, in quanto oblitera due noti utilizzi di questo lemma: faccetta nera (razzista e sessista) e l'uomo nero utilizzato per spaventare i bambini.
    Non se ne esce più, salvo utilizzare l'equivalente di colored, che per Grazia di Dio è stato reso in italiano con la locuzione "di colore" e non con l'aggettivo "colorato": dato che una persona colorata, che magari utilizza espressioni colorite, è tutto sommato un buffone.

    Ciò non toglie che, da un punto di vista generale, va bene la sudditanza economica e politica, ma il fatto che chi scrive in italiano debba usare espressioni che potrebbero non urtare un americano che le leggesse attraverso un cattivo traduttore, bé questo mi fa girare i marroni. Se io scrivo che "Barack Obama è un negro", è compito di un buon traduttore assicurarsi di rendere in inglese l'espressione con "B. O. is a colored person" e non con "B. O. is a nigger", che sarebbe la traduzione corretta per "Obama è uno sporco negro"

    Pur se ciò ha valenze emotive infinitamente inferiori, sarebbe ottima cosa se alle lezioni di giornalismo (e in genere anche alle scuole medie, dato che ormai si vedono anche nelle aziende presentazioni PowerPoint fuorvianti) si insegnasse che "billion" e "bilione" non sono la stessa cosa, così come non la sono "trillion" e "trilione". E' vero che si tratta di quantità poco utilizzate, specie dopo l'avvento dell'Euro; ma ogni tanto saltano fuori, ad esempio quando si parla di conti pubblici: e si leggono solenni puttanate.
    Un "billion" (10^9) è un "miliardo". Un "bilione" (10^12) sono un milione di milioni, vale a dire mille miliardi che in inglese americano si dice "trillion". Ma "trillion" (10^12) non è l'equivalente di "trilione" (10^18), che sono un milione di bilioni.

     

    legalese
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