mercoledì 28 ottobre 2009

Di navi, d'aerei e di razzi /1

Qualche giorno fa avevo iniziato un post con una parte di questo titolo, e poi avevo parlato d'altro. Essendo mercoledì riprendo l'argomento.
Mercoledì perché, in virtù di non so bene quale strana congiunzione astrale, non solo mi hanno iscritto a un corso di inglese legale, ma sono stato addirittura inserito nella classe advanced, il che vuol dire che c'è un'avvocata americana che il mercoledì ci fa lezioni accademiche sulla contract law e ci fa stilare pareri legali e bozze di contratti. Il tutto ovviamente in lingua, e chi sgarra lasciandosi scappare una parola in italiano fa la fine di Fantozzi che cerca di mangiare con le mani.

I casi nel diritto anglo-americano sono molto più divertenti di quelli di diritto continentale: ciò è dovuto a una serie di fattori, i principali dei quali sono: la risalenza della common law, che ha otto-nove secoli alle spalle contro i due secoli scarsi del nostro diritto codificato; e i criteri di interpretazione che si usano colà, dove l'applicazione letterale delle norme e delle pattuizioni è la regola: il che dà luogo a curiosi contenziosi su questioni che da noi sarebbero state liquidate dal giudice con una condanna per lite temeraria.
Il primo parere che ho dovuto scrivere era un adattamento di un caso classico del diritto americano. Ci sono due amici che decidono di passare una serata insieme: vanno in un bar, poi in un altro, poi in un altro ancora, e così via. Verso il decimo bar, uno dei due, Alfred, comincia a banfare sul suo nuovo impianto stereo hi-fi iperamplificato TV 85 pollici etc. etc. etc. (nel caso originale si trattava di una goletta, e i bar erano taverne).
A un certo punto l'altro amico, Bob, prende un tovagliolino e ci scrive sopra «vendo a Bob il mio supermegaimpianto hi-fi per 5 dollari»; e lo passa ad Al il quale, ubriaco com'è, lo firma.
Il giorno dopo Al si sveglia con un tremendo mal di testa e la consapevolezza di aver fatto qualcosa, senza avere la minima idea di cosa possa essere. Il giorno dopo ancora, Bob si presenta alla porta di Al con cinque dollari in mano, e pretende di ritirare la merce.

E' rabbia, è amore

(più amore che rabbia)

 

martedì 27 ottobre 2009

Dio acceca chi vuole perdere

Poche cose mi fanno incazzare più della spocchia elitista.
La spocchia di chi è convinto di esser sempre dalla parte della ragione anche quando tutti gli dicono che sta andando verso il burrone; e lui a dire "non avete capito un cazzo, ho ragione io!"
Finché fa Plonk, come Vil Coyote.

Ecco, scrivere: Gli elettori, nella stragrande maggioranza maturi (per non dire anziani), tutti novecenteschi, come è ovvio che sia, hanno seguito questa strada, e hanno fatto bene, e ha avuto ragione chi ha scelto Bersani, chi ci ha creduto, chi ha investito su di lui. Su questo non ci piove per sminuire la scelta del popolo delle primarie (nello stesso post si parla di bocciofilìa, di sospetto verso i nuovi medie e di tutto ciò che fa anzYano) sarebbe anche legittimo, pur se un po' stupido. Se scritto da chi le primarie le ha sempre combattute.

E' spocchioso, villanamente spocchioso, se viene scritto da chi aveva fatto delle primarie una bandiera, contro chi -eletto- era contrario alle primarie medesime, che pur l'hanno eletto.

LGB & T

Ieri sono andato dapprima a prendere il caffè con alcuni colleghi, giù al GinRosa, e poi nel corso della giornata ne ho bevuto un altro paio alla macchinetta.
Sapete bene che la macchinetta del caffè è lo strumento principe per capire come vanno le cose in azienda, e anche come vanno le cose nella "società civile". Tra la gente, insomma.
Alla mia macchinetta del caffè (e credo a tutte le macchinette di tutti gli uffici del paese) i commenti sul Presidente del Lazio, e sulla Brendona immortalata da Rep, sono stati irriferibili anche per questo blog dove spesso si sono usate espressioni non convenzionali. E ciò indipendentemente da età e sesso e grado dei colleghi, tutti accumunati nel dileggio e nella rappresentazione fiorita di dettagli anatomici e pratiche esoteriche.
C'è un'altra macchinetta del caffè, quella di FriendFeed, i cui frequentatori invece assumono reciprocamente, danno per scontato, che Lesbiche, Gay, Bisessuali e Trans abbiano uguali diritti e dignità. Chiero che FriendFeed non è lo specchio della società, e neppure di quella parte che frequenta la rete (probabilmente su FB le cose sarebbero ben diverse): me si tratta comunque di una discrasia significativa.
Ho lanciato su FF una domanda: se cioè ci si possa aspettare che in Italia tra venti o trent'anni andare a trans possa essere considerato egualmente accettato o riprovato che andare a prostitute. Non mi riferisco a normali coppie stabili: perché di fronte al fenomeno delle coppie stabili omosessuali o transgender ormai si è creato quel meccanismo che fa sì che pubblicamente si accetti il fenomeno (un po' come i leghisti che affermano in pubblico di "non essere razzisti"): mentre tale schermo di ipocrisia di fronte all'amore mercenario cade, legittimando i peggiori sentimenti e i pareri più corrivi.
Ne è nato un dibattito interessante, e mi piacerebbe raccogliere lì anche la vostra opinione: pertanto metto questo link e chiudo il commenti su questo post, per evitare duplicazioni.

lunedì 26 ottobre 2009

domenica 25 ottobre 2009

Farisei

Fare distinzioni tra chi va a troie femmine e chi fa a troie travestite; tra chi è stato ricattato e chi non lo è stato; tra chi ha vuotato il sacco subito e chi l'ha vuotato solo dopo; tra chi si è dimesso subito e chi non si è dimesso né ci pensa lontanamente; tra chi è rimasto con la moglie e chi la moglie l'ha lasciata.
Ecco: a me leggere queste cose non fa neppure ridere, che sarebbe l'unica reazione corretta. Ma vedo che c'è chi discetta puntigliosamente su queste sfumature, come scolastici che disputano sul'entelechia.
E allora, diciamo l'unica cosa che seriamente si può dire su questa triste vicenda: Marrazzo è indifendibile, e lo è perchè il suo partito di riferimento ha messo per sei mesi le mani nelle mutande del suo avversario.
Tutto il resto sono cazzate: che Berlusconi si dovesse dimettere perché è ricattabile; perché ha mentito; perché ha saltato appuntamenti importanti; perché ha usato degli aerei di Stato. Tutte cazzate: Repubblica (e il PD dietro) hanno tentato di farlo saltare perché ANDAVA A TROIE.
Non ci sono riusciti, ma adesso Marrazzo salta perché ANDAVA A TRAVESTITI. L'assegno, il ricatto, le smentite e le ammissioni sono tutti meri accidenti: Marrazzo paga l'intransigenza del suo partito, tutto qua. Tanto che il buon Mele, che andava a troie e pippava, è ancora lì, bello come il sole, e nessuno gli ha più chiesto conto di nulla.

Ah, un'altra cosa: si può ben dire che Marrazzo aveva l'unico merito di essere comparso in una trasmissione peraltro non sua, e che non sapeva nulla di politica ma era solo un acchiappavoti catodico. Non è gentile ma è un'opinione legittima, per carità.
Però coloro che questa opinione in quattro anni se la sono sempre tenuta per sé, e poi la esternano proprio oggi, mi sembra che non ci facciano un gran bella figura.

Elaboratore elettronico per uso personale

Ho comperato un nuovo elaboratore elettronico di dati per uso personale, e di colpo mi sembra di essere invecchiato di una dozzina d'anni.
Non mi è chiaro come ci si muove, cosa si fa; non ritrovo quele piccole cosine alle quali ero abituato e delle cui esistenza non mi accorgevo neppure più.
Passerò il pomeriggio qui, attaccato allo schermo (nel quale non mi ci ritrovo, grande e lungo com'è), cercando di rifamiliarizzari.

Questo è un post breve, ma con una morale

Chi la fa, l'aspetti.

venerdì 23 ottobre 2009

Flame War

Aver frequentato reti sociali ancor prima che qualcuno si inventasse la terminologia "reti sociali" può avere dei vantaggi che ripagano un po' del tempo perso.
Una delle cose che certo ho imparato stando su Usenet è la gestione delle flame war: come non farle nascere, come gestirle, come spegnerle; ed anche come accenderle e come gettare benzina sul fuoco, quando c'è da divertirsi.
Per i neofiti che non conoscono il termine, rimando alla pagina su Wikipedia, che spiega abbastanza bene di cosa sto parlando; aggiungo solo che i principali elementi che contribuiscono a incancrenire la discussione fino allo scambio dei più pesanti insulti immaginabili sono due: l'utilizzo di messaggi in forma scritta anziché orale e la possibilità di rispondere immediatamente all'interlocutore.
Quando parliamo con qualcuno (anche in condizioni di invisibilità reciproca, come al telefono) il nostro messaggio è mediato dal tono e dalle inflessioni della voce, che dicono all'interlocutore come dev'essere inteso il significante. "Sei uno stronzo" è ben diverso se viene pronunciato da un automobilista ad un altro che gli ha fregato il parcheggio piuttosto che da chi stia ascoltando un amico che racconta la scusa che ha rifilato alla moglie per uscire a farsi una bevuta in compagnia: non conoscendo il contesto, possiamo capire il significato se ascoltiamo le parole, ma vederle scritte non ci dice nulla.
Ma non è che la scrittura non consenta di esprimere concetti con grande chiarezza, perfino superiore rispetto alla parola, anzi: ma per far ciò serve tempo, riflessione, un vocabolario ricco e un accurato studio di ciascuna espressione. E' per questo che scrivere una lettera richiede esperienza e fatica.
Fin dai tempi di Usenet, la combinazione forma scritta/brevità del messaggio/limitato tempo di elaborazione del testo ha dato luogo allo scoppiare di litigi ed inimicizie destinate a durare in eterno: sono frequenti i casi in cui a posteriori è impossibile capire se chi scriveva volesse esprimere un commento ironico e divertito o insultare apertamente l'interlocutore: tanto che si è sentito il bisogno di inventare le faccine, alle quali io sono ferocemente contrario ma che talora che sono un'ancora di salvezza.

Perché oggi racconto tutto questo? Semplicemente perché ormai la comunicazione quasi-sincrona è diventata il principale mezzo di scambio d'informazioni anche sul posto di lavoro: e vivere in una realtà aziendale fa capire quanto i frequentatori di socialcosi (che non a caso si conoscono un po' tutti tra loro) siano uno sparuto gruppo di mosche bianche.
Da qualche mese, forse per influsso di congiunzioni astrali forse solo perché era ora che succedese così, vedo che al normale scambio di mail un po' paludate, che ancora conservavano l'impostazione della lettera formale, con formula d'apertura e saluti di chiusura, si sta via via sostituendo una modalità d'espressione molto più simile a quella che vediamo tutti i giorni sui socialcosi; e non è escluso che l'esplosione di FB non abbia qualcosa a che fare con questo.
Da mail corpose e compendiose (spesso addirittura composte da una semplice formula d'invio con allegata una nota in Word) si è arrivati a semplici messaggi di una o due righe: "sono d'accordo"; "p.f. approfondisci meglio il punto 3"; "ho sentito Carlo che ci farà sapere qualcosa domani"; "Perché mi avete avvertito SOLO ORA?????".
Era inevitabile che questa nuova (per l'ambiente) modalità comunicativa desse luogo in breve tempo agli stessi fenomeni che avevamo visto su Usenet nei tempi d'oro: vale a dire all'esplodere di vere e proprie guerre dovute a incomprensioni, malintesi e in certi casi vere e proprie provocazioni.
Sono guerre che fanno più fatica a partire, perché bene o male ci si conosce tutti e comunque vi sono gerarchie e regolamenti che debbono essere rispettati; e che fino a qualche tempo fa si sopivano al nascere con il semplice prendere in mano il telefono per un chiarimento. Ma ora, osservo, prendere in mano il telefono sta diventando sempre meno frequente, e in parallelo il livello delle tensioni diventa sempre più alto, tanto che questa settimana leggendo la mail di lavoro mi sembra di essere di fronte al mio Forté Agent e a Giovanni Greco.

E' chiaro che in tutto ciò io ci sguazzo come una paperella in una vasca, dato che per me è tutta roba vista, rivista, digerita ed espulsa da anni: ma è affascinante osservare come coloro che non hanno la stessa mia anzianità di rete vivono quest'esperienza: le facce ingrugnite via via che leggono i messaggi, le voci spezzate, le dita che si mettono a picchiettare freneticamente le tastiere, l'uso sconsiderato del tasto prima di aver riletto e meditato su quanto scritto.

Piove, ATM ladra

Totentanz racconta una sua piccola disavventura con il metrò di Francoforte, e di come l'efficienza tedesca risolva certe situazioni.
Ieri e l'altro ieri a Milano pioveva, e quindi ho dovuto prendere il metrò per andare al lavoro. Per dare un'idea della frequenza con la quale me ne servo, considerate che l'altro ieri ho utilizzato l'ultima corsa del "carnet" (vale a dire un biglietto valido dieci corse), il cui primo viaggio era stato timbrato il 14 luglio.
Su quattro corse, due andate e due ritorni, due si sono svolte in condizioni tutto sommato umane (vale a dire stipato come un pesce in barile); una si è svolta in condizioni umane solo dopo aver fatto passare tre treni non quali non era umanamente possibile salire, e una mi ha visto salire sul convoglio ed aspettare una dozzina di minuti prima della sua partenza; alla stazione di San Babila verso le 18:30: chi ha i necessari riferimenti spazio-temporali potrà ben capire come si sia svolto il viaggio.

Non mi stupisco tanto del fatto che ci sia così tanta gente che accetta di passare ogni giorno della settimana un paio di mezz'orette in queste condizioni (per non dire poi dei pendolari: ma in fondo loro se lo sono scelti di star fuori città, e indiscutibilmente godono di una serie di vantaggi che ripagano dello stress del viaggio mattutino e serotino): anch'io l'ho fatto per tanti anni e non mi lamentavo.
Mi rendo però conto che oggi anche un solo giorno di utilizzo del mezzo pubblico mi comporta una grande dose di stress, tanto che quanto la notte sento la pioggia tamburellare fuori dalla finestra provo angoscia per il successivo risveglio: e mi chiedo se sia io ad essere cambiato, in questi ultimi tre-quattro anni, abbassando di molto l'asticella del mio livello di sopportazione; o se sia anche il servizio pubblico molto peggiorato rispetto a prima.

giovedì 22 ottobre 2009

Di navi, d'aerei e d'Ipazie

Con riguardo al mio post di ieri sera, Ipazia sognatrice ha lasciato un commento che mi sembra sollevare un tema d'interesse generale, e che quindi porto su per non lasciarlo confinato lì sotto, confinato in una stanzetta dove ci siamo solo noi due*:
Uhm, quindi sarebbe 'la legge non è uguale per tutti, ma deve essere uguale per tutti quelli per cui non è uguale'?
Cavolo, un po' lungo, da ricamare sui miei calzini blu a renne multicolori. Evitando le renne.
Sospettavo che le cose fossero un filino più complesse di come ci eravamo (parlo di noi comuni Ipazie) convinte che fossero.
Quello che più mi intristisce è che non solo le campagne cazzeggione di Repubblica, ma tutta una serie di trasmissioni/dibattito, interviste, dichiarazioni, rilasciate da persone che in teoria dovrebbero essersi laureate in giurisprudenza, e che dovrebbero candidarsi a rappresentarci e governare, non facevano la minima allusione a ciò che tu dici.
E allora, delle due l'una: o tu sei un pazzo mitomane che si ammanta di conoscenze che non ha ed ha una grande audience (cosa che non credo; anche se è vero: hai una grande audience); o questo è davvero un teatrino di marionette che manovrano marionette che manovrano marionette...
Lascio al lettore giudicare da sé, andando a leggere direttamente i punti 7.3.2.2. e 7.3.2.3. della sentenza 262/2009.

* Anche se devo ammettere che trovarmi in una stanzetta confinato con Ipazia potrebbe essere una prospettiva non disdicevole

mercoledì 21 ottobre 2009

Di navi e di aerei

La Corte costituzionale, come certo sapete, ha pubblicato le motivazioni della sentenza sul cd. "Lodo Alfano". E' da un paio di giorni che la sto leggendo, rimuginandola e cercando di scriverne un post, ma non è cosa facile: si tratta infatti di un documento molto complesso e molto difficile da spiegare, nelle sue argomentazioni e implicazioni, a chi non è un tecnico.
Salvo essere un giornalista: la stampa ha infatti impapocchiato qualcosa di vagamente somigliante a qualche frase estrapolata dal contesto, e se l'è cavata così. Per una volta, peraltro, non sono critico: ammetto che scrivere un articolo di senso compiuto in poche ore, pur essendo pagato per farlo, sarebbe stato molto -troppo- difficile.
Una cosa però ci tengo a sottolinearla fin da subito.
Rammenterete che prima della sentenza c'è stato un bailamme di gente che si fotografava con cartelli "la legge è uguale per tutti"; o lo scriveva sui propri blog; o lo canticchiava per la strada.
Ecco: la Corte Costituzionale a questo principio non ha pensato neppur di straforo. Ha sì dichiarato l'illegittimità del Lodo Alfano ai sensi dell'art. 3 cost.: ma, come illustrato ai punti 7.3.2.2. e 7.3.2.3., non già perché introducesse una disparità di trattamento tra il Presidente del Consiglio e i comuni cittadini, bensì tra il Presidente del Consiglio e i Ministri (7.3.2.2.), tra il Presidente della Camera e i Deputati, tra il Presidente del Senato e i Senatori (7.3.2.3.1.).
Quella campagna, quel meme, per usare un termine moderno, era quindi del tutto fuori luogo: e lo era pur essendo, da un punto di vista oggettivo, molto seria, pur nel suo spirito giocoso.
Ecco: se una campagna bene o male seria come quella, alla fine si è dimostrata scentrata e pertanto, a conti fatti, inutile; che giudizio si può dare per quegli inviti a fotografarsi con i cartelli "siamo tutti farabutti"; o "sono una donna offesa" o addirittura ad andare in giro con i calzerotti in tinta?
Tanti prima di me hanno commentato quest'ultima ennesima sciocchezza, e l'hanno fatto in modo certo più spiritoso di come lo stia affrontando io ora; ma credo che, passato lo sfottò e resici tutti conto che con il pedalino azzurro si è toccato l'ennesimo punto imo dello scantinato, sia il caso di cominciare a capire che le campagne di Repubblica (e non solo) sono sia ridicole che inutili o addirittura disutili.

se vi chiedete che c'azzecca il titolo del post, la risposta è: nulla, volevo parlar d'altro e mi sono fatto prender la mano. Però mi sembrava che il lasciarlo fosse surreale almeno quanto darsi del farabutto

Sicurezza vo cercando

Dato che domani sarà lanciato sul mercato Windows 7, Panda offre gratis per 24 ore una licenza annuale del proprio antivirus.
Per lo stesso motivo IoBit offre, sempre gratis, una licenza annuale di IObit Security 360™ PRO, suite di rimozione e prevenzione per malware e spyware. In questo caso c'è meno necessità d'affrettarsi, dato che l'offerta scade l'11 novembre.

domenica 18 ottobre 2009

Cambiate canale

Alla fine, quando un dominio è arrivato a costare come un Mississippi Mule al Mujio, e i doloretti al fegato mi hanno suggerito di saltare l'aperitivo del sabato, per investire i soldi risparmiati ho preso la carta di credito e ho comperato mfisk.org
Il nuovo indirizzo di questo blog è quindi blog.mfisk.org, con un risparmio di ben 14 lettere rispetto all'indirizzo precedente: il mio piccolo contributo al rallentamento della crescita dell'entropia nell'universo.
Il motivo principale non è stato quello di dare un nome al blog, che poteva vivere tranquillo e sereno così com'era, bensì di assicurarmi nel tempo un indirizzo e-mail stabile: ne ho cambiati tanti nel tempo, e ogni volta che il precedente fornitore smetteva di erogare il servizio chiudendo i battenti, o ne faceva scendere la qualità al di sotto di un livello minimamente accettabile, o rendeva inverosimilmente complesso il fruirne, ecco che il trasloco di tutte le registrazioni che riuscivo a ricordare mi prendeva una gran quantità di tempo: anche se erano pochissime rispetto a ora, e di molti account me ne dimanticavo, puramente e semplicemente.
Ormai qualunque servizio del mondo reale o virtuale può essere fruito, acquistato o prenotato in rete: biglietti, dischi, libri, viaggi, alberghi, pacchi, tasse, conti, spesa... tutto a patto di conoscere user e password corretti.
Ogni servizio ha i propri barocchi standard di sicurezza: c'è quello che vuole la user di almeno sei lettere, quello che ci vuole un numero, l'altro che ci vuole un punto; e così pure per le password, con in più il fatto che è da incoscenti usare la stessa password per qualunque servizio, dato che è come lasciare le chiavi di casa in bella vista, in una cabina telefonica, con attaccato un biglietto con nome, cognome e indirizzo.
Non ci si può neppure fidare della memoria del proprio browser e fargli rammentare tutte quelle coppie di parole: un po' perché non ci si fida a prescindere, un po' perché tutti noi ormai usiamo più di un PC e spesso più di un browser. L'unica soluzione è quindi quella di affidarsi al tasto "ho perso la password!", che te la fa recapitare docile sulla tua mail.
E se la mail per un motivo o per l'altro non la dovessi più avere? Se qualcuno te la rubasse, complice il fatto che non essendoci giro di soldi non c'è modo per provare che quall'indirizzo tu, e solo tu, l'hai usato per anni? Se Gmail chiudesse*?
Così qualche settimana fa, quando gmail è saltato per qualche ora, proprio mentre dovevo comprare un biglietto del treno, mi sono chiesto cosa sarebbe successo a tutta quella marea di cose che uso e di cui non saprei più fare a meno, qualora improvvisamente Google avesse deciso di essersi stancata di fornire quel servizio. Un po' come quando perdi il portafoglio, e devi rifare la patente e le carte di credito: ma moltiplicato per cento volte.
Ho acquistato questo nome, che uso ormai da una quindicina d'anni e che nessuno aveva voluto prendersi. Just in case.

* Sì, certo: è troppo grande e importante per chiudere. Anche di Lehman Brothers dicevano lo stesso.

Se verza sciato verde per quadro

non avevo ancora approfondito bene questa buzzword dell'augmented reality, fino a quando ho pensato che questo woman fail potrebbe essere un'imperdibile opportunità per un car maker di creare un'applicazione iPhone
E mi chiedo: sarà una presa per il culo, o gli è proprio venuta così di getto, questa frase?

venerdì 16 ottobre 2009

Siamo alla frutta, anime belle

Vale la pena di spendere un minuto per dire che sì, quello che ha fatto Canale 5 con il giudice Mesiano fa schifo.
Ma che i principali quotidiani nazionali non dedichino un'apertura al fatto che CISL e UIL hanno firmato il principale contratto collettivo di lavoro, quello dei metalmeccanici, senza la CGIL, fa capire che il mondo non si divide in buoni e cattivi.
Anche i buoni possono diventare cattivi, facendo pessimo giornalismo al servizio di qualche interesse non chiaro.

Siete alla frutta

Mantellini qui dice di essere pessimista. E ce ne sarebbe ben donde: il servizio di Canale 5 (parte soccombente) sul giudice Mesiano sfonda un buon numero di limiti finora invalicati del buon gusto e della dignità umana e professionale.

Ma, pensandoci bene, non è così. Guardate il video: avete mai visto una persona più normale di questo signore?
E quello che racconta Zio Tibia Sallusti, è o non è la normalità più banale, che ben conosce chiunque abbia avuto a che fare con le aule giudiziarie, per mestiere o per sfortuna?
Be', credo che dare dello "stravagante" a questo giudice sia essere alla frutta. Non solo sono finite le argomentazioni buone, ma persino quelle cattive: restano solo quelle farlocche.
Se poi qualcuno volesse leggersi la sentenza scritta dal giudice Mesiano, la può trovare qui.


Perché la proposta di legge "anti-omofobia" era una sciocchezza (short version; rather wonkish)

Pensare di combattere l'omofobia inserendo un'aggravante nel codice penale è come pensare di combattere:
- il traffico di droga con la legge Fini-Giovanardi;
- il terrorismo internazionale con il divieto di connessioni internet libere;
- le rapine in villa con il permesso di sparare ai ladri;
- le scritte sui muri con la galera per i writer («Se il fatto e` commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati, si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro. Se il fatto e` commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro»);
- l'immigrazione clandestina con l'aggravante di clandestinità («11-bis. l'avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale.»).

Prolegomeni a qualunque legislazione che voglia risultare efficace

 
Fate un bell'esercizio: leggetevi un po' l'art. 3 delle "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica" (non spaventatevi: andate giù, giù, dove c'è scritto "art. 3"). Fatto? Bene!
Ora, leggetevi un po' questo "si proceda da tutti li giudici ordinarii di questo Stato a pena pecuniaria e corporale, ancora di relegatione o di galera, e fino alla morte" Fatto? Bene!
Ora, leggetevi un po' questo.
E traete voi, se credete, qualche conclusione.

mercoledì 14 ottobre 2009

In difesa di Paola Binetti

Premessa.
Su questa questione del voto sulla cosiddetta legge anti-omofobia ci sarebbe da dire una valanga di vagonate di cose che mi risparmio e vi risparmio in attesa che cali l'ansia di prestazione di chi crede di dover sempre dire qualcosa non appena i fatti accadono, senza prima fermarsi a riflettere un po'.
Chi mi legge da tempo sa che la mia opinione l'ho già espressa in un post che ha avuto anche un certo seguito di pubblico, e chi non mi segue da tempo può cercarselo: non lo linko perché quel post, astratto dal contesto, farebbe subito gridare allo scandalo, come infatti ha gridato allo scandalo chi allora l'ha letto.


Post.
Paola Binetti ha votato contro la cosiddetta legge anti-omofobia, e metà del Partito Democratico ha finalmente sollevato il problema se sia opportuno o meno pretendere le sue dimissioni.
Io da mesi vado ripetendo che la Costituzione prevede che i deputati siano eletti senza vincolo di mandato, e pertanto il fatto che la Binetti voti in modo contrario alla linea ufficiale del partito costituisce, per me che aspiro ad essere minimamente coerente con me stesso, almeno sulle questioni di principio, il mero esercizio di un diritto.
Chi deve pagare, per il fatto che la Binetti abbia votato come ha votato, non è la Binetti stessa; e, secondo il mio modo forse un po' troppo manicheo di affrontare le cose politiche, non è neppure chi ha deciso di metterla in lista, in posizione tale da assicurarne l'approdo a Montecitorio.
Possiamo discutere o meno se vi sia stato un errore: ma se ammettiamo che errore vi sia stato, questo va ricercato alle origini: nell'aver fondato un partito nel quale si è ritenuto di mettere dentro, con pari dignità e pari diritti, Bersani e Franceschini; Rutelli e D'Alema; Concia e Binetti.
Anziché un partito è stata fatta una pasta e fagioli, con il beneplacito di tutti gli iscritti, simpatizzanti ed elettori che sono andati alle primarie a votare per il Puffo capocuoco.
Senza pensare che, quando si mangia la pasta e fagioli il giorno prima di una riunione importante, è molto facile che poi si possano creare dei momenti di forte imbarazzo.

martedì 13 ottobre 2009

Controcorrente

Stavo cercando un'altra cosa e ho trovato questo video che ha per protagonisti Emilio Fede, giornalista di lungo corso, e tale Piero Ricca, che si autodefinisce giornalista.
Rammento quando incontrai Emilio Fede: era il 1990, l'università era occupata dalla "Pantera", e io ero uno stimato membro della commissione Bar di Scienze Politiche.
Quella sera c'era al Circolo De Amicis un convegno con il ministro Ruberti, autore dell'omonima riforma che aveva dato il via alla protesta. Via De Amicis era completamente transennata, noi che manifestavamo eravamo all'imbocco della via, verso Via Correnti.
A un tratto, visto che la cosa diventava noiosa e faceva anche freschino, io e K. che eravamo pure vestiti decorosamente, ci dicemmo: - "andiamo a vedere dentro", e come niente fosse passammo le transenne, come due convenuti, ed entrammo nel circolo.
Lì trovammo Bobo Craxi, che era amico d'infanzia di K., e con il quale per anni mi sono cordialmente salutato, ogni volta che casualmente ci incontravamo (per molti anni io e K. eravamo inseparabili, e Milano come ben sa chi ci abita è una città minuscola, per cui trovare Bobo al Magenta era tutt'altro che infrequente).
Nel salone del circolo noi tre cominciammo a parlare: non ricordo se di calcio e figa o di figa e calcio: certo non del convegno o di politica. Ad un tratto arrivò Emilio Fede: piccolo, sudato, fegatoso. Sfoggiò il migliore dei suoi sorrisi, giallastro, e chiese, suadente e un po' in falsetto: - "Scusa Bobo, posso disturbarti un secondo per farti qualche domanda?".
Bobo si girò, con degnazione, guardandolo dall'alto al basso dei suoi venti centimetri di maggiore altezza, e con tono gelido gli fece: - "Emilio, sto parlando di cose importanti con queste persone". Fede tornò alla carica, ancor più umile e servile, e Bobo lo respinse ancor più sgarbatamente, finche il molesto dovette ritirarsi.
Rammento distintamente la faccia di Fede, allo stesso tempo umile e grata; e rammento perfettamente lo sguardo che ci lanciò: un po' di disappunto per l'occasione mancata e un po' di timore reverenziale per chi stava approcciando amichevolmente il Potente, da pari a pari, sghignazzando come si fa tra uomini e uomini e come certo mai si può fare tra uomini e servi.

Ecco: da allora ogni volta che vedo Emilio Fede rammento quella scena, e lo considero poco meno di una simpatica macchietta. Vedere questo video stasera, per la prima volta, me l'ha fatto sembrare umano; e mi ha fatto essere schierato dalla sua parte.

 

legalese
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